Titolo: It's
Christmas
Generi:
sentimentale, slice of life, missing moments.
Note: okay,
sono in ritardo per Natale ed era da un botto che non pubblicavo
qualcosa perché non conta il fatto di aver terminato la
raccolta di Tasha e Pep. Non c'è molto da dire, spero che
vi piaccia.
Desclaimer!
I personaggi non appartengono - soprattutto Tony, singh!
Si
risvegliò con un tremendo mal di testa che le impediva di
ragionare a dovere. La vista, prima offuscata, incominciava a ritornare
a posto e la razionalità riprese possesso delle sue
facoltà mentali. Solo dopo qualche minuto si accorse in
quale situazione si trovava.
Davvero,
fanno sul serio?! Oh, andiamo!,
si ritrovò a pensare la donna mentre sbatté un
paio di volte le palpebre. Prese un profondo respiro e cercò
di rialzarsi, combattendo la fitta alla testa. Sospirando si
appoggiò alla parete fredda di metallo dietro di lei e
cercò di muoversi e solo allora si accorse di avere mane e
piedi legati, oltre che essere imbavagliata.
Tutt’a
un tratto sobbalzò sbattendo il sedere a terra. Furgone.
Ecco dove si trovava e il perché di tutto quel buio.
Cercò di sentire qualcos'altro, per comprendere dove si
trovasse o cosa stesse succedendo. L'unica cosa che riusciva a sentire
era il suono attutito di una canzone natalizia, proveniente
probabilmente dal cubicolo del guidatore. Nessuno parlava ed eventuali
rumori erano coperti dal rumore del motore che aveva visto giorni
migliori di sicuro.
Doveva
stare calma,
comunque. Presto ne sarebbe uscita da quella situazione e avrebbe preteso
di passare una meritata vacanza in qualche isola tropicale e
festeggiare Natale con qualche Babbo Natale
in costume, abbronzato e addominali scolpiti.
Tony poteva anche divertirsi coi suoi amici a salvare il mondo ma lei si sarebbe
rilassata, fregandosene pure dell’azienda;
il suo premio per sopportare con grandi nervi d’acciaio le
situazioni catastrofiche
in cui andava a gettarlo.
Per
altro sembrava che hai cattivi piacesse essere ancora più cattivo
a Natale – sebbene dovrebbe essere l’incontrario – e
lei ogni Natale si ritrovava a passarlo
con loro. Avrebbe
dovuto pensare a un regalo, a questo punto.
D’un
tratto il furgone smise di sobbalzare e il motore di spense. Pepper deglutì
preparandosi a ciò che l’aspettava. Una luce
grigia inondò lo spazio intorno a lei, mostrandole il fetido
buco in cui l'avevano rinchiusa. Non poteva aspettarsi di meglio.
«Ah,
sei sveglia... Meglio così» sbottò una
voce maschile annoiata. Pepper strizzò
gli occhi per la luce, sbattendo le palpebre un paio di volte e infine
si voltò verso il suo carceriere. Era un uomo anonimo, con
un'orrida tuta da Babbo Natale – che peraltro gli stava
malissimo – e il pompon del cappello che sottolineava il
secondo mento sudaticcio. Allungò una mano, afferrandola per
il braccio e la costrinse a scendere. Pepper lo
assecondò e si mise in piedi sulle gambe malferme e si
accorse di essere senza scarpe, un sassolino che le graffiò
il palmo del piede.
La
donna si guardò attorno, spaesata e si vide circondata da
rottami di metallo arrugginiti. Si diressero verso quello che le
sembrava un deposito abbandonato e sul punto di afflosciarsi su se
stesso.
«Muoviti»
la strattonò l'altro senza molti riguardi. Pepper,
a passo malfermo, continuò a camminare pregando che Tony si
spicciasse a trovarla, altrimenti avrebbe trovato il modo di vendicarsi
anche da morta. E con quel pensiero il panico incominciò ad
affacciarsi, paralizzandola. L'altro la strattonò ancora una
volta e alla fine entrarono nel capannone. In fondo c'era un lampione
che illuminava una sedia, destinata a lei. Il tipo la fece sedere
malamente, prima di legarle mani e piedi ai braccioli e alle gambe
della sedia e poi le strappò il bavaglio. Senza dire nulla
se ne andò lasciandola lì, ad attendere
qualcos'altro o qualcun altro – rumori di passi che si
avvicinavano.
«Miss Potts è
un piacere vederla» interloquì un'altra voce
maschile. Pepper non
rispose. «Mi dispiace, però, di farlo in queste
circostanze.»
Pepper osservò
la figura ben vestita che le mostrava un ghigno compiaciuto e lei
strinse le labbra, per non sbuffare o roteare gli occhi. Era un altro
di quei pazzi che credevano di essere superiore e a cui nulla e nessuno
poteva opporsi. Incominciò a domandarsi se Tony non
attirasse solo pazzi psicopatici.
«Sentiamo,
che quale torto ti ha fatto T- Iron Man?»
domandò sarcasticamente. Il ghigno dell'uomo non
accennò a diminuire e si fece più vicino.
«Oh,
nulla. Comprendo che sia più probabile un suo rapimento ai
danni di Iron Man, ma
questa volta la colpa è sua, Miss Potts»
disse, fermandosi a qualche centimetro di distanza da lei, chinandosi
un poco. Pepper sollevò
un sopracciglio, confusa. Non lo conosceva e non aveva idea di che cosa
potesse avergli fatto.
«Oh,
di certo non ha fatto nessun torto a me, ma ho ricevuto il compito di
strapazzarla un po', nel caso non mi avesse fornito delle informazioni,
molto importanti per il mio cliente.»
Tony
era in ritardo. E Pepper lo
avrebbe ucciso. E la colpa, per una volta, non era la sua ma di
quell'odioso capitano dalla morale troppo lunga. Tutto
perché era arrivato in ritardo a una riunione degli Avengers,
intrappolando anche il caro dottor Bruce nel suo laboratorio per
qualche – folle, a detta di Rogers –
esperimento. Sbuffò un'altra volta facendosi largo fra i
corridoi delle Stark Industries. Pepper non era
fuori ad aspettarlo, come d'accordo, e sapeva di trovarla dietro la
scrivania del suo ufficio, perché a casa non c'era di certo
– aveva chiesto a Friday.
«S-signor Stark»
balbettò la segretaria, alzandosi di scatto nel vederlo. Era
arrossita, come
ogni altra donna davanti al suo fascino,
pensò divertito.
«Buonasera Ann, Pepper ti fa
fare gli straordinari?» le chiese, sorridendo ancora di
più. L'altra si bloccò, a bocca aperta, sbattendo
gli occhi.
«I-io..Mr Stak ha
bisogno di qualcosa?» gli chiese, sistemandosi gli occhiali,
caduti sulla punta del naso.
«Sono
venuto a ritirare la mia ragazza furente, di certo. Devo farmi
perdonare per il ritardo» rispose, dirigendosi verso
l'ufficio della donna.
«Miss Potts non
c'è» si affrettò a rispondere la
segretaria seguendolo a lunghi passi.
«Oh
è così arrabbiata da evitarmi?»
domandò spalancando la porta. Rimase sorpreso, tuttavia, nel
constatare che effettivamente Pepper non
c'era.
«Miss Potts è
scesa ad aspettarla, non l'ha vista?» chiese la donna,
incerta. Tony non le rispose, dirigendosi verso l'uscita. Mentre
aspettava di ritornare al piano terra estrasse il cellulare, chiamando
il ristorante in cui aveva prenotato e gli comunicarono che non si era
presentato nessuno. Tony grugnì, con la testa attraversata
da brutti pensieri.
Varcò
il portone con la gelida aria inverale che lo investì in
pieno. Davanti a lui cera la macchina parcheggiata con Happy ad
attenderlo.
«È da
solo» constatò l'autista, con un ghigno.
«Pepper è
rinsavita e ha deciso di trovarsi una persona normale?» gli
chiese, aprendogli la portiera. Tony gli lanciò
un'occhiataccia – aveva sempre sospettato che Happy avesse
una cotta per la sua ragazza – ma ignorò la
domanda, trafficando col suo cellulare.
«Raggiunge
la signorina Potts al
ristorante?» chiede
Happy, immettendosi nel traffico di New
York. Tony non rispose subito e Happy lo
guardò attraverso lo specchietto retrovisore, notando quanto
fosse impegnato col
cellulare. Non era da lui rimanere zitto per più di due
secondi di fila se non quando era malato
oppure malridotto in qualche scantinato e prigioniero.
«Pepper non
è in ufficio, a casa o al ristorante» rispose;
e non sarebbe mai “scappata”
per tenere il muso a Tony per il suo ormai ordinario
ritardo e lo sapevano entrambi.
Tony
stava guardando i video
della sorveglianza dell'ingresso fino a
trovare Pepper e
notò che un furgone con il disegno di Babbo
Natale si era fermato
davanti a lei. Ne era sceso un uomo vestito da quel vecchiaccio ciccione
e avvicinarsi a lei, probabilmente con la scusa di chiedere
informazioni o altro,
spingendo la donna ad avvicinarsi al retro del mezzo. Non era stato difficile tramortire
la donna una volta salita – Pepper ha
sempre avuto un gran cuore soprattutto sotto il periodo di Natale
– senza che
nessuno se ne accorgesse e poi sparire nel traffico della città.
«Happy
abbiamo un problema. Se
usciamo da questa situazione indenni è molto probabile
che Pepper mi
lasci oppure sarà lei a riuscire nell’impresa
in cui finora tutti hanno fallito: uccidermi» annunciò
con melodramma
e Happy avrebbe alzato gli occhi al cielo, sbuffando,
dee la situazione non fosse seria.
«Quindi
l’hanno rapita» dedusse
guardandolo tramite lo specchietto. «Un’altra
volta e un’altra volta sotto Natale».
Tony
si ammutolì trafficanti
ancora col cellulare e componendo un numero.
«Bruce
ho trovaro un
nuovo utilizzo per il programma di localizzazione utilizzato
per il Tesseract,
modificando alcuni parametri ovviamente».
Faceva
male. Molto male. E la testa le scoppiava. Sentiva un fischio fastidioso
ronzarle nell’orecchio sinistro e il sapore ferroso di sangue
sulla lingua - a
causa degli schiaffi ricevuti. Era
certa che ci fosse andato gentile con lei, fino a quel momento.
«La
mia pazienza ha un limite, signorina Potts» l’avvertì
John –
come si era presentato prima di divertirsi
con lei. «E
sappiamo entrambi che posso farle più male di
così se voglio».
«Perciò
perché non mi dice quello che
voglio sapere e lei potrà attendere
qui che Iron Man la
venga a salvare.
Perché non mi faccio illusioni e anche lei lo sa…
ormai Tony si sarà
accorto del suo rapimento e la starà cercando».
Pepper incominciata
a odiare
quella voce, trovandola molto fastidiosa. E lui continuava a parlare e parlare
all'infinito. Sarebbe morta per frustrazione nel non poter strangolato piuttosto
che per mano sua. E Tony
avrebbe fatto meglio a sbrigarsi.
«Quindi…
ora si ricorda i codici di accesso e password per i
file sul reattore?» le
chiese con gentilezza, chinandosi verso di lei. Pepper lo
guardò negli occhi con fermezza e negò ancora. Il bel
volto del suo aguzzino si deformò in una smorfia e
veloce la sua mano a palmo aperto si scontrò con la sua
guancia, costringendola a voltarsi.
Un dolore, forte quanto improvviso, la colse e i suoi occhi si
appannarono per le lacrime ma riuscì a trattenerle
– non voleva dargli la soddisfazione di
vederla piangere. L'uomo
si inginocchiò davanti a lei e
l’afferrò per i capelli costringendola a
sollevare il volto e guardarlo.
«Che
ne dice di passare a qualcos’altro? Una pinza le andrebbe
bene? Oppure un coltello?» domandò
retoricamente. Si rialzò e si diresse verso un tavolino che
non aveva notato. Afferrò
un oggetto in metallo che luccica sotto la luce della
lampada, un coltellaccio, e ritornò da lei.
«Come
se la cava con la sinistra? Oppure
potrei aiutarla con futuri mal di stomaco» e Pepper sgranò
gli occhi. Pepper incominciò
ad agitarsi sul posto, cercando un modo per perdere tempo. L'uomo le
strappò la manica del vestito e posò la lama sul
braccio destro e con una leggera pressione le graffiò la
pelle. In contrasto con la pelle diafana una riga di sangue
sgorgò in superficie fino a scendere lungo l'avambraccio. Pepper era
sollevata, in un certo senso, che avesse preferito di graffiarla.
«Allora...?» e lei
sollevò lo sguardo su di lui. Lo guardò con odio,
ma si ritenne sconfitta.
«07CB5KJ» fu la
sua risposta e John si ritenne soddisfatto. Ritornò al
tavolo dove questa volta prese un portatile e una sedia, ritornando da
lei. Le sue dita volarono sulla tastiera, con la luce dello schermo a
illuminargli il viso. Pepper l'osservò
meglio, pronta a fargliela pagare in qualunque modo, in seguito. Sempre
se Tony la trovasse prima che lui la facesse fuori.
«Continui
pure,
la prego» la
esortò. E lei snocciolò cifre e lettere senza
trattenersi, dandogli tutte le informazioni che voleva. Internamente
poteva sentire le lancette dell'orologio scorrere velocemente,
facendole sentire quel momento critico sempre più vicino.
Era arrivata all'ultimo codice, pronta a rivelargli anche la password,
quando sentì un fischio farsi sempre più forte,
interrotto poi da un'incredibile boato. Il tetto del capannone
crollò, sollevando un gran polverone. La donna non
sentì altro e non vide nemmeno l'uomo seduto davanti a lei a
qualche centimetro di distanza a causa della nuvola di polveri. Si
ritrovò a tossire, sbattendo gli occhi e sforzandosi d
capire che cosa stesse succedendo. Vide una mano agguantarle il collo,
impedendole di respirare, e poi il volto di John. L'uomo si
spostò dietro di lei, mantenendo ben stretta la presa e
l'unico rumore presente era il cuore di Pepper che
batteva all'impazzata contro il suo petto fin dentro alle orecchie. In
seguito distinse la figura di un furgoncino, caduto di muso, farsi
sempre più nitido. Distinse anche le urla di un uomo, sempre
più forti, fino a quando non vide qualcosa cadere davanti a
lei.
«A
quanto pare il suo fidanzato ci ha raggiunti prima del previsto» e
sentì mani e piedi liberi. La mano su sostituita dalla lama
fredda del coltellaccio e una leggera pressione le fece capire che
doveva alzarsi e seguire John. La presa si spostò sul suo
braccio dolorante, anche a causa della ferita, e veniva strattonata con
poca gentilezza. Il putiferio causato dalla caduta del furgone aveva
spazzato frammenti di metallo e vetro da tutte le parti portandola a
gemere di dolore ogni volta che compiva un passo. Cercò di
porre resistenza ma la lama le pizzicava il collo e lo sentiva andare a
fuoco, di sicuro era stata graffiata.
Poco
dopo un altro schianto ruppe l'altra parte del tetto rimasto integro
dalla prima caduta. Davanti a loro l'armatura metallica rosso e oro di Iron Man si
alzò, con la maschera che incuteva paura. Pepper sospirò
dal sollievo e stirò le labbra verso l'alto, contenta di
vedere quella brutta faccia per una volta.
«Stark,
fammi uscire e libero la tua Potts» John non
perse tempo a negoziare.
«Io
ho un'idea migliore, la tua morte sarà rapida e indolore» rispose
Tony e rapidamente si catapultò su di loro, afferrando la
donna con un braccio e poi sollevandosi in aria. John dalla sorpresa
mollò la presa e li guardò volare via, prima che
una grande esplosione fece saltare in aria tutto il magazzino.
Atterrarono
sul tetto dell'ospedale più vicino e Pepper,
aggrappata al collo di Tony, si lasciò andare. Le sue gambe
cedettero e l'uomo prontamente la resse, sollevandola e portandola in
braccio verso le scale.
«Sei...
Sei in ritardo» mormorò
col fiatone. «Come
sempre» continuò.
Tony
ridacchiò guardandola attentamente. Le guance erano rosse,
gli occhi gonfi e braccio e collo sanguinavano.
«Sai
com'è mi piacciono le entrate in scena d'effetto» commentò.
Insieme furono una scena inaspettata, con gli occhi di tutti puntati su
di loro. Sguardi ignorati fino al pronto soccorso dove un'infermiera si
prodigò a portare una sedia a rotelle dove Pepper poteva
sedersi.
Dopo
un'ora Tony la raggiunse nella sua camera, trovandola sdraiata sul
lettino che guardava fuori dalla finestra.
«Ha
incominciato a nevicare» pronunciò Pepper,
voltandosi verso di lui. Gli sorrise, ma i suoi occhi esprimevano solo
stanchezza.
«M-mi
dispiace, Pep» incominciò,
avvicinandosi e sedendosi sulla sedia più vicina. «Sarei
dovuto arrivare prima»,
continuò afferrandole la mano e stringendola con gentilezza.
«Non
importa; alla fine sei arrivato» lo
consolò ricambiando la stretta. «Certo
però non so se ti meriti il regalo di Natale per il tuo
ritardo, Mr Stark»,
finì. Nello stesso momento entrò l'infermiera con
la cartelletta in mano e sorrise a entrambi.
«Signorina Potts sono
contenta di dirle sia lei sia il bambino state più che bene» esclamò
squillante la ragazza, appendendo la cartelletta e uscendo dalla
stanza, chiamata da una sua collega. Tony la guardò
andarsene confuso e poi tornò a osservare la fidanzata.
«Beh
riceverai lo stesso il tuo regalo»,
disse sollevando l'altra mano con dei fogli in mano. Tony li
guardò attentamente, vedendo uno sfondo nero con qualche
chiazza bianca mostrando un cerchio nero deformato e al suo interno un
bozzolo. Tony non era un esperto di quelle cose, cose da donne,
però aveva capito perfettamente che cosa era.
«Otto
e tra poco nove, dopo oggi» rispose,
poggiando la testa sul cuscino a continuando a guardarlo in attesa di
una qualsiasi reazione. Non ne avevano mai parlato seriamente ma l'idea
di una piccola peste che dai capelli neri e occhi azzurri che correva
per casa a seminare casino le piaceva. Tony era un bambino
già di sé e presto avrebbe avuto qualcun altro
– lasciando calmare i poveri nervi di Bruce – con
cui fare esperimenti folli e pericolosi. Già immaginava le
sfuriate che avrebbe fatto e perciò si convinse che forse
doveva sperare che il piccolo fosse una femminuccia. Avrebbero trovato
modo di esaurire le carte di credito di Tony con lo shopping.
«I-io...
Beh... Sono senza parole» ammise,
ritornando a guardarla.
«Meglio
così, allora» e
sentì il suo cuore più leggero che mai. Tony si
chinò per baciarla e si staccò quando la
sentì gemere, accorgendosi del braccio ferito in mezzo a
loro.
«Credo
che ti toccherà lavorare da casa, meglio se cambiamo
indirizzo anche. Potremmo chiedere a Bruce di fare anche da babysitter,
così potremmo uscire qualche volta. E ricordami di dire a
Happy di questa meravigliosa
notizia e di farli aumentare la sicurezza», un
fiume di parole si riverso dalla sua bocca, facendo scoppiare a ridere Pepper.
Fuori
la neve si era fatta più fitta, innevando il paesaggio
colorato dalle luci natalizie.
«Soprattutto
dobbiamo finirla di passare così il Natale».
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