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Hey, I can't live in here for
another day
Darkness has kept the light
concealed
Grim as ever
Hold on to faith
Meanwhile the mice endure the
wheel
Real as ever
And seems I've been Burried Alive
Burried
Alive- Avenged Sevenfold
Il
buoi era assoluto, eppure Julian poteva vedere tutto.
Vedeva
il rudere in rovina, gli occhi degli uomini ombra brillare di ferocia
nella più completa oscurità.
Ecco
cos'erano,
vecchi che avevano passato secoli a sfregarsi le mani in attesa di una
qualche sciagura, bramando il sangue, aspettando le anime dei mortali
che si dannavano giocando con loro perversi giochi. E i giochi non
erano altro che torture psicologiche, prima che fisiche.
Un
po' come bambini che giocano con il cibo.
Ed
erano li, divertiti, ansiosi di vederlo cadere, perchè anche
giocare con un proprio simile poteva essere divertente.
-Dunque,
sei venuto.- Non era una domanda, ma un'affermazione.
-Mi
avete chiamato, e io sono venuto.- rispose educatamente.
-Non
hai finito di giocare con quella ragazzina?
-Ti
stai rendendo ridicolo.-
Gli
uomini ombra gli abbaiavano contro come un branco di cani, facendo
accavallare le voci una sopra l'altra.
-Decido io quando finisco di giocare con una mia preda.- Rispose
stizzito. -Non esistono regole in merito.-
-Sei ancora giovane, inesperto...ma, stando alle regole,
quella ragazzina è ancora nostra.- uno dei più
vecchi,
vicino a lui, pronunciò quella parola come se fosse fatta di
zucchero candido imbevuto di veleno.
Julian
fece
saettare il più letale dei suoi sguardi verso una
figura
piccola, nascosta. Un uomo ombra con la voce stucchevole come miele,
ingobbito, come se fosse arricciato su se stesso, le mani e le gambe
lunghe e sottili gli conferivano l'aspetto di un vecchio ragno piegato
su se stesso. Aveva la lingua che gli penzolava da un lato, lo sguardo
oscenamente lussurioso.
-Lei
ci ha
derubati delle nostre anime, anime giovani e ancora forti, ed
è
naturale che lei debba pagare con la propria anima.-
-Non finchè rimarrà nella mia dimora.-
Sentenziò
Julian -E smettetela di disturbare la mia preda con i vostri scherzi
infantili. Potrei iniziare a fare lo stesso con voi.-
-Osi minacciarci?- Tuonarono all'unisolo più di mille voci.
-Dico solo che dovreste seguire le regole e non entrare in casa mia.-
Rispose ghignando.
-Ragazzino, sei poco più di un bambino che si aggrappa
all'idea
che quelli come noi seguano sempre tutte le regole.- Rise un'ombra alle
sue spalle. -Ti credi sicuro tra le mura della tua casetta? Sei
più patetico di un porcellino che si rifuggia in una capanna
di
fango e paglia.-
Julian lo guardò, furioso.
Sapeva bene che stava giocando con il fuoco, ma l'idea lo esaltava.
Avrebbe vinto quella guarra, quel gioco.
-Sappiamo bene cosa stai cercando, ma non lo troverai così
facilmente.-
Ridevano e ridevano, beffandosi di lui. E lui rise con loro, curvando
la schiena, liberandosi in un latrato, piegandosi al frastuono che
facevano le sue stesse risate che rimbombavano nella gabbia toracica
all'idea di vedere quei vecchi strisciare ai suoi piedi, gli sguardi
sformati dal terrore.
-Sarò un porcellino pronto al macello, ma se toccherete
ancora qualcosa di mio, io farò lo stesso con noi.-
-E' solo questione di tempo.- Rise l'uomo alle sue spalle. -Lei
sarà nostra, e la divoreremo.-
La sala era avvolta dalle tenebre e l'unica fonte di luce proveniva dal
camino. Il fuoco che crepitava nel camino non era blu come quello della
sua stanza, ma di un verde acido. Conferiva al
fuoco un'aria fredda.
Julian
sedeva
mollemente su di una poltrona al centro della sala. Il volto illuminato
dal fuoco, aveva un'aria eterea, aliena. Gli occhi sembravano due
pentoloni pieni di veleno mortale. Appoggiava il viso contro il pugno,
e sembrava molto pensieroso. Non muoveva un solo muscolo, ma il suo
sguardo cruciato cambiava ad ogni minimo movimento della fiamma.
Si
mosse
lentamente verso di lui. Per quanto l'avesse sempre difesa e protetta,
ormai aveva imparato che doveva stare attenta a non prendere Julian per
il verso sbagliato, o altrimenti avrebbe potuto reagire in modo
inaspettato.
-Perchè
sei qui, Jenny?-
Certo,
prenderlo alla sprovvista non era cosa da poco.
-Stamattina
mi
sono svegliata e tu non c'eri.- Rispose titubbante, ancora sull'uscio
della porta. Si avvicinò lentamente, misurando le parole.
-Non
ti ho visto per tutto il giorno e mi sono un po' preoccupata.-
Julian
le
sembrò pensieroso quando potè finalmente vederlo
bene in
volto. Aveva l'aria di chi non riesce a risolvere un difficile problema
di logica. Lo sguardo perso nel fuoco, gli occhi segnati dalle occhiaie
di chi non dorme da anni.
-Ti
avevo detto
di stare nella tua stanza- La sgridò con tono neutro, quasi
annoiato. -Perchè non fai mai quello che ti dico?-
-Sono
stata
nella mia stanza tutto il giorno! Ero così annoiata che ho
anche
cercato di mettere lo smalto alle unghie del lupo.-
Julian
sbuffò, cercando di non sembrare troppo divertito. -Dovresti
stare attenta, gli ho detto di proteggerti, ma non sono sicuro che
sopporti le tue angherie senza morderti una mano.-
-In
effetti ho
smesso quando mi ha ringhiato contro.- Jenny ridacchiò e
Julian
non riuscì a trattenere un sorriso, anche se
sparì dopo
poco.
-C'è
qualcosa che non va?-
-Nulla
d'importante.- Rispose serio.
Anche
se non
poteva mentire, ciò non significava che fosse sempre
sincero.
Certo sembrava molto preoccupato, e faticava a credere che fosse
"niente d'importante"
-Sono
solo molto stanco.- Spiegò. Come se avesse capito al volo
quello che aveva appena pensato.
Si
chiese come
facesse a capire sempre quel che pensava, che provava. Julian, in quel
momento era completamente diverso dalla prima volta in cui lo aveva
incontrato. Era sempre avvolto da quell'aura di mistero, ma sembrava
totalmente abbandonato ai suoi soli pensieri, tormentato da mille
problemi.
-Posso
fare qualcosa?-
Non
sapeva dire
se fosse il suo istinto di "mamma protettrice" che la
spingeva a
volersi prendere cura di lui o se fosse quella strana sensazione che
avvertiva ogni volta che si scontrava con i suoi occhi. Ma ogni volta
che era accanto a lui , poteva avvertire la solitudive che stringeva il
cuore dell'uomo ombra. E allora lo sentiva subito più
distante,
più sottile, come se le potesse sfuggire tra le dita come
neve
sottile. Quanti incubi aveva avuto così? Lui che spariva,
inghiottito dall'oscurità, e lei che restava sola, sola con
la
sua mancanza.
Sentiva
che non avrebbe potuto sopportarlo.
-Hai
avuto un incubo stanotte?-
La
voce cupa e seria dell'uomo ombra la risvegliò. -Come fai a
dirlo?-
-Ti
agitavi nel sonno stanotte.-
In
realtà
non era il primo. Da quando era arrivata in quella casa, ogni notte
aveva sempre incubi tremendi. Avvolte aveva addirittura delle
allucinazioni. Duravano poco, certo, e il più
delle volte
quando si svegliava dimenticava cosa aveva appena sognato. Ma la
sensazione di terrore, d'angosia, rimaneva sempre.
Viveva
sempre in
uno stadio di terrore senza pari che la rendevano vuota, debole.
Stranamente, svaniva solo nel momento in cui Julian le era vicina.
-Ogni
tanto capita.-
Julian
la
guardò. Per la prima volta vide davvero quanto lei fosse
stanca.
Sembrava consumata da tutta quella oscurità. Era come se un
fulmine lo avesse appena folgorato. Si arrabbiò con
se
stesso, dandosi dello stupido. Si era sempre concentrato su se stesso,
preoccupandosi solo di come Jenny lo avesse cambiato.
A
cosa stava pensando?
Era
stato uno
stupido a credere che Jenny sarebbe potuta vivere li in eterno. Quello
era il mondo delle ombre e non un luogo di villeggiatura dove una
semplice umana potesse passare del tempo.
Jenny
non apparteneva a quel luogo ed ora l'oscurità del suo mondo
la stava divorando.
La
sua più grande vittoria, si era presto trasformata nella
più crudele delle sconfitte.
-Ora
dovresti
tornare nella tua stanza, per favore.- Lo aveva detto con finta
gentilezza, e lei se ne accorse. Avvertì subito la rabbia
nei
suoi occhi. Capì che contraddirlo, in quel momento poteva
essere
molto pericoloso.
Si
alzò,
e camminò in fretta verso la porta, voltandosi solo per
guardarlo ancora un momento: Julian era in piedi, le mani stese in
avanti strette contro il bordo del camino. Illuminato dalla luce verde
come in uno di quei film di fantascienza che da piccola le facevano
paura.
Jenny
non osò parlare, si girò e lo lasciò
solo.
Quando
lui vide
che non c'era più sfogò tutta la sua rabbia:
Prese una
delle sedie della sala e la scaraventò con forza contro il
camino. Una dopo l'altra, le lanciò sul fuoco.
Iniziò a
distruggere tutto quello che era a portata di mano.
Gridava,
gemeva. Una furia distruttiva si accaniva sulla stanza, prima
così elegante.
Spezzò
il
tavolo in marmo come se fosse stato uno stuzzicadente sottile,staccando
tutti i quadri dalle pareti, buttando giù la grossa libreria
che
prima era contro il muro. Con il candelabbro acceso bruciò
le
tende, e sfondò la grande vetrata con la potrona,
così
che la luna potesse vedere tutta la sua rabbia. Buttò a
terra i
bei piatti in porcellana, i bicchieri in cristallo di rocca. Con un
gesto della mano fece apparire una mazza e iniziò a buttare
giù uno dei muri, facendo sollevare così tanta
polvere
che tra quella e il fumo delle tende che bruciavano nella stanza
sembrava esserci uno spesso strato di nebbia. Si guardò nel
riflesso di quel che restava della vetrata: Era
avvolto dal fumo, dal fuoco verde, era sudato e continuava a ringhiare
furioso. Sulla sua giacca cadevano i piccoli e pregiati diamanti del
lampadario, ormai in frantumi. Ma ancora non riusciva a calmarsi.
Provò una rabbia senza fine, e l'unico modo per sfogarla era
continuare a distruggere e distruggere e distruggere finche non fossero
rimaste solo le ceneri di quel luogo.
e
continuò e continuò.
A
rompere,
spezzare, frantumare tutto quello che gli capitava a tiro.
Finchè le sue braccia non cadderò molli lungo il
copro
sfinito
Finche
non constatò quanto fosse facile per lui
distruggere tutto ciò che toccava.
Dopo
quella notte, Julian sparì.
Non
le aveva lasciato ne un biglietto, nessuna traccia che spiegasse il
perchè di una simile sparizione.
La
mattina dopo
Jenny era andata a vedere cosa fosse successo nella sala: per tutta la
notte aveva sentito un frastuono incredibile, ma quando
varcò la soglia la sala era perfettamente intatta. Perfino
il muro era tornato a posto. Niente sembrava essere cambiato.
Ma
di lui non c'era neanche l'ombra.
Jenny,
inizialmente, pensò semplicemente che fosse uscito, come
faceva
sempre. Ma passati due giorni Julian non era ancora tornato.
Anche
il lupo
sembrava particolarmente nervoso, aveva quasi sempre il pelo ritto, e
scattava sull'attenti ad ogni minimo rumore.
Ogni
notte gli
incubi non facevano che aumentare. Sognava un'oscurità
profonda,
mani nere e lunghe che affondavano nella carne, l'afferravano, la
torturavano, e ogni volta che si svegliava urlante vedeva ancora quelle
orribili immagini davanti ai suoi occhi.
Erano
più
di tre giorni che non chiudeva occhio, ma Julian ancora non era
tornato. E più passavano le ora senza di lui, più
si
sentiva spaventata.
Sognava
di
tutto: Dalle pareti che grondavano sangue a spiriti vendicativi che la
inseguivano per corridoi buii. Si sentiva così stanca e
stressata che fu quasi certa che stessero iniziando a caderle
i
capelli.
Era
come se l'assenza di Julian permettesse alle sue più
recondite paure di manifestarsi.
Quella
notte
Jenny era seduta nel suo letto, la camicia da notte leggera era
nascosta dalla vestaglia di blu notte. Accarezzava dolcemente la
schiena del lupo che dormiva placido accanto a lei.
Non
sapeva bene
a che ora si fosse addormentata, aveva sempre un'idea un po'confusa del
tempo. Sapeva solo che, ad un tratto, si era svegliata di soprassalto,
sudata e con il cuore che le batteva all'impazzata.
Forse
a
svegliarla era stato quello strano profumo, così dolce e
prepotente. Non sapeva dirlo. Ma la ammaliava, la invitava a seguirlo.
Si
sentiva come
un topo incantato dal suono di un piffero. Camminava per i corridoi
senza rendersi conto di quello che stesse facendo, mettendo un piede
davanti all'altro, senza riuscire a controllare il proprio corpo. In
cuor suo
sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che quel profumo era lo stesso che
aveva sentito nella vasca. Ma non riusciva a fermarsi.
Si
ritrovò davanti alla stanza del mare, quella che Julian
aveva
creato per lei. Ma quando aprì la porta scoprì
con orrore
che non era più la stanza illuminata dal sole che ricordava.
Era
notte fonda, buia e fredda. Non c'erano stelle in cielo, nè
la
luna. Era completamente avvolta nell'oscurità e l'unica cosa
che
si sentiva era l'infrangersi delle onde sul bagnoasciuga. Jenny
continuò a camminare verso l'acqua, cercando con tutta se
stessa
di fermarsi, senza riuscirci.
-Jenny,
Jenny.- La voce di Julian era inconfondibile.
-Julian,
sei davvero tu?.-
-Jenny,
mi sei
mancata così tanto...- Sembrava tormentato, stanco ma
sembrava
proprio lui. quando le venne vicino, il suo viso fu lievemente
illuminato dalla luce che proveniva dal corridoio. Le fece segno di
seguirlo e la condusse ancora più vicina all'acqua.
-Siediti
vicino a me.-
Jenny
ubbidì, guardandolo attentamente -Dove sei stato pertutto
questo tempo?-
-Mi
sono dovuto
occupare di alcuni affari importanti.- Rispose guardandola
intensamente. Ma lei non riusciva a liberarsi da quella sensazione
angosciante.
C'era
qualcosa in quella stanza che la inquietava.
-Oh,
Jenny.- sospirò improvvisamente.-Lasciami passare le mie
dita tra i tuoi capelli.-
Jenny
annuì piano e lui la fece sdraiare con un cenno del suo capo
e iniziò a sfiorarle le ciocche leggere.
-Non
hai mangiato in questi giorni?.- Domandò dolcemente.
-Ero
preoccupata, mi si è chiuso lo stomaco.-
-Tu
non sei come me.- Le sussurrò dolcemente all'orecchio. -Io
posso sopravvivere senza mangiare, ma tu no.-
-Lo
so.- Rispose lei.
-Sei
così bella, avvolta dall'oscurtà. Sembri una
regina delle tenebre.- Le disse ghignando divertito.
-Una
regina delle tenebre, io?-
-Mi
porgerebbe la mano sua maestà?-
Jenny
le porse
la mano, senza pensarci: Lui le diede un fazzoletto in stoffa. Era di
una fattura così pregiata che sembrava appartenere ad una
vera
regina. Aveva una piccola "A" ricamata in oro nell'angolo
sinistro, ed era così soffice che poteva essere fatto solo
di
seta purissima.
-Com'è
bello- mormorò portandoselo alla bocca, sotto il naso per
sentirne il profumo. Doveva essere stato imbevuto in un'olio
essenziale, perchè le ricordava quegli aromi che senti nei
bagni
turchi.
Inebriante.
Lo fece scivolare lungo il corpo, giù per il collo e la
spalla. Julian la guardava incantata.
Le
prese le
mano, la fece scivolare contro il suo viso, chinandosi,
iniziò a
baciarle il braccio,mentre continuava a sfiorarle i capelli. Jenny
sfiorò il suo viso, accarezzandolo come avrebbe voluto fare
tante altre volte. Lo scoprì da una parte morbido,
dall'altra
duro, rugoso. Dal lato detro della sua bocca, sentiva dei duroni
stendersi per tutta la guancia. Inorridì quando, a
metà
del viso sentì una cosa umida, dura.
Denti?
Si chiese confusa mentre lui continuava a bacirla.
Jenny
si
ritrasse inorridita, svegliandosi dall'incantesimo. Si avvolse le
braccia intorno al corpo, lanciando lontano da se il fazzoletto.
-Chi
sei tu?- Non si rese subito conto che stava urlando. Ma era troppo
spaventata e agitata per moderare il suo tono.
Il
mostro ghignò, il volto venne squarciato da un sorriso
inquietante, da orecchio ad orecchio.
-Birra
e pane io so far
Sissignor
e
chissà
chi
lo sa
il
mio nome qual sarà?-
Ridacchiò, saltellando su se stesso, non appena
finì di
canticchiare quella strana filastrocca. Sembrava ancora più
matto di Julian, la prima volta che le aveva detto cosa fosse veramente.
Era
come Julian,
pensò. Anche il suo nome, "Julian", non era il suo vero
nome.
Forse neanche lui aveva un vero e proprio nome.Come tutti gli uomini
ombra il loro nome era solo un'ammasso di rune scritte su una pietra,
impossibili da pronunciare.
Jenny
lo guardò, terrorizzata. Ma non c'era nessuno d'avanti a
sé. Chiunque egli fosse, era sparito.
Jenny
corse
verso la porta, ma si chiuse di scatto.Venne avvolta da un fumo nero,
così denso da farla tossire. Due mani ossute e lunghe
l'afferrarono per le spalle, come in uno dei suoi incubi. Jenny
urlò, ma si sentì trascinare versò
l'acqua
così velocemente che quasi non se ne rese conto. L'acqua la
invase.
Ricordava una volta, quando era molto piccola, che cadde dal piccolo
materassino sul quale stava galleggiando. Forse era stata durante una
vacanza, e di certo non aveva più di dieci anni, ma era
rimasta
così sorpresa di quella caduta da non aver avuto neanche il
tempo di prendere fiato. Automaticamente, anche se sott'acqua, aveva
aperto la bocca, e l'acqua salata le era entrata fin su per il naso,
bruciandola. Era stata una cosa da poco, non aveva rischitato la vita o
cose del genere, perchè suo padre l'aveva afferrata al volo
e
lei aveva tossito via subito l'acqua. Però quel momento le
venne
subito in mente non appena sentì l'acqua salata del mare
invaderla completamente. Sentiva i polmoni bruciare e sapeva che se
fosse svenuta in quel momento, sarebbe morta affogata.
Ma
il dolore era
troppo forte, le bruciavano i polmoni e si sentiva così
debole
che pensò che, forse, lasciarsi andare fosse l'unica
soluzione.
Così
cadde nell'oblio, avvolta da acqua e tenebre.
Quando
riaprì gli occhi, si accorse di non essere in un letto come
aveva sperato. Era stesa in qualcosa di duro, legno pensò.
Era
chiusa in una scatola, stretta e opprimente. Avrebbe voluto urlare, ma
la voce le mancava. La gola bruciava come se avesse gridato per ore, e
tutti gli arti erano così doloranti che faticava addirittura
a
muovere le dita delle mani.
Sentiva
degli strani tonfi, come se da fuori la cassa spessero buttando della
terra.
Jenny
non
riuscì subito capire dove fosse. Non riusciva a
capacitarsi della situazione in cui si trovava. Ma capì in
fretta
che quella "scatola" dov'era rinchiusa, in realtà era una
bara
fatta di travi di legno malconcie ricoperte di muffa e che l'uomo ombra
la stava
seppellendo viva. Quando si rese conto della realtà,
andò
nel panico. Iniziò ad urlare, per quanto potesse,
finchè
non iniziò a sputare sangue per il dolore, iniziò
a
graffiare le pareti finchè le unghie non iniziarono a
staccarsi,
e poi continuò ancora. Tirava calci e pugni, piangeva e
urlava
ma l'uomo ombra fingeva di non sentirla, canticchiando e fischiettando
divertito.
Quello
si, che era uno spasso, pensò lui, accendendosi una
sigaretta.
Dopo
una breve pausa continuò a riempire la buca di terra,
finchè le grida non furono inudibili.
Accese
un'altra sigaretta, nell'attesa che accadesse qualcosa d'interessante.
Alle spalle
dell'uomo nero era apparsa una sagoma scura, silenziosa.
Era
nera come la
notte, con gli occhi blu luminosi come fari.
Era arrabbiata ma l'uomo nero lo ignorò, continuando a
fumare con i l suo sorriso inquietante.
-Salve.-
salutó
cordiale, sornione.
-Immaginavo
che ci
fossi tu dietro- Julian rimase immobile. -Dov'è
la ragazza?-
-Ti
stai mettendo
nei guai.- L'ombra era dietro di lui, ancora nascosta. -Francamente io
ti
capisco. Sei giovane. Hai bisogno di sfogarti. Ma loro sono ormai
troppo
vecchi, troppo antichi per capire le necessità di un giovane
come te.- Si era
avvicinato e per la prima volta il suo
volto era illuminato dalla luna. Era poco più vecchio di lui
e ancora poteva
riconoscersi nel suo aspetto. Era alto come lui, con i capelli color
del gelo,
leggermente irrigiditi dal freddo, e occhi blu come non se ne erano mai
visti.
Ma il suo volto era per metà gonfio, pieno di crepe, come se
fosse fatto di
roccia. La parte destra del suo viso era tirata, e la bocca era
costretta in un
perenne ghigno maligno.
Si spostò in un attimo davanti a lui, appoggiato con tutto
il suo corpo su una pala, guardandolo con sufficienza.
-Perché
esiti?-
domandó spostando il peso da un piede all'altro. -Ormai
è qui e puoi farle
tutto ciò che desideri. Perché non la torturi,
non la fai tua? Ci sono così
tante cose che potresti fare con un simile bocconcino.-
-Non
sono affari
tuoi cosa faccio con lei. Dimmi dove si trova.-
-Ma
ci importa. Ai
vecchi non va giù questa situazione, sanno bene che hai un
debole per la
ragazza.-
Era
scomparso in una
nuvola di fumo, per comparire dietro di lui. Con le labbra ad un
millimetro
dall'orecchio sussurro quello che più
volte si era già sentito dire.
-...E
poi, non
vorrai farmi davvero credere che te ne sei innamorato. Un'uomo ombra
non può
certo provare sentimenti simili all'amore. Siamo uomini ombra, noi
conosciamo
solo la distruzione.-
Julian
non rispose.
Guardando la luna, sapeva che quelle parole erano reali quanto lo era
lui.
Però,allora,
cos'era
quella sensazione che provava ogni volta che pensava a lei?
-Dov'è
la ragazza?-
-Divertiti
ancora
per un po' con lei, ma preparati a subirne le conseguenze.-
Il
suo sguardo si
era fatto ancora più cattivo, ma allo stesso tempo
divertito.
-Certo,
sempre che
tu riesca a scavare in fretta.-
Vorrei ringraziare chi ancora segue la storia, malgrado i miei
lentissimi aggiornamenti. Sono felice di aver stretto con molte di voi
un bel rapporto di amicizia, che esula dal semplice recensire una
storia. Sono particolarmente entusiasta perchè molti di voi
hanno apprezzato che la storia sia virata verso il genere horror (che
io amo) ma visto che questa storia era iniziata dovendo essere una
storia romantica(anche se io le storie romantiche non le sopporto)
penso di essermi bruciata avendo appena ucciso la protagonista. E mo'
che famo?;D
In ogni caso: BUON NATALE <3
Un grazie speciale va come al solito a Davide&Chiara che mi
sostengono e sopratutto mi sopportano nei miei scleri al bar la
domenica mattina <3 Vi olio bene
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