prologo libro figo
E
mentre dietro di lei Teiphos bruciava, la donna continuava a correre,
correva verso le colline, correva verso la salvezza. La pianura
scorreva rapida sotto di lei, un paesaggio brullo e arido, lì, senza
neanche un albero sotto il quale nascondersi, era facilmente
avvistabile dai ricognitori nemici. Iniziò a rallentare fino a
fermarsi, i polmoni le stavano per esplodere e le gambe protestavano
per la lunga corsa. Scosto gli stracci per osservare il contenuto del
fagotto che portava in braccio, il bimbo continuava a dormire
nonostante tutto.
Gli
Okawh avevano attaccato all'alba , l'assedio andava avanti da oltre
una settimana e i difensori erano stremati e affamati. Durante
l'assalto la prima cinta muraria aveva ceduto subito, le altre due
avevano impiegato meno di una mezza giornata per venir conquistate.
Teiphos era una città con mura imponenti e massicce , costruita per
resistere a attacchi di spaventosa potenza, ma non a quel tipo di
attacco, non alla magia.
La
donna era riuscita a fuggire per miracolo, attraverso un passaggio
segreto sotto le mura, sapeva che non ci avrebbero messo molto a
capire dove era andata ma sperava di riuscire ad arrivare alle
colline mentre gli Okawh e gli orchetti cercavano lei, ma soprattutto
il bimbo.
Non
la avrebbero trovata, < oh no, non mi troveranno , almeno non in
città > si disse, un leggero sorriso le affiorò sulle labbra ,
gli aveva ingannati tutti.
Nella
sua mente si fece strada un orribile pensiero, quanta gente aveva
condannato con la sua sola presenza? Respinse a stento un conato di
vomito. < non farti sopraffare dalle emozioni, il bambino è più
importante, salverà molte più vite di quelle che hai spezzato >
era questo il pensiero che la consolava, senza questa convinzione non
sarebbe mai riuscita ad andare avanti, a continuare quella strada
sporca del sangue di innocenti. Il sapore di bile le rimase in bocca
per qualche minuto.
Delle
urla disumane la riportarono alla realtà , girò la testa di scatto
e vide un gruppo di 30 orchetti che correvano verso di lei, erano a
meno di 200 passi.
La
disperazione prese il sopravvento < no, non può essere, ero quasi
arrivata > , decise di fare un tentativo, anche se era da
moltissimo tempo che non usava più i suoi poteri. Nella sua bocca
iniziò a prendere forma una lenta e aspra cantilena, aveva ripassato
mentalmente tutti gli incantesimi che conosceva e quello le sembrava
il più appropriato, bruciare quei mostri dall'interno .
Iniziò
l'invocazione, sapeva che la avrebbe lasciata stremata ma non voleva
cedere senza combattere. Sentì l'energia fluire dal suo corpo verso
gli orchetti, uno a uno iniziarono a crollare a terra contorcendosi
in preda agli spasmi per il dolore. L'ultimo rimasto in piedi urlava
ordini nella sua aspra lingua, nessuno dei suoi commilitoni lo
ascoltava, poi arrivò il fuoco anche per lui.
L'evocazione
le aveva tolto troppa energia, le palpebre le si chiudevano da sole ,
si accasciò facendo attenzione a non schiacciare il bimbo e cadde in
un dormiveglia popolato da orribile creature.
Quando
si svegliò il sole aveva coperto un lungo tratto nel cielo, doveva
essere ormai tardo pomeriggio, i corpi degli orchetti giacevano a 50
passi da lei ,ormai carbonizzati, le spade già sguainate. Aveva la
lingua impastata dalla sabbia e un forte mal di testa per la
debolezza. Si alzò faticosamente, il bimbo si era svegliato e la
fissava con i suoi grandi occhi verdi, senza capire perché sua madre
fosse così stanca. La donna lo osservò a lungo mentre una valanga
di preoccupazioni la investiva: doveva muoversi, e alla svelta,
probabilmente il fuoco e il fumo degli orchetti avevano già attirato
troppo l'attenzione. Si guardò intorno, di fronte a lei la brulla
pianura e le rovine fumanti di Teiphos, dietro di lei le colline , la
sua salvezza . Voltandosi individuo subito la sua meta, una sporgenza
rocciosa, come da ingresso alla grotta appena visibile su una parete
di roccia a strapiombo, sembrava impossibile da raggiungere, per
chiunque non sapesse come arrivarci, si trovava a oltre 150 passi da
suolo e altrettanti dalla cima della parete, chiunque fosse riuscito
ad arrivarci sarebbe stato al riparo dalle frecce e da qualsiasi
nemico che provava ad attaccare dall'alto scagliando massi e dardi.
C'era solo un problema , distava oltre un miglio da lei, una
distanza irrisoria per una donna in salute, ma non per lei, lei era
allo stremo. Nonostante tutto riprese la sua marcia verso la
salvezza. Impiegò oltre 40 minuti di sofferenza per arrivare alla
base della parete rocciosa, la sporgenza era ora direttamente sopra
di lei. Avanzo con una mano davanti a se fino a toccare la roccia e
facendo una lieve pressione iniziò ad affondare in essa come se
fosse liquida. Oltre la parete fasulla si apriva una enorme stanza
circolare scavata nella roccia , il soffitto, alto oltre 100 piedi,
era magnificamente scolpito, rappresentava scende di guerra , uomini
tozzi e bassi con splendide asce e armature affrontavano enormi e
spaventosi Okawh. Sul pavimento erano scolpite rune di protezione
nell'incomprensibile lingua dei nani, quelle rune pulsavano di
energia, sarebbero state capaci di abbattere un drago se ne avessero
avuto l'opportunità , e naturalmente se i draghi fossero esistiti.
La donna passò oltre senza subire danni, anzi una volta superate le
rune sentì che una nuova forza scorreva verso di lei, la forza della
speranza.
Il
perimetro della sala era composto da archi, ingressi di bui tunnel
che si dirigevano verso le viscere della terra. Al centro saliva una
scala a spirale che una volta arrivata al soffitto spariva in un
pozzo verticale che arrivava fino alla sporgenza. Si avvicinò
stancamente ai gradini, si preparò alla faticosa ascesa. Nonostante
la nuova energia era comunque esausta, il primo gradino fu terribile,
mille aghi trafissero le cosce e una terribile fitta le attraversò i
polmoni. Ogni gradino era più facile del precedente , le sembrava
che una forza la spingesse verso l'alto, il bimbo la guardava con i
suoi occhi smeraldo, domandandosi da dove venisse tutto quel dolore
che vedeva sul volto della madre.
Era
quasi arrivata , pochi gradini, la luce iniziava a farsi più diffusa
e intensa, vedeva già il panorama oltre l'ultima rampa. Arrivata in
cima si lasciò cadere dolcemente seduta e lascio libero il suo
sguardo, rimase paralizzata dalla meraviglia e dall'orrore allo
stesso tempo. La sua vista spaziava per moltissime miglia, fino ai
monti a nord di Teiphos, ai loro piedi si vedeva l'ingresso della
foresta degli elfi, un stretta valle, l'unico passaggio sicuro verso
quelle terre rigogliose, peccato che fosse severamente proibito
utilizzarlo, ultimamente le relazione tra Uomini e Elfi non andavano
per il meglio.
Il
suo sguardo cadde poi sul luogo dove un tempo sorgeva la magnifica
città di Teiphos, ormai ridotta a un cumulo di macere fumanti,
perfino la roccia era stata consumata dal calore del fuoco evocato
con la magia < una magia estremamente potente, se avessi cercato
di domarla mi avrebbe uccisa sul colpo, la sua evocatrice deve essere
quasi invincibile> pensò abbattuta. Era così che quelle creature
avevano conquistato la città, le mure di solida roccia avevano
iniziato ad ardere e a liquefarsi, una ad una le cinte murarie
avevano ceduto. Nulla avevano potuto fare quegli incantatori da 4
soldi al servizio del governatore. Poi il suo sguardo si abbassò
fino a incontrare quello del bambino, una lacrima le cinse la guancia
< Kyle , mi dispiace , le mie scelte ti hanno lasciato un segno,
un segno che molti non apprezzano, tu sei molto potente, anche adesso
che si in fasce potresti competere con molti degli stregoni
inferiori. Ricorda che il potere va usato per il bene, non farti mai
ingannare. Mi dispiace> non riuscì più a trattenere le altre
lacrime e scoppiò in un pianto sommesso.
Piano
piano si costrinse a riprendersi, poggiò il fagotto all'interno
della rientranza, si avvicinò a un simbolo inciso sul pavimento e
pronunciò due rapide parole < sorv raki > , una parola
d'ordine nella lingua proibita. Si volse e ,dopo aver baciato un
ultima volta il piccolo, camminò fino al bordo della sporgenza ,
sotto di lei si apriva un abisso. Sentì la pietra girare su se
stessa dietro di lei, una porta si stava aprendo, il nano barbuto si
affacciò , i suoi occhi saettarono dalla donna al piccolo, poi in un
lampo capì < no Kitana, non farlo > urlo con voce strozzata,
ma era troppo tardi, e la donna sparì nel vuoto mentre il sole
calava all'orizzonte.
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