Cosa
fare quando siamo indesiderati? Cosa fare dopo aver capito di essere di
troppo?
Forse scappare
è la cosa più semplice.
L’aeroporto
era gremito di gente. Persone che correvano, che piangevano, che
ridevano erano tutte ammassate in quel grande atrio. La confusione era
dilagante, il caos confondeva le idee.
Le vetrate
mostravano che fuori era una bella giornata di sole, in quel posto
così lontano da casa.
Già,
casa… In quella che credeva esserlo era a disagio, e non era
riuscito a far altro che andarsene. E dopo ore interminabili di
viaggio, durante il quale la mente non si era fermata neanche un
secondo, era arrivato lì. In un altro continente, in un
altro mondo. Nella speranza di lasciarsi tutto alle spalle, di
sfruttare quel soggiorno per dimenticare le sofferenze della
“vita di prima”. E magari sperando di trovare una
buona base su cui costruire il proprio futuro.
Takeru si
avviò con la valigia verso l’uscita. A spintoni
riuscì a varcare le porte scorrevoli, ritrovandosi in una
strada occupata da numerosi taxi, parcheggiati sotto il sole cocente.
Si
avvicinò al primo che vide, mentre altri gruppi di persone
ne occupavano altri. Il tassista scese, prese dalle mani la borsa del
ragazzo e la mise nel portabagagli, mentre Takeru si accomodava nel
sedile posteriore.
L’uomo
si voltò verso di lui, e con un fluente americano gli chiese
dove fosse diretto. Lui tirò fuori un bigliettino dalla
tasca destra della giacca. Lo osservò per un secondo;
guardò la calligrafia curata, pensando che quel foglietto
rappresentava il suo nuovo inizio.
L’aveva
trovato vicino al telefono di suo fratello Yamato, qualche settimana
prima. Aveva immediatamente riconosciuto il nome scritto sopra. E
quando il giorno prima stava cercando di trovare una soluzione ai suoi
problemi, l’aveva rivisto. E così, senza pensarci
due volte, l’aveva preso e dopo aver fatto i bagagli si era
diretto all’aeroporto.
Lesse
ciò che vi era scritto ad alta voce, cercando di farsi
capire, e il tassista subito partì alla volta di
quell’indirizzo.
Durante il
tragitto Takeru guardò fuori dal finestrino, osservando i
volti delle persone. Chiedendosi se anche loro si erano mai sentiti
come lui e come avrebbero reagito.
Dopo non
molto, il taxi si fermò sul marciapiede accanto ad una
villetta. L’uomo di voltò verso di lui,
incuriosito.
- Questo posto
è abitato da gente famosa, sei sicuro di essere diretto qui?
-
Il ragazzo
annuì, cercando di nascondere la sua titubanza. Come poteva
essere sicuro in un posto così lontano da casa sua, dove si
parlava un’altra lingua e dove cercava una persona che non
vedeva da anni sperando lo riconoscesse?
Porse i soldi,
e appena si riappropriò della valigia la macchina
partì. Rimase in piedi su quel marciapiede, indeciso sul da
farsi.
Era da poco
passata l’ora di pranzo, non era sicuro di trovare la persona
che cercava in casa.
Si
pentì un po’ di non aver avvisato prima di
arrivare, ma ricordò il motivo per cui era partito e si
convinse che era la cosa giusta da fare. Avvicinò la mano al
campanello e suonò.
Intorno a lui
non c’era nessuno, la via era tranquilla, vi erano costruite
molte case come quella a cui suonava lui. L’erba verde
scintillava sotto il sole, e quella serenità
placò la sua agitazione.
Qualche attimo
dopo vide un uomo in giacca e cravatta uscire dalla porta della casa.
Lo guardò stralunato. Non era la persona che cercava, che
avesse sbagliato casa?
Indietreggiò
di un passo, e si guardò intorno confuso. Osservò
le altre case, in attesa di un segno che gli indicasse la sua meta.
L’uomo
arrivò al cancello, e lo guardò attraverso gli
occhiali scuri.
- Cosa
desidera? – gli chiese quest’ultimo.
- Cercavo una
persona… - balbettò Takeru, intimidito. Il suo
forte accento giapponese era evidente.
- Credo che
lei abbia sbagliato indirizzo. – ribatté
l’uomo, senza timore.
Il ragazzo
tirò nuovamente fuori il bigliettino. Non poteva aver
sbagliato, l’indirizzo era quello. Così lo porse
all’uomo in giacca e cravatta, che lo osservò
attentamente. Poi alzò lo sguardo per osservarlo di nuovo,
quindi gli ridiede il biglietto e gli chiese il nome.
- Sono Takeru
Takaishi. – mormorò. Il pentimento di essere
venuto andava pian piano avanzando.
L’uomo
si voltò e tornò in casa, lasciandolo solo e
agitato. Che avrebbe fatto adesso, se tutto quel viaggio si fosse
rivelato inutile? Sarebbe tornato indietro? Ma non avrebbe potuto, non
così presto.
Quel suo gesto
di sicuro aveva gettato scompiglio tra i conoscenti. Chi nella
preoccupazione, chi nella razionalità avrebbe cercato di
riportarlo indietro.
Si convinse di
essere al sicuro. Si disse che in caso di bisogno avrebbe trovato un
hotel a buon prezzo. Si rassicurò dicendo che sarebbe andato
tutto bene anche se fosse stato solo.
Per fortuna
non ebbe il tempo di preoccuparsi troppo.
La porta di
casa si aprì nuovamente, e questa volta non era
l’uomo di prima.
Comparve la
figura di una giovane donna esile, che subito dopo averlo guardato si
mise a correre verso di lui.
I capelli,
tornati al colore naturale, ondeggiavano al ritmo della corsa. Gli
occhi nocciola erano fissati su di lui, increduli e meravigliati.
L’espressione del suo volto era un misto di confusione e di
gioia.
I tacchi alti
ticchettavano sulle pietre del vialetto. Le rendevano difficile
correre, ma nonostante questo non rallentò. Si
fermò affannata davanti al cancello che li divideva.
- Takeru?
– chiese, mentre il sorriso le irradiava il volto. Lui
sorrise di rimando, rasserenato e felice nel vederla.
- Ciao Mimi.
– riuscì solo a dire, imbarazzato.
Ciao a tutti, e
grazie per aver letto questo primo capitolo! E' un po' corto, lo so, ma
è solo il prologo e spero che i prossimi capitoli saranno
più lunghi e più affascinanti! Amo sia Mimi che
Takeru, e mi piaceva l'idea di fare una fic su di loro e sulla loro
amicizia (per ora, poi non so...)!
Continuate a leggere se volete scoprire che succede.
Chu. <3
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