puzzle life
Avviso: nessuno scopo di lucro, non conosco i personaggi e i fatti scritti sono totalmente inventati.
Puzzle Life
Chapter One -
- Prima cosa: Che si fottano
«Bert, tu devi andarci!» strepitò sua madre con il
volto in fiamme per l’arrabbiatura.
«Porca puttana non sono cazzi miei, non ci vado!» urlò dalla sua stanza mentre
si infilava le scarpe e raccattava le sue cose fra le lenzuola.
La sua stanza era un completo disastro, come se ci fosse passato un uragano al
suo interno e avesse spostato ogni oggetto del suo posto. Se guardavi bene,
potevi trovare lattine di birra in alto all’armadio, calze nella lampada e se
ti sdraiavi in quell’ammasso di coperte e lenzuola disfatte e vagamente
maleodoranti potevi sentire vari oggetti infilzarti le costole o la schiena a
seconda di dove era la loro locazione. Bert non faceva mai entrare nessuno
nella sua camera, che non fossero i suoi amici ovviamente, ma questo accadeva
di rado, Bert odiava portarli a casa, diceva che i suoi gli “scassavano i
coglioni”, e se ne andava sempre chissà dove a casa di gente a loro
sconosciuta.
Non che i suoi genitori avessero sinceramente paura per la sua incolumità, per
carità, era grande e vaccinato, e nella cittadella non giravano individui
particolarmente loschi, ma era comunque preoccupante non sapere dove passasse
le notti il loro foglio.
Infilò la felpa gialla che era sul comodino accartocciata e girò la chiave della
porta per uscire sgusciando fuori e richiuderla sonoramente per far si che sua
madre non entrasse. Sentì una leggera pressione sul braccio, si voltò. Sua
madre, cinquant’anni suonati, capelli tinti, alta come lui pressappoco, con il
suo stesso colore d’occhi. Blu. Ogni volta che gli capitava di guardarsi in uno
specchio si malediceva per aver ereditato un colore così singolare e strano.
Avere gli occhi blu era un altro modo per essere diverso, e questo non gli
piaceva affatto.
«Robert, ti prego» sussurrò lei guardandolo negli occhi. Blu nel blu.
Bert fece una smorfia e distolse lo sguardo, scrollando la sua mano dal braccio
e prendendo le scale di fretta. Quasi scottato. Scese in fretta e furia,
creando più rumore possibile, da far risvegliare pure suo padre dal suo
sonnellino sul divano. Sentì, per l’appunto un grugnito, il suo nome e un
imprecazione. Mandandolo al diavolo ad alta voce, uscì da quella casa che ormai
gli sembrava sempre più una prigione, completa di sbarre e tutto.
Odiava quel posto, odiava i suoi genitori e non voleva una vita così.
Prese a correre, perché il rumore che faceva l’aria nelle sue orecchie lo
distoglieva dai suoi problemi, e perché non ce l’avrebbe fatta a camminare
semplicemente.
Rallentò di colpo quando raggiunse il vialetto di casa di Jepha. Guardò per un attimo la finestra che
corrispondeva alla stanza dell’amico e si rilassò. C’era la luce accesa. Si tranquillizzò
e avvicinandosi alla porta dell’abitazione si torturò le unghie. Era nervoso solitamente quando era
solo. Gli veniva d’istinto, forse perché gli era accaduto di restare chiuso
fuori di casa più volte e di non aver trovato ne Jepha ne Quinn in casa. Ma era
diffidente, e terribilmente pessimista.
Premette il dito sul campanello di casa Howard e attese che la madre dell’amico
gli venisse ad aprire.
«Robert! Ciao, entra!» lo accolse sorridendo. La madre di Jepha era sempre
stata gentile con lui, nonostante i suoi problemi con la scuola, i genitori e
le numerose fughe da casa, non lo aveva mai guardato con occhi diversi. E Bert,
nonostante tutta la sicurezza che ella gli trasmettesse, aveva sempre paura di
aprire quella porta e di trovarsi lei che lo guardava con disprezzo.
La ringraziò con un cenno della testa, e salì le scale diretto alla camera
dell’amico. Imprecò quando la scarpa prese dentro al pantalone eccessivamente
lungo e per poco non inciampò e rotolò giù dalla rampa, tuttavia raggiunse la
porta in marrone e l’aprì sorridendo all’udire delle note arrivargli alle
orecchie.
Sorrise a Jepha e Quinn che erano seduti sul letto del più grande ricoperto da
un copriletto blu con quadri grigi, il solito. Li salutò prendendo la sedia a
rotelle dalla scrivania e avvicinandola al letto per poi sedercisi e stese la
gambe in mezzo ai due che lo guardavano.
«Bert che cazzo è successo?» sbottò d’un tratto Jepha con fare serio, vedendo
che l’atteggiamento del più giovane non era come al solito. Quinn voltatosi di
scatto verso il ragazzo pieno di piercing gli lanciò un’occhiataccia come per
zittirlo, ma Jepha continuò.
«Bert?» lo chiamò. «Ti sei fatto?» chiese dopo una pausa, mentre si era
avvicinato e lo aveva guardato bene negli occhi per notare –magari- le pupille
dilatate o gli occhi rossi e lacrimosi. Bert abbassò il capo per un attimo
quasi inesistente, poi rialzandolo guardò i due che a gambe incrociate lo
fissavano preoccupati.
«Mia madre vuole che parta…» sbottò d’un tratto. Prese fra le dita la catenella
attaccata ai pantaloni e cominciò a giocherellarci nervosamente. «Dice che a
casa di mia zia starei meglio» mormorò.
Jepha guardò Quinn, come a chiedergli che dovevano fare, ma il biondo lo guardò
spaesato. «Ma tu non ci vai vero?» chiese all’improvviso spaventato, ricevendo
un’occhiata dal più grande.
Bert restò un attimo zitto, «Cazzo… No, che non ci vado. E’ solo che mio padre
ha detto che altrimenti mi mandano all’accademia militare. E vi giuro che non
scherzano questa volta, cioè… credo che non mi ci manderebbero sul serio, ma se
mi ricapita di finire in cella non credo mi tirerebbero fuori per la terza volta…»
disse abbassando il tono di voce pian piano.
Jepha si mosse sul materasso, forse perché era scomodo a gambe incrociate,
forse perché doveva smorzare quella tensione che si era creata in quei pochi
minuti.
Bert cominciò a respirare pesantemente, il battito del suo cuore accelerò,
«Cazzo!! Porca di quella troia! Ma non possono farsi i cazzi loro una volta
tanto??» urlò mentre stringeva i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi.
«Vieni, su» sussurrò Jepha prendendolo per il polso e facendolo sedere sul
letto insieme a loro due. Si sdraiarono , Jepha a pancia in giù a sinistra di
Bert e dall’altra parte Quinn con le mani lasciate ricadere sui fianchi come il
più giovane.
Bert non resistette molto in quella posizione, ma soprattutto in quella situazione.
Aveva bisogno di altro, e quando insieme a Jepha c’era anche Quinn non poteva
farsi o simili, perché glielo aveva promesso, a tutti e due. Se invece li
avrebbe beccati da soli, magari sarebbe riuscito a spuntarla… ma così nulla.
Si alzò di botto,facendo venire quasi un collasso a uno dei due, che si erano
rilassati a fissare il soffitto o il pavimento a seconda della posizione presa.
«Me ne vado» disse rimettendosi la felpa chiara, si sporse per dare un bacio
sulla guancia a tutti e due e poi sparì oltre la porta.
Lasciandoli soli.
°°°
Sweetcurry's Time
Salve ^-^ ecco. Vi ho fatto lo scherzetto, credevate fosse il seguito di "Like You, and Stop" vero?? xD
Eheh... invece parlando su emmessenne con la mia bellissima Twinna
(AintAfraidToDie sveglioni ù.ù) della nostra famiglia
mezza fuori di testa (avere il Rev come nonno ti cambia l'esistenza
O.o) ho avuto un'ispirazione e quindi eccomi qui.
Ahah, ho una mezza idea di mettere due pairing, ma ancora non si sa tutto quindi seguitemi e vedrete ù.ù.
Insomma, domani parto per la Grecia con la scuola e tornerò
solamente lunedì notte, quindi credo che mercoledì
potrò aggiornare (sempre che mi venga la voglia xD sappiamo come
sono xD)...
Ho sempre voluto scrivere di Bertie giovane e aitante *-*... avete
presente il video "A box full.."? Avete presente il bertie giovane ma
già così fuori di testa *0*? Ecco io lo amo così.
*ama anche il suo taglio di capelli a quei tempi, am questo è un
discorso a sé stante*
Dedico questa ff ovviamente alla mia piccola fogliettina, che amo
tanto, che mi manca già, che mi rende la giornata migliore anche
solo parlando di come rumina Gee xD. Ti amo picci <3.
Vi adoro, bellissime.
Fatemi avere un buon ritorno pieno di recensioni, <3.
Baci,
Curry*
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