Sono le 4.30 passate, mi giro istericamente nel letto per accendere la luce. Non sento il suo corpo a fianco al mio e si sentono strani rumori provenire dal bagno. Lui che sussurra, parole incomprensibili, incatturabili. Finalmente trovo l'interruttore, mi alzo di scatto ed apro la porta.
Billie è a terra, tremante, a sussurrare, gli occhi persi, fissi sulle piastrelle e le mani che inquiete si toccano i capelli. Sembra avere un attacco di panico. Io sono calma e placata, conosco fin troppo bene quella tortura dell'anima, per urlare, chiamare qualcuno o agitarmi. Anche se lui sembra morire quasi, impazzire del tutto.
Mi siedo di fronte a lui, accendo una delle sigarette che Billie ha a fianco e fingendo di avere una chitarra sulle gambe incrociate, inizio a cantare:
Words get trapped my mind
Sorry I don't take The time
To feel The way I do
La straziante dolcezza di questa canzone, o della mia voce, forse, lo calma. Gli porgo dell'acqua, sta sudando. Ed ecco che scoppia a piangere; nasconde le lacrime, batte la testa contro il muro, soffoca le urla sul mio seno; ma sta piangendo, lo giuro. So di non dovergli mettere fretta, assecondo le sue mosse con un silenzio privo di imbarazzo e ricco di comprensione, nonostante il mio essere tremendamente piccola. Littlegirl. Pian piano è lui a parlare, senza che io gli chieda niente. Il suo sguardo lascia intravedere sensi di colpa, si sta scusando, non ci posso credere. Io continuo a fumare con la schiena appoggiata al muro e le gambe aperte, come una bimba che disegna, disinteressata, con l'aria dei suoi polmoni.
-Novocaina, novocaina era novocaina ma erano demoni di novocaina io non posso dormire la notte Liv non posso non posso fare tutto il male non riesco a dormire e tutti dormono e tu dormi io no sono solo io che non dormo-
Continuo a fissare il muro, senza rispondergli, con aria indifferente perché è ciò di cui ha bisogno.
-La prossima notte, starò sveglia con te-
Sussurro con un filo di voce vuota di intonazione. Sembra essersi quasi del tutto calmato anche se trema ancora e ha quello sguardo colpevole. Gli prendo la mano, lo porto sul letto e gliela poggio sul mio seno. Si sfoga col mio corpo con una violenza che appartiene solo agli animi senza pace, e che adoro. Nel frattempo piange, ed è forte e veloce, grida ancora sul mio seno, per non farsi sentire. Vedo in questo gesti una dolcezza disumana, paradossale, assurda. Passiamo la notte l'uno a fianco all'altra, senza dormire, anime irrequiete. 'Con i cuori arresi, i capelli appiccicati alla fronte'. |