Ci sono vestiti sparsi per tutto l'abitacolo. Oggetti di ogni sorta.
Tra i tanti: la maglia di A. - eri stato a guardare mentre se la toglieva con
un brivido che ti correva lungo tutta la colonna vertebrale, su fino alla nuca
– e l'accendino di L., lasciato lì sul cruscotto. S'era sempre divertito a
fumare sulla tua macchina; a farti congelare tenendo il finestrino giù anche in
pieno inverno.
E dietro le bottiglie vuote della pessima birra che D. aveva insistito per
comprare., per una sorta di scommessa. Cosa ci fosse in palio neanche te lo
domandi, perché nemmeno a D. interessava: qualsiasi cosa faceva brodo nei suoi
costanti tentativi d'impressionare V. Come potesse includervi anche
l'avvelenamento di massa, era una domanda che neanche la minaccia di soffocamento
era riuscita a chiarire.
Avresti potuto almeno fare un po' di pulizia, prima di lasciarti tutto alle
spalle. Già, proprio così. Te ne stai andando.
Sarebbe sbagliato dire che stai fuggendo, però. Stai imboccando la tua strada,
per quanto ti stia facendo guidare dal caso e non è detto che non tornerai da
dove sei partito, un giorno. O che non ti fermerai e, guardandoti le spalle,
non osservai quanta strada hai fatto. Perciò tutto resterà dov'è, a ricordarti
chi eri.
Non sai dove stai andando, non sai con che cosa pagherai la benzina una
volta che ti saranno finiti i soldi, come laverai la tua roba e tutte le
amenità di questo genere che a chiunque sembrerebbero importanti ma che non
riescono a preoccuparti più di tanto in questo momento.
Ti lasci cullare dalla più completa incertezza che, per quanto sia
paradossale, è molto più confortante dei punti fermi. Dei capi saldi. Di tutto
ciò che è immutabile e che per questa sua stessa natura non ti concede nemmeno
di sperare di poterne far parte.
I fari fendono la coltre di tenebre che ti circonda quel tanto che basta
per rimanere in carreggiata. A farti da colonna sonora c'è l'asfalto che scorre
veloce sotto le ruote, il motore ed occasionalmente il regolare ticchettio della
freccia destra o di quella sinistra. Vai avanti così non sai per quante ore,
tamburellando sul volante per non piombare nel silenzio più assoluto.
Non pigi sull'acceleratore, poiché non essendoci una meta non può
esistere il limite del tempo per raggiungerla, ma lasci che la macchina viaggi
ad una velocità sostenuta mentre cerchi di tenerti sveglio con la sola forza di
volontà.
Ecco, magari, partire riposato di prima mattina sarebbe stata un'idea migliore.
Più lungimirante.
Oh, se ne avessi di lungimiranza... Non avresti seguito le tue passioni
adolescenziali, le quali avevano fatto i bagagli e se n'erano partite per
chissà dove poco dopo l'esame di maturità.
Terrorizzato dal loro improvviso abbandono, avevi voluto negare che se ne
fossero veramente andate. Ne parlavi come se fossero ancora lì, accanto a te.
Leggermente sopite dal dover decidere a cosa dedicare almeno i prossimi tre
anni, ma sarebbero ritornate presto.
Le avevi riviste, ma ti eri accorto che a unirvi ormai non c'era che il ricordo
di quanto avevano significato per te. Sciocco, da parte tua, non volerti
arrendere nemmeno a quella verità e plasmare le tue scelte su qualcosa che era
diventato una pallida imitazione di ciò che avevi conosciuto.
Ancora oggi non hai nemmeno il tanto sospirato 'pezzo di carta' a testimone
della tua cieca dedizione per loro. Ma hai detto basta, per cercare qualcosa di
nuovo.
Potrà essere una mossa piuttosto tardiva, ma è sempre meglio di niente, no?
Oh, se ne avessi di lungimiranza... Avresti già un lavoro, mal retribuito e che
odi; ma pur sempre un impiego. Avresti una moglie di cui ti accontenti perché
soddisfa il tuo ego amandoti; saresti sceso dal piedistallo di chi vorrebbe
piacere ad una persona che trova attraente ed interessante.
La mattina andresti ad accompagnare tuo figlio all'asilo. Perché un figlio ci
vuole, eh. Se no che ci stai a fare al mondo, come essere umano?
Oh, se ne avessi di lungimiranza... Non saresti qui.
Sarebbe perlomeno il caso che avessi il buon senso di accendere la radio o
canticchiare. O meglio ancora cercarti un angolino per riposarti qualche ora.
Giusto un paio, nulla di più. Quindi sarebbe del tutto inutile sprecare
denaro per una camera d'albergo, quando sei già al riparo. Si tratta
semplicemente di trovare uno spazio tranquillo in cui fermarsi. Il primo
spiazzo disponibile andrà più che bene.
Quando finalmente ne trovi uno che non ti sembra così distante dalla
civilizzazione che potrebbe passare qualcuno, ammazzarti e rubarti l'auto senza
che nessuno sospetti nulla (per poi ritrovare il tuo cadavere dopo settimane),
passi sui sedili dietro e ti concedi un sonnellino. Piccolo.
A svegliarti non è il sole, già alto nel cielo da diverse ore comunque, e
nemmeno la morsa gelida in cui dovrebbe trovarsi la tua macchina. Non si tratta
neppure dei crampi alle gambe, a cui sei particolarmente soggetto. No, nulla di
tutto questo: qualcuno ti sta scuotendo la spalla.
Una voce ti avverte, spazientita, che non sopporterà ancora a lungo
l'ostinazione nel continuar a voler dormire. Per un attimo credi sia tua madre
e di trovarti in camera tua. Poi colleghi che, no, neanche nei giorni più
impestati dalla sua tosse da fumatrice lei ha un tono così profondo. Papà, oh
lui è il tipo che non vedi mai fino alla sera, tanto appagato nell'ambito
lavorativo da correre a timbrare il cartellino e penare nell'aver finito il
proprio turno. Ti chiamerebbe dalla porta, una o due volte, ma non perderebbe
altro tempo a buttarti giù dal letto. Magari manco sta succedendo davvero;
forse è solo un sogno particolarmente vivido.
Ci metti un attimo a capire che invece è proprio reale ed il salto che fai nel
realizzarlo, sbattendo la testa contro il finestrino, è quasi comico nella sua
tardività. Lo sguardo che si riflette nei tuoi occhi assonnati, però, non ti
sembra per nulla divertito. Oh be', pure tu non muori dalla voglia di ridere.
Hai un male cane, nel punto in cui hai preso il colpo, e sei troppo occupato ad
ispezionare di non esserti procurato un bel bernoccolo.
“Avevi il cellulare spento, coglione!” esordisce il nuovo arrivato, a mo' di
buongiorno. I suoi lineamenti, solitamente rilassati in una tranquillità
serafica e pressoché imperturbabile, sono tirati a tal punto da renderti
difficile riconoscere subito D.
'Ma si può sapere che cazzo vuoi?' chiederesti tu di rimando, sennonché
eviteresti di litigare con un tuo amico di prima mattina. O pomeriggio. Quel
che è. C'avrà anche le sue ragioni per essere così gentile nei tuoi confronti;
credi. Perciò te ne stai zitto, stropicciandoti gli occhi, mordendoti le labbra
e riflettendo su come diavolo ti abbia raggiunto.
“Non mi andava di sentire nessuno.” Tagli corto. “Tu piuttosto, com'è
che sei qui?”
Lui neanche si sforza di rispondere alla tua domanda e ti ritorce contro
una battuta da soap-opera.
“Se qui c'è qualcuno che deve delle spiegazioni, quello sei tu.” Da quand'è che
è diventato così pedante? Che gli devi spiegare, a uno che non si assume
neanche la responsabilità di decidere dove passare una serata con gli amici,
che ti tieni vicino soltanto per il conforto di sapere che c'è qualcuno, con
anche più anni alle spalle di quanti ne hai tu, che sta peggio di te?
No. Questo non puoi averlo pensato veramente. È questo il grande risultato che
hanno portato le tue ore di guida solitaria, sputare veleno su chi ti è sempre stato
accanto e costantemente sostenuto? Complimenti. Scuoti la testa, alquanto
disgustato da te stesso, ma lui non dà segno di aver notato alcun dilemma
interiore. Ciò nonostante ti senti in dovere di farti perdonare, anche se non
sai ancora come.
Potresti iniziare dandogli una spiegazione sul perché ti sia reso
irraggiungibile. Che poi non è stato un dettaglio pianificato; devi averlo
spento ieri perché ha la batteria quasi scarica e poi ti sei scordato di
riaccenderlo. Sei fatto così. In molti si chiedono se sotto le tue spettinate
ciocche corvine, dentro quella capoccia, ci sia effettivamente un cervello
oppure un colino. Tu stesso sei uno di quei tanti. Lui pure.
Per cui non s'aspetterà chissà quale risvolto dietro la tua distrazione. Starà
puntando ad altro, per esempio il motivo della partenza e quale sia la
destinazione. Non ci sono domande di riserva?
“Capito. Se sto ad aspettare te e le soluzioni dei tuoi misteri, nel frattempo Lost sarà già finito ed avrà pure una risposta a tutti i
quesiti.” sentenzia, per poi voltarsi verso la chiave, ancora inserita sotto al
volante. Ops.
“Certo che qui poteva passare chiunque, ucciderti e rubare la macchina senza
alcun pericolo di venir colto in flagrante. Un'occasione offerta su un piatto
d'argento, proprio.” Ehi, oltre a svegliarsi con il piede sbagliato s'è pure
mangiato un vocabolario, nottetempo? Dov'è finito il suo solito, laconico,
'Bella cazzata che hai fatto, bravo.'
“Anche se avessi gridato non sarebbe servito a nulla.” aggiunge ancora, apparentemente
indifferente a questa possibilità. “Abbiamo il sonno particolarmente profondo,
da queste parti.”
Queste parti? Abbiamo? Inteso come... Cioè. Ti sforzi di ricordare se D. ti
abbia mai detto dove abita di preciso. Ha accennato spesso al fatto che i suoi
sono convinti che abbia tutti amici drogati e che quindi evita d'invitare
chiunque. Logica ineccepibile: sotto sotto sarà
convinto pure lui che quelle che vi passate non sono sigarette qualunque e che
vi sniffereste pure la colla delle figurine.
In ogni caso è stata una direzione presta del tutto inconsciamente, per cui sei
sorpreso quando lui di trovarti non lontano da casa sua.
“Mio padre credeva fossi un clandestino o giù di lì e stava per venire a
riempirti di mazzate, quando io gli ho detto 'Papà, c'hanno mica i soldi per
una macchina come quella.' Ringrazia che non era il catorcio che avevi un anno
fa, altrimenti!” Ringrazieresti se suo padre si comprasse il dono
dell'intelletto, perché sarebbe un grande favore all'umanità, invece di andare
a pestare gli extracomunitari. E ciò che è più disgustoso è che D. ne sembra
compiaciuto.
Insomma, basta! Che hai oggi, anche tu? L'acido muriatico al posto dei
pensieri?
Ricacci indietro un moto di nausea, e mormori un “Ti sono debitore,
dunque.” mentre riprendi il posto del guidatore.
“Già. Ed ho anche una mezza idea di come puoi sdebitarti.”
Altro che mezza. Questo qui s'è organizzato tutto il suo bel itinerario e tu
sei il suo scarrozzatore gratuito. Per di più, durante il viaggio, ha cambiato
circa duecento stazioni radio in mezz'ora e, per qualche strana ragione, si è
convinto che tu voglia sopporti ad un terzo grado. Saresti tu, piuttosto, a
voler sapere se ha preso lezioni da L. per imparare come darti sui nervi così
velocemente.
Con la differenza che per quest'ultimo sono solamente scherzose provocazioni ed
il più delle volte sa quando oltrepassa il limite. Capisce che è il caso di
piantarla.
D. deve aver perso qualche lezione. Fortunatamente, le sue domande ti
entrano da un orecchio e ti escono dall'altro e lui s'accontenta delle tue
risposte a monosillabi o mugugni. Sarà perché stai guidando e non ti vuole
distrarre troppo; ci tiene ancora alla sua vita. Puoi sopportare, davvero ce la
puoi fare, ti ripeti più volte stringendo il volante.
Vorresti solo tornare alla quiete della notte, al tuo vagare alla deriva nella
profonda vastità del silenzio e dell'oscurità. Libero da tutte queste persone
che vogliono sapere ogni secondo come stai, cosa fai, dove vai, perché, con
chi. Tipo tua madre. L'unico 'particolare' non lasciato al caso... Per quanto
improvviso e dettato dall'impulso del momento sia stato il tuo allontanamento
dal nido, ti sei preoccupato di lasciare un breve messaggio che la
rassicurasse. Sarai forse pazzo a mollare tutto di punto in bianco, ma non sei
un mostro senza cuore.
Perciò ti colpisce nel vivo l'affermazione di D., fatta sapientemente una volta
al sicuro nel parcheggio del Mediastore, sul fatto che sei stato proprio un
bell'egoista nei confronti delle persone che ti hanno cresciuto e sfamato.
Anche se, tutto sommato, t'invidia per il fegato e la capacità di mettere a
tacere la tua coscienza.
“Guarda che non c'è nulla da invidiare.” ribatti. Sei tentato di sbattere la
portiera e andartene, ma ti fermi sapendo che darai solamente l'impressione di
essere una ragazzina particolarmente suscettibile. “Non sei sai nulla, quindi
stattene zitto.”
Vi guardate in cagnesco da sopra il tettuccio. “Sì, perdonami se ancora non so
leggere nel pensiero.” Detto questo, cala il silenzio. Finalmente.
Lasci che ti porti tra gli scaffali, dapprima alquanto insofferente, poi
sempre più interessato da questo neonato spirito d'iniziativa. Sensazionale non
lo sarà, magari, ma per uno che abitualmente risponde 'Per me va bene lo
stesso.' a qualunque proposta gli si faccia, è già un grande traguardo. Davvero
è possibile cambiare così tanto da un giorno all'altro? Oppure è un attore nato e ha fatto in modo di
mostrarti solo i suoi lati migliori, finora?
Di tanto in tanto ti butta lì qualche spunto di conversazione sulla vostra
passione comune, i telefilm. Quasi avesse riavvolto la giornata fino all'inizio
e deciso di registrarci sopra, tornando alle vostre vecchie chiacchierate
piuttosto che cercare approcci sperimentali.
“Potessi, ti farei fermare da Jack Bauer.” torna alla carica, il
maledetto.
“Credo che Jack avrebbe di meglio da fare.” Sorridi, tuo malgrado, ad un
tentativo che ti non ti fa comunque attaccato direttamente o infastidito come
prima. “In una settimana avrebbe già trasformato l'Iraq in una perfetta
democrazia, e se avesse anche l'aiuto di Chuck e MacGyver, addetto a far
brillare le bombe con una graffetta, in un mese al massimo non ci sarebbe più
alcuna guerra. Ogni città sarebbe la
nuova Stars Hollow delle Gilmore ed io, in effetti, non avrei più ragione di
darmela a gambe. Su questo hai ragione.” Ecco, t'ha fatto svelare parte della
questione. La ricerca di un'ideale di perfezione che sai benissimo che non
esiste, ma da cui ti senti totalmente escluso rimanendotene tra le quattro mura
della tua camera, della tua città.
“Perché scappare è la soluzione a ogni problema, no?” La domanda ti fa
irrigidire, ma questa volta non la eviti. L'atmosfera, tra voi, torna a essere
tesa.
“Non so scappando. Sto cercando un luogo da raggiungere.” Suona assurdo ma lo
senti come un obbiettivo irrinunciabile. Irrazionale ma viscerale. Necessario
quanto il respirare. Il sogno di avere un sogno da realizzare e non di
sopravvivere in un'esistenza grigia ed insensata. Questo non è scappare: è
calare la scialuppa di salvataggio ed avventurarsi in un pericoloso oceano
d’incertezze e occasioni. “Qui. Qui non c'è nulla per me.”
“Oh, grazie.” Borbotta, risentito. Leggermente ferito dalla consapevolezza che
la famiglia, gli amici e lui in particolare non ti basti. Conscio, a livello
razionale, che questo non vuol dire che a te non te ne freghi nulla o che non
gli dia alcun valore. “Devo dissentire, comunque. Te ne andresti lo stesso,
perché a quel mondo per essere perfetto mancano ancora diverse cose, come la
paga giornaliera per la difficile arte del cazzeggiare o un paio di bagnine per
tutti.” In effetti se ne potrebbero fare, di miglioramenti, al tuo piano. “O,
per quelli come te, un Jack Harkness o un Brian Kinney per ognuno. A turno.”
Giusto per informazione, perché alcuni potrebbero anche chiederselo: no, non
c'è limite ai riferimenti telefilmici che siete capaci di farvi. E più ve li
scambiate, più vanno a ritroso nel tempo o su serie che avete visto giusto tu,
lui e qualche altro povero cristo. Oh, le maratone che non vi siete fatti a
casa tua...
“Dio Brian, prego.” Fingi sdegno, alzando la voce ad un falsetto e facendo un
gesto di stizza con la mano. “Non nominarlo invano.”
“Sì, sì... Chi vuoi che te lo tocchi...” Scrolla le
spalle e si allontana scuotendo la testa. Ne è passata di acqua sotto ai ponti,
da quando un riferimento alla possibilità di trovare un altro uomo attraente
era un' accusa imperdonabile alla tua virilità, un'onta che andava lavata con
un pugno. Qualcosa di assolutamente impossibile da buttare sullo scherzo.
Sarà perché, crescendo, ti sei accorto che non era un dettaglio che influenzava
il giudizio altrui su di te. Quelli che pensavano che fossi un coglione, lo
pensavano indifferentemente dal tuo supposto orientamento sessuale. Per cui:
ognuno credesse pure quel che gli pareva.
Tutti tranne A. Vorresti fosse una questione tra voi due e che se avesse
incertezze sull'argomento te lo venisse a chiedere... Perché, be’, se ci fosse
la minima possibilità non vorresti perderla perché A. non crede di stare dalla
sponda giusta.
Sì, se certi discorsi vengono fuori di fronte ad una certa persona... Allora sì
che ti arrabbi ancora come una volta, alzando la cresta e le mani.
Non divaghiamo troppo, però. Che quando ti metti a pensare ad A., in sua
assenza, lo capiscono tutti dall'espressione ebete che ti viene sul volto.
Ora D. ti sta dando le spalle, ma non vuoi correre il rischio che indaghi anche
su ciò che non hai detto agli altri.
Perché allora sì che riuscirebbe a farti sentire un verme, a raschiare e far
risalire in te tutto il senso di colpa che ora come ora negheresti di avere
soltanto per il fatto che non cerchi di darti troppe giustificazioni.
Perciò ti godi la compagnia del tuo amico. Il quale, pienamente soddisfatto
dalle tue vaghe risposte, è tornato ad avere una parvenza di normalità nei suoi
comportamenti o perlomeno ti fa smettere di chiederti se per caso sei di fronte
al suo gemello maligno.
Di scaffale in scaffale e di negozio in negozio, ti fai sempre meno domande e
torni a vagare un po' senza troppe paranoie.
Esattamente come la notte precedente, ma guidato da una persona piuttosto che
dal tuo istinto.
Nonostante ciò è una liberazione sentirlo dire, fermi ad aspettare un verde
restio a scattare, che sarebbe meglio che vada.
“Ti ho già fatto perdere troppo tempo, scusa.” Che ti parrebbe di circostanza
se lui non proseguisse, cercando di chiarirsi. “Sai, non me lo aspettavo e
quando non hai risposto al cellulare... Dio, pensavo fossi morto. E stamattina
ti ho visto lì, tutto tranquillo e-”
Lo fermi. Francamente non capisci il collegamento tra la preoccupazione per la
tua mancata risposta alle chiamate, la sorpresa di venire a sapere che te ne
stavi andando ed il suo iniziale atteggiamento nei suoi confronti. Sarai
ottuso, ma sinceramente neanche t’interessa. Non vuoi rovinare il momento con
altre discussioni.
Ti fa piacere che possiate salutarvi senza rancori, tutto qui.
Perciò, nemmeno il tuo “Figurati.” è ipocrita. E sei veramente sorpreso
di vederlo scendere lì, in mezzo all'incrocio. Perché almeno fino a casa
l'avresti riportato.
“Va bene qui, mi arrangio io per tornare. Magari becco pure V. al negozio dei
suoi, già che ci sono.” Ah, eccolo l'inghippo. “Vai, e fatti onore.” Sogghigni,
dandogli una pacca sulla spalla.
Ne approfitta per prenderti la mano e prima che tu capisca perché te la tiene
ferma lì, quando dovresti rimetterla sul cambio e ripartire, ti ci ritrovi un
pugno di banconote.
“Ricorda che li rivoglio indietro fino all'ultimo centesimo!” ti grida,
allontanandosi. “Vedi di non spenderli per andare a p -”
Peccato! Ti sei perso la fine della frase, tra il posare i soldi sul cruscotto,
chiudere il finestrino e riceverti le maledizioni di diversi automobilisti al
sorpasso di 'sto cretino che se ne sta fermo al semaforo.
Rieccoti di nuovo alla guida solitaria. La differenza sta nell'avere una meta,
adesso.
Mare. Ti va di andare al mare e riempirti i polmoni – e capelli - di salsedine
e le scarpe di sabbia. Senza una ragione specifica.
Scegli percorsi inusuali, tanto sconosciuti da perderti
un paio di volte prima di trovare le giuste indicazioni. Normalmente questi
errori ti frustrerebbero, oggi ti rilassano. Perché te ne puoi concedere quanti
ne vuoi.
E te ne stai a fare un'inversione a “U” su una doppia linea continua di una
strada così deserta che ti aspetteresti di vedere le palle di fieno rotolare e
sentire ululare i lupi (in pieno giorno), quando intravedi una figura
conosciuta.
I tuoi occhi ti stanno sicuramente ingannando: non hai mai incontrato nessuno
che abitasse o frequentasse questa zona. Eppure non ti fidi del ragionevole
dubbio e vai ad accostarti proprio accanto all'autostoppista.
“Ehi, chi si vede!” Ti saluta, tutta felice, la ragazza. La distanza non ti
aveva permesso di vedere le lentiggini ed i suoi grandi occhi verdi, ma quei
capelli rossi e l'abbigliamento letteralmente alla 'mi metto la prima cosa che
trovo nell'armadio' sono caratteristici di una sola persona.
Assurdo. Anche lei ha deciso di fare una gita fuori porta ma si è persa?
“Ci crederesti che quello stronzo m'ha abbandonato in mezzo al nulla?” Be',
vedendola lì, certo che non puoi fare altrimenti. Begli elementi con cui uscire
che si va a scegliere V., comunque. Che razza d'uomo abbandonerebbe la propria
donna sul ciglio della strada, come un cane?
Conoscendola, sai che avrà finito per vantarsi con questo tizio dell'avere uno
zerbino umano che allo schioccare delle sue dita avrebbe fatto qualsiasi cosa
per lei, però non è un motivo sufficiente a mollarla lì per provarlo sul
momento.
“Sali.” Le dici e, vedendo che sta tirando fuori il cellulare, l'avvisi del
fatto che il suo autista di fiducia non è motorizzato quest'oggi.
“Ti porto a casa?” Le chiedi, seppur già aspettandoti una risposta negativa.
Dubiti che i suoi sappiano dove sia e con chi fosse fino a poco fa.
“No, non ancora.” Come volevasi dimostrare.
“Io, però, avrei intenzione di andare...” Ti interrompe, facendoti cenno di
tacere con un dito sulle labbra.
“Nessun problema, portami pure dove vuoi.” Intuisci che i suoi le avranno detto
un'ora in cui sarebbe dovuta tornare non intende presentarsi neanche mezz'ora
prima del dovuto.
La capisci. Ne facevi anche tu una tale e sciocca
questione di principio, alla sua età.
Poi tu, più che andare ai concerti, non è che abbia preteso molto. Ti bruciava,
però, a diciott'anni compiuti, di dover ancora chiedere il permesso ai tuoi e
se ti davano un orario, tu arrivavi proprio puntuale. Specie se avevano tentato
di dissuaderti dall'andare, con duemila raccomandazioni su quanta gentaglia
avresti trovato in giro. E quanto ti saresti annoiato! Quel paio di volte in
cui è successo – sia che ti sia annoiato e sia che tu abbia trovato brutta
gente – non hai mai voluto dar loro la soddisfazione di aver ragione.
Inaspettatamente se ne sta silenziosa, senza chiederti dove tu sia diretto.
Generalmente è una di quelle persone con cui ti
senti a tuo agio per la sua vitalità, che ti contagia e ti fa riscoprire il
piacere di stare in mezzo alla gente. Giusto per sentire le loro storie, venire
a contatto con altre mentalità. Dovute alla differenza di età o di cultura.
Chiacchiera anche con i sassi e non pretende chissà quali articolate risposte.
È solita spaziare in diversi argomenti, in conversazioni sostanzialmente prive
di filo logico. Quello di cui parla più spesso, però, è di dove si vedrebbe tra
un paio d'anni. Di certo non nel negozio dei suoi.
Ha mille idee di cosa farà, anche se le cambia ogni settimana. Ne ride lei
stessa, della sua volubilità, e tu con lei. Trovi confortante sapere che c'è
ancora chi ha fiducia nel futuro.
“Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?” Ti domanda, appoggiata
malinconicamente al finestrino.
“Sì, certo.” Beh, mica son passati decenni. “Solo
tu puoi andare ad un concerto, non preoccuparti assolutamente di come tornare a
casa e chiedere un passaggio ad uno che manco conosci solo perché sta davanti a
te sugli spalti.”
“Ho fiducia nelle persone e guarda come mi
ripagano.” L'accusa e rivolta anche a te, lo sai.
“Mica ti sto abbandonando, io. Si tratta solo di una gita al mare.” Ti
arrampichi sugli specchi, le menti anche se lei non se lo merita.
“Sarà. Come quella volta che...” Incomincia un
viaggio nel vostro breve vissuto insieme, di quando l'hai presentata agli altri
e del colpo di fulmine di D. e delle tante stupidaggini che tu non le hai impedito
di fare – anzi, ti ci sei buttato pure tu - pur essendo ben più grande di lei.
Continua, andando indietro fino all'infanzia. Parlandone come faresti tu.
Quasi volessi tornare indietro a quegli anni, nonostante allora non potessi
aspettare di 'diventare grande. 'Angosciante a dir poco.
Ti rifiuti, perciò, di darle corda. Per una volta, incredibilmente, sei tu ad
essere loquace e sproloquiare sul futuro. Cerchi di ridarle un po' di speranza,
come lei ha sempre fatto con te.
“Non ci credi veramente.” Bofonchia. “Risparmiati
frasi 'tutti abbiamo la possibilità di essere qualsiasi cosa'.”
“Se ormai dessi tutto per perso, non sarei neanche partito.” Ehi, tutto questo
ottimismo finirà per farti male, fermati! “Certo non ho chissà quale
aspettativa.” Meglio. “Diciamo che cerco il mio habitat.”
“Perché un habitat ti sfamerà, come no.” Ti lancia
una frecciatina, acida.
“Con la pancia piena ma in un posto in cui sto male, farei comunque una brutta
fine.” Stai acquistando un'insolita fiducia, man mano che il discorso prosegue.
“Ci mancava la predica.” Sospira, richiudendosi un'altra volta in un totale
mutismo.
“Perdonami.” Mormori. Davvero, cos'altro puoi dire? Non puoi tornare indietro,
rimangiarti le tue velenose visioni nichiliste dell'intero universo, e darle un
mondo di arcobaleni e prati verdi.
Ma non ti riesce di stare lì a vederla annegare nella negatività, senza tirarle
qualcosa a cui aggrapparsi.
“Senti, se ritieni che ciò che dico non abbia fondamento, allora non dare peso
neanche alle cose negative che ho sempre detto... Ti pare che io ne sappia
veramente qualcosa? Sopravvivo, al massimo.”
Il silenzio che ne segue si protrae tanto a lungo che stai quasi per ripiombare
nello stato di trance in cui esistete solo tu e la macchina, in un tutt'uno con
la strada. Con la coda dell'occhio già vedi il mare sbucare tra le colline, ma
le tue riflessioni non vanno oltre il prossimo chilometro.
“Lo so.” La senti riscuotersi. “Ma ci sono giorni in cui mi sembra che
qualsiasi cosa io faccia si riveli un fallimento. Che tutto mi conduca ad
andare a lavorare con i miei, mio malgrado. Che le persone a cui mi affeziono
se ne vadano una dopo l'altra. E magari domani andrò a scuola e prenderò un bel
9. E sabato prossimo andrò fuori con le amiche - evitando quelle che m'avevano
mollato al concerto – ed incontrerò finalmente un uomo decente. Allora penserò
tutto il contrario. Ma non puoi chiedermelo oggi e non puoi chiedermelo tu,
di stare su con il morale, okay?”
Perlomeno vede ancora le cose in prospettiva e non
tutto nero pesto. Tiri un sospiro di sollievo, di cui lei si accorge.
“Sai, avessi saputo che bastava tirare fuori la parte più depressa di me, per
renderti un inguaribile ottimista, mi sarei data una svegliata ben prima.”
Scherza, dandoti una piccola spinta al braccio.
“E non ti preoccupare, starò bene.” Se lo dice lei, sei convinto che sarà così.
Non vi dite più nulla, non ce n'è bisogno. Si fa lasciare alla stazione,
insistendo che non intende né farti perdere l'entusiasmo per una volta tanto
che ce l'hai né tanto meno tornare da dove sei partito.
Appena scesa è già attaccata al cellulare e sbraita tanto contro il suo
interlocutore, che sai che si tratta di D.
Chissà che non voglia dire qualcosa.
Siccome già sei fermo, posteggi e scendi. Sarebbe inammissibile non tener fede
ai tuoi sabbiosi propositi tanto più che, mentre guidavi costeggiando il
lungomare, hai notato più di una spiaggia lungo cui avresti voluto passeggiare.
A decidere dove andare, stavolta, sono dei lanci di
una monetina. Testa si va a destra, croce si va a sinistra.
Togliendoti scarpe e calze, ti spingi fino al bagnasciuga, dove le onde si
allungano mollemente una dopo l'altra. Ti siedi lì, con i piedi a bagno ma per
il resto vestito fin su al naso. Ogni tanto fai leva sulle mani, per spostarti
un po' più indietro ed evitare d'inzupparti i pantaloni. A parte questo, te ne
stai pressoché immobile. Ad un occhio esterno sembreresti perso in chissà quali
ponderazioni, ma se quello stesso individuo ti chiedesse cosa ti sta passando
per la testa, non avrebbe risposta.
Hai messo tutto in stand-by. Anche i riflessi. Una mano ti passa davanti agli
occhi diverse volte, e tu non reagisci. Non avverti neanche che quella persona
si è seduta accanto a te ad osservare l'orizzonte. Appoggia la sua testa alla
tua spalla e tu manco la scosti. Prende la tua mano ed allora sì che ti
riscuoti, infine.
“Ce l'avevo quasi fatta!” si lamenta l'inopportuno seccatore, sollevando la sua
testa di rapa ed accendendosi una sigaretta.
Guarda te se l'unico a non essere cambiato di una virgola è proprio L. Lo fa
apposta!
“Ma pure tu, qui? Cos'è, vi siete messi tutti d'accordo?” Sbatti violentemente
le mani sulla sabbia, che certo non dà l'impressione di essere questo gran gesto
di rabbia quanto di stupidità.
“In effetti, lo scopo della vita di ogni essere vivente è dare fastidio a
te.” Annuisce, chinandosi verso di te. “Perciò, non puoi biasimarmi per
essere rimasto affascinato da una persona di tale rilevanza.” Lascia cadere la cenere a pochi centimetri
dal tuo piede nudo, l'infame.
“Ti dirò, in tutta confidenza: non so perché sono qui e come ci sia
arrivato.” Non ti sta prendendo in giro.
Ormai sai riconoscere bene le circostanze in cui lo fa oppure no, dal tono che
usa.
Questo sì che è singolare. Benché L. sia quello che, nel gruppo, ha sempre
nuove e più entusiasmanti idee per divertirsi non è di quelli che sta in botta
tutta la settimana, ventiquattro ore su ventiquattro.
Non sono neanche le sei, perciò non lo puoi imputare ad un aperitivo
particolarmente pesante.
“Voglio solo dirti che sono orgoglioso di te.” Ti stringe la spalla, mettendo
in atto un'improbabile commozione. “Vai e spicca il volo. La mia ora è giunta.”
Okay. C'è una prima volta per tutto e questa è 'il mio amico ha la paranoia di
stare per morire'. Capita anche ai migliori. Ti armi di tutta la pazienza che
hai in possesso – che come si sarà capito non è molta – e sei pronto a
dialogare con L. e convincerlo che ha solo esagerato con l'alcol o con le droghe
e che la Nera Signora
è in altre faccende affaccendata.
Tuttavia, lui non c'è più. Non nel senso che se n'è andato, tuffandosi nel mare
o precipitandosi a farsi investire da qualche sventurato automobilista. È
proprio svanito nel nulla. Neanche il mozzicone di sigaretta è rimasto a
testimoniare che sia mai stato lì, accanto a te.
Spaventato, te ne torni in tutta fretta alla tua macchina.
“Ti aspettavo.”
Porti la mano al cuore, perché se non hai avuto un infarto, c'è mancato
poco.
A. se la ride, inarcando il capo e mettendo in mostra il suo collo perfetto e
distraendoti verso fantasie che con la paura hanno ben poco a che fare. Fai
scorrere il tuo sguardo lungo tutto il suo corpo sinuoso, le sue labbra
dischiuse ed invitanti e non è che tu ci capisca più molto.
“Non amo i giri di parole, per cui ti dirò subito le cose come stanno: non puoi
partire, non te lo permetterò.” No, nessuno ti ha accennato a limiti di alcun
genere, tra L. pochi minuti fa, ma si riferiva a se stesso.
Tra l'altro, con che diritto può fermarti? Non sei un cagnolino che può tenere
al guinzaglio, hai una tua dignità. Una tua volontà personale. Anche se perdono
entrambi colpi, allo sbottonarsi della camicia di A.
“Possiamo trovare tutto ciò che cerchi a casa, insieme.” Sottolinea soprattutto
l'ultima parola ad un soffio dalla tua bocca, baciandone gli angoli. “Spiegami
a cosa serve cambiare il cielo sopra di te, se il tuo animo non cambia.” Lo spunto di discussione sarebbe anche
interessante, se il concetto non fosse stato ripescato dai suoi studi classici.
Cercheresti comunque di essere esaustivo nelle tue spiegazioni, ripetendoti per
l’ennesima volta, ma ti ammutolisce il suo sussurro nell’orecchio.
“Torna.” Ti guarda fisso ed è solo
adesso che ti accorgi di esserti nascosto dietro ad un dito, al ritrito
'Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.'
Già, tanto lontano che ti è bastato che si ripresentasse al tuo cospetto per
far sgretolare tutto il tuo bel castello d’illusioni e vane speranze.
“Sì, ma tu…” Non osi chiederlo in maniera esplicita. Capirà.
Si scosta un ciuffo color del grano dal viso ed in tutta sincerità ti confessa
che “No. La solitudine mi ha stancato e tu non mi dispiaci. Niente più di
questo. Vuoi sprecare questa occasione?”
Quindi dovresti far ritorno con la coda tra le gambe per l’invidiabile ruolo di
ruota di scorta. Inaccettabile. Perciò, non è che ci sia tanto da considerare
prima di dare la tua risposta.
“No.”
Tornerai in prigionia dopo poche ore di libertà, di
tua sponte, per aggrapparti a qualcosa che dell’amore non ha neanche la
parvenza.
Perché ami questa persona. La ami e se puoi averla,
fosse anche solo ad un lurido accordo, non te la farai scappare.
“Torniamo.”
******
Il treno è arrivato e l’uomo si riscuote dallo strascico dei suoi sogni ad
occhi aperti. Faticosamente tenta di raccogliere il suo bagaglio e lo skinhead
offre subito il suo aiuto. La ragazza dai capelli rossi ed i grandi occhi verdi
si prende gioco di lui, bonariamente, perché non riesce mai a resistere
all’occasione di fare una buona azione.
Un individuo, di
cui non ha capito precisamente il sesso – ma proprio per questo trova difficile
staccargli gli occhi di dosso senza risolvere la questione – sbuffa,
massaggiandosi le tempie. Non sa se anche lui (lei?) sia con gli altri due, ma
sicuramente è in confidenza con il ragazzone con la maglietta con sopra
un’eclissi e la scritta ‘Heroes’, visto che gli parlotta in un orecchio.
Non sa né chi siano né i loro nomi, sono stati semplici compagni di viaggio nel
senso più largo del termine, cioè persone sedute vicine al suo posto.
Eppure, per qualche momento, hanno fatto parte della sua piccola e insensata
avventura. In una realtà che non c’è, piazzati nella vita d’altri.
Di tutto non rimangono che le luci al di là del finestrino, fari alonati in blu
monossido.
Dalla persona che tiene questo corso mi è stato consigliato di dare un nome
completo ai personaggi o un soprannome… Inoltre di dare più logicità al tutto.
Ma io ho paura che così non si costruisca tutto il percorso mentale nei lettori
per cui ci si chiede “Cos’è questa escalation di assurdità?” ed arrivi alla
fine capendo “Ah, ma questo è un sogno!”
Inoltre lui i nomi non li sa, per questo sono solo iniziali con un punto.
Mi piacerebbe avere più opinioni, anche se progetto comunque una riscrittura.
Fatemi sapere che ne pensate voi ;)