(FMP) The End Has Begun.Chapter 000
Endwar | The End Has Begun
[Reaction Lag Time: Zero]
Chapter. 000
<< Test
1-051 iniziato. Stiamo registrando i dati. Strigon 1, richiedo indici
di operatività. >>
<<
Sistemi di propulsione operativi al 90%. Lambda Driver attivo al 38%,
in progressivo aumento. Nessun altro dato degno di nota. >>
<< Ottimo.
Strigon 1, avvia test. Ingaggia il nemico. >>
<< Roger.
Attivo la modalità 1-b. Processo di carica dell'EMSC
attivato. Sequenza ENSI attivata. >>
<< Non
metterci troppo, Strigon
1. Ho sonno e non ho intenzione di aspettare te che cazzeggi
per
tutta la notte per andare a dormire. >>
<<
Metterci troppo? Hah. Connesso e pronto ad operare, Nimbus. >>
Sarajevo, BiH | Day 00, HRS 0030
Il fumo nero
e denso si levava alto dalle rovine di quella che un tempo si sarebbe
potuta definire una città fiorente.
Sarajevo, capitale della neonata Bosnia-Herzegovina, sanguinava ancora
nere nubi e fiamme dalle ferite aperte dalla violenta guerra civile
conclusasi con la decomposizione della Repubblica Socialista di
Juogoslavia.
Il Fronte di Liberazione Bosniaco aveva imposto temporaneamente -
onde evitare disordini - il
regime militare, e con esso il corpifuoco notturno: per le buie strade
si aggiravano le sole truppe assegnate alla ronda notturna. Tuttavia, a
dominare la notte di Sarajevo non erano i giovani partigiani
che procedevano in maniera alquanto poco marziale, impugnando quasi con
spavalderia l'eterogenea varietà di modelli di Kalashnikov
in
loro dotazione, logorati dal tempo, dalle battaglie e dalla scarsa
manutenzione. Gli antiquati Rk-89 Shamrock delle Forze di
Liberazione, infatti, si muovevano con passo metallico per le vie
lastricate della Stari
Grad,
accompagnate da un rumoroso martellio meccanico e da un odore,
tutt'altro che etereo, di gasolio combusto, caratteristici segni del
funzionamento del loro
obsoleto motore a pistoni turbodiesel. Alcuni Rk-91 e Rk-92, affidati
nelle mani di operatori di più lungo corso o di maggiore
abilità, dirigevano le squadriglie di pattuglia.
Solo un'ombra osava sfidare la potenza di fuoco dei chain-gun impugnati
dagli Arm Slave. L'ombra di un mecha bipede che, con
agilità atipica per tale tipologia di macchina, si muoveva
ad ampi balzi fra
i tetti più alti, senza emettere praticamente alcun suono,
se non quello dei coppi frantumati dal suo peso lieve. Si
trattava di un AS dalle forme spigolose, più massiccio degli
XM9
in OPEVAL da parte del Pentagono o degli Zy-98 "Shadow" in mano allo
SPETSNAZ nelle strutture di torace e spalla, ma più
slanciato
nella zona addominale e di diversa struttura del
bacino, la cui anatomia avrebbe potuto consentire balzi enormi. Il
braccio sinistro era privo di avambraccio e mano, sostituiti da
un'enorme cannone a canna singola, di lunghezza ragguardevole. Le due
unità ottiche dalla forma allungata e aggressiva, illuminate
da
una luce rossa, osservavano l'ambiente circostante, l'obiettivo che si
muoveva come la pupilla di un occhio agitato per divorare quante
più informazioni possibili, percepire ogni minaccia, ogni
obiettivo. Dal fronte dell'unità cranica si diramava un'alta
e
sottile "pinna", un'antenna che probabilmente ricopriva buona parte
delle funzioni delle apparecchiature montate nel radome di un
aereo caccia.
Era una macchina pregna dell'intrinseco e misterioso fascino della
morte e dei molti strumenti di cui l'uomo ha disseminato la
sua
storia per arrecarne, strumenti spesso dall'aspetto esteriore
trascendentalmente bello, ma non per questo meno terribili. Un AS che
inviava
nel suo aspetto cupi presagi di sofferenza e morte, e proprio per
questo attirava lo sguardo e catturava la mente dell'osservatore. E
morte, quella notte, la nera arma degli Inferi avrebbe portato sulle
sue prede inermi che, in quel momento, si trovavano giusto
dodici
o forse quattordici metri più in basso.
Le vie dirette all'antica Baščaršija, secoli
prima sede del fiorente mercato
della città, sarebbero state sede di quell'iniquo scontro la
cui
vittoria avrebbe immancabilmente arriso all'effettivo tecnologicamente
più avanzato su quel campo di battaglia, il nero predatore
della
notte che si apprestava a ghermire il nemico ignaro della minaccia.
L'arma bipede si diresse con appena un paio di salti verso
la Baščaršija, a cutter spiegato, per
atterrare
appena dietro ad una squadra di otto Rk-89 armati pesantemente,
disposti in formazione in una delle vie laterali, facendo
notare la propria presenza con un assordante boato dato dall'impatto a
terra. Frammenti di ciò che restava della già
provata
pavimentazione lastricata furono proiettati in aria, mentre
le vetrine di alcuni negozi
vicini venivano infrante dallo spostamento d'aria e dai proiettili
rocciosi.
Gli operatori delle otto macchine di fabbricazione russa impressero
quasi all'unisono
alle proprie macchine il comando di voltarsi verso la minaccia,
puntando verso di essa le mitragliatrici da AS in dotazione e
preparandosi ad aprire pesantemente il fuoco contro la minaccia.
La macchina che occupava l'ultima
posizione nella formazione aveva subito gravi danni alle articolazioni
dei ginocchi in seguito all'impatto del nemico con il suolo e la
settima, appena poco più distante dal cratere lasciato dalla
sensazionale arma, era stata immediatamente trafitta da un cutter
molecolare che aveva colpito direttamente l'abitacolo. Sul filo della
lama scorrevano olio e sangue. L'operatore di certo non era
sopravvissuto al colpo. L'olio delle giunzioni articolari non si
incendiò al contatto con i comandi elettrici scoperti e con
le
scintille libere o con le lamiere roventi dello Shamrock solo per
ragioni dettate dalle irrazionali leggi del caso.
Il comandante della squadriglia urlò in un bosniaco
fortemente
accentato i propri ordini alla radio, e l'intera squadra
aprì il
fuoco sull'AS nemico. Fu rovesciato un intero caricatore da ogni
operatore prima che finalmente l'avanzata implacabile della macchina
assassina si fermasse in un boato, un'esplosione che
illuminò
per alcuni istanti la buia e densa notte di Sarajevo. Un'esplosione che
gli operatori bosniaci scoprirono tuttavia presto come proveniente da
uno dei loro mezzi, il sesto AS che, nel veloce movimento di rotazione,
era diventato il primo nella formazione. I rottami metallici incendiati
dalle fiamme potevano far intuire che fosse stato squarciato in due
metà nette nel senso della larghezza, all'altezza della zona
bassa dell'ingombrante corazzatura centrale. Anche il quarto Shamrock
venne
distrutto da un colpo di cutter che divise in due parti con un taglio
netto l'unità cranica e poi il corpo centrale, ancora prima
che
la mezza squadra sopravvissuta potesse vedere il nemico eseguire la
manovra, tanto veloce era stato e tanto efficace si era dimostrato
l'ECS installato dalla macchina, capace di operare in pochissimi
istanti in condizioni di luminosità molto elevata e con
densa di
presenza di polvere in aria.
La macchina scomparve fra i tetti con alcune agili manovre, per poi di
nuovo piombare nella strada, sollevando alcuni calcinacci e spiccando
di
nuovo un balzo verso il primo avversario a portata, disattivando l'ECS
per poter godere di ogni attimo di incontrollabile ed irrefrenabile
terrore.
Il terzo AS aprì il fuoco non appena vide la nera figura
caricare verso di lui, ma fu inutile: una ginocchiata
abbattè il
cranio dello Shamrock, disattivandone permanentemente i sistemi ottici.
L'ultima cosa che il pilota vide fu la corazza squarciata dai colpi
della sua stessa mitragliatrice. La seconda unità fu
falciata in
simile maniera dal colpo della chain-gun sottratta dalle mani
dell'operatore bosniaco, i cui colpi si esaurirono in
quell'istante. La macchina nera gettò quindi il fucile da
parte
e terminò l'opera caricando l'ultimo AS, quello operato dal
comandante della squadriglia di ricognitori, eliminandolo con un calcio
piazzato all'altezza della cellula di sopravvivenza, che con una
potenza inimmaginabile annientò completamente la corazzatura
anti-razzo dello Shamrock, riducendo l'abitacolo ad un
groviglio di lamiere e distruggendo praticamente l'intero corpo
centrale della macchina.
La macchina si allontanò balzando fra i tetti, tornando a
nascondersi nella
densa cortina dell'oscura notte, priva di stelle o di luna ed
illuminata solo dal fuoco delle battaglie appena combattute, e del
massacro appena consumatosi.
<< Test
1-501 terminato, Strigon 1. Reaction Lag Time: Zero. >>
<< Me
l'aspettavo. Solo la morte potrebbe fronteggiare questo AS. >>
<< Rientra
alla base. I nostri leader vogliono tutti stringere la mano allo Zero
Children. >>
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