The Serpent Underneath.1
Present
fears
Are
less than horrible imaginings.
My
thought, whose murder yet is but fantastical,
Shakes
so my single state of man
that
function is smother'd in surmise, and nothing is but what is not.
[Macbeth
– Atto I, Scena III] 2
Si chiamava Isaac Burke e lavorava come Alchimista.
Erano quelle le informazioni che Regulus Black aveva
ottenuto da un annoiato Lucius Malfoy, la sera precedente. Solo poche righe e
l’ordine tassativo di portare a compimento la missione che l’Oscuro Signore
aveva lasciato in serbo proprio per lui.
Quale modo
migliore di lavare l’onta del tradimento del fratello, che eliminare un altro
traditore del suo sangue?
Inizialmente il ragazzo non aveva riflettuto più di
tanto sul messaggio di Malfoy. In fondo, non era ben noto che dovessero essere
tagliati via i rami secchi, per consentire alla nuova società di crescere fiera
e forte come una grande quercia secolare? Avrebbe dovuto ringraziare il suo Signore per la generosità dell’offerta,
avendogli risparmiato l’umiliazione di fronteggiare direttamente il reietto di
casa.
Quello era un
privilegio che sarebbe spettato alla cugina Bella, certo.
E poi, perché avrebbe dovuto preoccuparsi per
quell’uomo? Non lo conosceva, non gli aveva mai rivolto la parola. Sapeva
soltanto che la sua vita era un’onta per il buon sangue puro e che lui, in
quanto cavaliere dell’Oscuro, avrebbe
dovuto lavar via. Niente di più, niente di meno.
Era soltanto
un uomo.
Lo avevano
trovato in un sobborgo nei pressi di Bristol, appena fuori dal centro città. Al
solo vederlo, Regulus si era sentito rincuorato: era così poco minaccioso da far quasi ridere. Sarebbe stato
facilissimo portare a termine la missione e rendere finalmente fieri i suoi
genitori, dopo tutto il dolore che Sirius aveva causato.
Prendi
l’aspetto del fiore innocente – gli
aveva detto sua madre, quando quella mattina aveva avuto delle rimostranze
verso la missione, ritenendosi ancora troppo giovane – ma sii il serpente sotto di esso.3
Erano state parole sagge, quelle di maman, Regulus lo
sapeva bene. Quel suo ritenersi inappropriato, troppo inesperto, poteva essere
la migliore delle sue armi, lo strumento per il migliore dei trionfi.
Quanto sarebbe stato meraviglioso, il suo futuro, se
avesse iniziato a risplendere già a diciotto anni?
Quella sera il cielo era limpidissimo su di loro, ma
le temperature erano così gelide da far quasi gelare le lacrime negli occhi.
L’uomo era immobile, alla fermata di quegli strani trabiccoli che i babbani
chiamavano autobus. Strofinava le mani
fra loro, alitandoci sopra per poterle riscaldare. Sorrise a Regulus, quando lo
vide avvicinarsi.
Ignaro della
sua missione.
«Una bella
serata così brutta non l’avevo mai vista»4 gli disse, con un sorriso amichevole, forse convinto
che anche lui stesse aspettando il mezzo pubblico. «C’è da sperare che
l’autista non sia morto assiderato, eh?» continuò, allegro, sperando forse di
poter trascorrere lietamente il tempo.
Regulus si limitò ad un grugnito che avrebbe potuto
significare un milione di cose. Non intendeva aprire bocca, spaventato da ciò
che ne sarebbe potuto uscire.
Come poteva parlare del tempo, se nella sua mente
stava già immaginando il modo in cui il suo corpo morto sarebbe precipitato al
suolo?
«Un giovanotto di poche parole» commentò ancora l’uomo,
con una risata secca. Gli lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio, forse
credendo che non se ne accorgesse. «Spero di non averti infastidito, è solo che
accade raramente che ci sia silenzio, intorno a me, ed ormai non lo sopporto
più» aggiunse, con un grande sorriso amichevole.
Un altro grugnito non sarebbe stato accettabile. «Mi
piace la tranquillità» disse allora il giovane, imponendosi di non guardarlo.
Avrebbe potuto riconoscerlo, dopotutto provenivano entrambi
da una nobile e probabilmente imparentata famiglia purosangue. Dopo la fuga di
Sirius, inoltre, i Black erano stati sulla bocca di tutta l’alta società.
«Ah, sì, un tempo anche a me» chiocciò il condannato,
mettendo le mani in tasca. «Ma da quando ho conosciuto la mia Daphne…» sospirò,
sentimentale, lasciando che il sorriso si allargasse con maggiore dolcezza sul
suo viso. «E presto ci sarà ancora meno tranquillità! Sai, aspetta un bambino».
Un bambino.
Fu in quell’istante che Regulus realizzò la portata di
quella missione. In quell’istante, Regulus vide la trama che era stata
intessuta alle sue spalle, mettendolo contro qualcosa di ben peggiore
dell’omicidio che aveva programmato.
Peggiore dell’omicidio al quale si era rassegnato.
Un bambino
innocente.
«Ah, probabilmente a te neppure importa! E avresti
ragione, ragazzo, avresti davvero
ragione!» disse Burke, con una risata a pernacchia che sarebbe stata
contagiosa, se Regulus non fosse diventato una statua di sale. «Ma è così bello. Diventare, padre, intendo. Ma tu
sei troppo giovane! Quanti anni hai? Sedici, diciassette? Sembri avere solo un
paio d’anni meno del mio fratellino» aggiunse, perdendo un po’ dell’allegria.
«Sai, lui è morto da poco tempo».
Certo, certo che Regulus lo sapeva. Il funerale di Herbert Burke era stato il più fastoso degli ultimi tempi.
Alcuni credevano che lo stesso Signore Oscuro avesse partecipato al cordoglio
della famiglia.
Herbert Burke, diciannove anni, ufficialmente morto per mano
di un assassino babbano.
Herbert, colpito dal suo stesso fratello maggiore, nel
tentativo di difendersi da quell’attacco voluto dalla famiglia.
Il fratello
maggiore che aveva messo incinta una babbana.
La missione affidatagli non era stata scelta
casualmente, oh no.
Avevano scelto lui, proprio perché Herbert aveva così miseramente fallito.
Un fratello
per un fratello.
Ed un bambino non avrebbe mai conosciuto suo padre.
«Se avrò un maschietto, chiederò alla mia Daphne di
chiamarlo Herbert, in sua memoria. Era un ragazzo
tanto caro, tanto buono…» Burke scosse il capo, prima di tirare fuori la mano
dalla tasca e puntarla contro Regulus, che si irrigidì. «Mi sembri un
giovanotto intelligente, quindi prendi le mie parole… se qualcuno tenta di
farti fare qualcosa in cui non credi, tu voltagli le spalle e scappa più veloce
che puoi. Essere parte di una banda non ti fa sentire meglio, se poi hai
l’anima macchiata» lo ammonì, serio, tornando a spostare la mano al caldo.
Regulus aveva la nausea. Se fosse rimasto altri due
minuti ad ascoltarlo, probabilmente avrebbe dato di stomaco.
Doveva
sbrigarsi.
Con un gesto veloce, la bacchetta del ragazzo fu
puntata contro il petto dell’uomo. La sua mano tremava, nonostante il suo viso
fosse impassibile.
Era bravo a nascondere le emozioni dietro una maschera
di neutralità, ma il resto del suo corpo era ancora troppo inesperto per
seguire gli ordini della razionalità.
Burke non sembrò sorpreso, tutt’altro.
Si limitò a stringere le labbra ed osservarlo con tranquillità.
Lui sapeva.
«Ah, speravo fossi più intelligente di così, ragazzo»
si lamentò, le mani ancora in tasca e le spalle rilassate. «Regulus Black, eh?
Immagino che Tu-Sai-Chi abbia seguito l’idea occhio per occhio e fratello per fratello».
Regulus deglutì, impreparato a quello scontro verbale.
Nel suo scenario, l’uomo si sarebbe dovuto limitare a pregare per la salvezza e
morire.
«Mi hai riconosciuto?».
Burke sorrise, stringendosi nelle spalle. «Ti ho visto
crescere, ragazzino. Quando io frequentavo il salotto dei suoi genitori, tu
ancora portavi i calzoni corti» gli disse, osservandolo dalla testa ai piedi.
«Immagino che adesso vadano di moda le maschere, eh?» gli chiese, ironico,
estraendo lentamente la mano dalla tasca.
Temendo una ritorsione, Regulus scattò.
«Zitto! E non muoverti, brutto traditore del tuo sangue!» gli sibilò, terrorizzato, cercando di
imporre alla sua voce di non tremare. Non era il momento di cedere, non era il
momento di lasciarsi andare al terrore. Aveva una missione e l’avrebbe portata
a termine.
Burke inarcò la sopracciglia, mostrando la mano vuota,
che poi sollevò leggermente per grattarsi il naso. «Non temere, giovanotto, non
userò la bacchetta contro di te. Ho abbandonato la magia, dopo il duello con Herb» gli disse, con aria cupa. «Piuttosto, dimmi… ti hanno
mandato da me perché Sirius era troppo bravo, per i tuoi standard?» gli chiese,
con un’allegria che al ragazzo risultò macabra. «Io sono più semplice da
uccidere, non sono mai stato bravo con gli incantesimi. Meglio le pozioni».
Sirius era
troppo bravo?
No, Sirius era
suo fratello. Avrebbe fatto la stessa fine di Herbert,
se avesse deciso di combatterlo.
«Il destino dell’altro traditore è nelle mani di Bellatrix… i
suoi crimini sono troppo gravi per essere lavati via da me, mentre lei è una
vera discepola» gli disse,
chiedendosi se l’uomo gli avesse fatto qualche incantesimo per costringerlo a
parlare. Era improbabile, naturalmente, che fosse un uso speciale del veritaserum.
Regulus stava
mentendo spudoratamente.
Burke annuì, tranquillo. «Ah, la cara cugina Bellatrix. Noi Burke siamo parenti di suo marito, il buon
vecchio Rudy»
si accigliò, grattandosi ancora il naso. «L’ultima volta che l’ho visto, quando
sono andato via, mi ha giurato che avrebbe appeso la mia testa alla torre più
alta del castello di nostro nonno» disse, con una risatina. «Sarà stato un
enorme sacrificio, per lui, rinunciare a quel privilegio per consentire a Tu-Sai-Chi di rovinarti la vita».
Il ragazzo digrignò i denti, nervoso. «È la tua vita
ad essere rovinata, io…».
«Tu diventerai un Mangiamorte rispettato, uno dei
leader della nuova società, bla bla bla» continuò per lui
l’uomo, alzando gli occhi al cielo. «Non sono stanchi di usare sempre la stessa
solfa, per i reclutamenti? Prima o poi qualcuno di questi leader farà il doppio gioco ed il tuo Padrone si ritroverà come un’Acromantula senza veleno» aggiunse, con una risata
di scherno.
Regulus era atterrito.
«Tu sai che
sono qui per ucciderti, eppure non vuoi difenderti e non hai paura» sbottò, a
mezza voce, senza alzare gli occhi nei suoi. Il terrore all’idea di ciò che vi
avrebbe potuto scorgere lo paralizzava.
«Paura? Io sono terrorizzato»
specificò l’uomo, con le sopracciglia inarcate. «Ma ho dovuto uccidere il mio
fratellino, credi che io non sappia di meritare la morte? Così, almeno, i miei
genitori saranno soddisfatti e non daranno la caccia al mio bambino» gli disse,
stringendosi nelle spalle. «Dubito che vorrebbe crescere con un padre
assassino, comunque».
«Ma tu ti sei difeso.
Era Herbert quello intenzionato ad uccidere» Regulus
alzò lo sguardo da terra, fissandolo sul viso della sua vittima.
«E mio fratello eseguiva gli ordini di mia madre, ma
non è lei l’assassina e l’anima di mio fratello non ne è uscita macchiata,
diversamente dalla mia» Burke sembrava divertito da quello scambio. C’era
un’ilarità disturbante nei suoi occhi. «Credi forse di essere giustificato,
Black? Loro posso ordinare, ma sarai tu
ad uccidere ed a dover vivere col rimorso. E non credere che non ti sentirai in
colpa, se fossi certo di aver ragione probabilmente non ti saresti neppure
fermato a chiacchierare con me» lo riprese, ironico.
Credeva
davvero che si sarebbe sentito giustificato? Che ne sarebbe uscito immacolato?
Sì, l’aveva creduto, ma in quel momento non ne era poi
tanto certo.
«Tutte queste sono sciocchezze»
gli sibilò conto, alla fine, sollevando la bacchetta con un ritrovato coraggio.
Erano solo trucchi che quell’uomo stava sfruttando per prendersi gioco di lui e
poter scappare. Voleva che fallisse, così come aveva fallito Herbert.
«Tu sei uno
sciocco, Black. Ti hanno promesso la gloria? Ti hanno promesso un posto
d’onore? Davvero non vedi quanto tutto questo sia ridicolo?».
Sciocchezze,
erano tutte sciocchezze.
Regulus avrebbe avuto la gloria, gli era stata annunciata. Avrebbe dato inizio ad una
nuova era e sarebbe stato il primo fra gli eroi.
Era stato predetto.
Se non avesse portato a termine la missione, i
Mangiamorte in appostamento avrebbero ucciso lui.
«Non devi farlo, Regulus… salva la tua anima,
ragazzo».
«Salva la tua,
traditore».
Doveva farlo.
Burke abbassò il capo, sconfitto. L’ilarità
completamente sparita dai suoi tratti. Finalmente, nei suoi occhi apparve la
paura, nonostante fosse intiepidita dalla speranza.
«Almeno mio figlio sarà al sicuro».
«Avada Kedavra».
Ed il suo corpo morto cadde al suolo, con un tonfo
sgraziato e molto più velocemente di quanto il ragazzo avesse mai immaginato.
Morto.
Le risate sguaiate intorno a lui lo soffocarono, un
attimo prima che gli cedessero le gambe per l’orrore.
Era morto.
«Travers, controllalo»
ordinò Rosier, avanzando fra gli altri con il
portamento di un Principe. Era lui, in assenza dell’Oscuro Signore, a doversi
occupare delle faccende burocratiche,
come quella.
Come se un
omicidio avesse la stessa importanza di un documento da firmare.
«Subito, Milord».
Travers era un uomo alto, con capelli scuri ed un lungo naso
affilato spaventosamente simile ad un becco. Severus
gli aveva sempre detto che forse era stato quello a renderlo la peggior
pettegola fra i ranghi dell’Oscuro.
Regulus aveva riso, sentendolo fare quel paragone
tanto denigratorio. Nonostante avesse sterminato una famiglia*,
il Mangiamorte non gli era apparso abbastanza minaccioso da meritare la sua
paura.
In quel momento, invece, quell’uomo lo terrorizzò.
Si trovava nelle file centrali dei suoi
accompagnatori, abbastanza lontano da non poter aver notato il tremore nella
mano che aveva retto la bacchetta, in quel momento abbandonata al suo fianco.
Quando gli passò accanto, gli batté amichevolmente la mano sulla spalla, come a
rassicurarlo dell’esito della prova.
Se solo
avesse conosciuto la sua reale speranza, non sarebbe stato tanto soddisfatto.
Regulus lo osservò chinarsi verso il corpo dell’uomo,
il sorriso sardonico improvvisamente sparito dietro un’espressione neutrale. Le
sue mani corsero al colletto aperto, poi si abbassò per controllare il respiro.
Tutti attendevano con ansia, molti cominciarono a
dubitare del suo operato, considerato il tempo che Travers
stava impiegando per averne la conferma.
Ma non
Regulus, lui conosceva troppo bene la propria mira. Sapeva di non aver
sbagliato.
Quando il Mangiamorte si rialzò dal corpo, il suo
sorriso parlò per lui.
«Non sono un dottore, ma credo proprio che sia morto»
annunciò infine.
E l’anima di Regulus Black venne macchiata per sempre.
***
Out, damned spot! Out, I say!
One, two. Why, then, ’tis time
to do ’t. Hell is murky!
Fie, my lord, fie! A soldier,
and afeard?
What need we fear who knows
it, when none can call our power to account?
Yet who would have thought the
old man to have had so much blood in him.
[Lady Macbeth
– Atto V scena I]5
Gli occhi di Kreacher erano
spalancati, inondati dal terrore. Quali orrori doveva aver visto, quella povera
creatura, nell’inferno in cui l’Oscuro Signore l’aveva condotto? Gli bastò
notare come trasalì, quando provò a sfiorargli la testa per confortarlo, per
immaginarlo.
Un’altra
macchia, l’ennesima.
Regulus sentì il fantasma ridere di lui, nell’antro
più profondo della sua mente. Naturalmente aveva ragione, come poteva essere
altrimenti? Aveva dato quel povero elfo domestico in pasto ad una creatura che
l’anima l’aveva persa da un bel pezzo.
Quello era il
punto a cui anche lui sarebbe arrivato, se non avesse messo fine a quella
follia.
Il fantasma era davanti a lui, quel giorno.
Solitamente appariva al suo fianco, oppure alle sue spalle. Una volta l’aveva
scorto esclusivamente sulle superfici riflettenti e sua madre aveva quasi avuto
una crisi di nervi, quando si era rifiutato di spiegarle perché ci tenesse
tanto a coprire gli specchi di casa.
Averlo davanti era quasi un conforto, a dirla tutta.
Si era talmente abituato a vederlo da considerarlo quasi una proiezione della
sua coscienza.
Probabilmente lo era, i fantasmi non mantenevano quel
colorito.
Ed i fantasmi non sanguinavano.
«Il padrone vuole bere quella pozione orribile?»
gracchiò l’elfo, con le orecchie basse, aggrappandosi alla sua veste da mago
come se avesse voluto impedirglielo. «Non fatelo Padrone, non fatelo… loro prenderanno anche voi, Padrone…»
continuò, implorante, tirando con tutta la forza delle sue piccole braccia il
tessuto della veste. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, mentre si
lamentava per convincerlo a non perseguire nel suo proposito.
«Kreacher…» tentò Regulus,
sentendo una morsa al petto all’idea di non tornare vivo a casa, dove sua madre
lo aspettava. Per un attimo, pensò che avrebbe potuto fingere che non fosse successo
nulla, tornare indietro e fuggire.
Il fantasma, davanti a lui, rise più forte ed un
fiotto di sangue nero gli colò dalle labbra.
Non avrebbe
sopportato di assistere ad altri omicidi. Non avrebbe sopportato di commetterne
altri.
«Per favore, Padrone, per favore…».
Con un gesto secco, Regulus staccò la creatura dalla
sua veste. Si limitò a fargli una carezza sul capo prima di avvicinarsi al
bacile.
Il fantasma apparve al suo fianco, con un sorriso
macabro. Allungò la mano – indossava ancora gli stessi guanti con cui era morto
– e gli sfiorò delicatamente il petto.
Era troppo
tardi per salvare la sua anima, ma poteva salvarne molte altre.
Ma la sua vita era meno importante? Davvero il suo
desiderio di essere qualcuno poteva
averlo condotto al punto di dover morire
ed essere dimenticato?
Gli era stata predetta la gloria, ma dov’era la gloria
in quella morte di cui nessuno avrebbe mai saputo qualcosa?
Il fantasma chiuse gli occhi per un istante,
poggiandosi la mano sul cuore, e Regulus ricordò il suo bambino. Il bambino che
lui aveva reso orfano. Una lacrima di
sangue colò sulla guancia incavata del morto, macchiandogli il cappotto chiaro
già sporco di terra.
Anche Regulus pianse e riversò nelle sue lacrime tutta
la paura per ciò che sarebbe successo. Nessun uomo sarebbe più dovuto morire
per aiutare quell’essere a realizzare
un progetto abominevole. Ma Regulus Black non era più un uomo e, forse, la sua
morte sarebbe servita a fermarlo.
Si era spinto
dove nessuno sarebbe dovuto arrivare, non c’era più via di ritorno.
«Ti ordino di farmi bere tutta la pozione, Kreacher».
Ed Isaac
Burke riuscì finalmente a riposare in pace.
I dare do all that may become
a man;
Who dares do more, is none. 6
[Macbeth
– Atto I, Scena VII]
»Marnie’s corner.
Prima di tutto,
comunicazioni di servizio: Questa one-shot partecipa
al Concorso “Il
Contest dei premi speciali” indetto da Ladyriddle
sul forum di Efp.
Adesso, prima
di passare alla traduzione dei singoli brani ed ai riferimenti, una breve
spiegazione del titolo.
The serpent underneath – Perché?
Il riferimento
continuo è al Macbeth di Shakespeare. La citazione
completa è ripresa anche al riferimento 3, riguardo le parole riferite da Lady
Black a Regulus, quella mattina.
Prendi l’aspetto del fiore ma sii il serpente sotto di
esso (Look like the innocent
flower but be the serpent underneath) è una battuta di Lady Macbeth, usata
per spronare il marito a compiere l’efferato omicidio del Re. In questo caso,
possiamo dire che maman
abbia ripreso il ruolo della donna, spingendo il figlio fra le braccia dei
Mangiamorte.
Perchè l’ho
usata per il titolo?
Perchè
rappresenta al meglio tutta la storia. Prima di tutto, naturalmente, c’è la
volontà dei Mangiamorte, che sfruttano Regulus ed il suo essere tanto giovane. A
questo punto, però, credo che tutta la guerriglia
di Voldemort possa essere ricondotta a questa particolare citazione. Tutta
la bellezza, le promesse di una nuova società, non fanno che nascondere l’orrore
degli omicidi, che Regulus comprende solo troppo tardi.
Il riferimento
alla tragedia di Shakespeare, come ho già detto, è pressoché
continuo. Lo stesso protagonista, Regulus, riveste dapprima i panni dell’eroe
tragico – Macbeth, appunto – e, nella seconda parte,
quelli della moglie, quando quest’ultima, impazzita, vede dappertutto il sangue
del Re innocente.
--
Riferimenti geografico-temporali: ci troviamo,
nella prima parte, nella periferia di Bristol, nel febbraio del 1979. Quanto
alla seconda parte, siamo in un periodo imprecisato dello stesso anno, sempre
in pieno inverno.
--
Isaac Burke è un mio OC, non è presente nella saga, di
conseguenza cercate di non infilarlo da qualche parte senza prima avermi
avvertita! (Non credo ce ne sia il pericolo, ma non si sa mai!)
Nella seconda parte lui non è davvero presente come fantasma. Esattamente come Lady Macbeth vede il sangue del Re e non dorme per il senso di
colpa, Regulus non riesce a mettersi l’anima
in pace e materializza il suo senso di colpa nell’uomo che ha provato a
farlo ragionare.
--
Adesso, riferimenti:
1 – (Vedi
punto 3 per indicazioni) “Il serpente al di sotto”, letteralmente.
2 – Macbeth, Atto I – Scena III (L'orrore del reale è nulla contro l'idea dell'orrore. I miei
pensieri, solo virtuali omicidi, scuotono la mia natura di uomo; funzione e
immaginazione si mescolano; e nulla è, se non ciò che non è).
3 – Lady Macbeth,
Atto I – Scena V.
4 – Macbeth,
Atto I – Scena III.
5 – Lady Macbeth,
Atto V – Scena I(Scompari, macchia maledetta! Scompari, dico! Uno, due. Ebbene,
è venuto il momento di agire. L'inferno è buio! Vergogna, mio signore,
vergogna! Come? Sei un soldato e hai paura? Che bisogno c'è di preoccuparsi che
qualcuno lo venga a sapere, dal momento che nessuno può chiamarci a renderne
conto? Eppure, chi avrebbe mai pensato che il vecchio avesse tanto sangue?).
6 – Macbeth,
Atto I – Scena VII (Io ardisco fare ciò che si addice ad un uomo; chi ardisce
più di questo, non è uomo).
* - La famiglia uccisa da Travers è quella dei McKinnon,
morti da pochissimo tempo.
A questo punto, credo sia tutto!
Grazie a chiunque leggerà e mi farà sapere il suo parere.
Vi amo tutti,
-Marnie