PAIRING: Sono
monotona, chi già mi conosce lo sa.
GENERE:
Angst, Sentimentale, Slice of life.
AVVERTIMENTI: Fagiani in
lòv, Slash, un po’ (molto) di inevitabile OOC.
DISCLAIMER: Nessun
membro degli EXO mi appartiene (anche se vorrei adottarli in massa, ma
vabbè);
fyccina scritta assolutamente non a
scopo di lucro: non guadagno nulla dalla mia attività di
fangirlamento
compulsivo. Tutti loro sono ampiamente maggiorenni.
NOTE: La Musa
non mi ha ancora abbandonata. E’ giusto precisare,
però, che l’ispirazione me l’ha
data una fanfiction angstissima del fandom di The
Eagle of The Ninth, letta su AO3 e di cui non ricordo il
titolo.
Buona
lettura (si spera)!
E non
soffro se mi sento solo,
soffro solo
se mi fai sentire dispari.
(Marta sui
Tubi)
Se il
genere umano fosse in grado di stare al mondo senza provare sentimenti
di alcun
genere, pensa Sehun, la vita sarebbe tanto più semplice.
Meno piacevole,
probabilmente; monotona. Ma facile. Scorrerebbe via liscia come
l’olio, serena,
priva di complicazioni. I sentimenti sono una fregatura. Sehun salva a
stento
le emozioni –solo quelle positive. Detesta paura e tristezza,
guarda con
sospetto alla malinconia. Rifugge la noia quasi fosse peste; cerca di
schivare
quando possibile, non sempre cavandosela, rabbia e risentimento.
Jongin
è
una delle cause della sua ostilità nei confronti dei
sentimenti, o meglio, la
principale. Forse l’unica? Sehun non ne è sicuro
e, francamente, non gli
interessa granché sviscerare la questione. La sua sola
certezza, al riguardo, è
che se anni fa lui e Jongin non fossero stati reclutati dalla SM, il
loro
futuro avrebbe preso ben altra piega.
Non sarebbero
diventati star internazionali, innanzitutto. Non avrebbero conosciuto
il sapore
inebriante della notorietà né quello corrosivo
dello smarrimento e dell’abbandono.
E di sicuro non si sarebbero ritrovati, durante uno dei rari giorni
liberi, a
infilarsi reciprocamente le mani nelle mutande, in seguito costretti a
darsi
appuntamento nel soggiorno ad orari improbabili, e scopare alla
bell’e meglio
sul divano o stesi sul tappeto soffocando i gemiti, attenti a non
lasciare
macchie rivelatrici.
A lungo
andare, però, il loro comodo e in un certo senso
confortante status di (tromb)amici non
aveva retto l’assalto di massicce ondate di ossitocina;
più precisamente, Sehun
non lo aveva retto. Aveva cominciato a fantasticare di immaginari
appuntamenti
al cinema per pomiciare e ingozzarsi di popcorn, stupidi mesiversari,
regalini
altrettanto sciocchi e imbarazzanti, sesso consumato su un letto vero e
proprio, mano nella mano, lento e morbido. E ci aveva provato,
dannazione, aveva
provato a tramutare quelle fantasie in realtà. Tuttavia, ad
ogni sua proposta
Jongin replicava talvolta strabuzzando gli occhi, talvolta non
cogliendone
affatto i sottintesi (“Ok, sento se gli altri si vogliono
unire a noi”), spesso
rifiutando con la scusa che, altrimenti, i loro compagni si sarebbero
insospettiti.
Sehun non
era scemo e, seppure a malincuore, aveva mangiato la foglia. Per Jongin
non era
cambiato nulla. I sentimenti non lo avevano ghermito –beato
lui. Beato lui
davvero.
Una sera si
presenta l’occasione che Sehun aspetta da tempo. Il loro
manager è riuscito a
procurarsi dei biglietti per l’ultimo concerto dei Super
Junior e Baekhyun,
Chanyeol, Yixing, Jongdae e Minseok decidono di approfittarne.
Joonmyun,
invece, dichiara di essere troppo stanco e propone un tranquillo torneo
di
poker in dormitorio. Solo Kyungsoo accetta, sfregandosi le mani con
maligna
anticipazione al pensiero di potersi intrattenere in incontri
ravvicinati del
terzo tipo con il proprio uomo per almeno un paio d’ore. A
Sehun non resta che
cedere la camera ai piccioncini e a cercare rifugio presso Jongin. Lo
trova
spalmato sul letto, un romanzo in mano; sulla copertina candida e
lucida spicca
il nome dell’autore, Murakami Haruki.
“Ehi”.
“Non
ti
hanno insegnato a bussare prima di entrare in una stanza?”
chiede continuando a
leggere.
Sehun
scrolla le spalle. “Da quando sei così
formale?”
“Sono
pudico, è diverso” infila un segnalibro tra le
pagine. “Che ne sai, avrei
potuto essere nudo”.
“Nulla
che
non abbia già visto” commenta con un sogghigno.
Gli si stende accanto, prono,
puntellando i gomiti contro il materasso.
Jongin
arrossisce e appoggia il libro sul comodino. “Avrei potuto
essere impegnato-”
“A
farti
una sega?” lo interrompe. “Ti avrei aiutato
volentieri” strizza l’occhio,
lascivo.
“Con
qualcuno” dice in un soffio, lo sguardo basso e vergognoso.
“Ci sarebbe potuta
essere un’altra persona, qui con me”.
Sehun non
se lo aspettava. Non di venire sostituito così in fretta. Da
chi, poi?
Impallidisce e blocca ogni suo movimento, raggelato. Un macigno
tiratogli in testa
sarebbe preferibile a quello, assai più pesante, che gli si
piazza sulla bocca
dello stomaco.
“Hai
una
storia?” domanda, la lingua ruvida come carta velina. Che sia
questa la fine?
Il silenzio
grava su di loro. “Non sarebbe comunque affar tuo”
il tono di Jongin è
deliberatamente ostile. Non è da lui servirsi delle parole
come arma di offesa.
Ma se è questo il suo intento, realizza Sehun con una fitta
al cuore, avrà pane
per i suoi denti.
“Non
hai
del tutto ragione, amico: non ci tengo a beccarmi una qualche malattia
venerea,
perciò ricordati di usare sempre il preservativo,
grazie”.
Si sporge
verso di lui -una manciata di centimetri- e gli ficca la lingua in
gola. Lo
sente irrigidirsi sotto di sé mentre si mette a cavalcioni e
gli serra i
fianchi con le cosce, una mano che scivola sotto la maglietta a
contatto con la
pelle calda e tenera del ventre. Percepisce il disagio di Jongin,
neanche fosse
un cazzo di verginello; se lo merita, pensa cupamente.
Perché dovrebbe essere
gentile? E’ solo sesso. Non è speciale
né romantico.
Dopo un
primo momento di passività, Jongin si ribella e se lo stacca
di dosso.
Bruscamente, i capelli arruffati e le labbra rosse, le mani artigliate
con
fermezza alle sue spalle. “Che cazzo ti prende,
Sehun?” lo scruta accigliato.
“Lo
chiedi
a me?” quasi ride. “Mi pare evidente. Per quale
motivo credi sia venuto da te,
a quest’ora, con il dormitorio libero? Ho voglia di scopare,
nient’altro” e
mente, mente, mente. “Hai bisogno che ti rifili qualche lagna
sdolcinata per
fartelo venire duro? Vuoi che ti dica che sei bello, sexy, che mi
piaci?”
E’ la
verità, ma sa di non poterlo ammettere. Jongin glielo
impedirebbe, negherebbe l’intensità
di ciò che prova, con la crudeltà ottusa che solo
le persone buone possiedono.
Jongin non
risponde. Non lo tocca. Infine, quando si degna di replicare,
l’espressione sul
suo volto è dura come pietra ed estranea, terribile.
“Non avevo capito che
venissi a letto con me solo perché ti senti solo”
mormora, e gli occhi sono
buchi neri che annientano, la bocca si piega in una smorfia amara.
“Vattene”.
Sehun batte
le palpebre. “Cosa?”
“Vattene”
scandisce con ferocia. “Non ti sopporto quando fai lo
stronzo. Tornatene di là
e datti una calmata. Quando ti sarai ricordato come si comporta una
persona
civile, ne riparleremo”.
Sehun
obbedisce, talmente attonito -esilarato, se la situazione non fosse
tragica- da
non opporre resistenza. Non riesce nemmeno ad incazzarsi. E’
assurdo.
Annichilente. Arrivato alla porta, la apre e indugia sulla soglia un
istante
ancora.
“Se ti
sei
stancato di me non hai che da dirlo, sai” dice rivolto al
muro.
Jongin lo
osserva allontanarsi e scomparire nel buio del corridoio. Un singulto
gli
scuote il petto. “Coglione” sussurra, e non sa se
stia insultando se stesso o
Sehun.
________________________________________________________________________________
Ne dubito
fortemente, ma in caso abbiate apprezzato questa one-shot e vi
incuriosisse
seguire in diretta i miei scleri vi lascio il link della mia
pagina
Facebook (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).
Alla
prossima!
|