DIVERSI
Capitolo 1
In ospedale
Lyla
trattenne malamente uno sbadiglio, osservando il proprio riflesso nello
specchio fissato dietro l’anta del suo armadio. Erano da poco passate le sette
del mattino, nell’aria risuonavano già le note della sua canzone rock preferita,
e la ragazza non aveva la più che minima voglia di prepararsi per andare in
Università.
Sapeva
che doveva farlo perché era un suo dovere presentarsi a lezione, ma era molto
tentata dall’idea di mandare tutto al Diavolo e tornarsene a dormire, avvolta nell’abbraccio
del suo morbido e rassicurante piumone.
Non
aveva nulla contro i suoi professori o le lezioni in sé, nella maniera più
assoluta. Amava Storia dell’arte! Se così non fosse stato, non l’avrebbe mai e
poi mai scelta come indirizzo di studi dopo il liceo.
Ma
quel giorno, la voglia di Lyla di rendersi un minimo presentabile era davvero
ai minimi storici e se non fosse stato per sua madre, che l’aveva chiamata dal
piano di sotto per fare colazione, con molte probabilità sarebbe ritornata a
letto.
La
ragazza si lasciò sfuggire un secondo sbadiglio, più rumoroso del primo, ed
iniziò a cercare qualcosa da mettere nell’armadio a due ante scuro.
Tirò
fuori una maglia a maniche lunghe bianca, che appoggiò con cura sul letto per
non stropicciarla, e poco dopo un paio di jeans neri abbastanza vecchiotti che
aveva dall’ultimo anno di scuola media.
Si
vestì veloce e, dopo aver legato i lunghi capelli corvini in una coda malfatta,
andò al piano di sotto dove la madre la stava attendendo.
Shannon
Moore era una donna eccezionale, agli occhi della figlia maggiore. Ad appena
quarantacinque anni non solo era una delle migliori avvocatesse in tutta
Washington D.C., ma anche una straordinaria madre che da sola si era ritrovata
a badare a due figlie femmine, di cui una piccolissima.
Molto
spesso Lyla si era domandata come facesse sua madre ad essere sempre così
presente nonostante gli impegni, specialmente da quando loro padre le aveva
abbandonate quando sua sorella Marie era ancora in fasce.
In
segreto, la corvina sognava di poter diventare un giorno una donna forte ed
indipendente come lei, e di potersi davvero realizzare nella vita. Un sogno
alquanto comune, ma che le veniva spontaneo dal profondo del cuore.
-
Buon giorno, tesoro – la salutò la donna, con un ampio sorriso ad illuminarle
il viso, da dietro il bancone della cucina.
Stava
finendo di impiattare una bella porzione di pancake ai mirtilli appena
fatti, e Lyla sentì lo stomaco ruggire per la fame.
-
‘Giorno, mamma – ricambiò la figlia, sedendosi su uno degli sgabelli girevoli
davanti alla madre.
Lanciò
un occhio alla sua destra, e notando il posto di sua sorella ancora vuoto e
intoccato, le venne spontaneo chiedere – La pulce? –
L’avvocatessa
arricciò la bocca in un’espressione per niente rassicurante.
-
È ancora a letto, con la febbre. Non è altissima, e sembrerebbe migliorata
rispetto a settimana scorsa, ma per sicurezza ho voluto prendere un
appuntamento con il dottore per oggi pomeriggio lo stesso – la informò,
pulendosi le mani su un vecchio strofinaccio vicino a lei – A tal proposito
devo chiederti un favore, Lyla –
-
Certo, ma’. Chiedi pure –
-
Questa mattina mi hanno chiamata dallo studio, e per fartela breve sono
costretta a rimanere lì fino a sera. Puoi accompagnare te Marie a fare la
visita? – le domandò la donna, passandole il piatto con la colazione.
-
Non preoccuparti. La accompagno io la pulce appena torno dall’Università. Dopo
dammi indirizzo e orario, così non ci sono problemi. Lo sai che non riesco mai
a ricordare l’indirizzo della dottoressa Parker –
-
Oh no, cara – la fermò Shannon, portandosi una ciocca castana dietro l’orecchio
– Non ho preso appuntamento da lei –
Lyla
alzò appena gli occhi verdi dal cibo, per incontrare quelli della madre.
Se
non aveva preso appuntamento da lei, allora da chi?
-
È entrata da pochissimo in maternità, ma è stata così gentile al telefono da
consigliarmi di andare dal nuovo pediatra che hanno assunto in ospedale. Si
dice che sia davvero molto bravo – le spiegò, prima di prendere tra le mani un
vassoietto con su la colazione per la piccola Marie.
La
corvina riprese a masticare i propri pancake, con aria assorta. Non
sapeva nemmeno che la dottoressa Parker fosse incinta, ma la sua preoccupazione
maggiore era un’altra ed era tutta rivolta verso il nuovo pediatra in ospedale.
Conoscevano
la signora Parker da tantissimi anni, visto che era stata anche la sua pediatra
a suo tempo, e il dover portare la sorellina da uno sconosciuto la preoccupava
leggermente. Aveva una brutta sensazione addosso.
-
Come si chiama questo nuovo dottore? – domandò incuriosita la ragazza.
Shannon
andò a staccare dal frigorifero un piccolo post-it tutto stropicciato, e
scritto con la sua inconfondibile scrittura geroglifica. Solo lei era in grado
di interpretare quell’insieme di liniette, tracciate completamente a caso
secondo il parere di Lyla. Si domandava sempre come facesse a capire quella
roba; per lei era un vero mistero.
-
Si chiama… Ciel O’Konnor –
-
Ciel? Davvero esiste qualcuno che si chiama così? -
-
A quanto pare sì, Beki – rispose Lyla alla propria migliore amica, con
un’alzata di spalle.
Lei
e Rebekka erano amiche dai tempi del liceo, da quando si erano ritrovate come
vicine d’armadietto al primo anno. Avevano legato quasi immediatamente, grazie anche
al carattere peperino e solare della bionda texana.
Rebekka
sgranò gli occhi scuri, sinceramente sorpresa.
-
E pensare che mi sono sempre lamentata dei miei per la scelta del mio nome.
Sapere che esistono genitori che danno nomi ben peggiori ai propri figli mi
risolleva un po’, lo devo ammettere –
-
Non è tanto male, invece – intervenne una terza voce, maschile – Mi sa tanto di
nome da protagonista di romanzetti erotici –
Lyla
alzò gli occhi al cielo, dopo l’ultima frase dell’altro suo migliore amico,
Robert.
Le
due ragazze avevano stretto amicizia con lui dopo che, quest’ultimo, prese le
loro difese durante un episodio alquanto spiacevole. Due ragazzi che
frequentavano i loro stessi corsi si erano permessi di fare delle battute
alquanto squallide e di cattivo gusto su Rebekka, e sulla scollatura della
semplicissima maglia che aveva deciso di indossare quel giorno; loro aveva
deciso di far finta di niente, anche perché leggermente intimorite, ma Robert
che aveva ascoltato tutto poco dietro no. Il castano quel giorno disse di
tutto, e minacciò i due che se non avessero chiesto immediatamente scusa a Lyla
e Rebekka avrebbe reso noto a chi di dovere delle loro gentili molestie.
Inutile
dire che quelle furono scuse che mai arrivarono alle due giovani, e il povero
Robert si beccò persino un paio di spintoni, ma poco gli importava. Per lui era
meglio parlare davanti ad episodi simili, piuttosto che far finta di niente e
starsene in silenzio.
-
Uh, è vero! – concordò l’amica bionda, dopo aver preso un lungo sorso del suo
cappuccino d’asporto – Magari è pure carino –
-
Magari è solo il pediatra che visiterà mia sorella – propose Lyla, rifacendosi
la coda sempre più sfatta.
Sia
Robert che Rebekka sbuffarono infastiditi, per l’uscita della corvina.
-
Quanto sei noiosa, Lyluccia – la riprese Robert – Potresti stare un po’ al
gioco anche te però –
Lei
in risposta sospirò stanca.
-
Lo so, ragazzi. Ma è che… sto un po’ in ansia per mia sorella. Sono già due
settimane che non sta affatto benissimo, e per lei è davvero strano. Non ho mai
visto Marie malata da quando è nata. Ogni tanto sono capitati due o tre
raffreddori, ma per il resto davvero niente. Non è mai successo prima… -
-
Ehi, tesoro – le appoggiò una mano sulla spalla il ragazzo – Sei in pensiero
per tua sorella, è normalissimo. Anch’io sono così con la mia, si tratta di
istinto da fratello-sorella maggiore. Vedrai che non sarà niente di che, e
Marie si riprenderà senza problemi. Ammalarsi è umano, Lyla. Si sarà presa solo
qualche virus più antipatico dei precedenti –
Aveva
ragione Robert, alla fine dei conti. Forse si stava solo facendo troppi film
mentali per una semplice influenza, nulla di più.
A
distrarla dai propri pensieri ci pensò Rebekka, che iniziò a raccontare loro
del suo ultimo disastroso appuntamento con un ragazzo che faceva Lettere nel
loro stesso istituto, e così rimasero a chiacchierare fino all’inizio delle
lezioni.
Verso
l’ora di pranzo la corvina tornò a casa, dove diede il cambio a sua madre che
era rimasta per badare alla piccola malata.
-
Se hai bisogno, sul fornello c’è ancora la pentola con il brodo di pollo di tua
sorella, sennò puoi cucinarti quello che preferisci. Basta che non sporchi la
cucina; va bene, tesoro? –
L’avvocatessa
parlò così veloce che Lyla fece un po’ fatica a seguirla, ma annuì con la testa
prima di vederla infilarsi velocemente il soprabito e uscire di corsa dopo
averle stampato un rapido bacio sulla guancia.
Una
volta rimasta sola nel salone di casa, salì le scale per andare a vedere come
stesse sua sorella.
Trovò
Marie già perfettamente vestita, seduta sul lettino singolo della sua camera,
con tra le mani il suo vecchio coniglietto di peluche di nome Fluffy.
-
Ehi, pulce – la salutò, appoggiando una mano sullo stipite della porta – Come
ti senti? –
-
Bene – rispose lei, tranquilla – Ho detto a mamma che sto bene, ma lei non mi
crede –
-
Certo che ti crede, tesoro – ribatté la corvina, entrando nella stanzetta dalle
pareti color pastello.
La
maggiore andò a sedersi all’angolo del letto, ed accavallò le gambe prima di
riprendere a parlare.
-
Lo sai come è fatta mamma. È solo molto preoccupata per te, e vuole essere
sicura che ti rimetta al cento percento –
La
piccola dai lunghi boccoli dorati alzò gli occhi verdi in quelli della sorella.
– Sicura? –
Lyla
annuì con la testa, decisa.
-
Super sicura –
Lanciò
uno sguardo al display del telefonino, per controllare che ora fosse.
L’appuntamento era fissato per le 16:30, avevano ancora un sacco di tempo a
loro disposizione.
-
Visto che abbiamo un paio di orette libere prima d’uscire, ti va di fare
qualcosina? Possiamo andare a vedere qualche cartone in salotto –
Alla
parola “cartone” la piccola bionda parve illuminarsi, e saltò giù dal letto con
un balzo stringendo al petto il coniglietto di pezza. Lyla non riuscì a non
rimanere intenerita da quella scena, e dopo aver preso per mano la sorellina,
scesero le scale per andare al piano di sotto.
-
Possiamo guardare “Mulan”? – domandò Marie, dopo essersi seduta sul divano in
stoffa davanti alla TV.
La
corvina sorrise, tirando fuori dalla libreria a fianco il DVD del film. Era
sicurissima che sua sorella le avrebbe chiesto di vederlo; era il suo preferito,
e aveva perso il conto di tutte le volte in cui le aveva chiesto di guardarlo
insieme.
-
Certo, pulce –
Arrivata
l’ora di andare, Lyla aiutò la piccola Marie a mettersi giacchino e sciarpa
invernale prima d’uscire. Nonostante fossero solo gli inizi d’ottobre le
temperature erano calate vertiginosamente, ed era meglio uscire ben coperti se
non si voleva rischiare di prendersi qualche malanno.
Una
volta vestita la sorellina, dopo qualche protesta da parte sua, la corvina iniziò
a ravanare nella borsa a tracolla alla ricerca delle chiavi della propria
macchina.
Dovette
rovesciare quasi metà dell’intero contenuto sul tavolo da pranzo in cucina,
prima di riuscire a trovare le tanto desiderate chiavi.
L’ospedale
dove dovevano andare distava circa venticinque minuti di macchina da lì, e se
non volevano rischiare di arrivare in ritardo dovevano darsi una mossa,
considerando il solito traffico cittadino.
Marie
rimase stranamente in silenzio per quasi tutto il tragitto, e risultò parecchio
strano alla maggiore. Fino a poco prima l’aveva vista allegra e chiaccherona
come al solito, mentre ora… sembrava quasi un’altra bambina. Così quieta, così
silenziosa.
Lyla
pensò che fosse dovuto all’imminente visita pediatrica. Marie si era mostrata
contraria fin da subito, e quasi sicuramente il suo silenzio doveva essere una
sorta di “protesta” a ciò. Alla corvina sembrò l’opzione più plausibile.
Giunte
a destinazione, Lyla chiese indicazioni ad un’infermiera all’ingresso su come
raggiungere lo studio del dottor O’Konnor.
La
donna che si trovarono davanti, poco più che trentenne, lanciò loro un lungo
sguardo prima di domandare – Avete un appuntamento? –
-
Sì – annuì la corvina – Abbiamo un appuntamento per le 16:30, a nome “Moore” –
L’infermiera
andò a verificare sul computer al bancone dell’atrio, prima di dire qualcosa.
-
Secondo piano, reparto di pediatria, sulla destra – parlò rapida, per poi
andarsene.
Lyla
rimase un attimo infastidita dai modi della donna, così poco cordiali, ma
preferì lasciar perdere.
Non
avrebbe rischiato di arrivare in ritardo per litigare con un’infermiera
maleducata; era l’ultima delle sue intenzioni.
Trovare
lo studio del dottor O’Konnor si rivelò parecchio più difficile di quello che
aveva immaginato, anche perché la pediatria non si trovava affatto al secondo
piano, come le aveva così cordialmente indicato l’infermiera poco prima.
Dopo
un paio di giri andati a vuoto, le due riuscirono a trovare il reparto giusto
così come anche la porta dello studio del dottore.
Vicino
alla porta chiusa dello studio spiccava una targhetta metallica con su il nome
del pediatra, scritto in uno stampatello maiuscolo alquanto chiaro. Dopo
qualche secondo di esitazione, la corvina si decise a bussare lievemente contro
la superficie liscia per annunciare il loro arrivo, ed attese.
Dall’interno
dello studiò riuscì a sentire l’inconfondibile suono di una sedia che
strisciava contro il pavimento, e quando la porta si aprì… rimase di sasso.
ANGOLO
DELLA MENTE MALATA:
Era
da un bel po’ che ne parlavo, ma mi sono messa seriamente al lavoro solo da un
mesetto circa.
Finalmente
mi sono decisa a revisionare i capitoli di “Diversi”. Per le persone allarmate
da questa mia decisione, dico di stare tranquillizzarvi. Non sarà come le mie
solite revisioni in cui cambio tutto tutto. Nope.
Qui
riscriverò semplicemente i capitoli, togliendo ed aggiungendo ovviamente, ma
niente di troppo drastico. In più, la stesura dei futuri capitoli avverrà
contemporaneamente perciò avrete entrambi; capitoli nuovi + capitoli riscritti.
Cosa
ne pensate del primo (nuovo) capitolo di questa storia?
Se
vi va fatemelo sapere mediante un commentino :3
Cordiali
saluti
-Harley
Hearts
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