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Occhi dolci:.
Erano
trascorse soltanto alcune ore da quando aveva messo piede in
quell'ospedale.
Sedeva
su una di quelle scomode sedie di plastica posizionate nei corridoi.
Aveva
i gomiti poggiati sulle ginocchia, la testa calata e retta dalla mano
sinistra, la schiena curva in avanti, in una posizione stanca ed
assonnata.
La
guancia sinistra era schiacciata contro il palmo della mano, la bocca
aperta in un piccolo spiraglio e le palpebre chiuse, la destra velata
da una ciocca di capelli nero onice.
Si
era assopita, forse, soltanti da alcuni quarti d'ora, che potevano
anche corrispondere a delle ore intere. Non se ne rendeva conto, ma una
cosa la sapeva: era esausta.
Negli
ultimi giorni non aveva fatto altro che pedinare la Marlowe, affrontare
un castello in Siria pieno di insidie e sfide, e, sopratutto, aveva
dovuto fronteggiare gli uomini di Talbot.
Davvero
un'avventura intensa ed impegnativa, dove si rischiava seriamente di
rompersi l'osso del collo, di morire con una pallottola nel petto,
oppure saltare in aria a causa dell'esplosione di una granata.
Roba
che affrontava, ormai, da quasi più di due anni, ma che, con
il trascorrere del tempo, risultava sempre più complicato ed
impegnativo, sopratutto pericoloso.
Uno
di quei giorni, Nate li avrebbe fatti ammazzare tutti.
E
ci era mancato davvero poco che quella triste sorte non fosse toccata a
Charlie.
Al
solo pensiero rabbrividiva.
Ricordava
nitidamente la scena di solo qualche giorno fa.
Correvano.
Correvano
più che potevano.
Gli
uomini di Talbot li inseguivano, armati.
E
loro non avevano neanche una misera granata per difendersi.
Dietro
di lei, Victor Sullivan e Nathan Drake la seguivano.
Più
dietro ancora, vi era Charlie, che era stato in grado di far quadagnare
loro terreno.
La
fine della loro fuga era quasi terminata: avrebbero solamente dovuto
saltare, raggiungendo una piattaforma di legno e portandosi in salvo su
uno dei tanti pianerottoli di ciottolo dell'immenso castello.
Saltò,
atterrando sul legno, che scricchilò pericolosamente sotto
al suo peso, per poi mettersi al riparo.
Sully
e Nate riuscirono a raggiungerla senza problemi, ma sotto al peso del
trentacinquenne, la tegola di legno s'era spezzata, precipitando al
suolo.
-Oh,
merda!- esclamò, mentre si voltò, osservando
Charlie, che riuscì a frenare la propria corsa giusto in
tempo prima di precipitare nel vuoto.
Osservava
prima loro, poi il terreno ai piedi della torre. Sarà stata
alta dieci, quindici metri.
-Andiamo
Cutter!- urlò Sully, esortandolo a saltare.
-Non
ce la farà.- rispose Nate, calcolando superficialmente la
distanza che separava l'enorme torre dalla loro piattaforma.
-Ok.
Che facciamo? Che facciamo?- domandò ripetutamente Chloe,
voltandosi ed osservando Sully, che scosse le spalle.
Era
agitata.
Molto
agitata.
Se
non l'avessero tirato subito giù di lì, lo
avrebbero ucciso!
Aveva
notato che il cuore le batteva all'impazzata; un po' per la corsa
stremante, un po' per la paura.
Anche
se odiava ammetterlo, o dimostrarlo, in quel momento era davvero
preoccupata per Charlie.
Non
voleva che lo uccidessero!
E
poi, non se lo sarebbe mai perdonato; e lo stesso, immaginava,
riguardava anche Nate e Sully, evidentemente agitati quanto lei.
-Charlie.-
lo chiamò una voce, proveniente dalle sue spalle.
I
tre subito si allarmarono, ma il ragazzo fece cenno loro di tacere e di
aspettare.
"Ma
che diavolo ha in mente?!"
pensava furiosamente Chloe.
Cutter
si voltò, osservando tre uomini avvicinarglisi. Due di loro,
uno a sinistra ed uno a destra, erano armati di mitra; quello al centro
deambulava tranquillamente verso di lui.
-Ma
che diavolo...?- bisbigliò il ragazzo, osservando con
sguardo stupito, ed irritato, Talbot.
Come
poteva essere ancora vivo? Lo aveva sparato al petto! Al petto! Come
diavolo aveva fatto a salvarsi?
-Vedo
che non sei andato molto lontano.- lo punzecchiò, osservando
Charlie, quasi a deriderlo.
Altri
due uomini, anch'essi armati di mitra, li raggiunsero.
-Dammelo.-
ordinò, riferendosi alla reliquia che da poco avevano
trovato.
Per
nulla al mondo gli avrebbe ceduto quel manufatto.
-Sparisci.-
rispose a tono.
L'uomo
alla sua sinistra lo ferì al fianco, colpendolo con l'arma
che aveva fra le mani.
Charlie
s'inginocchiò, tenendosi il fianco destro.
Chloe,
in basso, sussultò.
Nate
fece per raggiungerlo, cercando di scalare la torre, ma la donna lo
tenne saldamente per un braccio.
-Non
possiamo fare nulla.
-Diavolo,
è insopportabile.- ammise Nate, continuando ad osservare la
scena, impotente.
Talbot,
intanto, aveva approfittato della distrazione di Charlie per
"confiscargli" il manufatto.
Si
allonanò di fretta e furia, cedendo il posto ad una donna di
mezza età, con capelli biondi a caschetto ed occhi scuri.
-Oh,
Cutter. Avevo grandi aspettative su di te.- parlò.
Per
tutto quel tempo, Charlie aveva finto di lavorare per quella donna,
aiutando Nate e company nella loro missione.
-Sì,
come no.- sorrise sarcasticamente il ragazzo, alzando il capo e
fissando Marlowe.
-Dico
sul serio... Avevi del potenziale.
Gli
uomini, da quattro, in quel breve lasso di tempo, aumentarono di una
decina.
Si
avvicinavano a Charlie; due di loro tenevano delle taniche fra le mani.
-Ora...
Beh, le vie del destino son curiose, non credi? Hai tradito la mia
fiducia... E ora ci ritroviamo in questo luogo- Come se tutto fosse
già scritto, da sempre.- parlò la donna.
I
due rovesciarono quelle taniche ai piedi di Charlie; il liquido che
contenevano s'andò a spargere sulle tegole di legno del
pavimento.
Marlowe,
con un gesto scattante della mano e delle dita, riuscì ad
accendere un piccolo fiammero; s'allontanò da Charlie, per
poi gettare quel bastoncino infiammato ai suoi piedi.
Il
pavimento prese fuoco, costringendo Charlie ad allontanarsi dalle
fiamme.
Chloe
spalancò gli occhi dalla sorpresa.
Quella
donna...
Era
piena di risorse, e tutte sempre più malvage e
perverse.
Sarebbe
morto, arso dalle fiamme!
Oppure
si sarebbe gettato dal quella stramaledetta torre, in quel caso
suicidandosi.
O
una, o l'altra, una cosa era certa: sarebbe passato a miglior vita in
entrambi i casi.
Il
ragazzo si voltò, osservando i tre amici giù,
osservarlo preoccupati.
Rivolse
un secondo sguardo alle fiamme, che minacciavano di ustionarlo.
No.
Non
sarebbe morto per mano di quel mostro della Marlowe!
-Charlie,
no.- mormorò Nate, notando il suo atteggiamento: sembrava
deciso a saltare giù, nonostante la pericolosità.
Piegò
le ginocchia, preparandosi a saltare.
-Merda
merda!- esclamò Nate, agitandosi. -No...
Chiuse
gli occhi; poi, con uno scatto delle gambe, si gettò nel
vuoto.
-NO!-
urlò il trio; la voce di Chloe più marcata del
solito.
Ci
era mancato davvero poco.
Questo
era ciò che pensava, mentre si recava all'ospedale, dove
Charlie si trovava ricoverato.
Si
era soltanto rotto una gamba, forse anche qualche costola, nonostante
il suo atto avventato e suicida.
Era
l'unica a trovarsi lì.
Nate
e Sully erano partiti solo da qualche giorno per l'Arabia. Si sarebbero
dovuti incontrare con Elena Fisher, che li avrebbe aiutati a "passare
inosservati", aiutandoli nella loro missione.
Lei
era l'unica, oltre a Charlie, a non essere partita con loro.
Se
doveva essere sincera, trovava la cosa alquanto stupida.
Più
e più volte, Nate aveva rischiato di morire, e per cosa?
Per
nulla!
Per
delle questioni completamente inutili.
Quasi
due anni fa per la pietra Chintamani; adesso per la ricerca dell'"Iram
dei Pilastri", alias "Città di Ottone", o "Atlantide del
Deserto".
Per
l'aggiunta, si trattava del Rub'al-Khali.
Nate
era disposto ad attraversare a vuoto un intero deserto per trovare
quella città, secondo la leggenda, distrutta da Dio.
Era
davvero troppo avventato; matto.
Spesso,
si chiedeva cosa volesse dimostrare con le sue gesta, che si potrebbero
benissimo considerare eroiche.
Lui
diceva di non voler dimostrare nulla.
Un
grandissimo bugiardo, pensava.
Sinceramente,
lei non lo sapeva; in ogni caso, non gliene sarebbe importato affatto.
Adesso,
ciò che più la preoccupava era la salute di
Charlie.
Qualcuno
la chiamò, più volte.
Sobbalzò,
ritrovandosi di fronte la figura di un'infermiera.
-Lei
è la signora Frazer?
Annuì.
-L'orario
delle visite è iniziato da qualche minuto; se desidera,
adesso può far visita al signor Cutter.
-Uhm,
sì; grazie mille.- ringraziò, alzandosi dalla
scomoda sedia e dirigendosi versa la porta, contrassegnata con il
numero 306.
La
aprì con mano tremante, entrando.
Notò
subito Charlie osservare noiosamente il soffitto di un bianco candido.
Il
ragazzo si accorse della presenza di Chloe; voltò il capo
nella sua direzione, sorridendo.
-Heilà,
occhi dolci.- la salutò, accennando un'alzata di mano.
Chloe
sorrise, quasi alzando gli occhi al cielo per come l'aveva
soprannominata.
-Allora...
Come stai?- chiese, mentre prendeva posto sul letto vuoto, alla
sinistra del ragazzo.
-Eh
come vuoi che stia?- rispose, sarcasticamente.
-Ci
vorrà del tempo prima che riesca a guarire, sai?
-Beh,
sempre meglio che rischiare di nuovo l'osso del collo con quei pazzi di
Nate e Sully.- commentò, sbuffando appena. -Dove sono loro?
-Sono
partiti da solo qualche giorno per l'Arabia...- rispose, scuotendo
leggermente il capo; un ciuffo di capelli nero onice le
ricoprì un occhio.
-Oh,
bene.
-Come
"bene"?! Secondo te è meglio restare al sicuro, o tentare di
suicidarsi alla ricerca di una leggenda?- sbottò debolmente,
sgranando le sue iridi azzurre.
-Senti
dolcezza: sono quasi morto gettandomi da quella torre; il minimo che
possono fare, adesso, è trovare d'obbligo quell'Iram dei
Pilastri; se ora mi ritrovo in questa situazione, è
perché l'ho fatto per voi. Quindi anche per te, Chloe.
-Beh,
se mi fossi trovata nella tua stessa situazione, avrei preteso anch'io
una cosa del genere...- sospirò; -... Comunque, in questo
momento, preferirei che nessun altro si ferisse gravemente.- disse,
mentre si strofinava una mano sugli occhi, con gesto stanco.
-Quindi,
sarà meglio per loro che portino qui sane e salve le loro
chiappe!- esclamò Charlie.
La
donna accennò un sorriso.
Nonostante
la situazione in cui si trovava, sembrava essere molto allegro e vivace.
Certo,
non quell'"allegro" e quel "vivace" pienamente espresso, ma il sorriso
sulle labbra non gli mancava.
E
ciò le faceva molto piacere.
Come
le piaceva anche poter stare nuovamente in sua compagnia.
E,
forse, finalmente, in modo "normale".
-Che
cosa farai, ora che Nate e Sully ti hanno lasciata qui?- chiese tutto
ad un tratto, per rompere quel breve silenzio di ghiaccio che si era
creato.
-Aspetterò
che tu guarisca e che quei due tornino sani e salvi.
-Sì,
ok, ma nel frattempo?
-Uhm...
Non lo so. Ogni tanto, mi piacerebbe condurre una vita normale, sai?
-Tsk!
Quando uscirò di qui...- disse, lasciando cadere la frase.
-"Quando
uscirai di qui" cosa?...- riprese la frase la giovane donna.
-Quando
uscirò di qui potrò finalmente godermi
tranquillamente la vita. Magari in tua compagnia.- aggiunse pochi
istanti dopo.
Chloe
subito notò che le sue guance si riscaldarono brutalmente.
Uno
strano calore si diffondeva all'interno del suo corpo; quella
sensazione pulsante che si espandeva dal cuore.
Davvero
avrebbe voluto "stare", in un certo senso con lei?
Osservò
Charlie: osservava il muro, bianco, come tutto ciò che si
trovava in quella monotona stanza d'ospedale, cercando di evitare il
suo sguardo, ma con uno strano sorriso sulle labbra.
-Ne
sarei felice, occhi dolci...- aggiunse il ragazzo.
Chloe
alzò un sopracciglio, riprendendosi da quello stato di
calore, assunse un tono sarcastico e freddo, come più le si
addiceva: -Chi lo sa...
Si
guardarono negli occhi, sorridendo.
Angolo
autrice:
Buon
pomeriggio a tutti, fan di Uncharted!
Saranno
tipo due settimane che lavoro a questa One-shot, e vi dirò:
nonostante l'impegno che ci ho messo, non sono affatto soddisfatta di
ciò che ne è uscito fuori.
Sono
sicura di poter fare molto di meglio; ma la voglio ugualmente
pubblicare.
Sarei
felice se mi lasciaste una recensione :) Accetto critiche e
quant'altro, tutto ciò che, soprattutto, possa aiutarmi a
migliorare!
E'
da un po' che mi balena per la testa l'idea della coppia Chloe x
Charlie. Non so perché, ma m'ispira molto, mooolto
più della Chloe x Nathan.
Un
abbraccio da parte di Alecraft Mounts! Ciao ciao!
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