Blue Mind - L'alba del destino

di MaiaWarren
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«Mi è stato detto che sei stata scelta tu come portiere della nostra squadra, mi farò sicuramente quattro risate in tal caso. Come penserai di cadere questa volta, sul didietro, di lato o di muso? Lucy e Kim sono ansiose di saperlo, perchè quest’oggi hanno deciso di regalarti uno dei migliori book fotografici della tua vita, e saranno ben liete di far aumentare la tua popolarità nella scuola inviandole via sms. Con ciò, abbi almeno la decenza di venire bene nelle fotografie che ti scatteranno. La volta scorsa grazie alla tua incompetenza erano venute fuori così sfocate che ci siam dovute far in quattro per migliorarne la grafica con Photoshop, o avremmo rischiato che qualcuno dubitasse che fossi tu la protagonista di quelle foto.» Detto questo, la prima cosa che mi venne da pensare nei suoi confronti, era a proposito dell’incredibile quantità d’odio che emanava quella ragazza, apparentemente senza un alcun plausibile motivo. Possibile che il suo universo, a prima vista perfetto e che le aveva donato praticamente tutto nella vita, girava dietro a ogni minima cosa che riguardasse me? Era ricca, bella e popolare, per non parlare della scia di ragazzi che si portava dietro. Era del tutto normale chiedersi che interesse potesse mai avere una ragazza del genere nel perder tempo a tormentare una come me.
Onestamente non avevo neanche tutta questa gran voglia di risponderle, come al solito, ma avendo a disposizione per lei una meritevole risposta, non me la sentivo affatto di tacere e acconsentire anche questa volta. Conoscevo benissimo il suo modo di agire, e per questo ero perfettamente consapevole che anche se me ne fossi stata perennemente per i fatti miei, quell’arpia avrebbe continuato in ogni modo a rendermi la vita impossibile. Non le era mai cambiato un accidente se io reagivo o meno. Quindi almeno per questa volta volevo prendermi una piccola rivincita.
«Beh, in questo caso ti ringrazio tanto Penny.»
«Che intendi dire?! Non fare la superiore con me, perchè non ci casco.»
«Ti ringrazio perchè vedo che tu e le tue amiche siete così in pensiero per la mia popolarità tanto da disturbarvi a scattarmi fotografie per inviarle agli altri studenti. Apprezzo molto la vostra gentilezza.»
«Adesso facciamo anche i simpatici, eh. Vuoi farmi credere che ti sei stufata di essere la solita mummia asociale con quella faccia da pianto perpetuo? Ma per favore!»
«Vorrei tanto sapere cosa ti cambia se mi comporto da cosiddetta “mummia asociale” oppure se divento una buffona, per l’appunto come te. Dovrei preoccuparmi io se le persone sono infastidite dalla mia orribile faccia da pianto perpetuo, non sei d’accordo? Vedi di finirla di concentrare tutte le tue attenzioni su di me. Lo dico per il tuo bene, o i tuoi spasimanti potrebbero arrivare a pensare che tu ti sia convertita all’altra sponda mia cara. E ora lasciami indossare la maglietta per favore, abbiamo una partita da giocare o te ne sei dimenticata? Sistemeremo i nostri conti sul campo se vuoi.» Per me il discorso poteva anche chiudersi li, ma me lo sarei dovuto aspettare che da parte sua così non fu. Non feci neanche in tempo a girarmi per prendere la maglia da indossare che sentii subito un dolore atroce sulla schiena. D’istinto mi toccai immediatamente la zona dolorante, che sembrava esser diventata bollente e bruciante. Mi voltai a guardare le mani di Penny per capire con cosa mi avesse colpito, e notai subito l’accendino ancora acceso nella sua mano destra.
«Non ti permetterò mai di parlarmi in questo modo, insulsa perdente. Oggi ti senti tanto spavalda solo perché molto probabilmente le vacanze estive ti hanno fatto dimenticare quanto sia ignobile la tua vita qui a scuola, ma spero che questo ti abbia rinfrescato la memoria, o forse dovrei dire “riscaldato”. Ma non finisce qui, voglio ricordarti anche che se avrai la strabiliante idea di farne parola con qualcuno, farai bene a cercarti un’altra scuola dove diplomarti, perchè qui sappi che nessuno si sognerebbe mai di espellere la figlia del più generoso benefattore. Mentre con una poveraccia come te non ci penserebbero due volte se minacciassi il preside di non far cacciare più un centesimo a mio padre.»
Sembrava sempre che qualsiasi cosa facessi o dicessi, a vincere era comunque lei e i suoi soldi. Per questo preferivo subire e non parlarne con nessuno, perchè temevo che in ogni caso a perderci qualcosa di importante sarei stata solo e unicamente io. Penny, chissà come, conosceva benissimo quali erano i miei punti deboli, e infatti non faceva altro che far leva su quelli, minacciandomi costantemente che avrei rischiato di esser cacciata da scuola a causa sua. Puntava a quello proprio perchè sapeva fin troppo bene che volevo a tutti i costi frequentare quella scuola per tener fede alla promessa fatta a mio padre e non tanto perchè lo desideravo io. Solo perchè ero portata per lo studio non significava necessariamente che mi piacesse studiare, come invece tutti gli altri erano soliti pensare nei miei riguardi.

Poco dopo, lo spogliatoio fu completamente sgombrato. Le altre avevano appena finito di cambiarsi, mancavo solo io che avevo perso tempo a causa del piccolo inconveniente di pochi instanti prima. L’immagine di Penny che usciva dalla porta sventolandomi contro l’accendino con quell’espressione soddisfatta stampata in volto continuava a tormentarmi ronzandomi nella testa, ma tuttavia nessuna lacrima riusciva a scalfire il mio viso, che rimase impassibile nel mentre che ero intenta ad affrontare uno dei miei soliti dialoghi interiori fra me e la mia coscienza. Avrei potuto accettare tutte quelle cattiverie gratuite se solo avessi commesso in precedenza qualcosa per cui l’avrei dovuta pagar cara. Ma nel mio piccolo mi ero pur sempre ritenuta una ragazza fondamentalmente dall’animo buono, un po’ strana un po’ diversa dalla massa, ma pur sempre poco incline nel comportarmi male. Come è risaputo però, buona non è sinonimo di stupida, e come tutti gli adolescenti della mia età anch’io avevo quel fuoco sacro che mi contraddistingueva, in particolar modo nella mia sete di giustizia. Se la rabbia di Penny era causata dal mio cosiddetto genio interiore di cui tanta colpa me ne faceva nonostante non me ne fossi vantata neanche una volta, allora da oggi in poi le avrei dato pan per focaccia. Se dovevo continuare a subire, preferivo farlo per una giusta causa.


CONTINUA CON LA SESTA ED ULTIMA PARTE DEL 1° CAPITOLO.




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