contest
Si
accontenterà.
A casa.
Avrebbe potuto esserlo.
Amata.
«Pronto? [...] Sì, Sakura, sono io, Hinata. Mi
chiedevo se stasera ti andasse di venire da noi per festeggiare il
Natale tutti insieme. [...] Ho pensato che a Boruto piace tanto giocare
con Sarada-chan e... c-come? [...] Perché? [...] Sei sicura?
[...] Oh, capisco... Sarà per un’altra volta,
allora. [...] Ci sentiamo. A presto, Sakura».
La chiamata si chiude, Hinata mette giù il telefono e guarda
Naruto mortificata.
«Ha detto che preferisce restare a casa».
Naruto socchiude stancamente gli occhi. Ha sperato che Sakura
accettasse, l’ha sperato con tutto il cuore, nonostante ben
sappia quanto lei odi essere un peso per gli altri, ma mentre stringe i
pugni sulle ginocchia con rabbia, non può fare a meno di
pensare che Sasuke, quel bastardo
di Sasuke, ha lasciato Konoha ormai da un po’ di tempo [di
nuovo] e non è giusto che Sakura passi anche il Natale da
sola.
Quando riapre gli occhi, Naruto ha già preso la sua
decisione.
C’è solo una cosa che può fare per
Sakura, solo una.
«Kage bunshin
no jutsu».
***
«Naruto...», sussurra Sakura sorpresa, quando
quella sera va ad aprire la porta di casa e si trova di fronte
l’Hokage in persona, un sorriso raggiante stampato sul volto.
«Che ci fai qui?».
«È Natale, no?», le dice lui, come se
fosse la cosa più ovvia del mondo.
A Sakura non pare una motivazione valida, per quanto l’idea
che Naruto sia venuto a farle visita le scaldi il cuore come non
succede da tempo.
«E Hinata? E Boruto?», gli chiede incredula.
«Non preoccuparti, Sakura-chan, va tutto bene».
Sakura sente l’impulso di picchiarlo perché no, non va bene
niente se Naruto ha abbandonato la sua famiglia il giorno di Natale per
andare a fare compagnia a lei in assenza di Sasuke, poi improvvisamente
tutto si fa chiaro: quello non è Naruto, è solo
una copia.
Sakura si lascia sfuggire un sorriso amaro. Stupida, illusa.
Come ha solo potuto pensare che Naruto faccia una cosa del genere per
lei, solo per lei?
Eppure, in qualche modo, Naruto è lì di fronte a
lei.
E si accontenterà, Sakura.
Si accontenterà.
«Allora, hai intenzione di lasciarmi qui fuori al
freddo?».
Sakura lo guarda divertita. «Ci stavo giusto facendo un
pensierino». Ma poi lo lascia entrare.
Naruto varca la soglia di casa, seguendo la donna in sala da pranzo.
Il fuoco acceso scintilla nel caminetto, un modesto albero di Natale
svetta vicino al divano e la tavola è apparecchiata per due
persone. Sarada, le guance rosse come mele mature e il caschetto
corvino ad incorniciarle il viso paffuto, è seduta sul
seggiolino di fronte al tavolo e sbatte le braccia per attirare
l’attenzione. «Ma-ma», balbetta giocosa.
Sakura la raggiunge, seguita da Naruto, e si piega verso di lei,
sorridendole.
«Guarda chi è venuto a trovarci, Sarada.
È l’Hokage, ti ricordi di lui, no? Si chiama
Naruto. Come dici? Na-ru-to».
La bambina solleva gli occhi e osserva l’uomo con aria
curiosa. «U...to», mormora incerta.
«Ciao, principessa», risponde Naruto, posandole una
mano sulla testa e scompigliandole i capelli neri come quelli del
padre.
È bellissima, Sarada, bella quanto Sakura, ma questo Naruto
se lo tiene per sé.
«Stavamo per metterci a tavola», gli dice la donna
alludendo alla tavola apparecchiata.
«C’è un posto anche per me?»,
le chiede Naruto con un sorriso.
Potrebbe suonare come una battuta, dato che al momento Sakura vive da
sola con Sarada, ma la donna sa per certo che non vi è
traccia di ironia nelle parole di Naruto. Le sta solo chiedendo di
rimanere a cena, di poter passare il Natale con loro, e per quanto si
tratti semplicemente di una copia, Sakura non può fare a
meno di sentirsi bene.
«Certo, siediti pure. Torno subito».
Sakura scompare in cucina, armeggiando con piatti e posate, ma nel
momento in cui sta per tornare nella sala da pranzo, la visione di
Naruto che gioca con Sarada la blocca sul posto. Quella visione le
riempie il cuore, le fa poggiare la testa al muro e sospirare
intenerita.
Naruto mostra a Sarada tutto il suo repertorio di facce buffe e
stupide, facendola ridere e fremere sul seggiolino. Sakura pensa che
sua figlia non sia mai stata così felice nel suo breve anno
di vita e che, visti l’uno di fronte all’altro,
mentre si lanciano sguardi dolci e divertiti allo stesso tempo, Naruto
e Sarada potrebbero essere scambiati benissimo per padre e figlia, se
non fosse per i colori completamente diversi: giallo e azzurro da una
parte, nero pece dall’altra.
Sakura li trova belli, quasi più belli di Sasuke e Sarada
nei pochi ricordi che ha di loro insieme, e non può fare a
meno di amarli: di amare Sarada più di quanto già
non lo faccia, di amare Naruto almeno un po’ di quanto si
meriti.
Con il cuore che palpita forte nel petto, avanza verso di loro, posando
i piatti sul tavolo.
Sarada e Naruto si voltano a guardarla e Sakura, semplicemente, sente
che il proprio amore è ricambiato da entrambi.
«Itadakimasu!», esclama Naruto.
«Itadakimasu...», risponde Sakura, sedendosi al suo
fianco.
E, dopo tanto tempo, si sente di nuovo a casa.
A casa.
***
Poggiata al grembo di Sakura, Sarada sbadiglia, strofinandosi gli
occhietti assonnati con le mani. Ogni tanto è sul punto di
addormentarsi, ma poi riapre di scatto gli occhi, attratta dalla voce
squillante di Naruto seduto al fianco della donna.
«È ora di fare la nanna!», esclama
Sakura, dopo un’ora passata a chiacchierare sul divano come
se fossero una vera famiglia. A Naruto, la donna pare ben
più felice di quando gli ha aperto la porta quella sera, e non può a fare meno di sentirsi orgoglioso di
essere l’artefice del suo bel sorriso.
Sakura si alza dal divano con Sarada stretta al petto. «Vado
a metterla a letto, torno tra qualche minuto».
«Vengo con te», dice Naruto senza nemmeno pensarci.
La segue fino in camera da letto e osserva Sakura mettere il pigiama a
Sarada, per poi infilarla nel letto, ma questa sera la bambina non ne
vuole sapere di dormire: scalpita, piange, singhiozza, fa la lotta con
le coperte.
Allora Sakura si siede sul letto, al suo fianco, accarezzandole il viso
e sussurrandole parole dolci per calmarla, ma la bambina continua a
piangere. «Sarada, non fare i capricci...», la
rimprovera Sakura, tentando di farla stare ferma, inutilmente.
Poi solleva lo sguardo, notando che il materasso si è
piegato sotto il peso di Naruto, sedutosi dall’altro lato del
letto. L’uomo allunga una mano e accarezza il viso di Sarada
rigato di lacrime. «Piccola, non devi piangere, altrimenti
domani mattina non troverai nessun regalo sotto
l’albero!».
Sarada singhiozza ancora un po’, tira su col nasino, poi pian
piano smette di piangere, come se avesse capito le parole di Naruto, o
forse è solo merito del suo sorriso rassicurante. Sakura
sorride a sua volta − Naruto è un bravo
papà, Boruto e Hinata sono fortunati ad averlo − e
si accascia stancamente sul letto, posando la testa sul cuscino vicino
a quella di Sarada. Naruto fa lo stesso dall’altro lato e i
tre rimangono così, stesi l’uno al fianco
dell’altro: Sakura e Sarada guardano Naruto, Naruto alterna
occhiate all’una e all’altra.
Naruto e Sakura lo sanno, sanno che è tutto sbagliato, che
non dovrebbero trovarsi lì insieme, che non dovrebbero
provare quello che stanno provando, ma sembra non importare a nessuno
dei due.
All’improvviso Sarada solleva il braccio e posa la manina
paffuta sulla guancia di Naruto, accarezzando con le piccole dita i tre graffi che marchiano la pelle abbronzata. Una sillaba incerta,
imitazione della parola che Sakura ha pronunciato tante volte
mostrandole una foto di Sasuke, fuoriesce dalle labbra della bambina.
«Pa...», sussurra, scrutando gli occhi azzurri di
Naruto che si sgranano meravigliati, poi volta repentinamente
la testa verso Sakura e cerca conferma con gli occhi.
«Pa-pa».
Sakura solleva lo sguardo verso Naruto che a sua volta la sta fissando
intensamente e sente le lacrime inondarle pian piano gli occhi,
offuscandole la vista. «No, Sarada», risponde,
senza staccare lo sguardo da Naruto, e si morde le labbra per non
scoppiare a piangere. «Non è
papà».
Ma avrebbe potuto esserlo.
Avrebbe potuto esserlo.
***
È notte inoltrata quando Sakura accompagna Naruto alla
porta.
«Dì a Naruto che lo ringrazio e che gli auguro un
buon Natale».
L’uomo la guarda come se non avesse capito, poi distende il
volto e le sorride.
«Buon Natale anche a te, Sakura-chan».
Il cuore di Sakura sussulta nel petto.
Perché in fondo lo ha sentito per
tutta la sera, anche se ha tentato di convincersi del contrario.
Non ha passato il Natale con una copia di Naruto, ha passato il Natale
con il vero
Naruto.
E si sente amata.
Amata.
Note dell'autrice:
Con un giorno di anticipo, buon
Natale a tutti, Pink
Panthers e non! anche se credo che
una SasuSaku non passerebbe mai di qui
Non scrivo in questo fandom da un po' perchè ho
perso l'interesse, ma un OTP come la NaruSaku è PER SEMPRE e
non escludo di scrivere nuovamente su di loro in futuro.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che si sia capito che Naruto ha
usato la copia per la famiglia, mentre il vero Naruto era con Sakura.
Ringrazio tutti
coloro che mi seguono in questo fandom e che ancora credono nella
NaruSaku.
Soly Dea
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