-Un Favore per
un'Amica-
A quell’ennesimo rumore, Gilbert si gelò di colpo e abbassò lentamente
gli occhi dorati, sbiancando. Trattenere un urlo a quella vista fu
impossibile.
FanFiction partecipante al "Maribingo" indetto dalla community
maridichallenge
[Gilbert x Oz - Shounen-ai]
- Titolo: Un Favore per
un'Amica
- Autori: Scarlet Morgue
(Fiamma Drakon & XShade-Shinra)
- Fandom: Pandora Hearts
- Personaggi: Gilbert
Nightray, Oz Vessalius, OC(?)
- Pairing: Gilbert x Oz
[Ozbert]
- Prompt: #46 "Un gatto sotto
al letto"
- Genere: Commedia, Slice of
Life
- Rating: Giallo
- Avvisi: Shounen-ai, AU, H/C
- Capitoli: One-Shot
- Wordcount: 1834 parole (FdP)
- Disclaimer: Tutti i
personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non
esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa
narrati. Inoltre questi personaggi non ci appartengono (purtroppo...),
ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
- Un Favore
per
un’Amica -
Per Gilbert quel giorno era iniziato
stupendamente, come ogni dì da un anno a quella parte: si era
risvegliato tra le braccia di Oz, in quel loro letto che da tanto
avevano sognato di condividere. Era meraviglioso svegliarsi e sentire
vicino a sé il calore della persona amata, poterla abbracciare come
prima cosa in quella giornata e baciare le sue labbra. A lui bastava
questo per poter essere felice. Talvolta, quando la mattinata non era
troppo frenetica o ricca di impegni, adoravano stare avvolti dalle
coperte per coccolarsi un po’ e, perché no, passare da baci e carezze a
tinte più piccanti, approfittando dell’alzabandiera mattutino, e finire
facendosi la doccia assieme - anche se il desiderio di restare a letto
a dormire era fortissimo dopo l’appagamento sessuale.
Dopo la doccia, dunque, Gilbert si era vestito per andare a lavoro,
mentre Oz era tornato tra le coltri, avendo lezione solo nel
pomeriggio.
«Ci vediamo prima di cena» disse Gilbert, mentre si avvolgeva il collo
nella morbida sciarpa color crema.
«Va bene. Buon lavoro…» borbottò Oz, da sotto gli strati di morbido
calore, con il cervello già in modalità risparmio energetico. «Alice
viene qui a pranzo, poi andiamo a lezione insieme» aggiunse con una
forza che nemmeno lui sapeva di avere.
«Ok, salutamela» rispose Gilbert. Finito di mettersi il giubbotto si
avvicinò a Oz e gli baciò delicatamente la guancia. «Ti amo» sussurrò
con un abbozzo di sorriso.
Fu certo di aver sentito un sospiro che pareva tanto un “anch’io”, e
ciò gli bastò per farlo arrossire appena sulle guance.
Prese la propria copia della chiavi di casa, uscì venendo avvolto
immediatamente dalle gelide membra del vento invernale. L’inverno era
così freddo quando non era insieme a Oz… Non era passato che qualche
secondo e già non vedeva l’ora di tornare a casa.
La giornata passò abbastanza velocemente e presto si fecero le cinque
del pomeriggio, orario in cui - finalmente - Gilbert terminava a lavoro
e andava alla fermata dell’autobus; un appartamento vicino al proprio
posto di lavoro era la chiave vincente per non perdere tempo sui mezzi
di trasporto pubblico, e presto il giovane fu di ritorno a casa.
Stando all’orario di Oz, le sue lezioni terminavano alle diciotto,
quindi non avrebbe dovuto aspettare molto.
Tornato a casa, trovò tutto buio e silenzioso; come di consueto, Oz
aveva abbassato le tapparelle - poiché a quell’ora il sole era già
calato, ormai - e l’unico rumore che si sentiva di sottofondo era il
basso ronzio del frigo. Accese la luce del corridoio e chiuse il
portone.
Tutto normale. A un tratto, però, un suono attirò la sua attenzione.
Tump-tump.
Poi silenzio.
Non sembrava come se fosse caduto qualcosa, affatto.
«Oz?» chiamò ad alta voce. Nulla. «Sei a casa?» anche a questo nessuna
risposta.
Dovevano essere i vicini di casa, quelli del piano di sopra.
Sicuramente era così.
Indossò le pantofole e camminò tranquillamente verso il bagno.
Tump-Tum.
Di nuovo.
Volendo capire cosa fosse, decise di andare in camera da letto, dove
proveniva il rumore.
Accese la luce e guardò la stanza: sembrava tutto a posto.
Frrrrrrr.
A quell’ennesimo rumore, Gilbert si gelò di colpo e abbassò lentamente
gli occhi dorati, sbiancando. Trattenere un urlo a quella vista fu
impossibile.
Oz tornò a casa alle sei e mezzo, puntuale come sempre - il docente di
informatica non aveva minimamente voglia di rimanere un solo minuto in
più, non pagato, e gli studenti men che meno. Dalla strada vide la luce
della camera dell’appartamento accesa e sorrise dolce sotto il collo in
lana. Si affrettò a salire le scale e suonò il campanello.
Attese qualche secondo, ma nessuno venne ad aprirgli la porta.
«Sarà in bagno…» borbottò, mentre cercava la chiave nella cartella.
Entrò in casa, sentendosi subito ristorato dal calduccio che c’era.
«Gil! Sono tornato!» si annunciò, notando solo un attimo dopo che era
decisamente strano trovare la luce del corridoio accesa.
«Oz! Vieni! PRESTO!».
Il richiamo concitato di Gilbert, proveniente dalla camera da letto lo
fece trasalire. Sembrava terrorizzato.
Senza nemmeno togliersi il cappotto o gli stivali, corse in camera.
«Gil! Cosa è suc-?» non finì la domanda che vide il giovane seduto in
posizione fetale sul loro letto matrimoniale, con le braccia a
cingergli le gambe al petto.
«Oz! Meno male che sei tornato!» esclamò Gilbert, a un passo dalle
lacrime.
Il biondino lo guardò interrogativo, non capendo cosa fosse successo.
Gilbert tremava e aveva gli occhi umidi, e aveva ancora indosso l’abito
buono da lavoro.
Oz gli si avvicinò preoccupato, ma prima che potesse raggiungerlo,
Gilbert disse balbettante: «C’è un mostro in casa, sotto il letto…».
«Eh?». Oz aveva gli occhi verdi talmente grandi da parere quelli della
sorella Ada.
Gilbert finalmente lo guardò e una lacrima di paura gli solcò una
guancia. «C’è un gatto in casa: si è intrufolato sotto il letto…»
spiegò meglio, riprendendosi un poco grazie alla presenza di Oz - o
meglio di qualcuno vicino a lui che poteva aiutarlo.
Oz abbandonò l'espressione sorpresa e sorrise. Poggiò a terra la
cartella, contro la parete vicino alla porta, e si fece avanti nella
stanza.
Si diresse verso il letto e si inginocchiò di fianco ad esso; dopodiché
si accucciò e vi si infilò sotto.
Gilbert era troppo spaventato per muoversi, ma lo sentì mentre
sollevava leggermente il materasso man mano che procedeva verso il
centro.
I rumori di poco prima si ripeterono e un "frrrrrr" più intenso degli
altri fece tremare Gilbert fin nelle viscere, strappandogli un
gridolino decisamente poco virile.
«O-Oz...?» domandò con voce tremula, decidendo di rompere la sua
immobile attesa.
Avanzò lentamente carponi verso il bordo, nel punto oltre il quale il
suo compagno era appena sparito. Dalla sua posizione riusciva a vedere
i piedi di Oz.
Si sporse ancora un po' di più per assicurarsi che andasse tutto bene e
in quel preciso momento il suo compagno fuoriuscì da sotto il letto con
una palla di pelo nero ben stretta tra le mani.
Gilbert gridò e si tirò indietro con un balzo fino al lato opposto del
materasso, oltre il quale capitombolò per la troppa enfasi del
movimento.
Oz rise un po' per la goffaggine e un po' per la tenerezza nel vedere
il suo partner terrorizzato da una cosa piccola e innocente come quel
batuffolo che aveva abilmente accalappiato.
Con il micio stretto al petto aggirò il letto e si portò al fianco
opposto di esso, dove Gilbert si stava mettendo carponi.
Il gattino miagolò, attirando l'attenzione del moro, che si addossò al
comò col viso deformato dalla paura.
«C-cosa ci fa q-qu-quella bestia qui?! M-mandalo via!» balbettò.
Oz si inginocchiò dirimpetto a lui e sorrise con aria di scuse. «Alice
starà via per qualche giorno e mi ha chiesto di occuparmi di
Cheshire...» arrossì e assunse un cipiglio contrito. «Mi dispiace...
avrei dovuto mandarti un messaggio sul cellulare o lasciarti un
biglietto... puoi perdonarmi?».
Gilbert arrossì a sua volta per le sue parole gentili, e l'espressione
tenera e innocente.
Sorrise e il suo viso si illuminò di gioia mentre esclamava: «Certo che
ti perdono, Oz».
Chiuse gli occhi in un'espressione che era ben familiare al biondo per
il gran numero di volte che l'aveva vista sul suo viso.
«Grazie, Gil» rispose Oz.
Gilbert sentì qualcosa di morbido che gli veniva poggiato sul capo e si
espose, credendo che fosse la mano guantata del suo compagno che gli
carezzava i capelli.
Lo faceva spesso e gli piaceva da matti farsi accarezzare da lui.
Quando sentì un miagolio provenire da sopra di sé e la morbida cosa
poggiata su di lui iniziare a vibrare piano sbiancò in viso di colpo e
non riuscì a non scoppiare in lacrime all'istante.
«Ooooz!» frignò.
«Scusami, Gil... non ho saputo resistere...!» esclamò il biondo. «E
sembra che Cheshire ti abbia preso in simpatia!».
«Non m'importa! Toglilo! Toglilooo!» piagnucolò Gilbert in preda al
panico.
Oz lo accontentò e riprese il micino in braccio. Poco ci mancava che
Gilbert se la facesse addosso.
«Non capirò mai questa tua paura, Gil...» borbottò il ragazzo,
accarezzando Cheshire.
Il più grande non rispose e con un balzo tornò sul letto, suo unico
posto sicuro. «Scommetto che hai messo anche la lettiera in bagno...
così non ci potrò più andare!» disse il moro fissando il vuoto con
occhi piccoli e assenti. «Voglio tornare da Vince...» pianse piano.
Quando nominava il fratello in quel frangente, Oz si ingelosiva sempre
un poco. Sospirando, portò l'ospite fuori dalla stanza e chiuse la
porta.
«Ora non c'é più», disse ad alta voce, tornando da Gilbert. Gli
sembrava che avesse ripreso più colorito.
«Per ora» borbottò il moro con la gambe al petto e il mento poggiato
sulle ginocchia.
Oz tornò da lui e si mise ginocchioni sul letto, stringendo l'altro a
sé e coccolandolo piano. Lo sentì sciogliersi un poco. «Scusa, Gil...
ma sai quanto é importante Cheshire per Alice: non potevo non
prenderglielo per il fine settimana».
Gilbert non rispose, offeso. Oz si sentì una cacca: avrebbe dovuto sì
avvisarlo, almeno per evitargli lo shock... ma se lo avesse avvisato
avrebbe boicottato la cosa. «Non tornare da Vince... mi sgriderà» e ben
sapevano che lo avrebbe fatto e che sembrava uno psicopatico invasato
quando diventava malvagio. «E non voglio passare il weekend lontano da
te...» mormorò al suo orecchio, cercando di addolcirlo.
«Non può andare Cheshire da Vince?» domandò Gilbert in un uggiolio.
«Ma se sai benissimo che Cheshire lo odia!» gli fece notare il ragazzo.
Era vero. Vincent la prima, unica e ultima volta che lo aveva visto ci
stava per rimettere un occhio solo perché si era avvicinato troppo.
Gilbert sospirò, continuando a rifugiarsi nel suo silenzio. Oz fece per
andarsene, ma il compagno lo trattenne per la manica della giacca.
«Non lasciarmi solo... ho paura...» balbettò in ansia.
Oz sorrise appena e gli diede un bacio sulla guancia. Sarebbe rimasto,
come anche Gilbert non avrebbe varcato la soglia di casa quella sera.
«Prima mi avevi perdonato».
«Poi mi hai messo quel... quel demone... in testa... Ma sei ancora
perdonato».
Oz sorrise dolce. «Magari, Cheshire, mentre siamo in cucina, sta tra il
corridoio e la camera, mentre per la notte staremo noi in camera
e lui in cucina e corridoio. Baderò io a lui» suggerì Oz, carezzandogli
i capelli. Il loro nido d'amore era molto piccolo in realtà. «E la
lettiera la mettiamo nello sgabuzzino».
Gilbert lo abbracciò. «Ma se il gatto é in giro ho paura ad andare in
bagno...» uggiolò.
«Ti accompagnerò io» si offrì il biondo. Avrebbe dovuto badare a un
micio e a un bambino...
Gilbert sorrise appena, ringraziandolo. Andava bene, finché c'era Oz a
vegliare su di lui.
Arrivati finalmente a una situazione di pace, il biondo baciò casto il
compagno sulle labbra, sentendolo mugolare contento in risposta, e non
aspettò oltre per spingerlo di schiena sul letto e saltargli sopra per
approfondire quell'unione. Almeno per un'oretta, Gilbert avrebbe
pensato ad altro che non fosse Cheshire in casa.
E se questo metodo avesse funzionato, si sarebbe prospettato un weekend
di fuoco.
Fine
Fiamma Drakon & XShade-Shinra
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