EPILOGO
Non c'è movimento alcuno e, per una
volta, la cosa gli sembra perfetta. Effettivamente, è lui il primo a non volersi
muovere, a essere così restio a cambiare posizione. Cerca di ignorare il mal di
collo e schiena, spaventato dal fatto che un suo movimento possa far cambiare in
modo tragico quello che sta ammirando da un'ora a quella parte.
Immagine perfetta e incantata, che
riempe il suo cuore di gioia. Tutto ciò di cui ha bisogno è lì davanti a lui. Il
resto non ha più significato.
Casa, finalmente.
Ma poi, un movimento c'è, e non è
nemmeno male come avrebbe potuto immaginarsi. Anzi, è infinitamente meglio.
Movimento di palpebre, distensione di
labbra. Occhi castani dentro ai suoi.
Riconoscimento immediato. Sollievo.
Sorriso. Come si era aspettato, del resto.
"Sei
tornato..."
"Già", la voce più
stabile e sicura, ora. E pensare che credeva di averla persa.
"Ho avuto paura",
l'ammissione è difficile per lei. Non è mai stata una donna che parla
apertamente dei suoi sentimenti.
"Lo so. Ne ho avuta anch'io". Si ferma, pensieroso.
Ammetere di aver avuto paura è troppo, non può nemmeno provare ad addentrarsi
nel profondo della questione. Di che cosa ha avuto veramente paura? Di
Vukovar? Del passato? Di quelle tombe? Di se stesso? Forse di un po' tutte quelle
cose messe assieme, ma ormai è tutto finito. Vukovar, la bella e incantata
e maliarda gli sembra solo un puntino distante, una storia macabra ma dolce a
suo modo, raccontata ai bambini per farli dormire. Vukovar. Il nome, come una
folata di vento, si svolge nella sua mente. Vukovar.
"Non vieni a letto?"
"Direi che qualcuno sta occupando
il mio posto...", il tono tinto di un vago sorriso. E, in sottofondo,
amore e tenerezza. Il suo posto occupato dall'unica persona che può tollerare
di vedere lì, dall'unica persona che ha un senso ad essere lì. Joe. Il suo
adorato bambino. Il suo futuro.
"Ha sentito la tua mancanza... non voleva
più dormire nel suo lettino", il tono di Abby è cauto, è un tono che sottintende
altre cose. Luka lo sa, non è mancato solo a Joe, è mancato anche a lei. E
anche lei non voleva più dormire da sola. Cosa sarebbe successo
se...?
Restano in silenzio per un attimo. Tra
loro, non sono mai scorsi fiumi di parole. Basta uno sguardo, un
gesto.
"Hai fame?"
"No... penso di aver più che altro
bisogno del mio letto", e di chi c'è dentro, sicuro.
"Possiamo stringerci un po'", lieve
sorriso. Lei non sta aspettando altro che averlo lì al suo fianco, di
poterlo abbracciare ancora, di perdersi nell'odore della sua pelle.
Delicatamente, con un gesto che solo le madri riescono a fare, sposta Joe
contro il suo fianco. La testina del bimbo ruota appena, dalle labbra socchiuse
esce un piccolo sbuffo. Disapprovazione. I bambini detestano essere disturbati
nel sonno. Luka ed Abby lo fissano un attimo, pronti a calmare un'eventuale crisi
di pianto. In sottofondo, l'orologio ticchetta indisturbato. Niente. Joe si
appallotola un po' di più, continuando a dormire.
Luka si alza dalla poltroncina su cui
stava ed inizia a spogliarsi. Prima la giacca e poi si china per le scarpe. Abby
lo osserva attenta, imprimendo nella sua mente i movimenti decisi dei muscoli
del suo uomo, quando...
"Ma cosa...?", la voce è allarmata. Si
sta dando mentalmente della stupida: come ha fatto a non accorgersi
prima?
"Non è niente...", le sta passando
accanto per aprire l'armadio e lei gli afferra il polso destro. Lascia scorrere
le dita sul gesso ruvido. Lui chiude gli occhi. "Fa male?"
"Ora non più", ed è sincero. Le dita
leggere di Abby sono come un balsamo sulla sua ferita. La mano smette di
pulsare; è in pace adesso. Come lui, come lui.
Lei gli sorride, in un certo senso
rassicurata. Lui è di nuovo lì - vivo - per le spiegazioni ci sarà tempo un altro
giorno. Perché lei saprà aspettare il momento in cui lui si sentirà pronto. Così
come, lo sa, prima o poi le spiegherà il motivo di una partenza così improvvisa
e drammatica. Ma adesso non vuole pensarci. Luka è tornato.
"Dai, che ti aiuto io"
Lui si siede sul letto accanto a lei e
la lascia fare. Le sue mani lavorano delicate i bottoni della sua camicia (lui
per un attimo pensa alla fatica che ha fatto per abbottonarla con una mano sola)
e poi spingono giù l'indumento. Lei gli accarezza le spalle e poi le braccia e
il collo e il petto, percorrendo leggera la cicatrice che ha sopra l'ombelico.
Luka si china in avanti e appoggia la testa nell'incavo del suo collo. La sua
pelle, quanto gli è mancata. Riamangono fermi così, le mani di Abby che
alternativamente gli carezzano i capelli e la schiena, soffermandosi dolcemente
su ogni vertebra, come a voler rivendicare come suo quel corpo.
"Sei dimagrito"
"Lo so", la sua voce contro il suo collo
le fa venire la pelle d'oca.
"Ci penso io a farti tornare in
forma"
Lo sente sorridere contro la sua pelle.
Lei gli afferra il volto tra le mani e lo costringe a guardarla negli occhi.
Fronte contro fronte, naso contro naso, sguardi persi l'uno in quello
dell'altro. "Stai forse deridendo la mia cucina?"
"Beh, lo farei se ci fosse qualcosa da
deridere..."
Silenzio. Continuano a fissarsi, così, a pochi centimetri. Luka
ha gli occhi lucidi. Abby gli bacia la fronte, una, due volte e poi
passa alle labbra. Prima è un bacio leggero, come a volersi ricordare cosa
vuol dire baciarlo, come se quello fosse il loro primo bacio. Luka la
lascia condurre il gioco e si gode quei tocchi leggeri
e pieni d'affetto, ma poi, quando lei approfondisce il bacio, immediatamente
risponde. Si baciano per un tempo lunghissimo. Ed è bellissimo riscoprirsi di nuovo, con calma,
come se nient'altro al mondo esistesse.
È Luka il primo a staccarsi.
"Grazie"
Lei lo bacia ancora, sullo zigomo
stavolta. "Stanco?"
"Distrutto"
"Allora, dormiamo. Anche perché tra un
po', comunque, Joe si sveglierà"
"Non vedo l'ora..."
Luka si è spostato, sdraiandosi in parte
al bambino. Gli bacia la testina calda. Il piccolo fa una smorfia dolce. Luka
sorride. Suo figlio. "Ti adoro, piccolino"
Si sdraia e con la
mano sinistra abbraccia la sua famiglia. È finita, è finita davvero. Adesso ha solo una
cosa da fare: vivere il presente. Chiude gli occhi, e un'immagine gli appare
davanti: Danijela, Jasna e Marko gli stanno sorridendo da lontano,
liberi. Poi, finalmente, dopo molto tempo, crolla in un sonno profondo,
riposante, senza sogni. È finita, è finita davvero.
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