Capitolo 3
Svenimenti e appuntamenti
Lyla
rimase palesemente sconvolta nel ritrovarsi davanti il dottor Ciel O’Konnor,
nel minimarket vicino a casa sua.
”Che
cosa diavolo ci fa qui?” pensò lei confusa, ritraendo la mano come scottata da
quel fugace contatto.
C’era
qualcosa che non quadrava in quella scena. Lui doveva trovarsi in ospedale. Che
fosse uscito prima? No, non poteva essere. E anche se fosse… come aveva fatto
ad arrivare nell’alimentari del vecchio Peter, così velocemente?
Lyla
faceva fatica a spiegarselo.
-
Dottor O’Konnor, che sorpresa trovarla qui – constatò la corvina, infilandosi
la mano in tasca.
Meno
c’erano opportunità per possibili sfioramenti, e meglio era per lei.
L’uomo
si lasciò sfuggire un’espressione di lieve disagio, dopo le sue parole.
-
Puoi darmi tranquillamente del “Tu”, non ci sono problemi. Non siamo in
ospedale, e siamo pressoché coetanei. È parecchio strano darsi del “Lei” tra
persone della stessa età, non trovi? – ridacchiò il dottore, cercando di
alleggerire l’aria pesante che si era andata a creare tra loro due.
Già.
Sarebbe risultato un filo strano farlo, ma Lyla… aveva quasi sentito la
necessità di usarlo, come per mettere una sottile barriera in mezzo. O meglio,
per auto-mettersi una sottile barriera.
Per
quale assurda ragione le stavano tornando alla mente le parole dei suoi amici?
-
Ti chiami Lyla, giusto? –
La
ragazza sobbalzò, sentendo pronunciare il suo nome, ed alzò fulminea gli occhi
sul viso del dottore.
Letto
l’improvviso timore nelle sue iridi verdi, Ciel O’Konnor si affrettò ad
aggiungere – Me l’ha detto tua madre oggi, quando è venuta a portare tua
sorella alla visita –
Ah.
Sua madre e la visita, giusto.
Lyla
si limitò a mormorare un lieve “Sì”, per poi stringersi nelle spalle. Era
fortemente a disagio.
E
lei odiava, come tutti a questo mondo, sentirsi in tale maniera.
Stava
pregustando la sua imminente fuga, quando l’uomo riprese a parlare.
-
È stata una bella coincidenza trovarci qui, no? –
-
Sì… bellissima –
C’era
un lato positivo in tutta quella situazione: Lyla non sembrava essere l’unica a
disagio, lì.
Anche
Ciel stava iniziando a mostrare evidenti segni di turbamento, e persino la
ragazza se ne accorse nel modo in cui iniziò a passarsi la mano sul retro del
collo.
Il
dottore era agitato quasi quanto lei, se non di più, e ancora una volta Lyla
non riusciva a spiegarsi il perché.
Dopotutto,
erano due completi sconosciuti. Non c’era bisogno di essere così a disagio,
alla fine dei conti.
Ma
anche se erano due completi sconosciuti, Lyla era quasi… felice di averlo
rivisto. Il che era un’enorme contraddizione per se stessa.
La
corvina si sentiva come divisa a metà. Da una parte voleva scappare a gambe
levate, tornare a casa e far finta che non fosse successo niente. Dall’altra,
era tentata di rimanere e parlare un po’ con lui, per sapere qualcosina in più
sul suo conto.
Un
pensiero davvero stupido, se ne rendeva conto, per questo scelse la fuga.
Non
fece però nemmeno in tempo a muovere mezzo passo nella parte opposta, che Ciel
bloccò ogni sua intenzione riprendendo a parlare.
-
So che forse ti risulterò troppo diritto, ma… ti andrebbe di prendere un caffè
insieme, uno di questi giorni? –
Lyla
tentennò.
Ciel
O’Konnor le stava davvero chiedendo d’uscire, davanti al reparto della carne
del minimarket del vecchio Peter?
Era
una scena quasi… surreale, oltre che parecchio stramba.
Non
poteva uscire con il pediatra di sua sorella. O poteva?
I
suoi amici, su questo ne era sicurissima, l’avrebbero spinta con un calcio nel
sedere ad accettare l’invito. Ma lei?
Anche
se si trattava solo di un semplice caffè, doveva declinare l’offerta. Era
giusto così, per lei.
-
Sì –
Peccato
solo che il cervello e il resto del suo corpo, non la pensassero esattamente
come lei.
Si
stava andando a ficcare in un casino di dimensioni titaniche…
Lyla
uscì dall’alimentari a passo di marcia, stringendo con forza le buste della
spesa tra le mani e borbottando parole sconnesse.
Il
numero.
Aveva
dato il suo numero di telefono a Ciel O’Konnor, come se nulla fosse.
Visto
che sarebbero usciti, era stato quasi d’obbligo scambiarsi i recapiti
telefonici. Sarebbe stato parecchio difficile organizzare qualcosa senza sapere
le disponibilità dell’altro, però…
Lyla
non sapeva darsi un “però”. Se non avesse davvero voluto dargli il proprio
numero, non l’avrebbe fatto, e se era successo il motivo era chiaro.
Lei,
o una parte di lei, voleva uscire con Ciel O’Konnor.
Era
un desiderio sbagliato il suo? D’altronde non lo conosceva affatto, e non
sapeva niente di lui se non poche cose. Poteva essere una persona orribile,
come no, questo non poteva saperlo.
La
corvina si fermò sull’uscio di casa sua, ed iniziò a mordicchiarsi il labbro
inferiore.
Da
quando non usciva con qualcuno? Mesi, forse. Faceva persino fatica a ricordarsi
con precisione quando fosse avvenuto l’ultimo.
Rob
e Beki avevano cercato di proporle qualche uscita, con amici di amici, ma lei
aveva quasi sempre rifiutato. Lei semplicemente non era molto ragazza
d’appuntamenti, ecco.
Si
annoiava con una facilità disarmante, e faticava parecchio a trovare qualcuno
con cui trascorrere una piacevole serata.
Da
quel punto di vista era sempre stata non poco sfigata.
Magari
con il dottor O’Konnor… sarebbe stato diverso.
La
mattina seguente Lyla si svegliò più fiacca rispetto al solito. Aveva uno
strano senso di nausea che le chiudeva la bocca dello stomaco, ed un lievissimo
cerchio alla testa che non le aveva permesso di riposare come avrebbe dovuto la
notte prima.
Non
era esattamente il modo migliore per iniziare una giornata, che avrebbe
trascorso tra lezioni e studio in biblioteca.
No,
non lo era per niente.
Lanciò
un occhio al display del telefonino che teneva sul comodino vicino al letto,
per controllare l’orario, e fece un rapido conto mentale.
Aveva
pochissimo tempo per prepararsi ed uscire di casa. Sfortuna voleva poi, che lei
quel giorno fosse pure senza macchina.
Sua
madre le aveva ricordato solo la sera prima che avrebbe preso la sua amatissima
macchinina rossa, regalatele il giorno del suo diciannovesimo compleanno, per
portarla dal meccanico per il suo annuale cambio delle ruote invernali.
E
Lyla non aveva proprio questa gran voglia di prendersi la metropolitana, nello
stato in cui era, per arrivare puntuale a lezione. Era cosa risaputa che non
esisteva niente di più letale di un mezzo pubblico nella mattina di un giorno
lavorativo. Niente.
Nonostante
il malditesta, divenuto all’improvviso più martellante, la corvina riuscì a tirarsi
su dal letto e ad acchiappare qualche indumento da poter indossare nel minor
tempo possibile. Dei pantaloni elasticizzati neri ed un golfino beige dal collo
rotondo, le sembrarono la scelta migliore.
Preparò
con cura la borsa con le proprie cose, ed uscì di casa senza nemmeno far
colazione. La nausea non le avrebbe permesso di avvicinarsi ad un pezzo di cibo
neanche da lontano, figurarsi ingerirlo.
Quel
giorno il Karma non sembrava proprio sorriderle.
Corse
verso la stazione metro vicina, il più velocemente possibile, ma una volta
arrivata quasi in prossimità dell’entrata dovette bloccarsi, aggrappandosi con
una mano ad una inferriata di una villetta che si trovava lì.
Lyla
non si sentiva affatto bene. Il fiatone per la corsa sembrava essere
insostenibile, e mai si era ritrovata prima d’allora a respirare così male;
nemmeno dopo la più disperata delle corse.
Aveva
anche iniziato a girarle la testa, tanto da doversi aggrappare con più forza al
cancello con la paura di cadere da un momento all’altro.
Che
i suoi precedenti sintomi fossero stati peggiorati dal fatto che avesse saltato
la colazione?
Non
lo credeva molto possibile. Aveva saltato mille colazioni prima, anche in
momenti in cui la sua saluta non era delle migliori, ma mai si era ritrovata a
stare così male.
La
corvina pensò che il suo fosse un malore passeggiero, e che potesse risolversi
tutto nel giro di pochi minuti di riposo. Così non fu.
Il
respiro era ancora spezzato, lo stomaco sembrava essersele ribaltato quasi
completamente e la vista le si era fatta leggermente più opaca.
I
rumori le arrivavano alle orecchie ovattati, ma era troppo presa da quello che
le stava succedendo per potersi accorgere anche del mondo circostante.
Le
persone le passavano affianco, incuranti del suo malessere, come se vedere una
ragazza giovane come lei stare male fosse la cosa più normale possibile.
-
Lyla! –
Un
suono ovattato le arrivò più forte, rispetto agli altri, ma lei sembrò
curarsene poco.
La
vista le si abbassò completamente di colpo, e lei crollò a terra come una
bambola di pezza.
Lyla
aprì gli occhi a fatica, non riuscendo a capire subito dove si trovasse.
Era
sdraiata su quello che era un lettino per le visite mediche, in quello che sembrava
essere un piccolo studio ospedaliero dalle pareti anonime e alquanto tristi.
Che
cosa era successo? La ragazza ricordava solo che era stata male, poco prima di
scendere in metropolitana per andare a lezione. Poi… vuoto. Non ricordava
niente.
-
Ti sei svegliata, vedo –
La
figura di Ciel O’Konnor apparve al fianco del suo lettino, e la corvina si
sorprese nel vederlo.
Sembrava
quasi un’altra persona, rispetto alla prima volta che l’aveva visto in ospedale
solo una settimana prima.
Nessuna
felpa o jeans scolorito, solo un semplice maglioncino a collo altro nero ed un
jeans blu scuro sotto.
I
capelli neri erano sempre tirati indietro, ma la barba era stata accorciata di
qualche centimetro, per sommo dispiacere della ragazza.
Aveva
sempre avuto un debole per i ragazzi con una bella barba, fin da ragazzina.
-
Come ti senti? – le domandò, con una leggera nota preoccupata nella voce.
O
forse se l’era immaginata solo lei, non sapeva dirlo con certezza.
-
Bene… credo – rispose, guardandosi intorno per non incrociare il suo sguardo –
Che è successo? –
-
Sei svenuta – le spiegò – Penso tu abbia avuto un abbassamento di pressione
improvviso. Hai per caso qualche sintomo particolare? Nausea, giramenti di
testa… -
Lyla
scosse lievemente la testa. I malori di quella mattina le sembravano un ricordo
lontano, e si sentiva quasi nuova.
Ciel,
dopo che la ragazza gli spiegò come stesse, sembrò rilassarsi di colpo.
Sicuramente si doveva essere spaventato nel vedere una ragazza svenirgli
davanti, così all’improvviso. Chiunque nella sua situazione lo avrebbe fatto,
pensò la ragazza.
La
ragazza si tirò delicatamente su, e cercò con lo sguardo la borsa con le
proprie cose, fallendo.
-
Scusami, sai dirmi che ore sono e dov’è la mia tracolla? –
-
Sono da poco passate le nove e un quarto, e la tua borsa è qua –
Ciel
tirò fuori la sua tracolla azzurra da sotto il lettino su cui era seduta, e
Lyla si sentì un poco sciocca quando lo ringraziò dopo averla stretta tra le
mani. Era proprio nel luogo più stupido della stanzetta in cui si trovavano, e
lei non ci aveva nemmeno pensato di controllare lì sotto.
La
ragazza fissò la stoffa chiara per qualcosa secondo, indecisa sul da farsi.
Ormai
le lezioni erano già iniziate da più di un’ora, e non aveva tanto senso per la
corvina farsi tutta la strada dall’ospedale alla sua Università per poter
assistere a soli pochi minuti. No, non aveva affatto molto senso.
-
Ti ringrazio davvero per avermi aiutata, e… scusa per il disturbo – disse la
ragazza, scendendo dal lettino.
Ciel
scosse la testa, lievemente.
-
Tranquilla, nessun problema. È il mio lavoro alla fine –
Era
stata una fortuna che O’Konnor si trovasse nei paraggi, nel momento del malore
della ragazza. Nella sfiga della situazione Lyla era stata parecchio fortunata.
Con
non poco imbarazzo, la corvina fece per salutare il dottore ed andarsene,
quando questo la bloccò dicendo – Lyla, senti… -
La
ragazza si fermò, attendendo che continuasse la sua frase.
Dato
quel tacito via libera, Ciel riprese.
-
Hai qualche impegno adesso? – le domandò.
-
In realtà, no – rispose di getto – Perché? –
-
Volevo chiederti se ti andasse di andare a prendere qualcosa, in un bar qua
vicino. Sempre se ti va, ovviamente –
Rimase
sorpresa, e faticò a credere a ciò che aveva appena sentito. Il dottore le
aveva appena chiesto d’uscire.
Uscire
insieme.
Non
riusciva a trovarlo… incredibile. Non trovava altre parole per descriverlo.
Quell’invito
voleva significare che l’uomo provava dell’interesse nei suoi confronti; in lei.
Non
che fosse una ragazza non abituata a ricevere inviti da persone interessate
nella sua persona. Non era di certo una latin lover, questo lo
riconosceva, ma aveva collezionato le sue uscite negli anni.
Sapere
però di essere riuscita a destare l’interesse di un uomo come Ciel O’Konnor, le
faceva uno strano effetto. Che cosa avesse visto in lei, di così speciale, lo
sapeva solo lui.
Lyla
valutò accuratamente la proposta del corvino, prima di pensare una risposta
decisiva.
Un
caffè non si poteva di certo negare a nessuno, e lei necessitava di bere
qualcosa di zuccherato al più presto. Perciò, per quale motivo non cogliere la
palla al balzo?
-
Sì. Mi farebbe molto piacere –
ANGOLO
DELLA MENTE MALATA:
Sapete
quando avete il desiderio impellente di fare qualcosa, e non riuscite proprio a
distogliere la mente da quel pensiero là? Ecco. Io mi sento esattamente così
con la revisione di Diversi.
La
scrittura dei capitoli nuovi (che tu sia dannato cap. 39) sta andando molto a
rilento, e sento il bisogno di sistemare… i problemi, i numerosi problemi, dei
vecchi capitoli. Spero possiate comprendere questa povera volpe casinista.
Siamo
solo al capitolo tre, e la situazione deve ancora scaldarsi a dovere.
Sinceramente non vedo l’ora di mettermi all’opera :3
Fatemi
sapere cosa ne pensate del capitolo! Il vostro feedback è sempre molto
importante per me.
Io
vi porgo i miei omaggi
-Harley