I'm waiting for my
angel
"Sto aspettando
il mio angelo
il mio angelo custode
Lui voleva proteggermi
ma io non lo capivo
Quel giorno lo rinnegai
... e a causa mia morì."
Intere nottate passate a pensare, con gli occhi color carbone posati
sui fili d'erba di quell'anonimo parco Londinese.
< Cosa ci fai qui tutto solo?> Chiedeva ogni tanto un
passante, preoccupato per quell' insolita creatura bianca come il latte
dalle sembianze di un bambino, accucciata sull'umido suolo verde.
< Sto aspettando > rispondeva il ragazzo con tono atono.
Una mano ad arricciarsi una ciocca lattea con fare infantile, gli occhi
spenti, sempre puntati a terra.
< Ti sei perso...? Hai bisogno di aiuto?>
< Sto aspettando il mio angelo... lo aspetto perché
ho capito... e non sbaglierò più...>
Ormai era una frase ripetuta e ripetuta... non diceva altro, non gli
veniva chiesto altro dai vari passanti che, incuriositi, si fermavano
per parlargli... perché poi, scorgendo i suoi lineamenti
ormai adulti, la preoccupazione svaniva... e la docile figura tornava
rinchiusa nella totale solitudine. Un' universo buio, fatto di soli
pensieri sconnessi tra loro, dove il solo colore esistente era il
grigio, dove non esistevano " gli altri", ma solamente lui, lui e
basta, lui bianco come il latte in una stanza buia, come i suoi
pensieri. Lui con i suoi trenini ed i suoi pupazzi, lui con la sua
freddezza nei confronti di tutti, nessuno escluso.
Durante il giorno, passava il tempo nel salone della villa dei suoi
genitori, a fare e disfare immensi puzzle incolore e a giocare con
quegli infiniti giocattoli a lui donati dai parenti, pronti a viziarlo
in ogni momento.
Di notte, si dirigeva all'insaputa di tutti in quel grande parco verde,
illuminato dalla luce dei lampioni dove ogni tanto si poteva scorgere
qualche lucciola dalle vesti succinte attendere qualcuno. Qualcuno di
sconosciuto, che le portasse via da lì per un po’,
per poi, magari, riaccompagnarle sul posto.
Ogni tanto una di loro gli si avvicinava squadrandolo attentamente e
ridacchiando nello scorgere una figura dall'aspetto talmente puro il un
luogo simile. Avanzavano alcune proposte alcune di loro, una volta
accortesi dell'età effettiva dell' albino. Invano: la
risposta era la solita, il tono pure.
< Sto aspettando il mio angelo, non ho bisogno d'altro...>
Quando anche le donne, sua unica e mai considerata compagnia, se ne
andavano, rimaneva solo. Portava nuovamente le esili dita a sfiorarsi i
capelli, accucciandosi vicino ad un albero su se stesso alla ricerca di
un po’ di calore nel bel mezzo di una città tanto
umida quanto nebbiosa...
Una notte però, accadde qualcosa di insolito...
< Certo che hai un bel coraggio a venire qui in piena
notte...>
Una voce leggermente roca arrivò alle sue orecchie
destandolo dal leggero sonno. Si portò seduto,
stropicciandosi gli occhi liquidi con i pugni e riprendendo a fissare
il suolo, appoggiato contro il tronco dell' albero. Poi si
voltò, scorgendo l'ombra di un' anonima figura seduta sulla
panchina alla sua sinistra.
< ...>
< Guarda che lo so che c'è qualcuno lì
dietro, è inutile che te ne stai zitto >
Il timbro di voce pareva serio, ma allo stesso tempo beffardo, come se
lo stesse prendendo in giro. Era una voce familiare, anche se gli
parevano passati secoli dall'ultima volta che l'aveva udita.
La cosa lo incuriosì quel poco che bastava per farlo
avvicinare, a piccoli e timidi passi.
Quando gli fu abbastanza vicino alzò lo sguardo, neutro,
osservandolo attentamente.
Del viso non gli era concesso scorgerne i lineamenti, portava un
cappuccio nero a coprirgli il capo, nonostante potessero comunque
intravedersi delle ciocche bionde spuntare fuori.
Indossava un cappotto, anch' esso nero, esattamente come gli stivali.
Il giovane albino decise di tornarsene seduto dietro l'albero, non
aveva voglia di mettersi a conversare con qualcuno dopo tutto quel
tempo, chiunque egli fosse.
< Ti prendi gioco di me solo perché non posso
vederti? Fossi ancora in possesso della vista ti farei passare la
voglia di scherzare col fuoco...>
< Io non ho mai giocato col fuoco, signore. Non ne sono mai
stato capace > rispose stavolta continuando a dargli le spalle.
< Oh! Hai ripreso l'uso della parola, eh?... Beh, meglio
così, stasera non ho voglia di starmene solo in silenzio,
non so se vale la stessa cosa per te e non mi interessa... piuttosto...
è da tanto che sei qui? Sai, avevo sentito parlare di uno
strano ragazzino che se ne sta tutta la notte in questo parco malfamato
a "cianciare" su un Angelo...>
Era strano... ma quella voce dal tono così forte, che a
differenza di quelle dei passanti lo incitava a mostrarsi, riusciva a
smuoverlo, ad incuriosirlo... chi era realmente quell'ennesimo
sconosciuto che aveva deciso di rivolgere la parola a lui? Lui
così solo, così invisibile in mezzo a chi lo
circondava?
Fu solo in quel momento, nell’attimo in cui voltò
nuovamente il pallido viso verso lo sconosciuto che i suoi occhi
intravidero, in mezzo all’oscurità delle sue
vesti, una timida luce brillargli sul petto… allora anche i
cupi occhi del giovane ripresero vita, dinnanzi a quel rosario dalle
perline bianche e scarlatte.
"Sto aspettando
il mio angelo
il mio angelo custode
Lui voleva proteggermi
ma io non lo capivo
Quel giorno lo rinnegai
... e a causa mia morì."
Pensava fosse stato perduto. Pensava fosse bruciato il
quell’inferno di fiamme cinque anni prima, quando preso dalla
vergogna e dalla disperazione lo aveva gettato, in un impeto di rabbia.
Sto aspettando
il mio angelo
perché mi porti con sé.
Perché mi dia un’altra opportunità
per potergli stare vicino.
Quel giorno lo rinnegai
Ma non volevo ferirlo.
La mano del giovane si diresse verso quel volto incappucciato,
sfiorandone i lineamenti non più lisci a causa di
un’evidente ferita che riusciva comunque a scorgere, poi una
ciocca dorata…
Si morse un labbro osservando l’altro che, sentendosi
sfiorare, lo bloccò per il polso.
< … Mihael …?> … era da
tanto che le sue labbra non pronunciavano quel nome. Gli riecheggiava
nella mente, mentre il suo sguardo era nuovamente vacuo, soffermatosi
ancora una volta sul rosario.
Come poteva? Come poteva, Mihael, essere lì di fronte a lui?
Era sicuro fosse morto tempo addietro… aveva anche visto il
suo corpo privo di vita, quel pomeriggio di cinque anni prima.
Aveva solo 13 anni all’epoca, Nate, era ancora un
bambino… abituato dai genitori ad avere tutto quello che
desiderava, nonostante il potere non fosse esattamente lo scopo
principale della sua vita.
Aveva un solo amico, sempre che così lo potesse
considerare… era più che altro… si,
era solo un conoscente. Qualcuno che incontrava di tanto in tanto per
la strada o al parco…
A differenza del piccolo albino, Mihael non era poi così
fortunato. Viveva in un collegio gestito da suore, dove i genitori lo
avevano abbandonato in tenera età.
Nonostante l’educazione ferrea che queste ultime avevano
tentato di imporgli, il biondino era per sua natura un tipo
ribelle… amava vederle disperarsi per i loro tentativi
falliti di educarlo come volevano.
Si erano incontrati per puro caso la prima volta… si
trovavano entrambi allo stesso parco dove ormai Nate passava le sue
nottate.
< Scusa, ti ho fatto male? Non volevo, ma non è stata
colpa mia! Sei tu che non ti sei spostato… >
Ancora leggermente scosso dalla pallonata che gli era arrivata, il
piccolo osservava impassibile quel bambino dall’aspetto tanto
delicato quanto… logorroico?
Erano passati 5 minuti da quando quella maledetta palla gli era
arrivata dritta in fronte, mentre lui si apprestava a giocare con i
suoi amati soldatini, facendolo cadere a terra. Ok, non
l’aveva fatta apposta… ma non era poi
così grave! Erano esattamente 5 minuti che quel biondino
continuava a scusarsi e a giustificarsi tirando in ballo i suoi
riflessi lenti.
L’albino si alzò lentamente tenendosi la testa con
una mano. Era rimasto leggermente scombussolato…
< Non è nulla, non preoccuparti…>
prese a tranquillizzarlo attorcigliandosi con l’indice una
ciocca di capelli bianca…
Non seppe spiegarsi il motivo, fatto sta che da quel giorno, ogni volta
che si incontravano per caso al parco, parlavano per ore e
ore… cosa abbastanza strana per il tredicenne , dato il suo
carattere solitario.
Inizialmente non si fidava molto, lo aveva beccato diverse volte
sgattaiolare via dall’istituto dove viveva, scavalcando i
cancelli… se i suoi genitori avessero saputo che frequentava
un ragazzino del genere, gli avrebbero proibito anche di uscire quelle
poche volte che per ora gli era concesso… poi
però, conoscendolo bene, capì che in fondo non
era male come amico… certo, spesso lo prendeva in giro per
la sua indole debole e per l’ insolito colore dei suoi
capelli, ma sapeva anche essere simpatico, dopotutto.
Si sentiva quasi al sicuro insieme a lui, lui che diverse volte lo
aveva anche difeso da ragazzi più grandi… gli
aveva perfino regalato il rosario a cui era particolarmente legato,
Mihael.
Il vero motivo di quell’ insolito gesto non gli era concesso
saperlo… gli aveva negato ogni spiegazione il biondino,
mentre ancora ricacciava indietro le lacrime e tentava di nascondere il
visibile tremore del suo corpo.
Era arrivato da lui totalmente scosso, aveva lo sguardo un
po’ vacuo e la mente persa chissà dove.
< è successo qualcosa, Mihael?… sei strano
oggi, stai male?> gli aveva chiesto Nate preoccupato.
< No, no ! Sto benissimo… è solo
che… ecco, ultimamente ho avuto alcuni guai con le suore
dell’istituto, eh eh, te l’ ho detto che non mi
sopportano!… per un po’ è meglio che
non ci vediamo Nate, non vorrei che i tuoi venissero a sapere che siamo
amici e sapessero quello che pensano gli altri di me… dopo
finiresti solo tu nei guai >
< … ma se siamo amici da mesi e nessuno dei miei ha
mai scoperto nulla, perché dovrebbero venirlo a sapere
proprio adesso?>
il biondino si morse un labbro spostando lo sguardo, non era bravo a
mentire in casi come quelli, ma poteva comunque ammettere di essere
preoccupato per qualcosa, senza specificarne il motivo…
< Beh ecco… te l’ ho detto, stanno
succedendo dei guai con le suore e se i tuoi sapessero tutto finiresti
in punizione, dopotutto loro le conoscono…>
Rimasero in silenzio per alcuni minuti… minuti che
sembravano ore per Mihael da quanto era teso. Ma dopotutto non poteva
permettersi di far immischiare Nate in quel tipo di faccende, non se lo
sarebbe mai perdonato.
Alla fine l’ albino cedette ed accettò di non
vedersi con lui per un po’ di tempo… giusto per
non finire nei guai e rischiare di non vederlo mai più.
Teneva troppo a lui per accettare una cosa simile, perciò
gli diede retta, promettendogli tra l’altro che se qualcuno
avesse chiesto se si conoscevano, lui avrebbe negato e che avrebbe pure
fatto finta di non conoscerlo nel caso uno dei due fosse stato in
compagnia.
Il biondino però, notando che Nate non era ancora del tutto
convinto, decise di regalargli il rosario che portava al collo,
promettendogli che se lo sarebbe fatto restituire quando si sarebbero
rincontrati… e Nate lo sapeva, ne era certo di
questo… Mihael manteneva sempre le promesse dopotutto.
< Mihael, sei tu…? Ma non è possibile
>
< Vedo che non ti sei scordato di me… allora come va,
Nate? >
< Tu non sei qui, non puoi essere qui, è solo la mia
immaginazione… è inutile che continui a parlarmi,
sei solo frutto della mia immaginazione!>
< Immaginazione?… certo che non sei cambiato proprio
per nulla… beh, basta dirlo, se ti fa così paura
avere davanti qualcosa di “irreale” come dici tu,
me ne vado >
< NO!>
< …>
< .. no… non andare via, io…>
< TU cosa?>
< Scusami…. Mi dispiace, Mihael, io non
volevo… ho fatto come mi avevi chiesto dopotutto, non volevo
disubbidirti >
Il più giovane scostò lo sguardo dal
suo… aveva paura, era talmente irreale quella situazione, ma
a lui non importava. Erano anni che voleva dirgli quelle cose, che
voleva scusarsi.
< No Nate, tu non mi hai obbedito… tu l’
hai fatto solo perché avevi paura e non volevi trovarti in
un qualche pericolo, ti sarebbe bastato chiedere aiuto prima e tutto si
sarebbe sistemato. Questo lo sai benissimo, ma non puoi fare altro che
tentare di auto-convincerti del contrario…>
<
Avanti vieni , non abbiamo tempo da perdere >
<
Prova solo a chiedere aiuto e ti facciamo fuori all’istante,
capito?>
Sapeva
che sarebbe accaduto di lì a poco, era solo questione di
tempo e qualcuno lo avrebbe trovato, ovunque lui fosse… se
solo due giorni prima non fosse uscito dall’istituto
disobbedendo per l’ennesima volta alle suore, tutto questo
non sarebbe successo. Ma non aveva alcuna intenzione di mostrarsi
debole, Mihael , non ora, era il momento meno opportuno.
Senza
ribattere si apprestò a seguire il tipo più alto,
che lo strattonava con la forza dirigendosi verso un furgoncino
dall’aspetto malandato. Sapeva la loro identità e
sapeva di cosa si “ occupavano”… sapeva
fin troppo per sperare di cavarsela facilmente.
Stava
per salire sulla vettura quando, da dietro un angolo, vide sbucare
fuori Nate, il suo amico Nate…
Da
una parte sperava che facesse come gli aveva chiesto, che fingesse di
non conoscerlo… da un lato sperava ardentemente che lo
aiutasse a fuggire, in un certo senso si malediceva per avergli chiesto
quelle assurdità e non avere detto nulla a nessuno.
Il
ragazzo dal canto suo nemmeno lo guardò in faccia,
tirò dritto senza nemmeno degnarli di uno sguardo o
mostrarsi leggermente sorpreso di trovare l’amico in quella
situazione.
Il
biondo trattenne il respiro durante il corto tragitto dell’
altro, sperando che i suoi rapitori non si accorgessero di
nulla…
Venne
risvegliato dai suoi pensieri quando uno dei due uomini lo spinse
dentro il furgone intimandogli di fare silenzio e mostrando al ragazzo
un piccolo coltellino che teneva in tasca.
Si
accucciò all’istante ad un angolino portandosi una
mano alla gola. Iniziò a sentire i brividi lungo la schiena
e gli occhi che pizzicavano, seguiti da uno strano senso di
soffocamento… gli tornarono in mente le immagini di
ciò che vide quel giorno, quando, imbucandosi in un viottolo
che fungeva da scorciatoia per tornare verso casa, assistete per errore
ad un omicidio… si era trovato lì nel momento
sbagliato e , preso dal panico più totale, vedendo quel
coltellino tagliare la carotide di quella donna con lo sguardo puntato
verso di lui, non riuscì a muovere un muscolo.
I
due assassini, che avevano il volto coperto quella sera, lo guardarono
per alcuni istanti poi, lasciando cadere il corpo inerme della donna a
terra, uno dei due intimò al compagno di occuparsi di
lui…
Vedendo
l’uomo venirgli incontro, Mihael raccolse il coraggio e la
forza che gli rimaneva al momento fuggendo via per mettersi in
salvo… ma non riuscì a parlare a
nessuno di ciò che aveva visto: aveva paura, troppa! Sapeva
che lo avrebbero trovato e gli avrebbero tappato la bocca
definitivamente…
Si
ritrovò improvvisamente a piangere, mentre se ne stava
ancora rannicchiato nell’angolo di quel dannato camion dove
era stato rinchiuso, con la testa tra le ginocchia e le mani
sudate artigliate a due ciocche bionde. I denti che battevano ed i
vestiti ormai bagni di sudore.
Per
una volta si pentiva di essere stato disobbediente e non aver dato
retta alle suore che, infondo, gli volevano bene…
chissà come avrebbero reagito scoprendo in che mani si
trovava uno dei loro ragazzi…
Lo
invase la pericolosa idea di tentare la fuga, quando sentì
la porta del furgone aprirsi di scatto e fece il suo ingresso un terzo
uomo, questo, a differenza degli altri, incappucciato.
Iniziò
ad urlare e a dimenarsi con tutta la forza che aveva in corpo mentre
l’altro lo trascinava fuori da lì, portandolo
all’interno di un vecchio edificio in rovina.
L’uomo
perse la pazienza quando, nel tentativo di fuggire, il ragazzino gli
morse un braccio. Questo sussurrò qualcosa
all’orecchio di uno dei due rapitori, che obbedì
all’istante.
Trascinò
il biondo vicino ad un vecchio materasso posto sul pavimento,
spingendocelo sopra fino a farlo sdraiare e legandogli entrambi i
polsi, uno degli uomini a tenerlo immobile mentre, quello che prima lo
aveva fatto uscire dalla vettura, gli si avvicinava lentamente con una
fialetta in mano.
<
Senza dubbio tu hai capito chi siamo, ragazzo… penso non ci
sia nemmeno bisogno di dirti quello che ti accadrà di qui a
poco.
Saremo
veloci se ci dirai la verità… chi altro sa quella
cosa? Lo hai detto a qualcuno, vero? È inutile che
smentisci, perché non ti crederemo. Vogliamo i nomi,
subito… altrimenti…>
Senza
permettere a Mihael di aprire bocca, l’uomo
avvicinò un pugnale dall’aspetto antico alla sua
gola, sfiorandola con la punta.
<
Altrimenti invece di ammazzarti in modo veloce, questo splendido
gioiellino percorrerà ogni cm del tuo addome… una
morte piuttosto lunga e sofferente, non trovi?>
Un
brivido gli percosse la schiena, ancora una volta gli tornò
in mente l’immagine di quella donna che era stata uccisa
senza pietà da loro.
<
Cosa dovrei dirti, allora…? Hai detto tu stesso che non mi
crederai ed io non ho detto nulla a nessuno… non ho certo
bisogno degli altri per essere rispettato e sentirmi al sicuro, io.
>
Ribatté
Mihael tentando di ricacciare indietro i lacrimoni , inutilmente.
<
Uff… come desideri marmocchio, ma prima… prima ho
deciso che impedirò ai tuoi dannati occhi di vedere
oltre… ci hanno procurato fin troppe grande, direi >
Vide
l’uomo aprire la boccetta che teneva in mano fino a poco
prima. Serrò le palpebre ma non servì a molto.
Giusto una goccia e sentì gli occhi andare in fiamme.
Bruciavano. Bruciavano da morire e nessuno poteva aiutarlo.
Ricominciò
ad urlare e a dimenarsi senza risultati… non poteva nemmeno
portarsi le mani agli occhi! Sentiva solo le sadiche risate di quei 3
uomini vicino a lui, non vedeva più nulla.
Il
corpo che si contorceva per il dolore e il viso che si faceva sempre
più rosso per il pianto, anche le lacrime, a causa
dell’effetto di quel liquido tossico, gli
provocavano un gran dolore.
Senza
rendersi conto di ciò che stava per provocare,
iniziò ad urlare forte il nome di Nate e a chiedere aiuto,
finendo solo per allarmare i rapitori. Non aveva ancora nominato il
piccolo albino e, per quello che ne sapevano loro, poteva essersi messo
d’accordo con lui.
<
Cosa? Di chi diamine stai parlando, bastardo?!>
intervenne quello che gli teneva fermi i polsi, mollando
distrattamente la presa.
Mihael
ne approfittò. Era in preda al panico più totale
e la perdita della vista peggiorava la situazione .
Agitava
le braccia ancora legate nel tentativo di colpirli e difendersi, invano.
Si
sentì tirare forte per i capelli all’indietro ed
afferrare. L’ uomo che teneva in mano il coltello lo
colpì in pieno allo stomaco, tenendogli una mano alla bocca
per non farlo gridare oltre. Iniziò a sputare sangue.
La
testa gli girava, perfino le voci, adesso, risultavano più
confuse al suo udito
<
Capo! Così finiremo solo per perdere tempo! Non ci
dirà più nulla!> intervenne uno dei tre
continuando a tenerlo immobilizzato.
Ci
furono alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dal respiro
affannato del ragazzino che ormai, a causa degli sforzi, aveva quasi
perso anche la voce.
Il
suo corpo non reggeva più quella sofferenza, era sudato da
capo a piedi, i vestiti sporchi ed i capelli appiccicati alla fronte a
causa del sudore.
Le
lacrime continuavano a scendere, miste ad alcune gocce di sangue. Gli
occhi si erano arrossati e facevano sempre più
male, era un dolore lancinante che non gli permetteva di percepire
altro… nemmeno quella lama che, in seguito ad un
gesto del capo dei rapitori, si era posata sulla sua gola, recidendola.
Fu
veloce, al contrario di ciò che aveva detto
l’altro poco prima, che lo guardò contrariato. Non
era stato abbastanza divertente per i suoi gusti, ma dopotutto sembrava
fossero in arrivo nuovi problemi e forse non era nemmeno il caso di
perdere troppo tempo per un moccioso.
Il
corpo ormai esanime , mosso leggermente da lievi spasmi, cadde a terra
con un leggero tonfo macchiando di sangue parte del
pavimento… aveva gli occhi leggermente schiusi da cui si
poteva comunque notare l’effetto del tossico che vi avevano
versato sopra. Se prima erano di un blu intenso, adesso erano quasi
opachi, il bulbo oculare ancora arrossato.
<
Mi raccomando, non deve rimanerne alcuna traccia…>
Venne
ordinato all’ uomo che aveva eseguito l’ordine, che
tentava di pulirsi le mani dal sangue ai vestiti del ragazzino.
<
Nessuna traccia? Come preferisci farlo sparire capo?>
<
Date fuoco all’edificio, non devono rimanere prove di questo
omicidio, intesi? Dopodiché ci occuperemo di quel
Nate…>
<
Come vuole lei…>
Nel parco regnava il silenzio più totale… Nate
era ancora in piedi, dinnanzi a quel ragazzo seduto sulla panchina. Non
aveva osato aprire bocca dopo le accuse proferitegli
dall’altro.
Ma infondo era vero
Lui aveva avuto paura quel giorno, aveva capito di che genere di guaio
si trattava quello in cui Mihael si era cacciato e non aveva avuto il
coraggio di rischiare.
Si era limitato a chiedere aiuto dopo alcuni momenti di esitazione,
momenti che probabilmente sarebbero stati vitali per
l’altro…
Gli faceva male ripensare a quando, una volta arrivati di fronte
all’edificio in fiamme, uno dei poliziotti a cui si era
rivolto si precipitò all’interno tentando di
portare in salvo il ragazzo.
Guardava con puro disprezzo, ma anche con timore i tre uomini che
avevano causato tutto questo. Alla fine erano stati beccati in
flagrante mentre davano fuoco a tutto ciò che li circondava
nell’ invano tentativo di eliminare ogni traccia di se.
Fu in quel momento che, in un impeto di rabbia, lanciò via
il rosario dell’amico, che finì in mezzo alle
fiamme.
Era tutta colpa sua.
Si sentiva inutile, un buono a nulla, un codardo.
Ricevette il colpo di grazia vedendo uscire il poliziotto dal capanno
in fiamme, tra le braccia il corpo ormai privo di vita di Mihael, lo
stesso Mihael che più volte lo aveva aiutato e che in cambio
aveva ricevuto ciò.
Vide i suoi occhi, quello che gli avevano fatto in quel lasso di tempo
era terribile e Nate non resistette oltre al pensiero di esserne il
responsabile.
Scappò via da lì, rifiutandosi di avere ancora a
che fare con chi era presente in quel momento.
Che fossero gli assassini o che fossero i poliziotti. Non ebbe nemmeno
il coraggio di andare a testimoniare al processo.
Era per questo che da anni viveva in quel modo tanto
assurdo… in casa di giorno, lontano da tutti…
e al parco di notte, il posto dove si erano incontrati la
prima volta ed erano diventati amici, dove nessuno, in quel periodo
della giornata, poteva distrarlo dai suoi pensieri.
< Perché non dici più nulla? Hai ancora
paura di me? Hai forse il timore che sia tornato per vendicarmi,
Nate?>
Senza rispondere, il giovane gli si avvicinò allungando
nuovamente le braccia verso il volto ancora incappucciato, lo
sfiorò lentamente, portando poi le dita al bordo del
cappuccio.
< Io non ho paura di te, voglio solo… rivederti in
volto, Mihael… perdonami >
< Sciocco… sei solo un’ egoista,
io… >
Non poté finire la frase, non ne ebbe il tempo.
Nate abbassò il cappuccio con uno scatto, sperando di
rivedere ancora una volta il volto dell’amico. Non sapeva
spiegarsi il motivo, ma ne sentiva il bisogno.
Dovette constatare a quel punto, con enorme rammarico, che
ciò che credeva di aver avuto davanti per quei pochi
istanti, altro non era che frutto della sua immaginazione. Fu nel
preciso istante in cui il cappuccio si abbassò che il
ragazzo, svegliandosi dal lungo sonno che l’aveva cullato per
l’intera nottata, si ritrovò sdraiato a terra,
sempre vicino all’albero accanto alla panchina…
Una lacrima scese lenta sulla gota destra, morendo sulle sue labbra.
Ancora una volta l’aveva sognato… e ancora una
volta non era riuscito a vederlo in volto.
Forse Mihael aveva ragione, non era altro che un egoista Nate. Si
sentiva talmente in colpa per non essere riuscito ad aiutarlo, che si
era dimenticato del volto della persona per cui stava così
male. Cercava una risposta al tutto per poter stare bene con se stesso,
tentava di auto-convincersi di aver solo fatto il volere di Mihael.
Inconsciamente lo cercava nei suoi sogni, tentando di riscoprire il suo
volto e di sentirsi rivolgere parole di conforto per non impazzire del
tutto.
"Sto aspettando
… sto aspettando…”
Fine
Note dell’autrice: Fine? Ho realmente messo la parola fine a
questa storia??? Hallelujah! XD Si è classificata al quarto
posto al concorso " Alternative universe special
3° edizione" indetto da DarkRose86
Beh che dire… non dico nulla -_- è venuta molto
diversa da come pensavo di farla inizialmente XD Come ambientazione ho
scelto quella del parco di notte ( anche se in parte, i flashback sono
ambientati da tutt’ altra parte…)
Ringrazio in particolare 3 persone… la prima sei tu, Darky,
per aver indetto questo contest e per avermi fatta dannare per
l’ennesima volta per la ricerca di un finale XD.
La seconda persona è la Lolly, la mia adorata beta-reader
personale che non ha esitato a spronarmi per giornate intere,
riuscendo alla fine a farmi terminare la storia in tempo! Amore non so
come farei senza di te!!! ^^
E la terza, non meno importante, è la
MelloSexyDoll… grazie mille per il
sostegno morale !!!
Sayonara a tutti per ora! Alla prossima fan fiction!
By Elly_Mello
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