-Notti
insonni.-
Quando
una persona annega non inala fino ad un attimo prima di perdere
conoscenza.
Viene
chiamata Apnea Volontaria.
Non
importa quanto sei nel panico, l'istinto di non fare entrare acqua
é
così forte che non apri la bocca fin a quando non senti che
ti
esplode la testa.
Poi
quando la fai entrare smette di far male.
Non
fa più paura.
E' come trovare la pace.
Eppure
lui la pace non riesce a trovarla ed ogni notte continua a
sprofondare nell'acqua.
Non
ci sono suoni attorno a sé.
Solo
il buio più scuro e qualche sprazzo di luce qua e
là.
Trattiene
il fiato per quanto può.
La
testa scoppia ma cerca di resistere per non far entrare l'acqua.
Alla
fine non ce la fa, il tanto decantato istinto di sopravvivenza
prevalse sulla ragione e gli fece aprire la bocca alla ricerca di
aria da introdurre nei polmoni.
Ma
l'aria rimase dov'era e al suo posto i polmoni furono inondati
d'acqua bloccando il respiro in qualsiasi sua forma.
Il
cuore gli palpitava nelle orecchie come un pazzo.
La
testa iniziò a farsi leggera, i pensieri corsero via.
Non
cercò neppure di salvarsi.
Non
faceva più male.
Non
aveva più bisogno di respirare e non sentiva più
nulla.
Anche
i battiti stavano decelerando.
Sapeva
cosa stava accadendo ed anche l'agognata pace di cui tanto parlavano
iniziava a sentirla.
Gli
esperti – se si potevano chiamare così-
sostenevano che quando
muori rivedi tutta la tua vita scorrere veloce davanti agli occhi,
eccola dicevano.
E'
come riempire d'aria polmoni e guance prima di tuffarsi in acqua
–
paradossalmente ridicolo come esempio vista la sua presunta
situazione – cercando di resistere più minuti
possibile senza
respirare.
Si
riempono occhi e cervello di immagini, archiviano memorie prima di
morire cercando di resistere tutta l'eternità senza
dimenticare: un
tentativo di riempire un vuoto.
Qualcosa
con lui non andava .
Non
erano immagini di tutta la sua vita quella che gli passavano davanti
agli occhi.
C'era
sempre stato qualcosa che non andava con lui.
Non
era mai stato abbastanza.
Un
semplice umano in un branco di creature sovrannaturali.
Era
dannatamente ovvio e tragicamente cliché che il primo
maledetto
spirito maligno senza corpo a Beacon Hills avrebbe posseduto l'unico
essere di sola carne ed ossa del branco.
E
lui sapeva e ricordava perfettamente tutto.
Non
aveva importanza che alla fine il Nogitsune si fosse separato da lui
lasciandolo quasi morente, mentre prosciugava tutta la sua energia
vitale.
Quante
volte prima di arrendersi e lasciargli il completo possesso della sua
mente si era sentito sedurre da quella voce oscura.
Quante
volte gli aveva sussurrato nell'orecchio che era il corpo e lo
spirito perfetto in cui albergare. Che aveva la giusta dose di
oscurità dentro di sé, che avrebbe potuto
donargli un potere
immenso se si fosse abbandonato a lui.
Aveva
ceduto per salvare Malia ma questo non contava.
Aveva
perso e ucciso.
Si
perché davanti ai suoi occhi non scorrevano le immagini
della sua
vita.
Piuttosto
non di tutta la sua vita.
Ma
solo della parte che più odiava.
Non
c'erano le immagini di quando giocava contento con i suoi genitori
ancora entrambi vivi. Non c'era l'immagine di Scott che gli chiedeva
di essere suo amico all'asilo con un sorriso che andava da orecchio a
orecchio.
Non
c'era il volto sereno di Melissa mentre gli preparava i biscotti
assieme al suo migliore amico e neppure la prima volta che aveva
visto Lydia.
Non
c'erano immagini di abbracci, affetto e dei baci rubati con Malia.
Nessuno
dei momenti felici della sua vita gli stava scorrendo davanti agli
occhi.
Rivedeva
invece le vittime dell'ospedale che cadevano inerti al suolo, colpiti
dalle lame demoniache degli Oni.
A
rallentatore vide la morte di Allison e sapeva che era la fine.
Presto
il suo incubo infernale si sarebbe presentato.
La
vide combattere, dagli occhi del suo clone malefico.
Era
brava, agile e forte.
Si
muoveva con scioltezza ed alla fine riuscì ad eliminare uno
degli
Oni che stava per uccidere Isaac, ma quel secondo di distrazione
successivo al successo le fu fatale.
Non
poté far altro che restare a guardare mente la lama
penetrava nelle
costole della cacciatrice, il suo volto sorpreso e quasi inorridito
mentre vedeva quel mostro fatto di ombre sfilare la spada senza
esitazione pietà .
Sentì
l'urlo disperato di Lydia pronunciare il nome della ragazza e
capì
come sarebbe finita.
Perché
le Banshee non avevano predizioni di persone ferite.
Le
Banshee avevano predizioni di morte.
La
vide cadere a terra mentre sul posto arrivava Scott, lo sguardo
spaventato di chi non capisce cosa stia succedendo o che non riesce a
credere a ciò che stava vedendo.
Lo
vide precipitarsi da lei, reggerla tra le sue braccia e cercare di
toglierle inutilmente il dolore.
Inutilmente,
perché la ferita di Allison era mortale e lei non sentiva
più alcun
dolore.
Non
c'era più speranza.
Poté
solamente restare a guardare mentre sul volto dell'amico fraterno
scorrevano inesorabile gocce salate.
Il
dolore che si poteva perfettamente scorgere nei suoi occhi.
Anche
lui aveva compreso l'inesorabile fine dell'amata.
Non
sentì l parole che i due si scambiarono ma vide chiaramente
la mano
di Allison perdere sensibilità e cadere al suolo, inerme.
Ed
in quel momento urlò.
Urlò
con quanta più voce possibile.
Spalancò
gli occhi annaspando, alla ricerca di quanta più aria
possibile.
Si
mise seduto di scatto, il sudore che gli imperlava la fronte.
“ Stiles....”
mormorò una voce, facendogli voltare il capo di lato, verso
l'altro
letto poco lontano da lui.
“Ti
ho svegliato … scusa.”
Il
materasso si abbassò quando l'altro gli si sedette accanto.
“ Tranquillo
… sono qui per questo.”
Alzò
lo sguardo finalmente su di lui: Scott.
Suo
padre gli aveva chiesto di venire dopo aver passato due notti
infernali nel tentativo di svegliarlo.
La
presenza dell' Alpha accanto a sé aveva portato benefici.
Come
una quasi consapevolezza che nonostante sia comunque orribile,
ciò
che sta vivendo in quelle notti é comunque un sogno da cui
quindi
alla fine si sarebbe di certo svegliato.
Prima
della decisione dello sceriffo di farlo andare a vivere da Melissa e
Scott le notti di Stiles erano il vero inferno: per ore si sentiva
annegare e rivivere costantemente le sue colpe con il timore di non
potersi più risvegliare.
Era
già successo, poco dopo aver sconfitto il Nemeton, quando
Deaton li
aveva avvertiti dell'oscurità che avrebbe circondato il loro
cuore.
L'inferno
di Stiles era stato il non potersi svegliare dagli incubi ed esserne
cosciente.
Dal
giorno in cui avevano sconfitto il Nogitsune, Scott non lo aveva
lasciato solo quasi mai a volte accompagnandolo lui stesso fino a
casa.
Un
giorno quando le cose erano diventate davvero esilaranti in modo
inquietante, l'amico gli aveva confidato il timore che se lo avesse
lasciato solo, sarebbe potuto sparire di nuovo e fortunatamente ci
avevano riso su perché era una cosa davvero imbarazzante da
dire.
Comunque,
quando lo sceriffo aveva rischiato la crisi di nervi o di uscirne
pazzo per non poter fare nulla per il figlio di notte, aveva deciso
di rivolgersi di nuovo a Scott ed in effetti era migliorato.
E
forse sarebbe migliorato ancora.
Si
sentì trascinare giù, verso il cuscino e
fissò perplesso l'amico
che si sdraiò accanto a lui lasciando la mano sulla sua
spalla in
una specie di strano abbraccio .
Arrossì
leggermente perché quella era una situazione decisamente
nuova e non
da loro nonostante la loro amicizia decennale.
“ Hei
amico … questo é imbarazzante...”
mormorò cercando di staccarsi
inutilmente,in quanto Scott non pareva per nulla intenzionato a
lasciarlo.
E
solo in quel momento si rese conto che forse non era l'unico che
aveva bisogno di quel contatto.
“ Stai
zitto, Stiles. Obbedisci al tuo Alpha per una volta e dormi”
gli
intimò l'amico borbottando.
Il
cuore iniziò a pulsargli nelle orecchie e il fiato mancargli
come
accadeva sempre quando si trovava in situazioni che non riusciva a
gestire.
Questo
piccolo inconveniente ovviamente fu captato dai sensi da lupo di
Scott che sospirò passandosi una mano tra i capelli.
Di
conseguenza Stiles si rimise seduto di scatto scuotendo la testa nel
panico “ No no no... non riesco proprio a
dormire...”
Un
altro sospiro e Scott fu seduto al suo fianco.
“ E
che vuoi fare? Un giretto in moto alle Hawaii? Sono le tre del
mattino Stiles...” gli chiese il moro sarcastico alzando un
sopracciglio.
“Ti
ha fatto male passare troppo tempo con me e ...” e
riuscì a
fermarsi giusto in tempo prima di pronunciare quel nome proibito.
Scott
si passò un altra mano tra i capelli e lanciò uno
sguardo verso la
parete di fronte a loro, probabilmente diretta alla madre dormiente
nell'altra stanza.
“
Latte?”
propose poggiando i pedi scalzi sul pavimento gelido.
Stiles
alzò un sopracciglio “ E quanti anni abbiamo
… cinque?”
L'amico
gli sorrise storto “ Non lo vuoi?”
“
Ovvio
che si.”
Un copione che ormai si ripeteva ogni dannata sera.
Scesero
lentamente le scale per non svegliare Melissa.
Fortunatamente
la cucina era piuttosto distante dall'ingresso così la luce
non
rischiò di svegliare la padrona di casa.
Mentre
Scott scaldava il latte, decise che aveva davvero bisogno di una
boccata di aria fresca , così uscì fuori facendo
un cenno
all'amico.
Sentiva
ancora il corpo appiccicoso e rabbrividì quando uno spiffero
gelido
entrò sotto la maglietta.
Un
anno.
Era
passato un anno da quando praticamente viveva con Scott, scappando la
mattina prima di andare a scuola per preparare la colazione a suo
padre – il colesterolo cavolo e non era solo una parola a
caso
scritta sul vocabolario!- e lasciargli anche il pranzo –
patate,broccoli e carne senza sale per lo più, non voleva di
certo
che lo sceriffo si procurasse un infarto con le schifezze che avrebbe
sicuramente
mangiato
approfittando della sua assenza-.
Il
rumore di vetri rotti lo riscosse dai suoi pensieri … o
ricordi.
Con
il cuore a mille rientrò in cucina e la scena che gli si
presentò
era meno pericolosa di quanto pensava ma non per questo meno
scioccante: Scott era in ginocchio, al lato opposto dell'angolo
cottura,una tazza i frantumi ai piedi del muro.
Cercava
di raccogliere i cocci ma le mani gli tremavano troppo e i pezzi gli
sfuggivano dalle dita facilmente.
Questo
non era normale.
Non
era normale che una semplice ed innocente tazza bianca il cui posto
sarebbe dovuto essere sul ripiano in marmo con all'interno del caldo
liquido calmante, si fosse invece schiantata contro il muro opposto.
Perché
una tazza poteva cadere ed infrangersi a terra, ma di sicuro non
poteva fare un volo di circa mezzo metro senza che qualcuno ce la
lanciasse.
Quindi
il dolce e caro Scott aveva lanciato – per un motivo che
ancora non
concepiva – una tazza del set preferito di Melissa contro il
muro.
Nel
momento in cui neuroni nel suo cervello gli fecero comprendere questo
piccolo particolare, iniziò a sospettare che non era l'unico
passare
le notti insonni e si diede dell'idiota per non averlo notato prima.
Con
gli occhi sbarrati e il cuore che iniziava galoppare lo vide riuscire
ad afferrare uno dei cocci ma non riporlo nella busta di plastica al
suo fianco. No, se lo strinse nel palmo e con la coda dell'occhio
Stiles si rese conto che le unghie dell'amico erano dannatamente
appuntite e gli occhi di un'affascinante scarlatto.
Si
mosse solo quando vide dei rivoli rossi colare dalla pelle bianca
fino a sporcare il pavimento.
Scott
lo aveva di certo sentito e non si mosse neppure quando Stile gli
mise un mano sulla spalla, lasciandosi tirare su senza opporre
resistenza.
Lo
lasciò anche aprirgli la mano togliendo il pezzo della tazza
insanguinato dalla pelle dell'amico in modo che essa non si
rimarginasse lampo su una cosa estranea.
Non
si dissero nulla.
Non
ce ne era bisogno per ora.
Stiles
raccolse i resti della tazza per terra, attento a non ferirsi mentre
l'altro si sciacquava la mano incriminata nel lavandino.
“
Va
bene anche un bicchiere...”
Scott
capì al volo ma alzò gli occhi al cielo prendendo
un'altra tazza
dalla vetrina e poggiandola sul bancone per poi versarci il latte
caldo.
Gliela
porse ed entrambi uscirono di nuovo all'aria aperta.
Stiles
poggiò i gomiti sulla balconata del portico e si
scaldò le mani con
la bevanda rimanendo a fissare la luna piena affascinato.
Poteva
sentire il respiro regolare di Scott accanto a lui e sorrise
all'autocontrollo che il suo quasi fratello era riuscito a sviluppare
in quegli anni.
“
Da
quanto?” mormorò, consapevole che l'altro non
avrebbe parlato se
non fosse stato il primo a farlo.
Scott
spostò lo sguardo su di lui ma di nuovo non disse nulla,
aspettando.
“
Da
quanto non dormi?”
Il
moro sospirò passandosi una mano tra i capelli “
Non lo so...
settimane forse...”
Stiles
lo guardò male mentre nella mente cercava di ricordare una
sola
volta in cui, svegliandosi dai suoi incubi non se lo fosse trovato
accanto completamente sveglio e pimpante.
Ormai
il latte caldo la sera era una specie di rituale che silenziosamente
avevano tutti accettato: Stiles si svegliava da un incubo, Scott lo
calmava e poi latte caldo sul portico.
Prese
un sorso e rimase in silenzio, giurando a se stesso che da quel
momento sarebbe stato più attento alle condizioni del
fratello.
“
Chi
é morto stavolta?”
La
domanda non era crudele, Stiles lo sapeva.
Ormai
anche quella era parte del rituale notturno.
“
Stanotte
il pacchetto al completo fratello...”
Scott
gli strinse la spalla facendo cadere a terra la tazza che l'altro
aveva tra le mani ma entrambi non se ne curavano, cullandosi in quel
mezzo abbraccio che sapeva di casa e conforto.
“
Stanotte
niente Derek?”
Neppure
questa era una domanda di quelle crudeli ma fece male comunque.
Perché
a volte signore quel lupo misantropo era più spaventoso di
un
qualsiasi maledetto incubo.
Vedere
continuamente le sue spalle mentre si allontanava per sempre da
Beacon Hills assieme a Breaden...
Sapere
che non lo avrebbe mai scelto.
Che
per lui sarebbe sempre rimasto il misero umano che era.
Il
dolore a volte era tanto forte che solo l'abbraccio di Scott riusciva
ad impedirgli di cadere preda alla pazzia.
Essere
parte del suo branco dava molti benefici.
“
Di
Isaac hai avuto notizie ? “ gli chiese invece, glissando la
domanda.
Lo
vide incassare le spalle e scuotere la testa leggermente e si
pentì
di quella domanda.
Avvolse
anche lui il braccio attorno al suo collo cercando di consolarlo in
qualche modo.
Erano
fratelli. Forse non di sangue ma anche più profondamente.
Nell'animo.
Entrambi
lo sentivano e questo bastava.
Sarebbero
morti, l'uno per l'altro, senza esitazione alcuna.
Lo
squillo di un telefono li fece sobbalzare e con un sorriso di scuse
Scott si spostò leggermente tirando fuori il cellulare ed
inarcando
un sopracciglio leggendo il nome impresso sullo schermo.
Stiles
lo fissò perplesso da quella reazione ma non fece in tempo a
chiedere chi fosse che l'amico attivò la chiamata.
“
Pronto?”
Lo
disse quasi esitante, visto che ancora non ci credeva.
“
Hei
Testicolo Sinistro!”
Sospirò
e chiuse la chiamata sotto lo sguardo interdetto di Stiles.
“
Jackson.”
E
solo quel nome bastava come spiegazione.
Infatti
l'amico alzò gli occhi al cielo sbuffando.
Il
telefono squillò di nuovo e Scott scosse la testa esasperato
prima
di attivare la chiamata.
“Jackson
hai la minima idea di che ore siano qui da noi?!”
Sentì
un leggero ringhio dall'altra parte del telefono, segno che Jackson
nonostante gli anni passati non aveva ancora il completo controllo
della sua trasformazione.
“
McCall!
Non azzardarti mai più ad attaccarmi in faccia!”
Di
tutta risposta Scott chiuse di nuovo la chiamata.
Era
passato il tempo in cui si faceva mettere i piedi in testa da
quell'idiota.
Stiles
si appoggiò con i gomiti al legno del portico e con il mento
sulle
mani sospirando.
Per
l'ennesima volta la suoneria vibrò nell'aria.
“
Scott
senti quello che ha da dire o giuro che dovrai comprarti un telefono
nuovo!”
L'
Alpha prese un profondo respiro e rispose “ Cosa vuoi
Jackson?”
“
Non
riesco a contattare Derek...devo parlargli.”
“Benvenuto
nel club allora. Che succede?”
Scott
guardò di sfuggita Stiles che invece continuava a fissare la
luna.
“
Devo
parlare con un Alpha McCall! Non con te!”
Il
ragazzo sospirò sorridendo amaramente “Notizie
degli ultimi due
anni Jackson: Derek non è più un Alpha, mentre io
si.”
Il
silenzio provenne dall'altra parte per un tempo infinitamente lungo,
prima che ci fosse una risposta.
“
Che
cazzo hai fatto McCall?!! Lo hai ucciso?”
Il
solo pensiero lo fece ringhiare, attirando di nuovo l'attenzione di
Stiles che lo guardò preoccupato.
“
Non
ho ucciso proprio nessuno idiota! Lo sono diventato a solo!”
L'amico
gli strinse un braccio in segno di conforto.
“
Si
può fare?” il tono eccitato dall'altra
parte lo fece tornare a
sorridere.
“Succede
una volta ogni cinquecento anni. Sei arrivato tardi.”
Di
nuovo silenzio.
“
Sei
libero?”
Quella
domanda gli fece inarcare le sopracciglia e cercò di
scherzarci su “ Mi dispiace Jackson ma non mi
interessi.”
Stiles
stavolta lo fissò sbigottito.
“
Che
diavolo hai capito McCall! Intendevo se potevi venire a
Londra!”
Scott
si passò una mano tra i capelli esasperato dall'ennesimo
imprevisto
della sua vita.
“
Prima
dimmi che succede.”
Un
sospiro dall'altra parte.
“Un
altro branco ha detto che vuole che entri a far parte del loro
gruppo, gli ho detto che ho già un branco ma non mi hanno
creduto.”
Scott
scosse la testa “ L'odore di un Omega é diverso da
quello di un
Beta.”
Jackson
probabilmente sbuffò visto il gracchiare che provenne
dall'apparecchio.
“Insomma puoi venire?”
“
Fammi
capire : hai bisogno che facciamo finta di essere il tuo branco in
modo da librarti degli altri?”
“Esatto.”
Stiles
intanto lo fissava curioso ed anche un po' interessato.
Alla
fine Scott pensò che potesse essere una distrazione per il
branco...
sperando Lydia non lo uccidesse prima, ovviamente.
“ Paghi
tu sia il viaggio che l'hotel e Jackson... siamo sei.”
Un
esclamazione provenne dall'altro lato “ Sei? Ma chi
diavolo
siete McCall?”
“ Io,Stiles,
un altro licantropo, una coyote mannaro, una … volpe diciamo
e...”
lasciò un attimo di suspance “Lydia.”
Silenzio
e stavolta davvero inquietante.
“
Perché
diavolo Lydia fa parte del tuo branco?!”
Se
l'aspettava un uscita del genere.
“ E'
una ...creatura sovrannaturale ora.”
“
Peter?”
Si
stupì di una reazione così pacata.
“ Esatto
ora è una Banshee.”
“ E
cosa sarebbe ?”
Scott
ci pensò su un attimo.
“ Insomma
sostanzialmente :urla tanto da trapanarti i timpani e predice la
morte.”
Di
nuovo silenzio. Probabilmente Jackson stava cercando di assimilare il
tutto.
“Come
mai non hai nominato Allison? Cos'è ti ha mollato
McCall?”
Lo
disse in tono quasi scherzoso ma quelle parole bastarono a colpirlo
dritto al cuore.
Il
dolore fu così forte da fargli tremare le gambe
costringendolo ad
appoggiarsi alla balconata.
Stiles
lo vide sbiancare di colpo e si raddrizzò.
“ Che
succede Scott?”
L'
Alpha scosse la testa e dopo aver emesso un leggero sibilo
riuscì a
rispondere a Jackson.
“Allison
é morta Jackson.”
Anche
Stiles a quelle parole perse colore .
“
Io...
mi dispiace.”
Scott
scosse la testa e prese un profondo respiro “ Lascia perdere
e
trovaci un aereo per la prossima settimana.”
Alla
fine attaccò senza salutare.
Quella
telefonata aveva fatto abbastanza danni per quella notte.
Stiles
lo strinse n un abbraccio fraterno e poi si staccò con un
mezzo
sorriso.
“ Allora
si va a Londra?”
Scott
sorrise contagiato “ Si va a Londra.”
Entrambi
scoppiarono a ridere prima che l'umano tornasse serio e sbiancasse .
“Ed
ora chi lo dice a mio padre?”
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