O.T.C.
One
True Couple
Renji Abarai, con le mani infilate nelle tasche dei
pantaloni, era intento a scrutare accigliato la vetrina di un fioraio
da quasi dieci minuti, ormai.
Voleva regalare qualcosa di carino a Rukia per S. Valentino, ma,
sebbene la conoscesse fin da bambina, da quando era capitata a Karakura
era cambiata così tanto che stentava a riconoscerla. Beh,
forse qualcosa sapeva ancora. Per esempio, aveva scartato a priori
l’idea di un kimono nuovo – magari un bello yukata
a fiori – e aveva ripiegato su qualcosa di
più… umano.
Ma tutte quelle costose composizioni floreali non lo ispiravano
affatto. Con un sospiro di rassegnazione, maledicendosi per la propria
goffaggine, camminò fino alla pasticceria più
vicina e cadde nel banale più totale comperando una scatola
di dolcetti al cioccolato. A Rukia la cioccolata piaceva, la confezione
non era a forma di cuore, perciò tutto ok.
Doveva essere solo un regalo amichevole, non una dichiarazione.
Renji uscì dal negozio e si diresse verso
l’emporio Urahara, aggiustandosi nervosamente la fascia sulla
fronte. Vide Rukia a metà strada, una via prima del negozio,
anche lei con un regalo tra le mani. Era vestita alla maniera degli
umani ed era molto graziosa con quel vestito semplice ma curato in ogni
dettaglio. Come Rukia stessa, del resto.
Il cuore di Renji perse il ritmo per un attimo appena la vide, poi
accelerò il passo, ma fu costretto a bloccarsi e a
nascondersi dietro l’angolo della strada quando vide arrivare
di corsa quella testa arancione di Kurosaki.
“Rukia!”
Rukia era ferma in mezzo al marciapiede che portava al negozio di
Sandali e Cappello. Stava bene, per fortuna. Quando lo aveva chiamato
per farsi raggiungere lì, aveva temuto il peggio.
“Rukia,” ripetè trafelato, cercando di
riprendere fiato. “Tutto ok? C’è qualche
Hollow che dobbiamo ammazzare?”
Il viso di Rukia passò da luminoso a oscuro e sulla fronte
le si dipinse una profonda ruga, le sopracciglia le si contrassero nel
solito cipiglio austero.
“No, Ichigo,” rispose piccata. “Nessun
Hollow. Volevo solo…”
Voltò la testa di lato e gli porse la scatola di
cioccolatini che aveva tra le mani.
“Oh,” disse Ichigo.
“Volevo fare qualcosa di umano e di carino,”
spiegò atona. “E questa occasione mi sembrava
particolarmente carina.”
“Rukia, senti – “
Lei lo interruppe alzando una mano.
“Grazie,” disse Ichigo, portandosi una mano alla
nuca.
Un gesto tipico che Rukia conosceva da molto tempo prima di incontrarlo.
“Di nulla.”
Girò sui tacchi e si allontanò prima che lui
potesse vedere le lacrime che avevano improvvisamente deciso di
scorrerle sul viso. Sentì Ichigo che la chiamava, turbato,
ma lei non si voltò e lui non la seguì.
Continuò a camminare sempre più veloce
finchè non si ritrovò a correre. Le gambe la
guidavano, Rukia ormai non prestava più attenzione alla
direzione da seguire, anche perché le lacrime le offuscavano
la vista.
Ichigo non lo sapeva – non poteva saperlo – ma
l’espressione che aveva appena assunto, quella stupita e un
po’ imbarazzata di poco prima… quella imbarazzata
e gentile… non le aveva fatto alcun regalo, ma solo
perché non se l’aspettava, e non se
l’aspettava perché non ci aveva pensato…
Ecco, l’espressione che traduceva tutto questo, era la stessa
che era solito assumere…
Kaien-dono.
Rukia non si era mai addentrata troppo nella questione, ma non serviva
certo un genio per capire che fare un regalo a Ichigo
equivaleva, per il suo inconscio, a farlo a Kaien-dono.
Un modo come un altro – uno dei tanti che ormai affollavano
le sue giornate – per tentare di espiare quel senso di colpa
che le opprimeva il cuore da tanti anni, ormai.
E che Ukitake continuasse pure a parlare…
Quando Rukia finalmente si fermò e si asciugò gli
occhi con una mano, si accorse di aver raggiunto la riva del fiume.
“Non ti angosciare, Abarai-kun, non ti fa bene.”
Orihime si avvicinò silenziosa alle spalle di Renji,
facendolo sobbalzare. Lui si voltò, paonazzo in viso, colto
sul fatto.
“Non stavo origliando.”
Orihime gli posò gentile una mano sul braccio, facendolo
sussultare ancora di più. La scatola di dolcetti che cercava
di tenere nascosta cadde rumorosamente a terra, e lì rimase.
“Non ha senso angosciarsi quando certe cose sono ormai
più che evidenti,” ripetè Orihime.
“Non so di cosa tu stia parlando.”
Renji si chinò e raccolse quella maledetta scatola.
Orihime fece un sorriso triste e si sporse a guardare Ichigo, rimasto
fermo a fissare il punto in cui Kuchiki-san era appena svanita. Aveva
l’espressione affranta, ma, di certo, non se ne rendeva conto.
“E tu, cos’hai in quella busta?” le
chiese Renji.
Orihime aprì il sacchetto che aveva appeso al braccio.
“Solo qualche regalino per voi ragazzi. Tieni, questo
è per te.”
Estrasse una scatolina infiocchettata e la tese a Renji.
“Buon S. Valentino, Abarai-kun.”
Ishida chiuse l’ultima cucitura dell’orsetto di
pezza che aveva appena confezionato a mano e mise il regalo in una
busta colorata.
Sperava davvero che a Inoue-san piacesse. Uscì da scuola
senza incontrare nessuno – probabilmente, gli altri erano
già andati tutti a casa – e si diresse verso casa
sua, incontrandola, però, nei pressi dell’emporio
Urahara, intenta a parlare con Renji Abarai.
“Inoue-san!” la chiamò.
“Oh, ciao, Ishida-kun,” si illuminò lei.
“Cercavo proprio te.”
Lo cercava?
Ishida si sistemò gli occhiali sul naso e le tese il
pacchetto. “Per te, Inoue-san.”
Orihime prese sorpresa la busta e gli sorrise, solare come sempre.
“Grazie molte, Ishida-kun!” disse, aprendolo.
“Questo, invece, è per te.”
Per lui? Inoue-san gli
aveva fatto un regalo di S. Valentino? Davvero?
“Ce n’è uno per tutti!”
continuò allegra Orihime. “Quest’anno,
ne ho fatto uno a testa!”
Sulla testa di Ishida parve comparire una nuvoletta scura. Si era
accorto solo allora che Abarai teneva tra le mani un pacchetto identico
a quello che aveva appena ricevuto lui. Il suo cuore si
sgonfiò ancora di più quando Orihime gli porse un
altro regalo.
“Potresti darlo a Sado-kun da parte mia?” gli
chiese Orihime. “Io faccio una corsa a portarlo a
Kurosaki-kun, poi devo passare da Kuchiki-san e Rangiku-san.”
Ishida diede un colpetto agli occhiali. “Sì,
certo, non c’è problema.”
Orihime gli diede un bacio sulla guancia, gli fece un inchino di
ringraziamento e scappò via.
“Siamo tutti sulla stessa barca,”
borbottò Abarai quando lo vide toccarsi il punto in cui
Orihime lo aveva baciato. Poi abbassò la testa e si
allontanò.
“Kurosaki-kun!”
“Inoue!”
Ichigo stava ancora guardando nella direzione di Rukia, chiaramente
indeciso se seguirla o meno.
“Kurosaki-kun,” continuò Orihime.
“Ti avevo portato questo per S. Valentino.
Quest’anno, lo faccio a tutti.”
Ichigo sgranò gli occhi, imbarazzato, e si portò
una mano alla nuca. “Ehm… Io… Io non
–“
“Non importa, non importa,” ridacchiò
Orihime, agitando i palmi davanti al viso. “Non me
l’aspettavo da nessuno.”
Ehm.
Ichigo e Orihime rimasero a fissarsi, perplessi. Detta così,
quell’affermazione suonava davvero… triste.
“Perché…” cominciò
Orihime. “Cioè, cosa fai qui da solo?”
Ichigo la guardò ancora più imbarazzato.
“Stavo andando a cercare Rukia. Volevo accertarmi che stesse
bene.”
“Capisco.” Orihime gli mise in mano un altro
pacchetto. “Allora dallo a Kuchiki-san da parte mia, se la
trovi, va bene?”
Ichigo annuì e filò via.
Ulquiorra aprì un varco a mezz’aria e si
ritrovò in una viuzza poco frequentata di Karakura. Se non
ricordava male, quella femmina sarebbe dovuta passare da quelle parti
per andare a casa. Perciò tanto valeva attenderla nei
paraggi.
Ulquiorra aveva sentito strani discorsi su una ricorrenza umana
chiamata S. Valentino in cui era usanza regalare qualcosa ad una
persona particolare. Era stato Grimmjow, nello specifico, a
ridicolizzare quello sciocco rituale umano, e Ulquiorra ne era rimasto
colpito.
Incuriosito.
Cosa avrebbe potuto regalare alla propria preda, la cosa più
particolare che possedesse?
Così era sceso sulla Terra con un mazzo di fiori del deserto
dello Hueco Mundo.
Ulquiorra camminava avanti e indietro lungo il vicolo da qualche
minuto, quando la femmina svoltò distrattamente
l’angolo e gli finì addosso. Appena lo mise a
fuoco, incespicò all’indietro e si
portò una mano alla bocca.
“Tu!”
“Eccoti, finalmente.”
“Sei venuto a portarmi via un’altra
volta?” sibilò Orihime.
Ulquiorra la fissò senza cambiare espressione. Era forse il suo hobby
preferito, farsi rapire?
“No, femmina,” rispose. “Sono venuto a
portarti questi.”
Le tese il mazzo di fiori pietrosi. Erano di un grigio spento, con la
consistenza della pietra pomice, ma più malleabili.
“Ho sentito della vostra strana festa,”
continuò, quando vide Orihime squadrarlo con gli occhi fuori
dalle orbite. “Perciò ho pensato di portarti
questi.”
Ulquiorra le mise in mano i fiori e la femmina rimase a bocca aperta.
Chissà perché non diceva nulla.
“M-ma…”
“Bene,” concluse Ulquiorra, soddisfatto.
“È stato interessante, direi. Non avevo mai
interagito così con una preda, prima.”
Ulquiorra chinò il capo lateralmente, studiando Orihime per
valutarne ogni minima reazione. Poi si girò, aprì
un altro varco e tornò a Las Noches.
Rangiku Matsumoto aveva deciso di annegare i suoi dispiaceri
nell’alcool, così aveva aperto la credenza della
cucina e si era scolata tre quarti della bottiglia di sakè.
Quando finalmente Orihime tornò a casa, stava per attaccare
l’ultimo quarto.
“Hime-chan!” la salutò ridendo,
chiaramente alticcia. “Bentornata!”
Orihime la guardò stralunata.
Matsumoto indossava un kimono da casa tutto storto e aveva il viso un
po’ arrossato, ma Orihime le mostrò ugualmente i
fiori di pietra. La shinigami trattenne un singhiozzo di sorpresa.
“Sono fiori dello Hueco Mundo,” disse.
“Dove li hai presi?”
“Me la ha regalati Ulquiorra, il quarto Espada. Per S.
Valentino,” spiegò Orihime.
Matsumoto trattenne un singhiozzo e gli occhi le bruciarono
all’improvviso. Gin…
lassù, a Las Noches… con il capitano Aizen e
tutti gli altri Arrancar…
“E tu sei ubriaca.”
Orihime prese la bottiglia di sakè e la mise controluce.
“Rangiku-san…”
“Ma no, ma no,” ridacchiò Matsumoto,
sventolando una mano con noncuranza. “Solo un pochino,
magari…”
“Rangiku-san…” sospirò
Orihime.
“È che – “ cominciò
Matsumoto, appoggiando le spalle al muro del corridoio e scivolando
lentamente a sedere sul pavimento. “Sai, mi ero ricordata di
quella volta che Gin e io, per S. Valentino – “
Non riuscì a terminare la frase che scoppiò a
piangere. Orihime le si avvicinò e le tese
l’ultimo regalo che aveva nella busta, abbracciandola
gentilmente.
“Oh, grazie, Hime-chan,” mormorò
Matsumoto. “Sei sempre così adorabile.”
Le ultime due sillabe si spensero in un singhiozzo disperato sulla
spalla di Orihime.
Kon riuscì ad arrampicarsi fino al davanzale della finestra
di Orihime e a sbirciare all’interno. Eccole, eccole!
E si stavano pure
abbracciando!
Kon fu sopraffatto dall’emozione di vedere le sue due
bellezze preferite insieme e perse l’equilibrio, cadendo sul
marciapiede, trascinato giù dal peso dei due regali di S.
Valentino che aveva nello zainetto appeso alle spalle.
Renji sferrò un calcio al ciottolo più vicino. Si
diede nuovamente dell’imbecille: se solo Rukia, quella volta,
avesse saputo...
Ichigo si fermò ansante con le mani sulle ginocchia,
rischiando di schiantarsi contro la staccionata di legno nella fretta.
Eccola là, Rukia, ferma sulla riva del fiume. Meno male,
stava bene…
Rukia si asciugò le lacrime con il dorso della mano e si
voltò a guardare nella direzione da cui proveniva il rumore
dei passi.
Ichigo avanzava verso di lei con il sole alle spalle. I suoi capelli
non sembravano più arancioni. Sullo sfondo del sole morente,
a tratti sembravano quasi scuri.
E, per un attimo, Rukia rivide Kaien-dono.
Orihime strinse ancora di più Rangiku-san tra le braccia.
Sapeva cosa voleva dire non avere più speranze…
Ishida tornò a casa di malumore. Però Inoue-san
si era ricordata anche di lui. Uno tra i tanti, ma sempre meglio di
niente, no?
Insomma…
Che strana sensazione,
pensò Ulquiorra, percorrendo i corridoi di Las Noches.
“Dove sei stato?” lo bloccò Grimmjow a
metà strada.
“A fare un regalo di S. Valentino.”
Ulquiorra non si era mai goduto così tanto
l’espressione di sbigottimento sulla faccia di qualcuno.
Matsumoto non riusciva a smettere di piangere. Sapeva che non aveva
senso, che tutte quelle lacrime erano praticamente inutili, ma
l’alcool stava facendo effetto. Gin…
Come aveva potuto essere così cieca, così
sciocca? Era malvagio e non se ne era mai resa conto…
Kon si rimise in piedi, tutto ammaccato e barcollante. Due bellezze
come Orihime e Rangiku… bah, del tutto sprecate. Se solo
fosse riuscito a procurarsi un corpo decente!
Mah! Meglio tornare a casa dalla sorellona…
“Ah, eccoti qui, Yoruichi-san.”
Urahara salì sul tetto dell’emporio e sedette
accanto a Yoruichi.
“Ben arrivato, Kisuke.”
“Cosa fai di bello?” le chiese, togliendosi il
cappello e appoggiandolo alla propria destra.
“Guardo i ragazzi. Li osservo da un po’ tempo ed
è interessante,” rispose Yoruichi con un
sorrisetto.
“Ah, sì?”
“Tutti loro si sono scambiati regali di S. Valentino, ma
nessuno ha azzeccato la persona giusta,” continuò
Yoruichi, gli occhi dorati che brillavano alla luce del sole morente.
Urahara ridacchiò. Frugò in un tasca interna del
kimono ed estrasse un piccolo pacchetto infiocchettato.
“Beh, forse, almeno una coppia riusciremo ad azzeccarla, che
dici?”
Yoruichi lo osservò sorpresa per un attimo, poi mise una
mano all’interno della maglia e porse anche lei un regalo a
Urahara.
“È probabile.”
Ognuno prese il regalo dell’altro.
“Buon S. Valentino.”
Ok, piccola cavolata di S. Valentino, venutami in mente così
all'improvviso. Ho creato una specie di AU in cui Grimmjow non
è stato ucciso da Nnoitra e Matsumoto e Renji sono ancora a
Karakura. Hitsugaya e gli altri, però, non compaiono, come
avete visto.
Ah, e ovviamente, un piccolo omaggio a Kaien Shiba, un personaggio che
amo profondamente ^_^
Un bacio,
Lucy Farinelli.
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