Scambio Equivalente
Disclaimer:
tutto appartiene a JKRowling, io non ci guadagno nulla.
Scambio Equivalente
La sua vita non mai stata
qualcosa che una persona qualunque avrebbe definito normale. Di solito
le certezze che si hanno quando si cresce sono quelle che spetterebbero
di diritto a qualunque bambino: avere dei genitori, una casa in cui
trovare sempre rifugio e andare a scuola, stare con i propri amici e
litigare con quelli meno simpatici.
Certezze semplici ma che
ti assicurano una vita comunque serena. E normale, soprattutto.
A ben guardare anche
Harry aveva avuto tutto questo: una casa – per quanto ostile
fossero i suoi abitanti – l’aveva comunque avuta, a
scuola era potuto andarci – anche se suo zio aveva fatto di
tutto per impedirgli di venire a conoscenza della sua natura da mago
– si era fatto degli amici e, in qualche modo, da quando
aveva compiuto undici anni la sua vita era decisamente cambiata
rispetto ai dieci precedenti.
L’unica piccola
ed insignificante differenza era che Harry, dal momento in
cui aveva scoperto di essere un mago (perdendo così tutte le
certezze sull’assoluta inesistenza della magia che i suoi zii
avevano cercato a forza d’inculcargli) ne aveva acquistate
molte altre; quella più inesorabile era quella che
un tizio con manie di grandezza aveva deciso di farlo fuori quando
aveva un anno, fallendo però miseramente. E a lui doveva
l’essere orfano.
“Dovresti smetterla, non credo che la McGranitt
sarà molto indulgente la prossima volta.” Lo
raggiunse la saggia e petulante voce di Hermione.
Loro, l’ormai
anche fin troppo consolidato trio, era seduto nel loro angolo di
biblioteca prediletto in cui erano soliti rifugiarsi per ogni
occasione: sia che dovessero cercare di sventare l’ennesima
catastrofe che stava per abbattersi su Hogwarts, sia per prepararsi ad
un compito. Harry poteva affermare con sicurezza che tendeva quasi a
preferire la prima opzione. Passare ore a mandare a memoria complicati
passaggi logici finalizzati alla perfetta riuscita di una
trasfigurazione non è che lo stimolasse particolarmente. Per
non parlare degli ingredienti di pozioni che era certo di non aver mai
sentito nominare in vita sua… Si ricordava cosa fosse una
Bezoar solo per la pessima figura fatta il primo giorno di lezione con
Piton, momento in cui l’uomo aveva deciso di prenderlo di
mira per tutti gli anni successivi.
A voler complicare ancora
di più le cose – sia mai che a Hogwarts le cose
andassero lisce! – c’era la cicatrice che non
smetteva di bruciare e causargli mal di testa dettati
dall’esistenza e dalla furia di Voldemort ancora troppo
debole per assumere il controllo sul mondo magico, ma abbastanza per
guastarli il sonno.
“Prova a
studiare tu con la sensazione di un ferro rovente che ti si conficca
nella fronte!” sbottò Harry irritato affondando il
viso nelle mani.
“Vuoi che ti
copriamo le spalle con la vecchia?”
“Ron Weasley,
non permetterti di parlare così di una delle più
autorevoli professoresse di questa scuola!” lo
rimproverò immediatamente Hermione. Se avesse potuto
fulminarlo realmente con lo sguardo, probabilmente
in quel momento di Ron Weasley sarebbe rimasto solo un mucchietto di
cenere.
Il rosso
mugugnò qualcosa e, portandosi il libro a due centimetri dal
naso, riprese a leggere dove si era interrotto. O dove avrebbe dovuto
iniziare.
“Hermione, lo
so che la scuola è importante. Se Hogwarts non fosse mai
esistita sarei ancora a fare la vita da reietto o schiavo a casa dei
miei zii ma… Merlino, non è facile concentrarsi
sullo studio quando non dormi decentemente da settimane!”
sibilò Harry passandosi una mano tra i capelli, arruffandoli
ancora di più di quanto già non fossero.
La ragazza non si
scompose.
“Lo so Harry, e
mi dispiace tantissimo. Ma se Tu-Sai-Chi davvero vuole
ucciderti” – rabbrividirono entrambi al pensiero
– “non credi che questo possa essere un valido
stimolo a farti studiare?”
“Dubito che in
un mio scontro con Voldemort avrò mai bisogno di…
Cos’è che dobbiamo trasfigurare?”
domandò rendendosi conto di non avere la benché
più pallida idea di cosa trattasse il libro che non aveva
ancora aperto.
Vide Hermione alzare gli
occhi al cielo in segno di resa (momentanea) e sentì una
bassa, e malamente mascherata, risata provenire da dietro il libro di
Trasfigurazione di Ron.
“Lo scambio
equivalente alchemico applicato alla trasfigurazione di oggetti
inanimati.”
“Niente
animali?” domandò il moro.
“No, niente
animali.” Gli confermò la ragazza.
Harry sospirò
soddisfatto. Non gli era mai piaciuto trasfigurare gli animali in cose.
Era alquanto irritante e il più delle volte, gran parte
delle sue trasfigurazione, mostravano i chiari segni della precedente
natura dell’oggetto: da baffi a code.
“Non
è davvero più facile come sembra. Certo, il fatto
che il procedimento non coinvolga direttamente la via di un essere
vivente ti lascia più libero di agire, ma questo studio
richiede anche almeno basilari conoscenze chimiche.”
“Ma visto che
siamo maghi non dovremmo già saperle queste cose?”
brontolò Ron ricevendo in risposta un’occhiata
sospettosa da parte della ragazza, che non era del tutto sicura di aver
capito cosa volesse dire l’amico.
“Ma si, come
nei casi di magia accidentale. Ti ricordi quando ti avevo raccontato di
come avevo fatto sparire il vetro della teca del serpente dallo zoo? O
di come ho gonfiato mia zia?” gli venne in aiuto Harry.
Hermione
arricciò le labbra e sul viso di dipinse
un’espressione di pura irritazione e fastidio che avrebbe
potuto battere solo quella della McGrannitt quand’era al
peggio di sé.
“Se
frequentiamo una scuola di magia è perché
dobbiamo imparare a controllarla, questa magia.
Certo che gli incantesimi spontanei possono farli tutti, ma sono
imprecisi, non completamente efficaci e il più delle volte
fanno più danno che altro… Non credo fosse
esattamente nelle tue intenzioni ‘gonfiare’ tua
zia.”
Harry fece una smorfia.
Come al solito, ancora una volta, Hermione aveva ragione. Non che ne
avesse mai dubitato, naturalmente. Non in ambito scolastico, almeno.
Posò per un
po’ le dita infreddolite al di sotto delle lenti degli
occhiali, direttamente sulle palpebre. Era piacevole e riposante per
gli occhi.
“Hai intenzione
di perdere ancora tempo?” lo rimbeccò Hermione.
Harry sbuffò e
lanciò uno sguardo d’intesa a Ron che
però scosse la testa. Lui scrollò le spalle e,
incurante del silenzioso berciare dell’amica, uscì
dalla biblioteca, lasciando il rosso in balia delle lamentele e dei
rimproveri della ragazza. In fondo però Harry sapeva che Ron
era molto più bravo di lui a sopportare Hermione, anche se
le litigate tra i due erano anche molto più furiose. Forse
perché Ron s’incaponiva e, a differenza di lui,
non se la dava a gambe ancor prima che iniziasse il litigio.
“No, ho proprio
intenzione di rinunciarci.” Mormorò fra
sé e sé, convinto che però Hermione
potesse ancora sentirlo.
Era una tranquilla
giornata di aprile e la primavera, seppur con un mese di ritardo
rispetto al dovuto, sembrava essere arrivata anche ad Hogwarts. I raggi
solari, seppur ancora troppo deboli per essere degni di questo nome,
riuscivano ugualmente a riscaldare l’aria. Hogwarts gli era
sempre piaciuta: adorava vedere l’oro del sole riflettersi
sul verde brillante dell’erba rigogliosa grazie alle
incessanti piogge scozzesi. La macchia verde di estendeva fino al lago
nero che ribolliva di tanto in tanto raggiungendo, dalla parte opposta,
il campo di Quidditch.
Non aveva intenzione di
mettersi a cavallo della sua Firebolt, ma aveva voglia di raggiungere
il luogo dove si sentiva veramente grande e potente. Non si era mai
considerato un granché come mago, nonostante la maggior
parte del mondo magico non facesse altro che tessere le sue lodi in
qualità di Ragazzo Sopravvissuto, però quando si
trattava di Quidditch sapeva di meritarsi i complimenti. Orgoglio od
egocentrismo, si sentiva comunque forte a cavallo della scopa mentre si
gettava all’inseguimento del Boccino d’oro che dopo
qualche minuto cercava di fuggire nuovamente ed inutilmente,
intrappolato cm’era nella sua salda presa da Cercatore oramai
provetto.
Si sedette sugli spalti
di Grifondoro, rendendosi improvvisamente conto che a lui
quell’ambiente era abbastanza estraneo. Non che non avesse
mai assistito alle partite delle altre squadre, ma tra il torneo e gli
allenamenti era abituato a vedere gli spalti dall’alto.
Posò la borsa accanto a lui e alzò lo sguardo
verso gli anelli, godendosi la leggera frescura che sembrava essersi
alzata nelle ultime ore.
Il silenzio non gli
incuteva mai timore, ma quei minuti che sembravano trascorrere con una
lentezza estenuante lo agitavano. Forse perché sapeva
perfettamente che in quel momento avrebbe dovuto essere da
tutt’altra parte a fare tutt’altro, forse
perché sentiva che stava effettivamente sprecando preziosi
attimi di una vita che probabilmente non avrebbe mai dovuto vivere
però… Per quanto sbagliato fosse non poteva e
non voleva farne a meno. Era una cosa sua, un suo bisogno e
un suo spazio. Di norma era una litania sufficiente perché
si mettesse a posto la coscienza ed evitasse di tormentarsi.
C’era tempo anche per il resto… C’era sempre
tempo, e questa convinzione, per quanto sbagliata fosse –
l’ineluttabilità del tempo è da sempre
innegabile – era l’unica cosa che lo facesse star
bene.
Rimase incantato a
fissare il nulla per qualche minuto finché la
razionalità non ebbe la meglio su di lui, obbligandolo a
tirar fuori dalla borsa quel maledetto libro di Trasfigurazione e
iniziare a studiare per il test che avrebbe avuto da lì a
due giorni.
Iniziò a
leggere nuovamente il capitolo dall’inizio, soffermandosi di
tanto in tanto alla fine di ogni paragrafo per ripetere quanto aveva
appena teoricamente appreso. Si alzò in piedi e
cominciò a camminare sul gradone dove si era
seduto… studiare e muoversi allo stesso tempo gli rendeva
più facile il tutto. Stare seduto fisso davanti a un libro
lo faceva impazzire, muoversi invece sembrava facilitargli
l’apprendimento. O forse era solo una scusa valida che
avrebbe potuto snocciolare ad Hermione in caso avesse voluto separarsi
dai suoi amici.
“Per ottenere
una trasfigurazione di un oggetto inanimato ad un altro oggetto,
ugualmente inanimato ma di materiale differente è necessario
che lo scambio abbia il medesimo valore. In alchimia è
genericamente chiamato ‘principio dello scambio
equivalente’.” Mormorò
Harry andando avanti e indietro sugli spalti dello stadio. Non era del
tutto sicuro di aver capito cosa significasse realmente quella frase o
come avrebbe fatto a valutare se un oggetto che voleva trasfigurare in
qualcos’altro avesse il medesimo valore.
Il ragazzo stava per riprendere il suo monologo quando una voce
strascicata lo raggiunse da qualche gradino più in alto
rispetto a dove si trovava lui: “Hai dimenticato di enunciare
l’inizio del Principio.”
Harry si girò
si scatto in direzione del tanto odiato proprietario di quella voce.
“Che diavolo
sei venuto qui a fare, Malfoy?
Il biondo alzò
le spalle e non sembrava minimamente intenzionato a rispondere.
Harry si
sforzò d’ignorarlo. Il test di domani che non
riusciva a preparare per colpa di un mal di testa che lo perseguiva da
giorni avevano di certo non avrebbe avuto anche Malfoy come ostacolo in
aggiunta. Così il Grifondoro riprese a marciare sul percorso
immaginario che si era creato in quel breve frangente di studio.
“Senza
sacrificio l'uomo non può ottenere nulla,
così recita il principio dello scambio
equivalente.” Si limitò ad aggiungere dopo poco il
biondo.
“Dove hai
lasciato i tuoi lacché, Malfoy? Non sai che è
pericoloso trovarsi faccia a faccia col Prescelto?”
mormorò, enfatizzando con un tono eccessivamente ironico le
sue parole. Non gli era mai piaciuta come definizione.
“Credi di
spaventare qualcuno con questa faccenda di essere ‘il
Prescelto’, Potter?” gli domandò il
Serpeverde con arroganza, evitando però di rispondere alla
sua domanda.
Il moro sbuffò
e torno a concentrarsi sul libro… Cosa impossibile, dato
Malfoy era a pochi passi da lui (e ancora non aveva capito come avesse
fatto a raggiungerlo, dato che non si era minimamente accorto del suo
arrivo). L’arrogante Serpeverde non gli aveva mai fatto paura
e non l’aveva mai considerato un vero nemico. Erano nemici di
facciata, nemici a scuola, ma non considerava Malfoy veramente un suo
avversario. Non nel senso più letterale del termine. Per
Morgana! Lui era quello che Voldemort voleva uccidere da quando era
nato! - un’antipatia scolastica di certo non rappresentava il
peggiore dei pericoli a cui potesse andare incontro.
Il fatto che poi la
famiglia Malfoy fosse una sostenitrice dell’Oscuro Signore
erano dettagli abbastanza insignificanti. Draco viveva
all’ombra del padre, e rappresentava ancor meno un pericolo
se si considerava che non era protetto da Tiger e Goyle. La maggior
parte delle volte quando gli capitava di scontrarsi con i Serpeverde
non riusciva neanche ad avvicinarsi a Malfoy, dato che i due compagni
sembravano avere un talento naturale per intercettare le fatture
indirizzate al loro ‘Capo’.
E ovviamente, quando
questo succedeva, il più delle volte i Grifondoro si
ritrovavano puniti da Piton o dalla McGranitt senza che nessuno avesse
davvero capito perché la loro Capo Casa si ostinasse a
cercare d’insegnarli la disciplina quando l’unica
cosa che facevano loro era cercare d’inculcare –
inutilmente – i principi del rispetto nei Serpeverde.
L’unica volta
che si era giustificato in tal modo per una Pastoia Totalbody
che aveva preso in pieno Goyle, sia Hermione che la professoressa
l’avevano guardato talmente male che Harry non si era
più azzardato a pensarla una scusa del genere.
“Non sei molto
simpatico Potter, te lo ha mai detto nessuno?” lo raggiunse
la voce del Serpeverde, facendolo sobbalzare. Non si era accorto che si
fosse avvicinato.
“Se
è per questo conosco un buon numero di persone che potrebbe
dire lo stesso di te, Malfoy…”
gli rispose Harry stanco, sedendosi vicino ala borsa con i libri.
Doveva studiare Trasfigurazione e dare retta a Malfoy non era
esattamente nei suoi progetti. Odiava quando qualcuno –
chiunque fosse, figurarsi poi l’odiato Serpeverde –
mandava a monte i suoi piani e lo distraeva proprio nei momenti in cui
forse stava riuscendo a combinare qualcosa.
“Che diavolo
sei venuto a fare qui?” domandò Harry posando il
libro accanto a sé e avvicinando pian piano la mano alla
tasca del mantello in cui teneva la bacchetta. Non gli piaceva la
presenza di Malofy, e ancor meno questa ostentata vicinanza. Non ci
poteva fidare dei Serpeverde, e nulla gli assicurava che le intenzioni
di Draco non fossero quelle di attaccarlo di sorpresa. Certo, non
l’avrebbe scampata liscia, ma non gli andava di essere
succube dei malevoli piani del biondo.
“Lascia perdere
la bacchetta, Potter. Non sono qui per duellare, a meno che tu non lo
ritenga necessario.” Cerco di calmarlo il biondo senza
perdere il tono arrogante che era solito usare quando si rivolgeva a
lui.
“E allora cosa
sei venuto qua a fare?” gli chiese stizzito Harry.
“Niente.”
“Malfoy,
chiariamoci: tu non mi piaci. Non ho idea per quale motivo tu sia
venuto fin qua a perdere il tuo preziosissimo tempo, e non sono neanche
del tutto sicuro che m’interessi davvero
ma…” Harry non poté concludere la frase.
Non accadde nulla, ma lo
sguardo di Malfoy sembrava essere mutato totalmente. Gli occhi grigi
del ragazzo non sembravano più ostentare
l’arroganza e la superiorità che Harry esa solito
leggerci. Sembravano quasi… malinconici.
Era la prima volta che
gli capitava di leggere un sentimento diverso dall’odio negli
occhi del Serpeverde. Soprattutto era la prima volta che loro due
– se si escludeva il loro primo incontro sul treno
– si trovavano così vicini senza le bacchette alla
mano, pronti a scagliarsi le peggiori fatture di loro conoscenza.
“Malfoy…”
mormorò Harry “sei sicuro di star bene?”
chiese, lasciando così sorpreso il ragazzo davanti a
sé. Non capitava tutti i giorni che Harry Potter si
rivolgesse con un tono gentile a Draco Malfoy, preoccupandosi per
giunta delle sue condizioni di salute.
“No.”
Ammise il Serpeverde.
“Sei sotto
Imperius?”
“Temo di no,
anche se forse preferirei esserlo.”
“Ti
è andato di volta il cervello per caso? Tiger e Goyle hanno
avuta una pessima influenza su di te, sappilo.”
Malfoy sbuffò,
palesemente irritato dalle insinuazioni del Grifondoro.
“Se chiudessi
quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca per almeno cinque
minuti forse capiresti. Anche se dubito tu possa arrivare a tanto, dato
che non l’ho capito nemmeno io perché sono
qui.”
“Ah beh, questo
semplifica le cose.” Commentò ironicamente Harry.
L’irritazione però era scemata in ansia
o… un qualcosa che non avrebbe saputo identificare
realmente. Forse disagio era la parola giusta. Eppure, per assurdo, non
gli sembrava così fastidiosa la presenza di Malfoy. Forse
perché sembrava aver perso nel giro di pochi minuti tutti
quei connotati che lo rendevano insopportabile a chiunque.
Probabilmente, se si fossero conosciuti in un contesto talmente
diverso, sarebbero anche potuti diventare amici. Beh… forse
questo era un po’ troppo.
“Hai capito il
significato dell’enunciato?”
“Quello del
sacrificio e dell’uomo?”
Draco storse la bocca
vista l’imprecisione con Harry aveva riportato il testo, ma
annuì ugualmente.
“Non ho idea di
cosa o come possa essere la tua vita, Potter, ma immagino che anche la
tua sia e sia stata costellata di sacrifici.”
“Cosa intendi
con ‘anche’? Tu non mi sembri proprio il tipo da
fare sacrifici.” Mormorò Harry cauto.
“No, hai
ragione. Non sono di certo la persona più adatta per parlare
di sacrifici, eppure anch’io ne ho fatti.”
“Tutto
ciò dovrebbe importarmi in qualche modo?” gli
chiese Harry sarcastico.
“Vedi Potter,
ognuno nella propria vita fa delle scelte. Più o meno
obbligate. Quando ti insegnano che devi comportarti in un certo modo,
perché altrimenti un passo falso rovinerebbe il nome della
famiglia, certe cose vengono spontanee.”
“Non capisco
che diavolo vuoi da me, Malfoy!”
Il biondo
sbuffò, non aveva mai davvero avuto a che fare con Harry
Potter e non aveva idea di quanto potesse essere difficile farsi capire.
“Ti ricordi il
primo giorno di scuola, quando ci incontrammo sul treno?”
“E chi se lo
scorda…” mormorò Harry. Quel giorno era
stato uno dei più importanti della sua vita. Era un sogno
che diventava realtà. A tutti gli effetti.
“Ti offrii la
mia mano e tu la rifiutasti.”
“Certo! Mi
sembravi la fotocopia più carina e più magra di
mio cugino!”
Il biondo perse per un
momento il suo caratteristico pallore per poi domandargli:
“Non hai un buon rapporto con i tuoi parenti
Babbani?”
“Affatto…”
brontolò Harry che fu quasi sul punto di ridere quando
scorse il ghigno sul volto di Malfoy.
“Tu non sai
cosa vuol dire nascere in una famiglia antica come la mia, legata a
valori che oramai si sono persi. Non credere Potter, condivido a pieno.
Sono fermamente convinto che i Purosangue siano superiori a Mezzosangue
e ai Babbani e ancora non capisco perché una famiglia come i
Weasley abbia deciso di rovinarsi la reputazione in quel modo, ma non
voglio dargli niente più che il mio disprezzo.”
“Le tue
intenzioni erano intavolare una conversazione pacifica,
giusto?” gli domandò Harry cercando di calmarsi.
“Si.”
“Beh, non ci
stai affatto riuscendo.” Gli fece notare Harry con tono
decisamente irritato.
“Non
m’interessano i Weasley, comunque.”
“Non hai
parlato d’altro fin’ora.”
“Vuoi chiudere
la bocca, Potter?!” lo rimbeccò stizzito il
Serpeverde “Ti dicevo che nella mia famiglia vige un codice,
severo e selettivo che va rispettato ad ogni costo.”
Il biondo
s’interruppe un attimo per essere certo che Harry non avesse
nulla da dire ma, saggiamente, il moro si mise una mano sulla bocca,
come a fargli capire che non l’avrebbe interrotto. Non
nell’immediato, se non altro.
“Il giorno che
ti offrii la mia amicizia, Potter, volevo davvero che tu accettassi
quell’offerta. Sentivo che avrei potuto darti molto
più di quello che avrebbe potuto fare un pezzente come
Weasley. Credevo che la mia arroganza e prepotenza potessero
convincerti ma…”
“…avevo
vissuto sino ad allora con persone arroganti e prepotenti. Di certo non
era con quel genere di persone che avrei voluto socializzare.”
“E’
il codice della famiglia che va seguito. Nel bene e nel male.”
“E questo cosa
c’entra con Trasfigurazione?”
Malfoy sbuffò
spazientito. Era già abbastanza irritante farsi capire a
gesti da Tiger e Goyle, aveva riposto in Harry qualche speranza in
più ma, da quello che poteva vedere, era fiducia molto mal
riposta.
“Lo
‘scambio equivalente’, Potter. Per continuare ad
essere ciò che sono sempre stato devo attenermi a
determinate regole, e se queste prevedono anche l’esclusione
dalla mia vita di qualcosa che avrei voluto ma che mi avrebbe costretto
a venire a meno del principio… Ho preferito
rinunciarci.”
“Non potevi
rinunciare ad resto ed ottenere ciò che volevi…
Cos’era, tra l’altro?” gli fece Harry
perplesso, non capendo dove Malfoy volesse andare a parare e
aggrottando le sopracciglia quando lo vide ridere rassegnato.
“Pensavo fossi
più sveglio di Tiger e Goyle, ma a quanto pare mi sbagliavo
di grosso. E non so quanto il resto del Mondo Magico sarebbe felice di
sapere che ha un tonto del genere come suo Salvatore.”
Harry aggrottò
perplesso le sopracciglia; quello scambio di battute con Malfoy aveva
del surreale. Un po’ perché di norma dopo un
saluto non propriamente amichevole avevano già estratto
entrambi le bacchette, un po’ perché Harry capiva
che il Serpeverde stava facendo uno sforzo immenso a parlare e che
probabilmente ne avrebbe fatto anche a meno. Per qualche ragione
però il Grifondoro aveva la sensazione che il suo
interlocutore si fosse sentito in dovere di metterlo al corrente di un
qualcosa che gli pesava ma che non credeva che Harry avrebbe capito.
“E’
solo una questione di ‘scambio equivalente’,
Potter. Io ho scelto Serpeverde, e ho ottenuto quello che
volevo.”
“Diventare il
Perfetto-Prefetto-Stronzo?”
“Anche. Ho
ottenuto il rispetto, l’obbedienza e tutte cose che tu in
fondo non hai ma allo stesso tempo. Puoi dire la tua rispetto al
Ministero ottenendo favori e consensi senza che tu lo avessi mai
chiesto-”
“Io non
l’ho mai voluto.”
“Hai comunque
pagato un prezzo per avere quello che vuoi o non vuoi.”
Mormorò il biondo osservandolo attentamente.
“Oh
sì, sono famoso perché un vecchio pazzo ha
cercato di uccidermi quando non avevo neanche un anno.”
“Esatto!”
“Malfoy, ho
già mal di testa senza che tu ti metta a farmi discorsi che
sfiorano l’incomprensibilità di quelli di Silente.
O della Sfinge.”
Malfoy scosse il capo,
apparentemente rassegnato.
“Ti manca
qualcosa, Potter?”
Harry lo
guardò curioso: il ragazzo era seduto accanto a lui con i
gomito poggiati quasi sulle ginocchia, a schiena curva, le mani giunte
e il mento posato su queste ultime. Non aveva affatto l’aria
del solito Serpeverde che aveva iniziato anni prima ad odiare.
Di cose gliene mancavano
molte, a cominciare dalla famiglia, ma Harry sapeva che non era quello
a cui si stava riferendo il biondo.
“A
te?” fu l’unica cosa che riuscì a
rispondergli.
Malfoy si alzò
all’improvviso e si girò verso di lui con
un’espressione a metà tra il deluso e il
rassegnato dipinta sul volto.
“Se lo capirai,
sai dove trovarmi.” Asserì il ragazzo lasciando
quasi di corsa gli spalti e risalire verso il castello. Harry poteva
vedere solo un puntino nero camminare celere e sparire dopo poco dentro
la scuola.
Avevano parlato quasi
civilmente. Non si erano attaccati, non si erano azzuffati e neanche
lanciati Schiantesimi. Harry si sfregò nervosamente la
cicatrice, che comunque non aveva cessato di prudere e bruciare,
più per nervosismo che per reale bisogno.
Passò un buon
quarto d’ora a cercare di capire dove volesse andare a parare
Malfoy, ma era certo che l’avrebbe comunque capito, prima o
poi. Forse.
Rassegnato scosse la
testa e si rituffò nuovamente sul libro di Trasfigurazione.
Anche se il tramonto era mai prossimo probabilmente sarebbe riuscito a
mandare a memoria almeno un altro paragrafo.
[1 febbraio – 9
febbraio ’09]
Note
dell’autrice: questa è la prima
Harry/Draco che scrivo. So che non è molto slash ma
è la prima storia che scrivo su Harry Potter dopo due anni e
mezzo che avevo totalmente abbandonato il fandom, e solo in
qualità di lettrice. Mi è successo nelle ultime
settimane aver recuperato un sacco di arretrati e mi è
venuta voglia di scrivere qualcosa. Di slash ne ho scritte parecchie
negli ultimi tempi, ma questi è come se fossero personaggi
totalmente nuovi, dato che di Harry/Draco non ne avevo mai scritte.
Questi due sono quelli che 7 anni fa mi hanno iniziata al genere e
dovevo tributargli qualcosa… Anche se devo comunque fare
pratica e recuperare un po’ di lacune sul Mondo Magico XD
Le nozioni sono
trasfigurazione spiccia proveniente da Fullmetal Alchemist (la cosa
più vicina alla magia/trasfigurazione in cui mi sia
imbattuta ultimamente) il resto è fuffa. Però a
me piace ^^
Ho buttato giù
anche l’inizio del sequel di questa shot che – se
tanto per cambiare i personaggi non fanno quello che gli pare
– dovrebbe essere comunque più H/D ^^
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