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SPOILER
CAP. 813!
Credo che per noi fan della SaNami questo sia stato uno
dei capitoli più significativi e pieni di feels, e non ho
resistito alla voglia di riproporvi la scena qui affianco secondo la
mia personale visione. Spero che la flashfic vi piaccia e ringrazio chi
avrà voglia di commentare, così come chi mi segue
in questo fandom. Se vi state chiedendo che fine abbiano fatto le mie
storie in corso, be'... un giorno, quando avrò tempo, le
aggiornerò :')
Buona lettura e pregate con me che Nami arrivi al matrimonio di
Sanji urlando "MI OPPONGO!"
«Datemi
un foglio e una penna».
«Lasci
un biglietto per Cappello di Paglia, eh?».
Sanji tiene il viso chino sul tavolo, la fronte corrugata e la
sigaretta saldamente stretta tra le labbra, mentre la penna che ha in
mano scivola velocemente sulla carta ruvida, provocando un leggero
strofinio.
Nami, seduta per terra e tenuta in ostaggio insieme a Chopper e Brook,
solleva il mento e si sporge in avanti, desiderosa di sapere quale sia
il contenuto della lettera [e i piani di Sanji e il suo passato e tutta
la storia del matrimonio e chi sia questa Pudding...], ma le
catene intorno alla vita le impediscono qualunque movimento e allora
abbandona l’impresa, tornando a stringersi nelle spalle.
Tutto ciò che può fare è guardare
Sanji. E guardandolo, a Nami viene da pensare che, seduto su quella
poltrona di
raso, con quel bel cappotto nero, di fronte a quel lungo tavolo con
tanto di candelabro e bicchieri in vetro colmi di vino, in quella
stanza dall’aria regale, Sanji sembra proprio un principe.
Come ha fatto a non notarlo prima? Biondo, elegante, bello. Perfino quel
Vinsmoke gli dà un’aria
decisamente nobile. E conoscendo il suo fare educato e cavalleresco, in
fondo Nami non si stupirebbe se lo fosse davvero.
Poi la sedia striscia sul pavimento, Sanji si solleva in piedi, le si
avvicina e si inginocchia di fronte a lei con l’espressione
più seria che Nami gli abbia mai visto in volto. La
navigatrice non fa nemmeno in tempo a chiedersi quali possano essere le
sue intenzioni, perché Sanji, senza dire una parola, allunga
una mano e le infila il biglietto arrotolato tra la catena e la stoffa
del
vestito, all’altezza della vita, senza approfittare per
toccarla come al solito, senza nemmeno guardarla negli occhi. Infine si
sporge verso di lei, e Nami, le narici pregne del familiare odore di
nicotina e dopobarba, si ritrae istintivamente indietro per paura che
lui voglia darle un bacio
d’addio [dannate catene che le impedirebbero di
schiaffeggiarlo!], tuttavia Sanji avvicina semplicemente la bocca al
suo orecchio, sfiorandole casualmente
una guancia con le labbra, e sussurra una parola, una sola, veloce,
appena udibile.
«Aspettami».
E forse intende soltanto che questo non è un addio, che presto
si riunirà alla ciurma per continuare tutti insieme la loro
avventura.
O forse, nel più sentimentale dei casi, vorrebbe dirle che no, non
sposerà Pudding, perché è lei, Nami-san,
l’unica regina del suo cuore, l’unica donna che
vorrebbe vedere [e che ha già visto] in abito da sposa al
suo fianco.
In un modo o nell’altro, Nami è certa di una cosa.
Lo aspetterà.
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