Quando
Wasabi entrò nel suo laboratorio, era evidentemente shockato.
«
WOH. WOH. Qui sembra sia scoppiata una bomba! » gridò inorridito
richiudendo la porta con i vetri oscurati, mentre con un piede urtava
contro una lastra di fibra di carbonio « Questo laboratorio è un
campo minato! »
Tadashi
rise, inginocchiato sul pavimento, stava avvitando i bulloni di un’
articolazione di quello che sarebbe dovuto essere la struttura a
sostegno di un braccio.
«
Wasabi… non ho il tempo di mettere in ordine, ma sei libero di
farlo se ti fa piacere »
Il
ragazzo alzò le sopracciglia, sventolando l’ indice sotto al suo
naso « Ah-ah no bello, non mi faccio incastrare » si avvicinò,
facendo molta attenzione a non calpestare nulla, e si abbandonò
sull’ unica sedia libera « Si può sapere su cosa stai lavorando
di così segreto da non potercene parlare? Gli altri iniziano a darti
per disperso »
Il
ragazzo ridacchiò, sollevando il cappellino da baseball per portarsi
indietro i corti capelli neri. In effetti, era da almeno quattro
giorni che non usciva per una pizza o un frappé con i ragazzi, e gli
dispiaceva, davvero. Distrarsi gli avrebbe fatto bene vista la mole
di lavoro che gli si prospettava per il prossimo mese.
Ma
l’ idea si era presentata all’ improvviso e vi si era gettato a
capofitto, sottovalutando quanto lo aspettava.
«
Mi dispiace davvero… » sospirò, scrollando la testa « … ma è
importante »
Wasabi
guardò lo schermo del computer, dove vi erano scritti ordinatamente
dei codici di programmazione « Perché stai scaricando i protocolli
sanitari di San Fransokyo? » Tadashi allungò il braccio, premendo
qualche tasto della tastiera del pc, lo schermo si spense di fronte
all’ amico che parve contrariato « Ehi! »
« E'
una sopresa » ripeté lui, piano « Lo vedrete una volta finito, ci
tengo ai vostri pareri al riguardo. Sai, è per Hiro »
«
Oh, allora sarà sicuramente qualcosa di importante » concordò
Wasabi con un sorriso.
«
Già, o almeno lo spero »
«
Pensi di unirti a noi stasera? Honey ha prenotato un tavolo al
ristorante indonesiano, quello che hanno aperto ora in fondo alla
strada. Dicono che sia buono, che ne dici? »
Oh,
se avrebbe voluto, ma era nella parte più delicata del suo progetto.
Se avesse sbagliato qualcosa alla base della sua struttura o
programmazione, ci sarebbe voluto almeno un’ altro mese per rifare
tutto dall’ inizio.
Non
poteva gettare al vento tutto quello che aveva fatto, nonostante l’
idea di poter stare di nuovo con i suoi amici lo allettava.
«
Lo farei davvero, ma… »
«
Devo lavorare » finì Wasabi per lui, alzando gli occhi al cielo «
Tadashi quando è stata l’ ultima volta che hai avuto un
appuntamento? »
Tadashi
alzò gli occhi dal lavoro incredulo, guardandolo sbigottito «
Questo cosa c’ entra? »
«
Oh, allora è da un po’ » concluse dondolando sulla sedia,
divertito.
«
Non da così tanto » mormorò contrariato, sebbene anche lui ne
fosse poco convinto.
«
Dovresti sentirti, non fai che parlare di lavoro, lavoro, lavoro »
allargò le braccia, guardando il laboratorio « E guarda questo
posto! È un disastro! Passi quasi tutto il tuo tempo qui o a casa!
Sai, Honey ha detto di aver parlato con una ragazza nel suo corso di
chimica che sembra avere un debole per te… »
«
Non sono interessato » lo interruppe Tadashi, tornando a
concentrarsi sull’ articolazione meccanica « Te l’ ho detto, non
ne avrei il tempo »
Wasabi
sbuffò, quella era una battaglia che non poteva vincere. Se voleva,
Tadashi poteva essere ostinato. Caratteristica che non mancava
nemmeno a suo fratello minore , Hiro, forse era una caratteristica di
famiglia.
Un
rumore alle loro spalle li distrasse, qualcuno stava bussando alla
porta di vetro.
«
Avanti! » gridò Tadashi senza alzare gli occhi dal suo lavoro,
probabilmente era Fred o Go Go venuti a dar manforte a Wasabi per
convincerlo a uscire.
Wasabi
si accasciò sulla sedia, recitando in maniera teatrale la sua
disperazione « Lasciate ogni speranza, o voi che entrate, perché
questo è un luogo di perdizione e caos e non è detto che troverete
l' uscita fa-... » la sedia si fermò di fronte alla porta e le
parole gli morirono in gola.
Non
riusciva a distogliere lo sguardo o a battere ciglio, con la bocca
semi aperta, allungò la mano verso l' amico e gli tirò la manica
del cardigan per farlo voltare.
Tadashi
alzò gli occhi al cielo, esasperato, posando gli strumenti a terra «
Wasabi te l' ho detto, devo lavorare, sono concentr-...» si voltò
indietro, ma la bocca si inaridì sia di saliva che di parole quando
vide la ragazza in piedi sulla soglia della sua camera.
Lei
sorrise cordialmente « Non è un buon momento? Posso ripassare più
tardi » azzardò facendo un passo indietro, ma Tadashi saltò in
piedi con una prontezza tale da rovesciare metà del suo lavoro sul
pavimento.
Era
Elsa White. Non aveva dubbi al riguardo. Era conosciuta ovunque al
San Fransokyo Istitute of Technology.
Bella,
brillante bioingegnere e di buona famiglia, era sulla bocca di tutti
gli studenti. Ed ora era lì nei suoi vestiti costosi e dal gusto
impeccabile, a guardarlo sulla soglia del suo laboratorio, come un
irraggiungibile sogno ad occhi aperti.
«
No no, assolutamente nessun disturbo… entra pure » si affrettò a
dire sorridendo, un po’ imbarazzato.
«
Ecco, io allora vado… a fare quella cosa… che ti ho detto
prima... » mormorò confusamente Wasabi ancora stordito, senza
distaccare gli occhi dalla figura di Elsa. Quando arrivò alle sue
spalle, senza che lei lo vedesse, alzò i pollici verso l’ amico in
segno di approvazione prima di sparire dietro lo stipite della porta.
Il
ragazzo tentò di non farci caso e tornò a concentrarsi su di lei,
che nel frattempo aveva iniziato a guardarsi attorno con curiosità.
Tadashi, colto da un improvvisa illuminazione aggiunse
tempestivamente « Perdona il disordine, sto lavorando ad un
progetto… »
«
Oh sì, vedo » convenne riferendosi alle parti meccaniche sparse
ovunque per il laboratorio. Ora Tadashi capiva perché Wasabi l’
aveva definita un campo minato.
La
situazione iniziava a diventare scomoda. Tadashi si strinse nelle
spalle, grattandosi la nuca con una mano « Come posso aiutarti? »
La
ragazza lo guardò con i suoi penetranti occhi azzurri e gli porse la
mano « Sono Elsa White, faccio parte del programma di bioingegneria,
il professor Callaghan mi ha raccomandato il tuo nome per un progetto
su cui sto lavorando… »
«
Oh! Ora mi ricordo! » batté il palmo della mano sulla fronte quando
gli tornò alla mente il colloquio di qualche giorno prima « Me ne
ero totalmente scordato » si stropicciò gli occhi, esausto.
Il
progetto Baymax lo aveva totalmente assorbito, normalmente non si
sarebbe mai scordato un impegno simile, anche se il professore aveva
omesso il nome dello studente che aveva bisogno della sua consulenza.
«
Non voglio creare disturbo, se non puoi o sei indaffarato… »
ripeté decisa, ma Tadashi la interruppe di nuovo.
«
No, no, vieni pure e parliamone, devo solo riorganizzarmi… » si
guardò intorno cercando una sedia sotto ai processori e agli
apparecchi. Corse a liberare uno sgabello, dove vi fece accomodare
Elsa mentre lui si sistemò sulla sedia che poco prima era occupato da
Wasabi.
La
ragazza si accomodò, posando la borsa sulle gambe, incrociate all’
altezza delle caviglie. Era elegante e controllata in ogni movimento.
«
Il professor Callaghan mi ha solo accennato qualcosa »
«
Sì, preferivo parlare dei dettagli direttamente con te, mi è stato
caldamente consigliato il tuo nome, devi essere molto bravo in ciò
che fai perché tutti parlino così bene di te » si congratulò con
lui pacatamente con un accenno di sorriso sulle labbra.
Il
complimento lo fece arrossire, sperò non vistosamente, e rise
imbarazzato.
«
Ci metto solo del mio... » replicò modestamente, per poi schiarirsi
la voce e sporgersi verso di lei « Parlami di quello che hai in
mente »
Elsa
estrasse dalla borsa degli appunti, glieli porse per mostrarglieli.
«
Sto lavorando a dei tessuti intelligenti » gli spiegò lei «
cellule che siano in grado di ripararsi da sole o che sostituiscano
quelle danneggiate »
Tadashi
sfogliò le pagine, studiandone i calcoli e i commenti scarabocchiati
sopra. Persino la sua calligrafia era ordinata e delicata.
Corrucciò
le sopracciglia, alzando lo sguardo su di lei « L’ idea è ottima,
ma non capisco il mio ruolo in tutto questo, non sono un bioingegnere
come te »
Elsa
piegò la testa ed alzò un sopracciglio « Semplice, ho bisogno del
tuo aiuto per quello che riguarda la parte robotica. C’è qualcosa
che mi sfugge, ma non riesco a capire cosa sia. Ho bisogno di te e
delle tue capacità »
L’
affermazione lo lasciò incredulo. Se
me lo avessero raccontato, non ci avrei mai creduto.
Rimase così, imbambolato a guardarla domandandosi se avesse sentito
davvero quelle parole uscire dalla sua bocca.
Elsa
alzò un sopracciglio, portandosi una delle ciocche bionde sfuggitole
dal morbido chignon dietro all’ orecchio, ancora in attesa della
sua risposta.
A
Tadashi ci volle un minuto buono prima di riprendere totale controllo
delle sue facoltà mentali e rendersi conto che sì, Elsa White,
aveva davvero bisogno di lui.
«
Sarei onorato davvero, ma non so se avrei il tempo… » abbassò lo
sguardo, ricordandosi di Baymax e di tutto il lavoro che ancora
doveva fare. Non aveva ancora finito la programmazione al computer e
le parti meccaniche erano ancora solo un abbozzo su carta o scheletri
robotici appena accennati.
Per
non parlare di Hiro, si era appena diplomato, ma non sembrava aver
ancora deciso che strada intraprendere. Sebbene stesse lavorando su
un piccolo robot per i roboduelli, quello non avrebbe dovuto essere
il suo futuro. Hiro aveva molte potenzialità, poteva arrivare
ovunque se avesse voluto.
Finché
i botduelli rimanevano un hobby, poteva passarci sopra, ma spettava a
lui tenerlo d’ occhio perché non si cacciasse nei guai.
Elsa
sospirò, delusa « Capisco, mi dispiace averti disturbato allora »
riprese gli appunti che le stava porgendo e li ripose in borsa.
Vedere
quello sguardo dispiaciuto su di lei gli fece stringere il cuore. Non
le donava. Per niente.
Senza
aggiungere altro, la ragazza si alzò e Tadashi si affrettò a
seguirla, per accompagnarla alla porta.
Prima
di uscire, Elsa si fermò, voltandosi verso di lui « Grazie per il
tempo che mi hai dedicato e… » frugò nella borsa, tirandone fuori
un lecca-lecca alla ciliegia che porse a Tadashi « Tieni è per te,
lo zucchero è il nutrimento delle cellule e a giudicare da tutto il
lavoro che devi fare, penso che tu ne abbia bisogno »
Tadashi
lo prese e lo osservò, mentre Elsa scivolava fuori nel grande
giardino esterno. Un sorriso gli increspò le labbra mentre guardava
la piccola sfera rossa incartata in una confezione trasparente.
«
Ehi, aspetta… » la richiamò, bloccandola sull’ acciottolato in
mezzo ai fiori di ciliegio, Elsa si voltò stupita « Credo di
riuscire a trovare un po’ di tempo per poter lavorare assieme al
tuo progetto, magari venendoci incontro con gli orari… »
Il
sorriso che illuminò il volto di Elsa lo lasciò senza fiato.
«
Grazie Tadashi » lei tirò fuori il cellulare « Immagino che allora
dovremo rimanere in contatto per un po’ »