Lunga vita al re!

di keepcalmandwrite
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[Ed eccoci qui all’ultimo capitolo di questa fan fiction! Innanzitutto vorrei ringraziare chiunque abbia seguito questa storia, sia dall’inizio che non. Grazie di cuore a tutti voi! Se in futuro sarò nuovamente ispirata, potrei scrivere qualcos’altro.. per ora grazie per avermi seguita fin qui! Buona lettura e a presto! ^^
Piccola pubblicità: se siete fan della coppia Jaime/Cersei, ho scritto una fan fiction incentrata esclusivamente su di loro, basta entrare nel mio profilo e la trovate. Grazie di nuovo!]



Non appena Daenerys pronunciò quella parola, i tre draghi si alzarono in aria volando in circolo. Jorah e Daario erano gli unici presenti a conoscere le disastrose conseguenze che quella decisione della Regina d’argento avrebbe inesorabilmente portato. Ma nonostante ciò non protestarono, accettando silenziosamente il loro destino. La Madre dei Draghi, la donna che entrambi amavano e a cui avevano deciso di dedicare interamente se stessi, non sarebbe sopravvissuta a quella ferita mortale. E cosa poteva essere la loro vita dopo la sua tanto crudele quanto ingiusta morte? Jorah e Daario preferivano di gran lunga morire con lei piuttosto che vivere senza. Si guardarono negli occhi in modo eloquente, entrambi dolorosamente giunti alla stessa conclusione. Infine s’avvicinarono alla loro Regina, decisi a rimanerle al fianco per l’eternità.
Drogon fu il primo dei tre draghi che, all’ordine della Targaryen, spalancò le sue fauci, non ancora del tutto sviluppate ma già letali. Un’unica fiamma fuoriuscita dalla creatura fu sufficiente per dare fuoco a gran parte della sala della Fortezza Rossa. Le famiglie che ne rimasero vittime urlarono in maniera disumana. Gli altri si precipitarono, urlando terrorizzati a loro volta, verso le uscite di quell’enorme palazzo. Viserion e Rhaegal seguirono l’esempio del fratello, completando il lavoro che il drago dalle squame rossicce aveva iniziato: dar fuoco a quel luogo fino a raderlo al suolo.



Poco prima Jaime, non appena intuì ciò che stava per succedere, poté sentire il suo cuore quasi esplodergli nel petto. Sapeva che in quel momento non doveva cedere all’ansia di non farcela e sarebbe così riuscito a schivare il pericolo incombente. Doveva a tutti i costi proteggere se stesso e quelle poche, uniche persone che avesse mai amato.
Scattò verso Cersei come in un movimento involontario, la sua naturale reazione all’imminente pericolo. L’afferrò saldamente per un polso temendo che, nella confusione generale che di lì a poco sarebbe scoppiata, quell’esile braccio sarebbe potuto scivolare via e le fiamme l’avessero divorata.
Cersei si aggrappò al braccio di suo fratello e lo seguì senza pensarci due volte.
-Jaime, i nostri figli!- urlò disperata mentre con lo sguardo cercava i due ragazzi. Cersei in cuor suo sapeva che senza di loro non sarebbe mai scappata da nessuna parte.
 Suo fratello ricordava bene dove si trovasse Tommen prima che scoppiasse il finimondo. Così, i due iniziarono l’affannosa corsa contro il tempo. Jaime, non appena riuscì a distinguere la sagoma di suo figlio minore dietro una scura nube di fumo, corse nella sua direzione.
Il ragazzino era ancora seduto lì dove era rimasto tutto il tempo, mentre intorno a lui ogni cosa iniziava a prendere fuoco. Sul suo viso si poteva leggere facilmente la paura che provava in quel momento. Si stava guardando disperatamente intorno nel tentativo di intravvedere qualcuno della sua famiglia. Quando, finalmente, riuscì a vedere sua madre corrergli incontro, proprio dietro a suo zio, la raggiunse mentre cercava in ogni modo di trattenere le lacrime.
Cersei lo strinse a sé. -Tommen! Grazie al cielo! Tutto bene?- gli chiese prontamente accogliendolo tra le braccia, la voce rotta in gola. La donna ricevette in risposta un cauto movimento della testa, essendo il ragazzo troppo scosso per parlare.
-Dobbiamo trovare Myrcella e andarcene immediatamente!- dichiarò Jaime mentre nella sua mente scongiurava ognuno dei Sette Dei affinché fossero tutti usciti vivi da quella situazione. Nel frattempo, il fumo rese l’atmosfera insostenibile e le fiamme sprigionate dalle creature in aria sempre più alte ed estese. Tommen tossì, poi alzò una mano per indicare un punto lontano: -Era laggiù, l’ho vista poco fa!- esclamò.
Jaime allora proseguì nella direzione indicatagli, immergendosi nell’oscura nube, mentre Cersei e suo figlio lo seguirono.
Myrcella comparì presto dinnanzi a loro. La ragazza aveva perso di vista il suo promesso sposo Trystane, e non appena intravide Jaime e sua madre, corse da loro sentendosi improvvisamente al riparo. In quell’istante, un pezzo del soffitto venne giù cadendo rumorosamente nell’esatta posizione dove la giovane ragazza si trovava poco prima di spostarsi, generando altre urla di panico.
Cersei, tenendo i suoi due figli per le braccia, tirò un sospiro di sollievo ringraziando tutti i Sette Dei che fossero ancora vivi.
-Dobbiamo andarcene in fretta!- asserì Jaime mentre cercava insistentemente una via di fuga. D’un tratto si ricordò di un passaggio segreto della Fortezza che, in breve tempo, avrebbe permesso loro di essere fuori da quelle mura.
-Seguitemi, passeremo da quest’altro lato!- guardò la sua famiglia, cercando di infondere coraggio a quei ragazzini impauriti.
-Jaime, per i Sette Inferi, dobbiamo salvare Joffrey!- gli rispose sua sorella gridando isterica, preoccupata al pensiero che il suo primo figlio potesse essere in pericolo.
Jaime non ebbe modo di risponderle che parte del soffitto venne giù, consentendo alle fiamme di innalzarsi maggiormente. Le scale ai piani superiori, in quel momento, vennero completamente invase dalle fiamme.
-Non c’è tempo Cersei, non ce la faremo mai!- Jaime le rispose notando negli occhi della sorella la dolorosa reazione che quelle parole scaturirono. Allora s’avvicinò a lei prendendola per mano. –Dobbiamo farlo per loro, per i nostri figli. Andiamocene e salviamo almeno la loro vita.- le sussurrò per infonderle coraggio.
Cersei, a quelle parole, annuì appena. Solo in quel momento si rese conto di quanto potesse essere forte la leonessa che era in lei. Così, i quattro Lannister ripresero la corsa verso l’uscita, mentre il pavimento che si lasciavano dietro diveniva fuoco.  



Nel frattempo, nell’altra parte della stanza invasa dalle fiamme Tyrion, grazie alla sue dimensioni, riuscì ad infilarsi tra i vari Lord e le Lady che disperatamente cercavano di uscire da quell’inferno. Quando però parte del soffitto venne giù tra le urla di chi si trovava proprio lì sotto, decise di tornare indietro per poter aiutare chi fosse in pericolo. Sapeva che quel gesto gli sarebbe potuto costare la vita, ma la sua naturale indole altruista, in quel momento, prese il sopravvento su di lui. Corse come meglio poteva schivando le fiamme, quando s’imbatté in una fanciulla caduta a terra nel tentativo di scappare. S’avvicinò porgendole una mano, e subito la riconobbe: era Sansa Stark. Il suo viso e i suoi capelli rossi erano sporchi della polvere dei mattoni caduti a pochi passi, ma Tyrion sapeva fosse lei.
-Mia Signora, venga con me!- le propose il folletto. Quegli occhi chiari inondati dalle lacrime lo scrutarono. La ragazza sembrò piuttosto diffidente.
-Avanti, Sansa, se rimani qui le fiamme ti raggiungeranno!- la spronò allora, stavolta quasi gridandole.
Non ricevendo risposta alcuna, decise di riprovare usando un tono più gentile, temendo di averla spaventata. –Cosa fai qui da sola? Ti sei ferita?- Notò che teneva una mano appoggiata ad una caviglia.
-Sono caduta, mi sono fatta male- si decise infine a parlare la ragazza con la voce rotta dalle lacrime.
Tyrion avrebbe voluto aiutarla con modi decisamente più garbati, ma non avevano molto altro tempo a disposizione.
-Sansa, devi alzarti e seguirmi immediatamente!- Senza attendere il suo consenso, la prese per mano con decisione cercando di aiutarla ad alzarsi.
Sansa, inizialmente, era diffidente: per quale motivo il nano dei Lannister avrebbe mai voluto aiutarla? Ma era anche consapevole che, rimanendo lì ad aspettare che qualcun altro la venisse a salvare, sarebbe stato un suicidio. Rifletté in una manciata di secondi, per poi concludere che sarebbe stato meglio non opporre resistenza. Con una spinta riuscì ad alzarsi in piedi e, nonostante il forte dolore alla caviglia destra, si trascinò come meglio poteva dietro quel folletto.
-Dov’è la tua famiglia?- le chiese Tyrion mentre le faceva strada.
-Non lo so. Fino a poco fa ero in compagnia di Lord Ramsay, il figlio di Roose Bolton, ma lui e suo padre sono fuggiti e mi hanno lasciata sola- nel raccontare quei momenti pieni di panico, gli occhi di Sansa si riempirono nuovamente di lacrime.
–Mi dispiace molto che ti abbiano abbandonata, Sansa- ammise il folletto, sentendo la delusione che quella ragazza provava nei confronti dei giovani uomini a cui veniva promessa sposa.
-Vedrai, una volta uscita da quest’inferno saprai vendicarti per ciò che ti hanno fatto- continuò, tentando di rincuorarla come meglio poteva.
Sansa annuì,quanto avrebbe voluto credere a quelle parole, ma vendicarsi non era mai semplice per lei. –Ci proverò-, disse infine.
-Anche mio nipote Joffrey avrà ciò che si merita, non temere- aggiunse infine il nano. –Ora, però, vediamo di portare in salvo la nostra pelle. Sarebbe complicato per te vendicarti una volta passata a miglior vita-
Sansa gli sorrise. Quel folletto non le era mai stato simpatico, ma dovette riconoscere che riuscì ad infonderle il coraggio di cui aveva bisogno. Insieme riuscirono a raggiungere il grande portone in legno. Una volta passati per di lì, attraversarono il ponte levatoio insieme a donne e uomini che scappavano disperati. Quando furono al riparo, fuori dalla Fortezza Rossa, si ritrovarono nelle strade di Approdo del Re, dove nobili e popolani si erano riversati per osservare quelle alte torri mentre venivano divorate dalle fiamme. Tyrion continuò a tenerla per mano, sicuro che quel gesto l’avesse aiutata ad essere forte di fronte a quella catastrofe. Sansa apprezzò quel gesto e lo lasciò fare. Entrambi sapevano che la vita in quella città non sarebbe stata più la stessa, a cominciare dalle proprie.
 


Mentre gran parte della Fortezza era già invasa dalle fiamme, Jon Snow riuscì a trovare un passaggio secondario che in poco tempo avrebbe permesso alla sua famiglia di evadere da lì. Ricordò che fu Tyrion a mostrarglielo poche ore prima, mentre erano alla ricerca di sua sorella Arya. La ragazzina in quel momento era lì con lui, insistente nel voler dare una mano.
-Arya, corri più lontano che puoi, arriva fino al porto se necessario!- l’ammonì Jon.
-I miei fratelli sono in pericolo, lascia che ti dia una mano!- insistette la ragazzina, e in un attimo la vide sparire dietro le mura del palazzo. Jon sbuffò nervoso, per quanto le volesse bene dovette ammettere che era davvero difficile tenerle testa, specie in situazioni del genere. La ragazzina tornò spingendo il carretto su cui si trovava Bran paralizzato.
-L’avrei aiutato io!- rispose stizzito Jon, poi tornò serio –Ora allontanatevi più che potete, presto qui rimarranno solo macerie!- si raccomandò con i fratellastri.
Arya annuì, poi fece come le fu ordinato.
Poco dopo anche Rickon e sua madre Catelyn vennero messi in salvo, seguiti da Robb e sua moglie Talisa, quest’ultima seriamente preoccupata per la salute del bambino che aveva in grembo. Quando parte della struttura iniziò a crollare, Jon si assicurò che la sua famiglia fosse al riparo ed ordinò loro di fuggire il più lontano possibile. Ma Lady Catelyn si oppose alla richiesta del giovane Snow, preoccupata per suo marito Ned. Dopo aver atteso per svariati minuti, non vedendolo ancora arrivare, Jon decise di tornare all’interno della fortezza, ignorando la voce di Lady Catelyn che gli chiedeva di non farlo.
-Andatevene da qui, penserò io a mio padre. Te lo prometto.- fu l’ultima frase che gli sentì pronunciare prima di vederlo scomparire dietro la nube di fumo. Con il cuore in gola, Catelyn si allontanò dalla zona incendiata con il resto della sua famiglia, pregando per suo marito e Jon.
Il ragazzo trovò presto suo padre, seppur con qualche difficoltà.
-Padre, tutto bene?- gli chiese avvicinandosi e notando una profonda bruciatura della pelle sul braccio dell’uomo.
-Sì, posso farcela, non preoccuparti per me. Dove sono i tuoi fratelli? Catelyn è con loro?- domandò l’uomo.
-Sì, padre, sono tutti in salvo- lo rassicurò il ragazzo, per poi mostrargli l’uscita più sicura. –Passa per di qua, ma fai in fretta!-
Ned lo guardò incerto. –E Sansa, è con voi? Non l’ho più vista da quando si è allontanata-
Jon gli rispose prontamente –Sansa è in buone mani, l’ho vista scappare poco fa. Ora va’, io vi raggiungerò presto, non temere. Ho un conto in sospeso.-
Con quelle ultime parole rassicurò il padre. Non appena lo vide allontanarsi per mettersi in salvo, Jon si addentrò svelto nella direzione in cui poco prima aveva intravisto un uomo steso a terra chiedere aiuto. Il ragazzo volle correre il rischio, sicuro di ciò che vide: quell’uomo non era una persona qualunque.
Infatti, non appena lo raggiunse, ne ebbe la conferma: era Tywin Lannister.
-Mio Signore, tutto bene?- si abbassò alla sua altezza, constatandone le condizioni generali. L’uomo aveva una gamba intrappolata da mattoni caduti da una parete e parte del soffitto.
-Ragazzo, aiutami!- lo implorò il Lannister.
Jon, allora, si precipitò su di lui per spostare quell’enorme masso dal piede, probabilmente rotto. Poi gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Grazie, ragazzo, verrai ricompensato per questo.- assicurò il Lord, alzandosi in piedi seppur con qualche difficoltà. Ma Jon riprese subito a parlare.
-Hai ucciso tu Daenerys.- affermò. Il Corvo non aveva bisogno di constatarlo, sapeva già che fosse così.
Tywin lo guardò di traverso. –Ha forse importanza, ora? Svelto, aiutami ad uscire di qui, non riesco a camminare molto bene.-
Jon rimase immobile, poi parlò in un movimento quasi impercettibile. –Sei un cordardo, Tywin Lannister.-
L’uomo lo fissò senza capire. Le fiamme che si innalzarono illuminarono meglio quel viso.
 –Sei Jon Snow.- lo riconobbe. –Cosa vuoi da me, Jon Snow? Oro? Potere? Entrambi?-
Il corvo rimase impassibile davanti a quella proposta. Sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare in quel momento.
–Sai, Tywin, un giorno mio padre Ned Stark mi disse una frase. “Al gioco del trono, o si vince o si muore”.- gli sussurrò, avvicinandosi. Il Corvo potè avvertire il corpo del Lord irrigidirsi. Aveva sentito parlare dell’incredibile intelligenza di quell’uomo, di sicuro aveva già immaginato cosa stesse per succedere. Jon fu certo che lo capì, glielo lesse nello sguardo.
-E tu, Tywin, non vincerai di certo.- affermò con convinzione.
Il Lord sembrava impassibile di fronte a quelle parole. Gli rispose come se non gliene importasse davvero. –Uccidimi, Jon Snow. Avanti, fallo!- lo scrutò negli occhi scuri, e allora capì che quel giovane ne sarebbe stato davvero capace.
-Uccidi me, se vuoi.- continuò. –Ma come ultimo desiderio, Jon Snow, ti chiedo di lasciar stare i miei figli, e anche i miei nipoti. Loro non c’entrano niente in tutto questo. Loro non sono come me. Non lo sono mai stati, nonostante i miei insegnamenti.- Tywin, anche stavolta, non si scompose, bensì mantenne la severa espressione in viso. Jon rimase colpito dalla fierezza ed imperscrutabilità di quell’uomo, anche di fronte la morte. Probabilmente, se non ci fosse stata tanta malvagità in lui, di certo gli sarebbe piaciuto. Probabilmente avrebbe fatto grandi cose e avrebbe combattuto per nobili cause. Ma nella realtà, Tywin Lannister non era tutto ciò.
Le fiamme raggiunsero i due. Jon, senza esitare, lo spinse con forza, poi osservò il fuoco prendersi avidamente quel corpo, accompagnato dalle sue urla. Infine, corse più che poté per mettersi in salvo.
 


Cersei, Jaime e i loro due figli, una volta fuori da quelle mura, continuarono a scappare fino a raggiungere una collina appena fuori la città. Da lì si potevano osservare le torri della Fortezza Rossa, quella che da molti anni ormai era stata la loro casa, venir distrutte dalle fiamme. Si fermarono lì, sicuri che nessuno li avrebbe visti. Jaime era certo che sarebbero stati incolpati dell’accaduto, quindi tornare ad Approdo del Re poteva rivelarsi pericoloso, almeno finché non avessero provveduto ad una scorta di guardie. L’uomo avrebbe voluto continuare a spostarsi ancora un po’, ma Cersei non ne volle sapere. La donna rimase immobile a fissare l’incendio per diverso tempo, in silenzio. Jaime la lasciò indisturbata. Gettò uno sguardo su Tommen e Myrcella: i due ragazzini erano alla riva di un fiumiciattolo poco distante a ripulirsi da polvere e cenere. Sembravano tranquilli, per il momento. Quei due erano sempre andati d’accordo, e Jaime era sicuro si sarebbero fatti forza insieme per affrontare qualunque cosa sarebbe successa in futuro. Tommen e Myrcella erano sempre stati ragazzini buoni ed educati, a differenza di Joffrey.
Jaime non ne poté più del lungo silenzio della sorella. Voleva sapere a cosa stesse pensando, nonostante lo immaginasse già. Si avvicinò a lei senza dire una parola. La donna aveva lo sguardo perso verso le alte torri della fortezza. Il suo viso era rigato dalle lacrime, probabilmente aveva pianto in silenzio.
-Quella torre laggiù- iniziò a parlare, la voce calma ma decisa. –Quella era la stanza di Joffrey. Completamente bruciata.-
Jaime la guardò. Era cosciente che non avrebbe mai potuto comprendere il suo dolore fino in fondo. Nessuno avrebbe mai compreso il dolore di una madre, e lui non era stato mai neanche un padre per Joffrey.
-Avremmo potuto salvarlo, Jaime, se solo fosse rimasto lì con noi. Ma io gli ordinai di andarsene. Volevo proteggerlo, ed invece è morto per colpa mia.- aggiunse, con così tanta decisione che Jaime stesso sentì la sofferenza di quelle parole.
-No, non è vero. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo. Come puoi dartene la colpa?- l’uomo le prese le mani per darle conforto.
Non ricevendo alcuna risposta, Jaime continuò a parlare. –Solo un secondo in più lì dentro, e saremmo morti tutti. Io, tu, e loro.- con un movimento del capo indicò i ragazzini in lontananza. –Mi dispiace molto per Joffrey, davvero. Certo, aveva ancora molto da imparare prima di diventare un vero re, ma questo non significa che non sarebbe mai potuto diventarlo.-
Cersei abbozzò un sorriso –Certo che lo sarebbe diventato!- esclamò, persa per un momento nei ricordi del suo primogenito. Poi tornò alla realtà, con un’espressione rassegnata in volto. –Cosa faremo ora, Jaime?-
Il fratello guardò i boschi che si stagliavano verso ovest, sempre più folti.
–Torneremo a Castel Granito. Quando tutte le fiamme si saranno spente, della Fortezza Rossa rimarranno solo macerie. Poi avremo bisogno di un nuovo esercito, e delle guardie a proteggerci, così poi…-
-Reclameremo il nostro trono.- affermò con convinzione Cersei, terminando la frase del fratello.
-Probabilmente ci attaccheranno da ogni dove, e forse scoppierà anche una guerra, ma ci proveremo.-
Cersei lo guardò fiduciosa, poi tornò a posare lo sguardo verso l’orizzonte. –Credo che dovremmo parlare con Tommen e Myrcella. Saranno ancora spaventati, poveri figli miei! E di certo ci chiederanno di Joffrey.-
Jaime, notando la sua preoccupazione, le appoggiò una mano su di una spalla. –Non preoccuparti, ci penso io. Vedrai Cersei, andrà tutto bene.-
-Lo spero davvero- sussurrò infine la donna.
Jaime raggiunse i due ragazzini. Li trovò seduti, in silenzio. Probabilmente, quella per loro era la prima volta fuori dalle mura reali senza guardie appresso che li vigilassero. L’uomo si sedette al loro fianco.
-Come state, ragazzi? Sarete sconvolti immagino.- decise di rompere il silenzio. Jaime non sapeva cosa avrebbe detto loro di preciso. Non sapeva neanche come consolare dei ragazzini, a dire il vero, ma ci volle provare.
Myrcella gli rispose prontamente. –Io sto bene, zio Jaime. Non ho avuto mica paura, non sono più una bambina!-
Jaime la guardò cercando di nascondere la sua espressione sorpresa. Non si aspettava quella risposta. Si era davvero distratto così tanto, negli ultimi anni, da non notare che la sua bambina era diventata oramai una ragazza forte che non si spaventava più facilmente?
-Hai ragione, scusami. Tommen, tu stai bene?- si rivolse al ragazzo, ancora bianco in volto per lo spavento.
-Sì, zio Jaime, credo di sì. Però sono triste. Nostro fratello Joffrey di certo non ce l’ha fatta.-
Jaime tentò di misurare attentamente le parole che avrebbe usato in un momento tanto delicato.
-Joffrey… non è stato molto fortunato. Purtroppo, nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo.-
Tommen sospirò sconsolato. –Mi arrabbiavo spesso con lui, ma so che mi mancherà molto.-
 -Già, ci mancherà.- asserì Jaime.
Dopo un momento di silenzio in cui tanti, diversi pensieri affollarono le menti di ognuno di loro, Tommen si alzò e si diresse verso sua madre, la quale lo accolse tra le braccia. Il ragazzo era il più giovane, e di conseguenza il più sconvolto per l’accaduto.
Non appena rimasero soli, Myrcella gli domandò: -Dove andremo ora, zio Jaime?-
Lui le rispose con sincerità: -Credo proprio che saremmo costretti a tornarcene a Castel Granito. Qui non possiamo restare.- le rivelò indicando con il capo la città che si stagliava davanti a loro.
-Zio Jaime, a proposito…- riprese a parlare la ragazza. Improvvisamente guardò l’uomo con un’espressione seria in volto. –Vorrei ringraziarti per quello che hai fatto. Ci hai salvato la vita. Te ne saremo sempre grati, io e Tommen.-
Jaime le sorrise. –Non avrei mai potuto lasciarvi lì da soli. Per me siete davvero… importanti- le rispose, mentre dentro di se realizzava, per la prima volta, quanto vere fossero quelle parole. Myrcella sembrava ancora piuttosto pensierosa.
-Devi dirmi qualcos’altro, Myrcella?- le chiese infine.
La ragazza lo guardò, inizialmente incerta, poi decise di parlare guardandolo dritto negli occhi. –In realtà sì. C’è questa cosa che… beh, sento il bisogno di dirtelo.-
A quel punto, Jaime la guardò preoccupato. –Cosa vuoi dirmi, Myrcella?-
La ragazza si guardò intorno per un attimo, come per prendere tempo e cercare le parole giuste, poi parlò decisa: -Non so come dirtelo, forse non c’è un modo giusto di dirlo. Il fatto è che… io so di voi due.- abbassò lo sguardo, riflettendo su ciò che stava per dire. -E mi fa male pensare che dobbiate nascondervi, perché sembrate così felici insieme. Io vorrei tanto che tu e mia madre siate felici.-
Lo guardò poi con quei grandi occhi verdi, e Jaime non potè fare a meno di ricordare il giorno in cui quella bambina venì al mondo e quegli stessi occhi lo fissavano per la prima volta. Quegli occhi erano rimasti gli stessi, così grandi e belli, ma quella che aveva di fronte, in quel momento, era una giovane donna che le parlava di felicità e amore come solo le persone pure come lei potevano fare. Myrcella era troppo buona per giudicarlo. Glielo lesse negli occhi che non l’avrebbe mai fatto.
Jaime era rimasto in silenzio, preso da quei pensieri. –Scusami, Myrcella. E’ solo che, beh, non mi aspettavo di sentirtelo dire. Sono senza parole.-
La ragazza lo guardò sorridendogli. –Ti capisco. Ma non preoccuparti, sarà il nostro segreto, se vuoi.-
Jaime sentì di non aver mai avuto una conversazione così intima con Myrcella. Dentro di lui provò un’emozione nuova che per tanti anni aveva nascosto in un angolo remoto. Probabilmente, sua figlia non l’avrebbe mai chiamato padre, ma quella naturale intimità che si era creata lo fece sentire così bene che capì che non era necessario farsi chiamare padre, per poterlo diventare veramente.
Jaime la prese per mano e le sorrise affettuoso. -Sì, sarà il nostro segreto.- le rispose, poi continuò: -Myrcella, voglio che tu sappia che, anche se non ho mai avuto occasione di dimostrarvelo, a te e Tommen, vi ho sempre voluto bene. Spero che un giorno io possa rimediare a tutti questi anni passati senza essere stato davvero presente nelle vostre vite.”
I due si alzarono e si scambiarono un veloce abbraccio affinché il loro segreto rimanesse tale.
D’un tratto la loro attenzione venne catturata da un’improvvisa esclamazione di sorpresa di Tommen. Quando si voltarono, videro i tre draghi appartenuti all’ultima Targaryen sorvolare sui resti della Fortezza Rossa. La famiglia rimase ad osservarli finché non si innalzarono in aria e si allontanarono volando verso Nord.
Chiunque, dopo quel giorno, si aspettava che in futuro sarebbero tornati a seminare il panico. Inoltre, il continente occidentale non sarebbe rimasto senza un re tanto a lungo. Presto, una guerra sarebbe scoppiata per scegliere il nuovo sovrano. Un’altrettanto sfarzosa fortezza sarebbe stata costruita intorno al trono di spade, e presto i giochi sarebbero ricominciati.

 




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