Six Degrees of Separation

di _Pulse_
(/viewuser.php?uid=71330)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Allora, due paroline di introduzione prima di lasciarvi alla lettura.
Ciao, questa è la mia prima fanfiction in assoluto su Hawaii Five-0 e fino a due settimane fa avevo guardato la serie solo come passatempo occasionale. Non so cosa sia scattato di preciso nel mio cervello, ma tutto d'un tratto ho avuto l'irrefrenabile impulso di dover guardare ogni singolo episodio, dall'inizio alla fine, e ne sono diventata dipendente. Bene, ora che mi sono ricoperta di vergogna possiamo andare avanti.
Si tratta di una McDanno pre-slash formata dall'insieme di diverse missing-scenes ambientate durante le puntate 2x20 e 2x21 (inclusa la seconda parte del crossover con NCIS). Per non influenzare le mie stesse idee, mi sono fermata di proposito a questi episodi ed è stata durissima resistere, perciò... per favore, no spoilers!

La storia è formata da sei capitoli ed è conclusa, quindi aggiornerò abbastanza velocemente. 
Il titolo è per forza di cose ispirato dalla canzone omonima dei The Script. (Se non l'avete mai sentita fatelo, tipo, ora).


Nota: I personaggi non mi appartengono e questo scritto non ha alcuno scopo di lucro.

Spero non sia una totale idiozia e che, anche se lo fosse, siate così gentili da farmelo sapere.
Grazie e buona lettura! :)

Vostra,

_Pulse_

_________________________________________________________________________________

 

 

SIX DEGREES OF SEPARATION

 

I

SHOCK

 

Quella mattina, svegliandosi, aveva subito intuito che non sarebbe stata una giornata come le altre.
Aveva avvertito lo stesso brivido che gli correva sotto la pelle quando ancora Steve non era un libro aperto per lui e lo vedeva dirigersi a passo sicuro verso un sospettato oppure verso il baule dell’auto, terrorizzato dall’idea folle appena partorita dalla sua mente.
Per prima cosa, aveva notato che nessuno lo aveva svegliato prima dell’orario in cui nessun essere umano avrebbe dovuto – per legge – essere fuori dal letto. Inusuale, ma non così allarmante.
Il secondo indizio che gli aveva fatto drizzare le antenne del sospetto, era stato il silenzio radio da parte di Steve. Di solito lo chiamava al cellulare (anche prima che si fosse svegliato, per l’appunto) per avvisarlo che c’era un caso ed era già sulla strada di casa sua, o solo per chiedergli a che ora passasse a prenderlo con la Camaro che poi, puntualmente, avrebbe preteso di guidare fino alla base operativa. Quella mattina, niente di niente. Strano, ma doveva pur esserci una spiegazione logica.
Terzo, al quartier generale non aveva visto il pick-up del SEAL parcheggiato al suo solito posto. Certo, poteva essere arrivato prima di lui, ma era una circostanza così rara ed improbabile che gli faceva sempre venire la pelle d’oca. E così fu, elevata alla millesima potenza, quando entrò nella sede dei Five-0 e non scorse la figura del partner né al tavolo touch-screen né nel proprio ufficio.
Pessimo, pessimo segno.
Non incontrò nessuno che potesse fornirgli qualche spiegazione – impossibile a dirsi, era arrivato davvero per primo – perciò si infilò nel proprio ufficio e fece il giro della scrivania per sprofondare nella poltrona e preparare l’interrogatorio a cui avrebbe sottoposto l’amico, ma ci volle qualche altro secondo prima che potesse effettivamente accomodarsi: il suo sguardo, infatti, era stato catturato da una busta bianca posata al centro della scrivania, e tutto il resto era svanito. Sulla busta, in una calligrafia sorprendentemente delicata per appartenere ad un marinaio, c’era solo una parola: Danno.
Sentì il cuore accartocciarsi, stretto da una mano invisibile, fredda come il ghiaccio e al contempo bollente come lava, e senza sprecare altro tempo si sedette, forse per paura di avere un mancamento, ed estrasse il contenuto della busta. Perché se Steve gli aveva lasciato una lettera, allora era matematicamente sicuro che le ragioni per cui avere un mancamento – e senza alcuna vergogna – c’erano tutte.
Non vi trovò scritto nulla di nuovo, in realtà: Steve aveva bisogno di risposte circa la morte dei suoi genitori e sarebbe andato ad indagare su Shelburne. Ciò che lo scioccò, fu il fatto che avesse deciso di partire così, di punto in bianco, senza metterlo minimamente a conoscenza delle sue intenzioni.
«Sì, mahalo», ribatté alle ultime parole della lettera  prima di sospirare e schioccare leggermente le labbra.
Non se lo aspettava davvero, proprio lui che ormai avrebbe dovuto almeno sapere come reagire di fronte al lato imprevedibile del suo carattere, e il dolore che lentamente iniziò ad insinuarsi dentro di lui fu così forte che fu quasi grato a Kamekona di aver fatto irruzione nel suo ufficio, distogliendo la sua attenzione dall’improvvisa ed ingombrante mancanza di quel pazzo.
«Ok, immagino che tu lo sappia: la nostra squadra si occupa di crimini gravi, non di furgoni di gamberi scomparsi», cercò di tagliare corto ad un certo punto, decisamente poco dell’umore. 
Avrebbe voluto dirgli che era Steve il capo, di andare ad annoiare lui con quella storia, ma il suo cuore venne nuovamente stritolato dall’interno e fu costretto al silenzio.
«Crimini gravi. Questo è un crimine super-grave! Tutte le mie ricette segrete sono lì dentro!».
Il botta e risposta continuò fino a quando il biondo non fu costretto a cedere, giusto un momento prima che il suo cellulare iniziasse a suonare. La sua mano corse a recuperarlo, nell’illusoria speranza che Steve avesse cambiato idea e avesse bisogno che Danny corresse a prenderlo all’aeroporto. Bastò non riconoscere il numero sul display per rendere atona la sua voce.
I Five-0 avevano una nuova indagine di cui occuparsi ed era tutto ciò che gli serviva per superare lo shock.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3284306