Scale

di psichepazza
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Conoscevo quella canzone, cioè non proprio… ne ritrovavo la melodia nella mia mente ma il ricordo non riaffiorava, per quanto cercassi di scovarlo.
 Avanzai con cautela nella classe, fino a che raggiunsi l’angolo dove poco prima quella bambina, Ethel, stava piangendo.
Era strano, sentivo la paura, l’ansia e la tristezza che possiede l’attimo in cui capisci di essere stato abbandonato dalle persone che ami di più.
Una lacrima mi rigò il volto, e la voce carezzevole che prima intonava le parole della canzone mi richiamò alle mie spalle
<< perché piangi? >>
Alla domanda schietta di quella bimba non riuscii a rispondere
<< coraggio, piangere non serve a nulla. >>
Si avvicinò saltellando verso di me, e con il più dolce dei sorrisi asciugò le calde lacrime che rigavano il mio viso.
<< perché stai piangendo? Io lo so che non serve a nulla >>
A quelle parole il suo dolce sorriso mutò in una smorfia di tristezza.
<< perché stai dicendo queste cose a me? >>
Le chiesi
<< non capisco, cosa vuoi dire? >>
<< i sogni, le visioni.. chiamale come vuoi,perché? >>
<< perché sei l’unico che mi ascolta, ho provato a parlare con gente viva molte volte, ma scappavano via subito… >>
<< mio dio, sto impazzendo. Parlo con un’allucinazione…>>
<< io non sono un’allucinazione, io sono reale, e lo resterò per sempre… con te. >>
Poi sparì e con lei anche la musica.
La paura circolava come sangue nel mio corpo e con il terrore di rivedere quel viso scappai da quella classe, dalla scuola e tornai a casa.
Questa mattina ero con il mio gruppo di amici sulla strada della scuola, e proprio allora Ethel iniziò a parlare dentro la mia testa.
La ignorai, o almeno cercai i ignorarla fino ad una rampe di scale della scuola
<< alla fine non ti ho detto come sono morta, la fame e la stanchezza mi fecero quasi impazzire, e fu proprio su queste scale… che caddi.
Proprio dove sei tu ora ritrovarono le vecchie ossa di un infante.>>
Ero rimasto gelato, i miei compagni si erano accorti che qualcosa in me non andava e stavano cercando di riportarmi mentalmente da loro.
<< allora, adesso che sai tutta la mia storia, non potrai averne più una tu. >>
 Addio e grazie
Poi sparì, come era comparsa.
 
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Diario del paziente 613
6/3/2001
Manicomio “La rosa Bianca”
 
Il paziente ha sognato ripetutamente lo stesso incubo.
Prescrivo una dose aggiuntiva di calmante e di sonnifero prima del sonno.




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