SOLO UN UOMO
Scabrosa la superficie del muro sotto le dita, la graffio quasi, mentre
mi sento scivolare nel vuoto.
Perché il mondo
si offusca e si sgrana, i colori si fanno liquidi, come sotto la vampa
d'estate, e tutto si fonde.
Perché il mio occhio sta peggiorando.
E accade sempre più di frequente, in verità.
E io ho paura, Oscar. Una maledetta paura di perderti. Di
perdere i contorni del tuo viso, e l'azzurro dei tuoi occhi.
Paura che tu diventi solo una macchia guizzante, di bianco e di oro, e
di
verde, come mi appari adesso, lungo il vialetto che porta a palazzo.
Che tutto si riduca a profumi, e suoni, e sensazioni, come la ruvidezza
delle pietre di sotto ai polpastrelli contratti. E non mi basta,
Oscar.
Mi stai cercando, forse? Lo vedo da come indugi nel passo e la scia
bionda della tua chioma ondeggia sulle spalle.
Il mio nome nella tua bocca ha un suono antico. Mi stai cercando! E
questo mio cuore un poco gioisce, perché hai
bisogno di me. Fosse solo per sellarti il cavallo, o un altro semplice
servigio... Tu hai ancora bisogno di me!
Ti raggiungo dentro casa, ora che il disagio alla vista si è
quietato.
Sei così bella, gli occhi abbassati sull'orlo della tazza,
mentre il sole da fuori richiama i suoi ultimi raggi a carezzarti
d'arancione il profilo del viso, e delle spalle.
Ti accorgi di me, sorridi.
Potessi cancellare dal tuo sguardo quel manto di tristezza
che ormai li vela, come fossero in lutto! Potessi soffiare via, dalle
tue labbra, la piega amara che assumono, quando ti credi non vista! E
io invece me ne accorgo, sempre. Conosco ogni tua
emozione, inutile celarla sotto alla tua armatura. La
sento, su di me,
dritta come una lama, e lacerante, tutta la tua malinconia... potessi
incendiarla, e tingerla di vita, con queste mie mani...
Il tuo
mal d'amore, Oscar, mi uccide, mi uccide lentamente, come un veleno che
perfonde lento nelle vene, goccia a goccia. E quel veleno è
Fersen.
Ho ancora vivo nella mente l'attimo in cui lo rivedesti, appena tornato
dalle Americhe.
Eri mia, Oscar, mia come mai ti avevo sentito. Ridevi, con me. Come non
succedeva da tempo.
E poi... il mio cuore è deflagrato in mille
pezzi, assieme a quella mela.
Ti ho vista correre verso di lui, il viso
rifulgere d'emozione, nell'entusiasmo fanciullo di una ragazzina
innamorata.
Dio, Oscar, ti ho vista incespicare nella foga di raggiungerlo!... E
mentre
il tuo cuore batteva all'impazzata, il mio si riempiva di ghiaccio, e
si eclissava piano, non visto, sul
fondo di un crepaccio.
Credi che non voglia la tua felicità? Credi che non farei di
tutto, per te, pur di saperti felice? Oh, Oscar... Ti amo
così
tanto, inesorabilmente, senza scampo.
Se pensassi che è lui, ciò di cui hai bisogno ...
non dico che
avrei smesso di amarti, no, questo non potrei mai ... ma ti
esorterei... ti incoraggerei... forse smetterei persino di
sperare per
me. Ma non è Fersen ... e non sei tu la donna che
alberga
nel suo cuore.
Ti chiedo di allenarti con me, alla spada. Ti convinco con
un'argomentazione ineccepibile, accetti.
Bramo ogni giorno momenti come questo...
Io e te, Oscar, soltanto io e te, e lo stridere delle lame che si
sferzano, e il tuo fiato caldo addosso a me, negli affondi, e gli occhi
vivi e attenti, e il tuo corpo flessuoso e agile, che incontra il mio.
Mi batti, cado malamente sul bordo della fontana, la tua voce
cristallina è un balsamo per me, ridi pure, amore, ridi,
come
non succedeva da tempo... Se solo tu volessi leggere nel mio cuore...
E' così
esposto, e chiaro, e vibra tutto di te... Lo vedi, Oscar?
Ed ecco che d'improvviso il mio peggior incubo si
fa di nuovo carne, qui, a un passo da noi.
"Madamigella Oscar!".
"Conte di Fersen! Quanto tempo!".
E di nuovo ti porta via da me. Rapisce il tuo sguardo, e i battiti del
tuo cuore, e incipria di porpora le tue gote... Uno
che forse nemmeno ti ha
riconosciuto, la sera del ballo. Uno che non ha saputo
apprezzarti, visto lo sconforto in cui versi da quella sera... Uno che
nemmeno aveva capito che eri una donna, Oscar, il giorno di
quell'incidente, tanti anni fa!
Ma tu risplendi tutta, lo sento, per lui.
"Venite, vi offro qualcosa da bere, sapete bene che voi siete il
benvenuto in questa casa".
Sistemo sul tavolo la bottiglia e i calici che mi hai chiesto. Lo
osservi, radiosa,
di tra le lunghe ciglia, mentre lui si accomoda al tavolo.
Il suo sguardo è scivolato con grazia sui quadri alle
pareti,
soffermandosi sui bagliori del camino acceso, prima di guardarti. Ha
guardato anche me, in verità, il volto sereno, lo sguardo
limpido, e gentile.
Mi chiedo cosa sia venuto a cercare, proprio stasera.
Non vi siete più incontrati da quella sera maledetta.
Faccio appello
alla mia maschera più indecifrabile, e resto composto, in
disparte, nella saletta contingua, per lasciarvi alla vostra
intimità, sforzandomi di non ascoltare, ma pronto a correre,
se mi chiamerai di nuovo.
Mi chiedo quanto questo mio cuore resisterà. Quanto
potrò fingere, ancora.
Sono solo un uomo, Oscar.
Un uomo che ti ama, da vent'anni. In silenzio, con tutto se stesso.
D'un tratto avverto un tramestìo confuso, il frantumarsi di
un bicchiere, e accorro, sulla soglia.
E vi vedo.
Ti trattiene per il polso, in piedi verso di te, l'espressione
stravolta. Incontro i suoi
occhi, non mi importa, che me lo legga in faccia tutto il mio
sconcerto!
Violento me stesso nello sforzo di restare
immobile, serro la mascella, deglutisco, a fatica, per un tempo che mi
pare
infinito.
E invece, tutto non dura che una manciata di istanti. Lo vedo
abbassare il braccio, si scusa, visibilmente affranto.
"Madamigella, io... ". Arretra, ancora, si inchina.
"Oh, certo che non eravate voi, a quel ballo... vi
avrei certamente riconosciuto, nel caso, e comunque... Vi chiedo
perdono, Oscar, per il mio comportamento". Si inchina, un po' di
più, allontanandosi di un passo, un'occhiata rapida,
di nuovo, nella mia direzione. "Scusatemi".
Anche tu ti sei alzata, ti massaggi il polso con l'altra mano,
mi par di vederti tremare, quasi, e la tua voce ha un riflesso
metallico.
"Non... non è successo nulla, Conte", rassicuri, fingendo
accondiscendenza, il corpo irrigidito tutto
e arroccato in
difesa, ti conosco.
Trattengo il respiro nel silenzio imbarazzante sceso nel salotto come
un fumo acre che mozza il fiato,
finché Fersen non prende congedo e si nega con un cenno
della
mano al passo che stavi per fare verso di lui.
Ristai, le mani che vorrebbero stringersi a pugno e non possono, e le
parole, che non basterebbero, che smuoiono a una a una, nella gola.
Non c'è bisogno di dire nulla, tra noi, ti
incontro,
semplicemente, dove l'anima diventa sguardo, prima che tu mi sfugga ancora.
Sei turbata che abbia assistito alla scena?
Oh, Oscar... sono solo io... non hai nulla da temere, da me.
Mi volto
verso il Conte e lo accompagno all'uscita.
Lo sento sospirare, e mi
regala un tiepido sorriso, mentre gli faccio strada.
Il cuore tumulta nel petto, non so cosa pensare. I sensi in
allerta, ho fretta di tornare in casa, a prendermi cura di te.
Conduco fuori dalle scuderie il cavallo, e poi lo tengo fermo,
perché Fersen monti in sella.
Il Conte mi ringrazia, mentre afferra le redini. Sospira di nuovo, e
poi mi sorprende, con le sue parole.
"Io non so davvero... oh, non so davvero cosa pensavo di dimostrare,
André".
Scuote la testa, mentre uno sbuffo di risata si spegne dietro le sue
labbra.
"Madamigella Oscar non ha bisogno di un abito per essere una donna
meravigliosa... ma questo tu lo sai bene, André".
I suoi occhi chiari sono ora fissi nel mio. Sono gli occhi di un uomo,
che sta guardando un altro uomo.
E allora forse ha visto tutto,
prima? Il mio disagio, il mio impeto
bloccato, l'amore che trabocca ogni volta che sono vicino a te.
Forse è lo stesso sguardo che lui ha per la Regina. La
stessa
bramosia, lo stesso desiderio tacitato, ogni volta che le è
vicino e
non può mostrarsi per quello che è o che sente.
E forse ha capito. Ha capito che anche io amo una donna che forse non
potrò mai avere. Come lui.
Non servono parole, quando da pupilla a pupilla è
già stato detto tutto quello che c'era da dire.
Respiro l'aria della notte, e il suo mistero, mentre lo vedo
allontanarsi, oltre il cancello, nel buio rischiarato dalla luna e le
sue ancelle.
Sei china davanti al camino, a raccogliere frammenti di vetro.
Anche il tuo cuore è in frantumi, Oscar?
Mi senti, alzi il viso, quel tanto che basta perché mi
accorga
di una scintilla di luce sulla tua gota, e poi lo riabbassi.
Non ti dirò niente. Ti conosco abbastanza per sapere che non
hai voglia di parlare, adesso. Non ancora, almeno.
Mi metto anche io a raccogliere i resti di ciò che il gesto
inconsulto di Fersen ha fatto volare qui sul pavimento.
I nostri capelli si sfiorano, mentre, con infinita attenzione, in gesti
lenti, le mani radunano queste piccole schegge.
Vedo le tue ciocche tremare, e intuisco appena il profilo bellissimo
del tuo volto, e il candore della pelle che occhieggia dal colletto
sganciato della camicetta.
"André". La tua voce saetta nel silenzio, come una lama nel
buio.
Resti con gli occhi ancorati al pavimento, le dita appuntate sul
tappeto.
"Se mi avesse riconosciuta, io... ". Non finisci la frase, e sospiri
forte. Scuoti la testa, mentre delicatamente sollevi un grosso pezzo di
cristallo. Ti porgo il palmo aperto della mano, perché tu possa
passarlo a me. Lo fai, mi guardi, e sorridi un poco.
"Solo uno sciocco non ti avrebbe riconosciuta, Oscar" dico, a voce
bassa.
E intanto il mio cuore inciampa, perché vorrei dirtelo, che
io ti ho sempre vista, perché ti amo,
ti amo, ti amo come nessun altro potrà mai fare.
"Credo che... credo che chiederò un breve congedo dalle
Guardie reali", continui.
So quanto puoi essere spietata con te stessa. So quanto puoi farmi del
male.
Ma la mia vita è legata a doppio filo alla tua. Io non
esisto, senza te.
Il fuoco nel camino è ancora vivo, e gioca a rincorrere i
suoi riflessi su di te.
Anche l'uomo che hai davanti, Oscar, ha un fuoco che lo divora, come
quello che danza alle tue spalle... chissà se te ne sei mai
accorta.
Ogni pezzetto di vetro è stato raccolto, eppure non ti
muovi.
Siamo così vicini... che se allungassi una mano
potrei
sfiorarti, e allora lo sapresti, finalmente, come ti
toccherebbe un uomo che ti ama.
Potessero carezzarti almeno i miei pensieri... scioglierei il tuo
dolore in un lento canto e non resterebbe che luce, Oscar, nel
tuo cuore.
Ti alzi, lo sguardo di nuovo fermo e asciutto.
Ti avvicini alla porta. Ma prima di andartene giri un poco la testa:
"Se la Regina mi concederà un periodo di vacanza, preparati
alla
partenza André, perché ho intenzione di
trascorrerlo in
Normandia".
Ti osservo andare via, svanire nel buio del palazzo, io, un uomo, il
petto che trabocca di speranza e di gioia.
Perché sarò ancora al tuo fianco.
Perché so che nulla potrà dividerci.
Perché prima o poi te lo dirò, quanto ti amo. E
allora, mi amerai anche tu.