Neppur lo splendore
dell'oro di cui sembrava lastricata la sua intera strada avrebbe potuto
eguagliare il brillio di quelle giade incastonate, neppur la stoffa
migliore prodotta da tessitrici dalle vergini mani avrebbe potuto
vestir quel corpo d'alabastro meglio di quei capelli che parevan
fondersi nella natura dipinta su quel muro. Questo pensava Gilgamesh,
Re di tutti i Re, nel posare il vermiglio sguardo, stanco e cupo, su
Enkidu baciato appena da una luna già vecchia.
Conosceva così bene ogni piega delle cosce morbide, ogni
curva delle spalle sottili, ogni profilo del piccolo naso e del mento
sfuggente, che neppure avrebbe avuto il bisogno di guardarlo per
tracciarne gli odori, i sapori, i suoni atti a riempire il contorno di
una figura né uomo né donna, né umano
né cosa; gli angoli delle labbra si incurvarono verso
l'alto, una mano tracciò la rotondità del fianco
altrui.
" Ti piace mostrarti alla luna, Enkidu? Farmi ingelosire persino di
lei... "
In tutta risposta ottenne una risata come campanelle d'oro, chiara e
piena, ricca e profumata; Enkidu trovava divertenti quelle
manifestazioni di setosa gelosia, che indossava come un manto nobile.
Gilgamesh lo vide girare il capo, i capelli che frusciarono, il corpo
intero che si abbassò per coprirgli il petto. Sentiva le
dita lievemente callose, rovinate dall'amore per una Terra che
ricambiava quasi meglio di lui, tracciargli linee immaginarie
sull'addome, sul petto che seguì il tocco con il respiro
fino a vederlo morire sulle labbra arrossate, gonfie di baci quanto
quelle dell'uomo che fu d'argilla.
" Oh Gilgamesh, neppure la luna avrebbe il potere di distogliermi dallo
splendore d'oro che emani. Non ero tuo, stanotte? Non sarò
tuo per tutte le notti a venire? "
Il suo respiro sapeva d'erba, sapeva di quella rugiada quando la
temperatura sulle montagne si abbassava, era fresco come i grandi fiumi
da cui tutto era nato. Gilgamesh se ne abbeverò avidamente,
espandendo il sorriso, assottigliando quegli occhi tanto veri quanto
disumani. Le uniche parole a cui avrebbe mai creduto erano le sue, un
professare l'amore che di eterno aveva solo l'aspetto ed entrambi lo
sapevano. Fermò quella mano, vi giocò appena,
morse il labbro inferiore altrui per vederlo arrossarsi di nuovo,
sporcare quella bellezza -o renderla, se possibile, ancor
più sua?-.
" Comincia ad essere mio ancora una volta, Enkidu. Ora, mentre la luna
ci guarda, così si oscurerà per la gelosia verso
di noi. "
Enkidu rise, di nuovo.
Era cominciata l'eclissi.
.Fine.
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Non fucilatemi, ci ho voluto provare.