Clary & Jace
BOOM! CRASH!
Un potente
tonfo seguito da un rumore di vetri infranti fece saltare Clary su
dalla poltrona dove fino a poco prima stava cullando Lorianne, ora
addormentata. Menomale che la piccola aveva un sonno molto profondo. —
Jace, sei vivo? — indagò.
— Sì —
rispose lui. — Spero che anche queste palle lo siano.
Clary non
riuscì a trattenere una risata sguaiata. — Di quali palle stai
parlando?
La testa
di Jace spuntò da dietro la porta. — Di quelle di Natale — chiarì con
tono ironico. — Fortunatamente. — Fece un gesto con la mano, per
esortarla a seguirlo. — Dai, vieni. L’albero non si addobba da solo.
— L’albero?
Quale albero? — domandò Clary, confusa. — Non c’è nessun albero.
Jace
sorrise. — E invece c’è. Su, lascia Lori a Maryse, mettiti un cappotto
e scendi anche tu.
Incredula,
la rossa chiamò Maryse e le chiese di fare da babysitter a Lorianne. Si
attardò ancora un momento per infilarsi un giaccone, il cappello di
lana che le aveva regalato Simon l’anno prima e un paio di guanti, poi
finalmente corse giù per le scale e uscì nella gelida aria dicembrina.
Dalla sua
destra provenivano delle voci. Per la fretta di raggiungere Jace e gli
altri ragazzi quasi scivolò sui gradini innevati. — Ehi! — gridò. —
Cosa combinate?
Quando
svoltò l’angolo restò a bocca aperta. L’albero di Natale più grande che
avesse mai visto – più grande di quello del Rockfeller Center –
svettava fin quasi a sfiorare le guglie dell’Istituto. Si accorse con
meraviglia che era vero, non sintetico. Spuntava direttamente dal
terreno ed emanava un profumo delizioso, avvertibile anche a distanza.
Seminascosto nell’ombra, Magnus Bane dava gli ultimi ritocchi alla sua
opera, sprizzando scintille di magia azzurra dalla dita. — Clary! —
esclamò. — Aspettavamo te per iniziare a decorarlo.
Clary si
avvicinò a passi lunghi e lenti, naso all’insù. — Wow — riuscì a
sussurrare. — Complimenti.
— Bello,
eh? — disse Isabelle, uscendo da dietro l’angolo. Portava uno scatolone
leggermente più piccolo di quello di Jace, pieno fino all’orlo di
nastri, catene di perline e cianfrusaglie varie. — Da piccoli facevamo
l’albero solo quando c’erano mamma e papà. Ossia giusto un paio di
anni. — Le si incupì lo sguardo. — L’ultima volta c’era anche Max.
Alec
spuntò dall’altra parte del tronco, si avvicinò a loro a passi larghi e
si affrettò a rispondere: — Ma adesso c’è Magnus, c’è Simon, c’è
Clary... — Una manina afferrò l’orlo del suo cappotto e lo tirò. — E
sì, ci sei anche tu, Chrysta! — Rise, e finalmente Isabelle tornò
raggiante.
Iz posò a
terra lo scatolone e iniziò a rovistare al suo interno. Ne tirò fuori
varie foglioline dorate. Le fissò per qualche secondo, urlò: — Simooon?
Dove seei? — e prese a rincorrere il povero ragazzo per potergliele
infilare nei capelli.
— BU! —
Jace comparve all’improvviso di fronte a lei, facendola sussultare. —
Su, addobbiamo quest’albero.
Il primo
punto da affrontare furono le luci. Magnus aveva portato diverse serie,
ma i ragazzi non riuscivano ad accordarsi su quali usare. Isabelle
voleva metterle viola, Jace e Clary bianche, Alec rosse, Magnus blu –
“Come gli occhi del mio Fiorellino!”. Esasperato, Simon strillò: — Ma
le multicolore non se le fila nessuno? — e così finirono per scegliere
quelle.
Risolto il
problema se ne presentò subito un altro: come disporle su un albero di
più di venti metri? Fortunatamente Magnus aveva la soluzione. A un suo
schiocco di dita Clary, Jace, Alec, Isabelle e Simon si alzarono
magicamente in volo, insieme alla neve che aveva ricominciato a cadere.
— Vi conviene sbrigarvi — gridò lo Stregone per farsi sentire. — Non
riuscirò a mantenere l’incantesimo per molto!
Non fu
facile posizionare le luci. Simon rischiò di strangolarsi con il filo,
Clary si ritrovò le gambe legate come un agnello e un tacco di Isabelle
si impigliò in un ramo, rischiando di rovinare tutto il lavoro svolto
fino ad allora. Solo Jace se la cavò egregiamente, fluttuando intorno
all’albero come un artista del Cirque du Soleil.
A quel
punto Magnus mandò su gli scatoloni con gli addobbi e, presa Chrysta in
braccio, raggiunse i ragazzi in aria. — Mi sono ricordato di essere il
Sommo Stregone di Brooklyn — spiegò. — La levitazione per me è una
bazzecola.
Il colore
delle decorazioni non fu oggetto di polemiche. Tutti concordarono
subito sul fatto che l’albero dovesse essere il più variopinto
possibile, Magnus in primis – naturalmente.
Jace si
stava divertendo come un bambino: acchiappava nastri, palline, Babbi
Natale in miniatura e finte caramelle e si fiondava tra i rami,
emergendone sempre più eccitato.
Clary lo
guardò di sottecchi: non l’aveva mai visto così felice ed esuberante,
specialmente negli ultimi tempi. La morte di suo padre lo perseguitava
ancora nel sonno, facendolo stare sveglio anche per quattro o cinque
ore. Quella stessa notte non aveva proprio azzeccato occhio. La rossa
si stupì nel constatare che i segni della spossatezza erano scomparsi
del tutto, comprese le occhiaie.
E quando
lui le mise una ghirlanda dorata in testa e le sorrise a trentadue
denti, si convinse che il Natale poteva davvero fare miracoli.
Fu Jace a
posare l’angelo sulla cima – non un angelo classico, bensì una
riproduzione esatta di Raziel in persona – e a toccare terra per
ultimo.
Magnus
fece apparire dal nulla un bottone rosso. — A te l’onore — disse,
porgendoglielo.
Jace lo
schiacciò con il palmo aperto, esultando. L’albero prese vita,
risplendendo di oro, argento, bianco, blu, rosso e viola. Le palline
lucide brillavano, quelle opache catturavano la luce creando magnifici
giochi e motivi che si rispecchiavano nei vetri dell’Istituto.
Tutti non
poterono fare altro che sussurrare — Wow — in coro. Il “Wow” dello
Stregone fu però più flebile. Alec fece giusto in tempo ad afferrarlo
per le braccia prima che si accasciasse come un sacco di patate. —
Okay, Magnus, torniamo a casa.
— È il caso
che anche noi rientriamo. — Jace prese la mano di Clary. — Per Lori è
quasi l’ora della pappa. Simon, Isabelle, voi restate qui?
— Sì —
confermò lei. — Arriviamo tra un po’.
Clary seguì
Jace dentro l’Istituto fino alla propria camera, che ora era diventata
la camera di entrambi. Jocelyn aveva finalmente acconsentito che
dormissero insieme, ma solo “per il bene di Lorianne”.
Non appena
entrarono nella stanza Jace le tolse il cappotto e lo appese
all’attaccapanni come un perfetto gentleman. Si sfilò la giacca e
appese anche quella, poi passò alle scarpe – anfibi, come sempre in
inverno. Infine si lasciò cadere sul letto e sbadigliò. — Fare l’albero
è stancante. — Il suo tono era sommesso, quasi assonnato, ma stava
ridendo con gli occhi.
Clary
sprofondò accanto a lui. Istintivamente si girò su un fianco e gli
prese il viso tra le mani per baciarlo. — Ti rendi conto che questo è
l’ultimo Natale che passiamo da fidanzati? L’anno prossimo saremo
sposati da, mmm... undici mesi?
— Già —
ammise Jace. — E sai questo cosa significa?
Clary lo
capì subito. Scese dal letto per chiudere la porta a chiave. — Che
dobbiamo commemorarlo.
|