Vent
"E proprio mentre stai per dirle
che non hai amore da
offrirle,
lei è
già sulla tua onda
e fa che il fiume ti
risponda
che da sempre siete
amanti."
Come poteva rinunciare anche solo un momento alla fragilità
di quella bellezza dolcissima? A quei capelli biondi acconciati con una
disattenzione studiata, alle unghie corte macchiate di smalto ormai
vecchio, rosicchiato, rosso, nero, viola? Gli avambracci sempre
scoperti e schizzati di pittura e gli occhi grandi, a volte persi, a
volte inaspettatamente penetranti… Era una ragazzina
impertinente, nella cui carne morbida dalle pieghe calde egli avrebbe
voluto affondare il viso e scomparire agli occhi del mondo.
Quel ventre giovane, intatto, possedeva ciò che in lui
esisteva di più profondo; ogni volta che la spogliava poneva
sulle sue curve pubescenti un frammento d'anima e non chiedeva altro
che poterne assaporare il profumo zuccherato.
Nessun paio di scarpe femminili eleganti all'ingresso del suo
appartamento avrebbe saputo regalargli quel singulto di desiderio
dilagante che provava nello scorgere i suoi stivali rossi consunti o le
sue scarpe da tennis impolverate aprendo la porta, di ritorno dal
lavoro.
La consapevolezza che la ragazza lo aspettava annoiata sul divano,
torturando con un piede scalzo i suoi cuscini di seta indiana, gli
sollevava ogni peso dal capo e alla visione di lei, adagiata come una
Venere bambina dalle labbra imbronciate, gli mancava il respiro.
Di tanto in tanto reggeva nelle piccole dita sottili una sigaretta,
dalla quale poi aspirava avidamente, arricciando le labbra. Quando lui
le si avvicinava e si inginocchiava all'altezza del suo viso, gli
soffiava negli occhi il fumo grigio con l'insolenza della
gioventù, dimenticando d'essere bambina, ed egli sentiva il
desiderio montare dentro sé con vigore.
Il suo appartamento osservava le loro notti, i loro gemiti, col suo
arredamento sobrio e i tavolini di legno chiaro scelti da una moglie
che l'aveva abbandonato da tempo. Una casa memore di una vita che nulla
gli aveva regalato, di una vita ignara del profumo tenero che ora gli
danzava nella mente e impregnava le sue lenzuola.
Tanta beatitudine nasceva dalle membra delicate di una ragazzina non
molto più cresciuta dei suoi figli, un essere tanto
straordinario quanto instabile.
L'amore giovane di lei, intenso come solo i sentimenti appena nati
sanno essere, lo riempiva ogni notte, lo sentiva fino nelle ossa, in
ogni angolo recondito di cuore.
Ma la paura, la paura dilagante lo paralizzava, il pensiero tremendo
della sua ex moglie, della sua instancabile macchinazione, le domande,
gli occhi dei vicini, le orecchie, i suoi colleghi! Gli avrebbero
chiesto perché passava tutte le sere relegato nel piccolo
appartamento da scapolo, "Perché non esci con noi?",
avrebbero detto. Le donne con le loro mani, i loro occhi, i loro corpi
profumati che aveva tanto amato, lui, così avvezzo
all'amore, alle risate, alle chiacchiere, così
socievole… Le donne gli si sarebbero avvicinate come avevano
sempre fatto e lui le avrebbe respinte, terrorizzato
dall'eventualità che, inorridite, schiave della morale
comune, gli portassero via quello che i benpensanti avrebbero definito
un osceno trastullo.
Ma più di tutto, più della gente, del mondo, lo
spaventava l'animo mutevole di lei, che si dibatteva nelle sue mani
come una falena in trappola. Sapeva perfettamente in quale misura
l'amore della ragazza dipendesse dalla libertà che egli le
concedeva, dal fatto che sapesse dominare la propria gelosia e non
dubitasse di lei, non pretendendo assurdi resoconti dei particolari
delle sue giornate, dei nomi dei suoi compagni di classe o degli amici
con i quali usciva.
Di tanto in tanto il terrore di sentirla scivolare via inesorabilmente
segnava le sue notti, lo rendeva insonne e febbricitante. In quei
momenti sentiva il suo intero corpo, l'anima, i sentimenti sciogliersi
velocemente, come cera esposta alla fiamma.
Solo il contatto con i fianchi caldi di lei, le mani piccole sul suo
capo sapevano riportarlo alla ragione. Gli sussurrava all'orecchio
nenie insensate e dolcissime, la sua voce sottile gorgogliava e si
scioglieva in suoni misteriosi e incomprensibili, discendenti di arcani
incantesimi, provenienti da una terra di ricordi.
Negli occhi aveva la ricerca instancabile di se stessa, la
serietà di una ragazzina cresciuta troppo in fretta che ora
non aveva più nessuna ansia di diventare adulta, anzi,
indugiava negli anni dell'adolescenza con pigrizia e languore, ma al
contempo la sua maturità, la sua consapevolezza e la sua
comprensione del mondo erano superiori a quelle di qualsiasi suo
coetaneo.
Portava nel cuore e sul corpo i segni di un'inquietudine passata, di
una tristezza che l'aveva quasi trascinata via, sradicata dalla vita.
Era questo contrasto graffiante tra i suoi modi da ragazzina, la sua
voce acuta, il corpo minuto e quegli occhi a volte seri, a volte
maliziosi a donarle un'intensità senza pari, qualcosa che
attraeva ma respingeva allo stesso tempo.
Racchiudeva nell'animo il conflitto eterno tra estate e autunno.
Faceva l'amore con lei, ricercava le cosce lisce coperte dalle gonne
leggere e nei suoi gemiti ritrovava l'eternità, dimentico
del tempo dei mortali, dimentico del mondo, perché non c'era
nulla al di fuori di quei seni giovani, di quelle dita che correvano
veloci dappertutto.
Regnava solo la fame lucida e frenetica di quel corpo del quale avrebbe
voluto esplorare ogni cellula.
Un amore senza pietà, senza tregua, una lunga battaglia
irrisolta senza vincitori né vinti.
Talvolta si insinuava in lui lo scellerato desiderio di mostrare la sua
tenera amante al mondo intero, nella sua bellezza giovane e a tratti
infantile, come un pazzo incosciente esporsi alle accuse e poi cedere a
lei, alle sue richieste sussurrate dopo l'amore, "Portami via con
te…".
Fuggire da tutto, ritrovare una gioventù così
viva come non l'aveva mai avuta.
Abbandonarsi ad una realtà attorniata solo dall'aura calda
della ragazza, dal conforto che traeva tenendo nelle mani la sua
piccola testa, posando sugli occhi chiusi baci furtivi come sussurri.
Sarebbe bastato soltanto riempire una valigia di sogni e correre verso
la stazione, con il vento nell'anima.
Un uomo sedeva su una panchina sporca nell'atrio della stazione, si
guardava intorno nervosamente, in attesa. Si tormentava le mani,
sbirciava spesso l'orologio. Accanto a lui era poggiata una grossa
valigia grigia, impolverata, che dava l'impressione d'essere stata per
lungo tempo inutilizzata.
Rimase pazientemente seduto per quasi un'ora, guardando la gente
passare.
Si poteva scorgere la tristezza salire nei suoi occhi, il suo capo
abbassarsi sotto il peso della delusione.
L'uomo si accingeva ad andarsene con gesti lenti, quando una ragazzina
bionda si fece largo tra la folla, correndo verso di lui.
Aveva il viso arrossato per lo sforzo e trascinava dietro a
sé un ingombrante zaino, così pieno da mettere a
dura prova le cuciture.
L'espressione ansiosa di lei si trasformò in un sorriso
sollevato, nel momento in cui si trovò faccia a faccia con
l'uomo.
Egli la guardò con dolcezza, le si avvicinò, le
sfiorò lievemente la guancia. La ragazzina prese la mano che
le toccava il viso e ne baciò il palmo, socchiudendo gli
occhi.
La gente camminava veloce intorno a loro, li guardava con
disapprovazione.
Gioventù ed età adulta si univano incuranti in un
bacio traboccante di limpido amore, sotto gli sguardi accusatori del
mondo intero; camminavano mano nella mano verso i binari, portando i
loro bagagli riempiti di sogni, conservando nel cuore quel pugno di
vento che aveva permesso loro, finalmente, di andar via insieme.
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