La decisione
La decisione
La sala era piena di persone depresse come lui. Il ragazzo, un bel
giovanotto di colore che non dimostrava più di diciassette anni,
era l'ultimo del gruppo di sostegno a dover parlare dei suoi problemi.
Si alzò in piedi ed enunciò la verità, già
certo che nessuno gli avrebbe creduto, che, anzi, lo avrebbero preso
per pazzo.
"Sono depresso, la vita mi fa schifo e attendo la morte, anche se so che
non mi raggiungerà tanto facilmente. Un paio amici mortali mi ha
consigliato questo gruppo di sostegno, dicono che è molto utile. E ora sono qui a raccontare i miei problemi.
Mi chiamo Horus, dimostro sedici anni, ma in realtà ne ho
qualche migliaio. Mia madre Isis e mio padre Osiris erano fratelli
gemelli e io sono nato dalla loro relazione incestuosa. La mia
depressione è nata dopo il suicidio di mio padre, che non si
è trovato molto bene senza poteri e senza essere osannato dai
suoi fedeli. Un inutile castrato. Mia madre da allora ha come unico
scopo nella sua eternità che io non faccia la sua stessa fine,
che io non interrompa la mia esistenza in maniera volontaria. Io aspetto che lei molli la presa per andarmene per sempre."
Il silenzio che seguì le sue affermazioni, al posto
dell'applauso di incoraggiamento che erano soliti eseguire, fu la
conferma dei suoi sospetti.
"Vi manderei zio Seth, se non fosse che non sono in buoni rapporti con lui,
e vi farei pentire di non credermi." ringhiò Horus, irritato di
non essere preso minimamente in considerazione.
Una paio di risatine nervose furono la goccia che fece traboccare il vaso.
"Ok, grazie per l'aiuto e la comprensione." sbottò, prima di
fiondare fuori dalla porta. Ma chi poteva biasimare? Chi avrebbe mai
potuto credergli, senza che fulminasse qualcuno con lo sguardo e non
solo in maniera metaforica?
Con stupore sentì una ragazza urlare da dentro che erano dei
dementi, che se qualcuno si inventava una storia del genere era
perché aveva bisogno di aiuto, non per essere deriso da qualcuno
più pazzo di lui. Anche lei uscì, una ragazza forse non
troppo carina e troppo bionda per i suoi gusti, ma con una carattere
decisamente da prendere con le molle. Era una delle coordinatrici del gruppo.
"Sei ancora qui, Horus? Mi fa piacere. Volevo chiederti scusa per come
si sono comportati quei dementi. Sono talmente contenti che ci sia
qualcuno più folle di loro che spesso non capiscono quando
passano il limite."
Horus si ritrovò a sorridere. La trovava simpatica,
perché si era messa apertamente dalla sua parte e poi non era
così male come aveva pensato all'inizio, forse solo diversa dal
genere che di solito frequentava.
"E dimmi, tu che genere di problemi pensi che abbia in realtà?"
"Secondo me, tu hai rielaborato il mito di Horus per il tuo interesse,
per non vedere quello che è la tua vita in realtà.
Tuo padre si è davvero suicidato, probabilmente, e me ne
dispiace, e tu hai deciso di farti adottare da Isis e Osiris per diventare qualcuno di intoccabile dal dolore, tipo un Dio."
A questo punto Horus scoppiò a ridere. Sheila, all'improvviso
si ricordò il suo nome, alzò un sopracciglio. Non sapeva
se sentirsi offesa oppure felice che la sua osservazione lo avesse
fatto cambiare in quella maniera repentina.
"Sbalzi d'umore! Direi che il quadro per una anamnesi di depressione
c'è tutta." commentò la ragazza "Ora che sembra che tu
stia in uno stato di grazia e che per colpa tua ho perso la seduta,
che ne dici di offrirmi qualcosa da bere? Visto che sei minorenne, mi
accontento di una cola."
Horus tornò triste.
"Già minorenne, non mi sembrava così brutto esserlo, quando ero un Dio." commentò.
Il sospiro esasperato della fanciulla gli fece capire che la stava
scocciando con quella storia. Horus la osservò meglio. In fondo
era carina e voleva aiutarlo. Si chiese fino a che punto e volle
scoprirlo.
"Vuoi conoscere Isis, mia madre? Si lamenta che non le presento
mai le ragazze con cui esco, sarà contenta. Vuoi conoscere la
dea della fertilità e della famiglia? Ora insegna a cucinare a
singoli e a coppie, ma è stata parecchie cose nei secoli, tutto per permettermi di sopravvivere."
"Cos'è che ti angoscia della vita eterna?" chiese Sheila,
decidendo di stare al gioco. Studiava psicologia e sociologia e Horus era un
soggetto interessante.
"Dimostro sedici anni da millenni. Poi c'è il problema che
affligge tutti gli Dei decaduti. Siamo immortali ma soffriamo la fame.
Credo che non possa esistere nulla di più brutto. Non sarebbe
così male, altrimenti."
"Fame eterna? In effetti credo che neppure io starei bene. Hai detto
che vuoi presentarmi tua madre? Accetto, se non hai cambiato idea."
Horus sorrise e le porse il braccio perché potesse appoggiarsi.
"Prendiamo l'autobus? L'America è una gran nazione, potrei
guidare a sedici anni, ma la mamma mi deve procurare una patente nuova.
Quella vecchia diceva che ero nato nel 1974 e non dimostro
quarant'anni."
La ragazza lo fissò interdetta. Si chiese dove poteva portare la fantasia di un ragazzo.
"Come passi il tempo?"
"Ultimamente lavoro con Manitù e Ares in un locale che si chiama
Solaris. Si tratta di un pub privato i cui soci sono tutti Dei
decaduti. Qualche mese fa mio zio Seth, che sembrava volersi
riappacificare con la mia famiglia, ha chiesto alla mamma che lo
raggiungessi dove lui ha la sua attività, ma lei ha scoperto che
voleva solo farmi del male e ci ha rinunciato."
"Interessante." commentò Sheila, accondiscendente.
"Non mi credi, vero?"
"Cerco di essere aperta di mente, ma è difficile, anche se
ammetto che non ti contraddici facilmente. Comunque non vedo l'ora di
conoscere tua made, chiunque sia."
Tacquero per tutto il viaggio in autobus. Horus avrebbe voluto
raccontarle altri particolari della sua non vita come Dio decaduto, lo
divertiva farlo con qualcuno che non lo sfotteva e si sforzava di
capirlo, anche se non gli credeva, ma voleva prima arrivare a casa.
Dopo circa mezz'ora giunsero davanti a un'anonima palazzina, come ce
n'erano tante in
città.
Horus suonò il campanello e si fissò davanti alla telecamera.
"Horus, sei tu?" chiese una voce femminile "Non avrai perso le chiavi, spero?"
"No, mamma, ti volevo presentare una ragazza che ho conosciuto durante l'outing."
"A proposito...non sei tornato troppo presto?" chiese, ma aprì.
Dopo qualche piano a piedi, si ritrovarono davanti a una porta aperta.
Ad accoglierli una bellissima donna di colore, con le labbra piene e
gli occhi color dell'ambra.
-Acc... è bellissima e giovane. Se dovessi pensare a una dea,
credo che me la immaginerei proprio così.- pensò Sheila
mentre le porgeva la mano e la salutava.
"Buonasera, spero di non disturbarla."
Isis stava per schernirsi, ma intervenne Horus.
"Non ti preoccupare, noi Dei decaduti non dormiamo mai." la informò.
"Stavo per chiederti com'era andata alla seduta, ma lo posso immaginare. Non hai potuto farne a meno, vero?"
"Che senso ha una seduta del genere, se non racconti la verità.
Sono fuggito quando hanno cominciato a ridere." ammise alla fine.
"Sheila mi è corsa dietro per consolarmi. Pensa che mi stia
immaginando tutto per non soffrire della realtà."
Intanto si erano accomodati in salotto. Isis osservò gli occhi
della donna e si chiese se Horus aveva fatto bene a raccontarle tutte
quelle cose. Nel loro caso non era sicuro che molti sapessero. Poteva
nascere una specie di caccia alle streghe che non poteva portare nulla
di buono.
"Lei cosa ne pensa?" chiese Isis.
"Più o meno quello che ha detto lui. Ma... si chiama davvero Horus?" ribatté la ragazza.
"Ora ci facciamo chiamare Horus e Isis Marvel, è un piccolo
vezzo che abbiamo molti noi Dei decaduti, di tenere i nostri nomi
originali."
Sheila sentì un brivido lungo la schiena. Quella era una
famiglia di pazzi! Come poteva cavarsela e riuscire a evitare che
finisse uccisa? In che razza di situazione si era messa, se fosse
sopravvissuta ci avrebbe pensato due volte come minimo prima di correre
dietro al primo che le faceva compassione.
Isis, vedendo la faccia stravolta della ragazza, cominciò a
ridere sommessamente. Osservò il figlio, che invece sembrava
molto deluso dalla sua reazione.
"Horus, questa pensa che siamo appartenenti a qualche setta e che le
vogliamo fare del male." Horus sbuffò e guardò da
un'altra parte, come qualsiasi adolescente. "Horus, ti lamenti, ma
certe volte rimani proprio infantile, non sembra che tu abbia
cinquemila anni." Poi si rivolse a Sheila "Mi dispiace che tu sia stata
coinvolta, ma non preoccuparti, non ti elimineremo per mantenere questo
segreto, è sufficiente che tu non ne parli a nessuno, giusto per
non sembrare pazza anche tu."
"Voi siete davvero immortali?" chiese timidamente, poi osò di più "Dimostratemelo."
Horus scattò in avanti.
"Dai, mamma, posso? Lo faccio io, se vuoi."
Isis sospirò. Si chiese se il tempo avesse fermato il suo
cervello a un livello inferiore, ma acconsentì. Horus corse in
un'altra stanza e tornò qualche attimo dopo con un coltellaccio
da cucina. Sheila sussultò: questa volta non aveva paura per
sé, ma per lui, che potesse farsi male.
"Che intenzioni hai?" chiese, tenendosi la mano sul cuore, che sentiva battere furiosamente "Non fare sciocchezze."
"Non ti devi preoccupare per me. Osserva bene. Fa un po' male, ma ne
vale la pena." Horus strisciò la lama lungo il palmo della mano,
stringendo i denti per il dolore, lasciando una ferita profonda e
lunga, che cominciò a perdere copiosamente sangue. La ragazza
vide con orrore, senza il coraggio di emettere nessun suono, il liquido
rosso scendere dal taglio e colare fino a terra.
Dopo qualche istante stava per pregare Horus di mettersi una
fasciatura, quando si accorse che la ferita si stava rimarginando per
conto proprio davanti ai suoi occhi.
"Non ci credo." sussurrò con le lacrime che le scendevano sul
viso "Non può essere vero." Si mise poi una mano davanti alla
bocca, cercando di riprendersi. "Non che tu mi abbia convinto di avere
migliaia di anni, ma di certo non sei normale."
Horus rise e Isis scosse la testa sconsolata.
"Ora che credi di aver ottenuto, a parte un essere umano in più
che potrebbe raccontare la nostra storia in giro? Lo sai che siamo
sempre a un passo dall'inizio di una caccia alle streghe senza scampo."
"Mamma, sono stanco di questa vita eterna." sottolineò una volta
in più Horus "Visto che tu mi impedisci di togliermi la vita,
potrei anche optare per farmi uccidere da altri."
"Ma voi non avete rimasto alcun potere?" chiese Sheila, che si era un attimo ripresa.
"In realtà, il mio unico scopo è quello di far sopravvivere questo disgraziato."
La ragazza ripensò ai miti che aveva studiato a scuola e si chiese se potesse fare qualcosa.
"Non hai pensato a una via alternativa?"
"Quale sarebbe? Non ne conosco altre." Horus era curioso di ciò che la ragazza aveva pensato.
"Se non vuoi morire, ma neppure vivere in eterno, perché non
diventi mortale? Morirai quando è la tua ora." La proposta fece
rimanere senza parola entrambi gli dei decaduti, che si osservarono per
un lungo attimo. Horus fu il primo a scuotersi.
"Non sono neppure sicuro che sia possibile una cosa del genere."
ragionò, poi si rivolse alla madre "Tu che ne dici? Potrebbe
esistere una sostanza che mi tolga l'immortalità?"
Isis scosse la testa.
"Non che io sappia. Conosco molte cose che danno potere, ma nessuna che
lo elimini, almeno non a un Dio." Isis sentì un tremito al
cuore e si chiese se fosse una soluzione fattibile, l'unica per
impedire a suo figlio di togliersi la vita. Il ragazzo, da parte sua
pensò che finalmente avrebbe potuto dimostrare diciotto anni,
prendere la patente, magari farsi una famiglia. E non vedere morire le
persone che amava. Gli era capitato, qualche secolo dopo essere
decaduto, d'innamorarsi e di tentare di costruirsi un futuro, ma la sua
famiglia, moglie e due bambini, erano morti di tifo, senza dare scampo
al suo cuore che si era inaridito.
"Mi sembrava un'ottima soluzione." borbottò Horus, poi riaccompagnò la ragazza a casa propria.
"Dimenticati di me." le consigliò "Porto solo guai." E se ne andò.
Lui e sua madre accarezzarono anche l'idea di trasferirsi, prima che
lei tornasse a trovarli. Oramai era un dolorosa abitudine cambiare
casa, se non città. Sperarono che questo non fosse il caso.
Nonostante tutto, il lavoro al Solaris e la conoscenza con gli dei
rimasti e le loro storie, avevano fatto bene a Horus e Isis sperava che
potesse continuare. Horus non aveva accennato più al fatto di
voler diventare mortale e l'ex dea sperò che anche quella fase fosse
archiviata.
Horus non aveva mai smesso di cercare notizie che potessero aiutarlo
a scoprire come raggiungere la mortalità del corpo, ma,
nonostante al Solaris fosse a contatto con ogni genere di
divinità, sembrava che non ce ne fosse qualcuna che sapesse nulla
sull'argomento.
"Non capisco perché nessuno ci abbia mai pensato. Perché
è meglio uccidersi, piuttosto che diventare mortali?" si lamentò un giorno con il suo datore di lavoro.
"Se diventassi mortale, non ti accontenteresti di un po' di cibo per
andare avanti o di qualche vestito." La voce di Ares era calma e
cercava di farlo riflettere "Dovresti cominciare a lavorare anche per
la tua salute, per la tua famiglia. Vorresti dei figli?"
"In realtà, non ci
ho davvero pensato. Ho già perso moglie e figli qualche
millennio fa. Sono morti e non so se sono pronto a ritentare subito. Per il
momento mi accontento di smetterla di pensare al mio futuro infinito."
"Potresti provare a chiedere alla mia bis nipotina. Ha già
aiutato tua madre, non credo che abbia problemi e un sacco di tempo
libero. Dorme solo un'ora più di noi." consigliò Ares,
dopo averci pensato "Lei e il suo computer hanno a disposizione tutta
la conoscenza possibile. Se esiste qualcosa del genere, potrebbe
esserti utile a trovarlo."
L'idea di rivolgersi a quella che l'aveva salvato dalle grinfie di
Seth, lo spaventava. Quella ragazza aveva qualcosa che metteva i
brividi, anche a uno come lui che non poteva morire, con il suo sapere
sempre tutto di tutti, senza sbagliare mai. Chissà che gli
avrebbe detto, se mai si fosse convinto a metterla a parte di questo
suo desiderio? Lo avrebbe compatito, deriso, aiutato? Non era sicuro di
volerlo sapere.
Il dio decaduto, non sapeva che la ragazza, una volta che il Solaris
era entrato nella sua area di protezione, era diventato uno dei suoi
luoghi controllati e che, una volta che la chiacchierata con Seth era
entrata a contatto con i circuiti di Linda, il computer di Cynthia,
questo ne aveva informato la creatrice, che aveva deciso di mettersi in
contatto con lui.
"Così vuoi diventare mortale? Sei sicuro di questa scelta?"
aveva chiesto senza parafrasare, attraverso una delle sue microspie.
Horus era saltato da una parte, spaventato, rompendo uno dei piatti che
stava lavando. Non vedendo nessuno, pensò di essere impazzito,
alla fine. Mentre raccoglieva i cocci, sentì suonare il proprio
cellulare. Il numero era sconosciuto, ma rispose ugualmente.
"Ti senti più a tuo agio ora che non ti sembra ti parlare da solo?" chiese la ragazza.
"Ma tu chi sei?" Sentì un lieve senso di inquietudine. Essere un dio senza poteri lo metteva a disagio.
"Non lo hai ancora capito? Sono Cynthia Carter. Mi è giunta voce che avevi bisogno di me." avvertì lei.
"Ah, suppongo, allora, che Ares ti abbia già detto qual è il mio desiderio?"
Cynthia gli spiegò che nessuno la aveva interpellata direttamente.
"Microspie? Fai davvero una vita pericolosa!" rise Horus.
"Abbastanza. Posso dire che non mi diverte la vita facile." rispose lei sullo stesso tono ilare.
Horus tornò subito serio.
"Hai già una risposta per me, allora?"
"Non proprio. Prima di chiamarti ho fatto ogni genere di ricerca e, per
quanto abbia la possibilità di entrare in ogni genere di sito
senza problemi, anche i più segreti, non ho trovato nessun
riscontro." ammise Cynthia "Tutti cercano di raggiungere la vita
eterna, ma non conosco nessuno che voglia liberarsene, forse
perché non ce l'hanno."
"Quindi mi hai chiamato per dirmi che non c'è speranza?" sbottò lui secco.
Cynthia pensò che i suoi sbalzi d'umore erano preoccupanti, ma continuò.
"Non è esatto. Se questa cosa non esiste, la si può
creare. Sto già facendo delle ricerche per un'amica." disse la
ragazza, accarezzando lo schermo del computer in cui erano segnati i
suoi progressi sulla ricerca per Linda Kolkozky "Posso farlo anche per
te. Ho solo bisogno di alcune cose che mi diano un'indicazione. Mi
servono il tuo sangue e i capelli e anche quelli di tua madre e magari
pure quelli di Ares. Devo fare dei raffronti genetici per scoprire qual
è il gene vi tiene in vita in eterno... e trovare una maniera
per eliminarlo."
"Pensi che sia così facile?"
"Non c'è nulla di facile al mondo, altrimenti ci annoieremmo. Ci
proverò, ma tanto tu hai un sacco di tempo. Passalo a fare
qualcosa di utile e smettila di deprimerti."
Horus si ritrovò a sorridere e si chiese se lei lo stava vedendo.
"Sì, ti vedo." rispose Cynthia alla domanda che aveva solo immaginato.
"Sei proprio una strega." accordò lui. "E dimmi, visto che sei
sempre così informata, hai più sentito Seth? Sta rigando
dritto?"
"Per ora sì. Sta cercando di campare con quello che ha fregato
fino ad ora, aspettando un buon secolo che io crepi e che possa
ricominciare a fare ciò che vuole. Se un giorno dovessi scoprire
la cura per l'immortalità per te (suona strano, eh) credo che gli
farò un scherzetto che non gradirà."
Rise di cuore buttando giù il telefono e lasciando Horus con un
palmo di naso. Eh sì, non gli sarebbe piaciuto affatto.
Dieci anni dopo...
La donna stava spillando la birra, quando sentì qualcuno che la chiamava per nome.
"Ehi, Sheila, come ti va la vita?"
La ragazza si voltò e sorrise a vedere un ragazzino che
dimostrava ancora diciassette anni, nonostante il passare del tempo.
"Horus, hai rinunciato a rinunciare alla vita
eterna?" lo aveva detto a voce alta, tanto nella confusione del locale
non si capiva molto. "Perdonami il gioco di parole davvero banale."
"No, anzi sono qui per
festeggiare. Una mia amica ricercatrice è
riuscita a trovare la Cura. Ora sono un essere umano come te. Non te lo
posso dimostrare come l'altra volta, ora non ci metterei pochi
secondi a guarire."
"Quindi... ce l'hai fatta?!" Sheila sembrava seriamente stupita, forse
non pensava che davvero, chi aveva a disposizione la vita eterna, ci
volesse rinunciare "Da che cosa lo capisci, se non puoi più
ferirti?"
"Dormo almeno sei ore per notte. Prima, per millenni, non ho mai chiuso
occhio. Ero entrato per cercarmi un lavoro. Sai se hanno bisogno di un
aiuto?"
"IO ho sempre bisogno." enfatizzò la ragazza, sottolineando il fatto di essere la proprietaria del locale.
"Www, è tuo? Non è che coincida con il tuo piano di studi."
Sheila abbassò un attimo lo sguardo sul bancone, che era il suo
nuovo ufficio e ammise che aveva sprecato la prima metà della
sua vita tentando di migliorare un mondo che voleva rimanere fermo al
palo.
"Ho capito che la vita dell'assistente sociale non faceva per me. Me la
prendevo troppo a cuore per ogni caso, che si trattasse di un bambino
abbandonato o di un giovane drogato. Li avrei accolti tutti a casa mia."
"Sarebbe un po come se un accalappiacani, si ospitasse tutta i cuccioli che cattura." rise Horus.
"Non avrei mai detto una cosa del genere ma a pensarci bene calza a
pennello." rispose lei "Poi anche qui posso fare molto. Non sei il
primo e non sarai l'ultimo a cui do un lavoro. Basta seguire poche e
semplici regole." Gli fece cenno di aggirare il bancone per spiegargli
meglio "Questo è un club privato. In realtà può
entrare chiunque, ma per consumare bisogna fare una tessera di
riconoscimento che i clienti devono avere sempre con loro. Mi
raccomando, non una ogni gruppo, una ogni persona. Per evitare che i
novellini in periodo di prova, perdano soldi o rubino, questa
funziona anche come tessera prepagata, che può essere
ricaricata in quella macchina automatica nell'angolo a destra.
Oltretutto, il computer, per ogni tessera, segnala la quantità
di alcol ingerito e dopo un tot non permette più l'acquisto."
"Accidenti, interessante ma complicato. Come si fa se qualcuno viene con una tessera di un altro?" s'informò Horus.
"Ora te ne mostro una." Fece un cenno a un cliente che si
avvicinò con un sorriso, mostrando una gran confidenza. Doveva
avere quasi cinquant'anni, ma in quel posto c'era gente di tutte le
età. "Billy, il ragazzo sarà il mio nuovo aiuto. Gli
mostri a tessera?"
"Volentieri." L'uomo tirò fuori un documento rigido, grande
quanto una patente, in cui erano scritti nome, cognome e c'era una foto
piuttosto grane che occupava metà dello spazio.
"Come vedi, la foto è piuttosto chiara e i dati sensibili sono
presenti solo nel nostro computer. Tu devi servire solo chi ti da la
tessera, e smettere di servire chi ha bevuto troppo. Ti
assicuro che è più facile di quanto non sembri a parole,
una volta che è partito." Sheila congedò il cliente e
tornò a osservare Horus. Lo trovava perplesso.
"Cosa non ti convince di tutto ciò?" chiese alla fine.
"Sarei curioso di sapere se un'attività del genere rende. Chi ti
dice che quelli a cui non dai più da bere, poi non vadano a in
qualche supermercato aperto tutta la notte a comprarsi ciò che
vogliono?"
"Questo purtroppo non posso regolarlo. Faccio solo quello in cui credo
e, per fortuna, sono sostenuta da una specie di socia, che mi ha
aiutato a mettere su il locale e mi aiuta ancora con i computer quando
ho bisogno. Senza di lei sarei persa. Cynthia è davvero..."
"Un attimo, mettiti in pausa." l'interruppe lui, mettendo le antenne a
quel nome "Non starai parlando di Cynthia Carter. Alta un metro e
settantacinque, mora, rompicoglioni, che s'intromette qualsiasi cosa tu
ne pensi?"
"Ehm... sì. La tua descrizione le sta a pennello. Lo ammetto,
è davvero un po' rompi, e devi seguire le sue regola, ma in
fondo è quello di cui noi esseri umani abbiamo bisogno per non
entrare in un baratro, uno qualsiasi. Senza regole, diventiamo peggio
degli animali."
Già, anche lui era riuscito finalmente a uscire dal suo stato di depressione centenario, grazie a lei.
"Finalmente, grazie a lei, posso sperare in una vita serena, anche se breve."
"Sono contenta per te. E dimmi, tua madre come l'ha presa?"
"Per il momento dice di
voler continuare la sua vita. Vuole godersi i nipoti da giovane. In
realtà a lei la vita eterna non è mai pesata ed è
possibile che mi sia guadagnato una babysitter per i millenni a venire."
"Certo che quella ragazza
è davvero un genio e tanto tempo da perdere. Ha inventato una
cura per guarire dall'immortalità un solo dio. Cosa se ne
farà ora? A cosa gli può servire?"
"Oh, io lo so." ghignò Horus e pensò alla brutta visita che presto avrebbe ricevuto suo zio Seth.
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