ani10
Elladan si guardò intorno. Il cavallo si impennò, nitrendo e battendo gli zoccoli sulla sabbia.
Era di fronte all’immensità del mare e le bianche vele di una splendida nave gli stavano venendo incontro.
La spiaggia era immobile e silenziosa, neanche il grido rauco dei gabbiani o il rumore della risacca sulla battigia.
Solo il suo respiro e quello ansante del cavallo.
La nave scivolava verso di lui,
fluida, le vele gonfie senza un alito di vento. E poi la vide, alta e
solenne, mentre stendeva la bianca mano verso di lui.
-Nonna!-
Daniel si svegliò, spalancando gli occhi. Da quanto non sognava
sua nonna, da quanto non sognava nulla di quel mondo al quale aveva
rinunciato.
Quel pensiero lo sfiorò, così come nello stesso istante
percepì potente l’aura dei Priminati. Non era stato un
sogno.
Un richiamo nella mente, un richiamo fortissimo.
- Harthannen a tellin, Elladan. Si trevado gaer, si Elladan!-*
Si passò una mano sulla fronte, mentre sentiva che la parte
elfica del suo sangue bruciava al ricordo del mare. Sapeva che quel
momento sarebbe giunto, se solo…
E poi sentì, l’aura di Laurel, cercarlo. Si espandeva come un’onda nel suo cuore. Cantava. Per lui.
Doveva vederla. Doveva capire.
Mentre si vestiva in silenzio, per non svegliare i suoi compagni di
stanza, si chiese cosa avesse aspettato in tutti quegli anni. Il
richiamo del suo sangue non era mai stato così potente. Sangue
che non sentiva suo, ma che faceva sentire con prepotenza la sua voce.
Sapeva dove trovare Laurel, glielo aveva scritto che avrebbe passato quelle festività vicino al mare.
Il mare.
E al di là delle acque mortali, la Terra Imperitura.
Aveva pensato spesso a suo padre, alla sua famiglia. Aveva sempre
pensato che sarebbe stato Elrhoir a mancargli di più. Si era
sbagliato. Man mano che il tempo passava il suo lato umano prendeva il
sopravvento, e il suo essere mezz’elfo lo faceva sentire lontano
dai Priminati. Quando Arwen era morta, aveva sentito netto il suo
pensiero. Chiaro e limpido nella sua mente.
- Mi sto addormentando, fratello mio. Ma so che Estel mi aspetta e non
ho paura di questo dono di Iluvatar. Addio o arrivederci, cuore
coraggioso. Abbi la forza di scegliere-
Aveva sentito il tremito nell’aria e visto la luna velarsi. Il
suo cuore si era fermato in quell’istante infinito. Aveva pianto,
solo in mezzo alla gente. E tutti avevano guardato quel ragazzo alto e
scuro, alzare gli occhi al cielo, pieni di lacrime.
Uscì dalla stanza e si infilò la tuta della moto,
l’antivento, giaccone e guanti. Sistemò con cura il
passamontagna e infilò il casco. Sarebbe stato da lei in meno di
due ore, non era ancora l’alba.
Montò in sella, un gesto così familiare, anche se la sua
lucente Honda non era uno dei magnifici cavalli di Rohan. Velocemente
si allontanò, mentre ogni cosa era avvolta nelle ombre della
notte.
Galadriel soffiò sulla superficie dell’acqua,
increspandola lievemente. L’immagine di Elladan si dissolse,
lasciando il posto alla luna riflessa nel piccolo bacile
d’argento. Lentamente stese le mani sullo specchio liquido.
Subito si formò un’immagine. Laurel stava cantando,
avvolta in uno scialle di lana chiara. Galadriel udiva le parole. Era
il canto che Estel aveva composto per Arwen, quando fanciullo divenuto
giovane uomo, aveva rivisto sua nipote, bella come una notte
d’estate. Tornava Arwen Undomiel a Gran Burrone, dopo anni
trascorsi a Lorien. Galadriel ricordò la bambina, la fanciulla e
la giovane donna, così diversa da sua figlia Celebrian. Era
bella come Luthien e dolce altrettanto. Per questo non si era stupita
che il suo cuore si fosse volto a quel re senza corona, la cui
malinconia era pari alla risolutezza e al coraggio. Sorrise, Dama
Galadriel, soffiando di nuovo sulla superficie dell’acqua, mentre
le note di Aniron sfumavano lente.
La moto correva. L’autostrada era deserta o quasi. Daniel si
fermò in un autogrill per bere un caffè, mentre il sole
d’inverno piano piano illuminava la sede stradale. Appena aperta
la porta fu investito dal profumo delle prime brioches della giornata e
mentre ordinava il caffè si sorprese a pensare che nella sua
altra vita, la vita che aveva già vissuto, forse non avrebbe
apprezzato quei profumi e quei sapori. Cedette alla tentazione di una
brioche al cioccolato, ridendo fra sé e sé.
Laurel si strinse nello scialle. La notte era quasi finita e le stelle
scomparivano con le prime luci dell’alba. Come tutti gli elfi non
aveva un reale bisogno di dormire, la mente poteva vagare liberamente e
il corpo continuare nelle faccende quotidiane senza quasi sentire
stanchezza. Non riusciva a staccare il pensiero dal suo incontro con
Galadriel, con quello che le aveva detto. La prospettiva di poter
tornare a casa...
Casa.
Ne aveva cambiate così tante nel corso del tempo. Si
ritrovò a pensare a quale era davvero il suo desiderio: Le
spiagge di Aman, la sua amata Terra di Mezzo, mutata e cambiata,
Elladan o Daniel, Elrohir, il suo ricordo.
Albeggiava, quando il silenzio della pineta fu rotto dal rombo di una moto lanciata in piena corsa.
Laurel ebbe un tuffo al cuore, poi il frastuono cessò
d’improvviso. La pineta fu avvolta di luce e fra i raggi che
dritti si infilavano fra i pini marittimi, Laurel vide l’immagine
di un ragazzo che spingeva la moto a mano, per non fare rumore. Mise il
cavalletto e si tolse casco e passamontagna.
Elladan percepì la sua aura espandersi e toccare quella di Laurel. Fu un attimo e lei era già fra le sue braccia.
Ho sperato e sono arrivata. Ora attraversa il mare, Elladan, ora!*
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