Le accarezzò i capelli con un gesto delicato della mano.
Barcollavano
entrambi, guidati dall’alcool che scorreva loro nelle vene.
Lui era quello
tra i due che si ubriacava prima, ma in una situazione del genere
doveva per forza far la parte del più forte. Inoltre, si era
trattenuto dal bere tanto.
Le braccia
esili di lei lo circondavano in una stretta che le permetteva di non
cadere a terra. Dal canto suo, il ragazzo la sosteneva in modo da
facilitarle la camminata. Entrambi ridevano; le loro conversazioni in
quel preciso istante non avevano la possibilità di essere
brillanti, quindi si limitavano a ciarlare su argomenti non pretenziosi.
In quei
momenti, uno dei loro passatempi era fare le imitazioni dei loro
compagni.
Ubriachi, non
si accorgevano neanche della gente che gli passava vicino e delle loro
basse considerazioni per due giovani così belli e
così demenziali.
Ma loro due,
in quel momento, si sentivano i sovrani del mondo.
La strada
verso casa era ancora lunga. Il buio della notte li avvolgeva in un
freddo calore.
- Nobu,
ricordati la sensazione di camminare in pubblico senza la folla che ti
perseguita. Quando saremo famosi, non ci capiterà
più una cosa del genere! – disse – anzi,
urlò – Nana, alzando il braccio che non circondava
il compagno.
Lui rise, e
lei fece lo stesso; le due voci si accompagnavano benissimo, quella
maschile e squillante e quella femminile e roca si mescolavano creando
un unico suono melodioso.
Ad un certo
punto lei si fermò, trattenendo anche lui, che si
voltò a guardarla curioso.
-
Perché ti sei fermata? -
Lei teneva gli
occhi chiusi ed era senza espressione. Qualche secondo prima rideva,
ancora prima imprecava contro qualcuno: adesso cosa avrebbe fatto?
- Prendimi in
braccio. – disse soltanto. Lui ridacchiò, in un
misto di imbarazzo e presa in giro.
- Cammina
sulle tue gambe! -
- Sono stanca!
– gli urlò lei, tanto che il ragazzo
sussultò. Poi Nana allungò l’altro
braccio e lo posò sulla spalla dell’amico,
aggrappandosi al suo collo, per poi lasciarsi andare di peso. Lui non
poté far a meno di sollevarla e di stringerla al petto
tenendola tra le braccia.
- Ma che fai,
mi metti in imbarazzo! – le sussurrò, guardando
per la prima volta i visi delle altre persone che erano su quella
strada. Fortunatamente, grazie all’ora tarda e alla strada
isolata che avevano imboccato poco prima, non è che fossero
poi molti.
- Nobu, se sei
un uomo, comportati da tale! – impose lei, tenendo gli occhi
chiusi.
L’odore
di pelle della giacca del ragazzo la rassicurava.
Lui
sospirò, sorridendo. – Hai bevuto molto oggi, eh?
– socchiuse gli occhi, guardandole il viso. –
Presto diventeremo delle star, vero Nana? – le chiese poi,
alzando gli occhi al cielo.
- Certo.
– rispose lei, mentre la stanchezza andava pian piano
facendosi pesante.
- E saremo
felici…? – continuò lui; la luce delle
stelle, ben visibili dalla riva del fiume, lo rendeva malinconico. Lei
non rispose.
Nobu si
avviò verso l’acqua, per osservare meglio il cielo.
Quel posto gli
ricordava fin troppo Hachiko. La sua dichiarazione, il suo amore. E
Takumi.
Il respiro gli
andò via per qualche attimo, la tristezza gli confuse la
mente.
Si
inginocchiò, e Nana finì seduta
sull’erba. Si svegliò di colpo, quando ormai era
addormentata. Agitata, cercò nel buio lo sguardo
dell’amico.
- Nobu..? -
Lui guardava
l’acqua fluire verso un’unica direzione. Il
riflesso della luna era luminoso e limpido. Il pensiero di Hachiko
occupava gran parte della sua giornata, ma in momenti come quello,
quando l’alcool prevaleva sulla ragione, un luogo pieno di
ricordi ed un atmosfera romantica, era inevitabile che si abbattesse.
Perso nelle
nostalgie, la mano fredda di Nana sulla sua guancia lo fece sussultare.
Ricambiò lo sguardo di lei, preoccupato. Cercò di
sorriderle, di tranquillizzarla.
- Pensi ad
Hachiko? – gli chiese lei, a bruciapelo.
Dopo qualche
secondo di indecisione, sospirò. – Si. –
Un’espressione
dispiaciuta di manifestò sul suo viso. Ma non disse niente.
Dopo qualche secondo di silenzio, interrotto solo dallo scorrere
dell’acqua, lui tornò a guardarla.
- Non mi dici
niente? Non mi dici di continuare ad insistere? – le chiese,
sorridendo tra se e se. Ma lei non disse niente.
Questo lo
lasciò stupefatto; nessuna frase carica di fervore, nessun
incoraggiamento carico d’energia. Quando lui era
giù di morale, era lei a riportarlo sulla via del pensiero
positivo.
Il pensiero si
focalizzò su Nana.
Erano come due
facce della stessa medaglia, compensavano a vicenda le proprie
mancanze. Era così dagli anni del liceo, da quando lui aveva
promesso a sua nonna di badare a lei. Fino a quel momento, avevano
entrambi contribuito alla loro reciproca felicità. Nobu le
aveva presentato Ren, e Nana gli aveva presentato Hachi. E si erano
aiutati in tanti altri modi.
Ad un certo
punto, le braccia di lei lo circondarono. Le loro guance si sfiorarono
in un abbraccio. Lui, all’inizio un po’ sorpreso,
qualche attimo dopo ricambiò la stretta, sorridendo. I
singhiozzi di lei erano silenziosi, ma attraverso la giacca riusciva a
percepirli.
- Che fai,
piangi? – le sussurrò in un orecchio, mentre con
le braccia la coccolava. Lei fece di no con la testa, poi
posò la fronte sulla spalla del ragazzo, lasciando le
lacrime scorrere.
- Non ti
preoccupare, non muoio mica! – disse, ricevendo subito dopo
un colpo alla nuca da parte della ragazza. Ridacchiò,
sollevato dal fatto che il carattere combattivo di Nana non era
completamente scomparso.
Lei si
allontanò da lui, e lo guardò negli occhi. La
luna faceva scintillare le lacrime; Nobu con un dito ne prese una.
- Nobu, anche
se con Hachiko non finisce come vorresti… -
iniziò lei. Ma fu interrotta.
- Lo so, non
devo arrendermi. – sospirò il ragazzo,
rassegnandosi. Ma lei lo zittì, posandogli un dito sulle
labbra.
-
…sappi che io ci sarò sempre. –
terminò.
Lui rimase
spiazzato, lei non era un tipo di ragazza che si lasciava andare a
frasi affettuose come queste. La guardò con gli occhi
sbarrati, un po’ per il buio e un po’ per la
sorpresa, mentre lei si alzava e si staccava da lui. Gli disse di
muoversi, era stanca e voleva farsi un bagno.
Anche lui si
alzò, e la guardo avviarsi verso casa.
Le corse
dietro, e le si affiancò sorridendole mentre lei con un
espressione fredda mascherava il suo imbarazzo. Nana era fatta
così, preferiva mostrare il suo lato più rude che
quello più sensibile.
Ma era felice
che, in un momento per lui difficile come quello, era riuscito a farlo
sentire meglio, ad alleviargli il dolore.
Dubitava della
sua storia con Hachiko, dubitava della sua scelta di scappare di casa,
dubitava del suo futuro.
Ma non
dubitava di Nana.
Fan
fiction scritta su due piedi, e in tutta sincerità non mi
soddisfa per niente. Ma sentivo il bisogno di scrivere qualcosa su loro
due perché li amo profondamente. <3
Grazie
per aver letto!
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