All
You Never Say
Capitolo
III: Colors
“You
were red, and you liked me because I was blue.
You
touched me and suddenly I was a lilac sky -
and
you decided purple just wasn't for you.”
14
novembre 2014
Il
buio sotto alle coperte ha sempre confortato Harry.
Fin
da quando era piccolo, per ogni tipo di problema, andava in camera
sua, chiudeva le tende della sua cameretta, spegneva la luce e si
rannicchiava nel centro del letto, rifugiandosi
nell'oscurità tra le
sue lenzuola che profumavano di pulito e casa. Non dormiva, non
chiudeva nemmeno gli occhi – restava lì, immobile,
abbracciandosi
il petto per scaldarsi il cuore, per non pensare. Forse quei momenti
sono stati i più belli della sua esistenza – poche
ore in cui
poteva restare sveglio e rallentare il ritmo dei pensieri, lasciarli
riposare un attimo, darsi un attimo di tregua. Harry è
sempre stato
il tipo che pensava troppo, che rimaneva deluso e ferito per le
minime cose ed emozionato per gesti senza significato – ha
sempre
dato importanza alle piccole cose, e mai ai problemi più
grandi.
Forse aveva paura che questi gli facessero troppo male, forse non ha
mai visto il mondo intorno a sé dallo stesso punto di vista
degli
altri – Harry sentiva il petto riempirsi di gioia quando
vedeva due
persone anziane sorridersi e sfiorarsi le mani nel parco vicino a
casa sua, sentiva il cuore spezzarsi in due non appena vedeva lo
sguardo bagnato del cane dei suoi vicini quando veniva lasciato a
casa da solo. Ha sempre percepito le emozioni sulla pelle, ma non in
modo positivo, la maggior parte delle volte – spesso anche la
felicità si abbatteva su di lui come invisibili onde
elettromagnetiche, elettrizzando la sua pelle al punto che diventava
troppo, troppo, e doveva di nuovo chiudersi nella sua stanza e farsi
piccolo sotto alle coperte, il suo respiro umido a scaldargli la
pelle, gli occhi spalancati e le braccia intorno al petto.
È
sempre stato convinto che le sue emozioni lo avrebbero ucciso, prima
o poi.
E
dopo tanti anni è ancora lì, al centro del letto
nel suo
appartamento di Bristol, le gambe lunghe premute contro il petto e le
braccia intorno allo stomaco, occhi sbarrati e labbra serrate, nel
caldo bollente sotto alle coperte.
Il
fatto è che oggi è domenica, e questo significa
che la libreria è
chiusa, Niall è a lavorare, i negozi sono chiusi; Harry non
ha nulla
da fare per distrarsi, per trattenersi dal fissare il cellulare e
tentare di convincersi che non deve, non deve leggere
i
messaggi di Elijah.
Non
deve.
Eppure
lo fa.
Buongiorno
piccolo
E
poi ancora.
Lo
so che ti manco, so che stai leggendo i miei messaggi. Torna da me.
Sai di non poter vivere senza di me
E
ancora.
Rispondimi
Harry
E
ancora.
Non
sei niente senza di me, lo sai anche tu. Devi dirmi solo dove sei e
tornerà tutto come prima, te lo prometto
Poi:
Ti
starai divertendo tanto senza di me, eh? Fai la puttana in giro,
Harry? Non cambia un cazzo, perché tu sei mio. Sei mio. Hai
le mie
iniziali sul polso. Non dimenticarlo.
Basta.
Harry
appoggia il cellulare sul comodino e torna sotto alle coperte, il
respiro accelerato, le mani che tremano, gli occhi bagnati. Ascolta
il rumore dell'aria che entra ed esce dai suoi polmoni.
Dentro.
Fuori.
Dentro.
Fuori.
Occhi
spalancati e dentro.
Fuori.
Dentro.
Fuori.
La
sua mente si svuota.
Burro
d'arachidi.
È
questo il primo pensiero che compare nella sua mente dopo ore sotto
alle coperte.
Non
sa neanche perché, non è che gli sia mai piaciuto
così tanto –
Harry è più un tipo da frutta fresca, carne poco
condita e verdura
– ma ora ne sente quasi il sapore sulle labbra, una voglia
irrefrenabile lo pervade – deve trovare del burro d'arachidi.
Deve.
Si
alza dal letto e va in cucina – magari Niall, in mezzo alle
sue
scorte di cibo infinite, ne ha un barattolo -, inizia a aprire tutte
gli sportelli e a cercare in ogni angolo.
Niente.
Non
vorrebbe uscire per comprarlo, perché è quasi
l'una di notte e
l'unico Tesco aperto è a dieci minuti di camminata dal suo
appartamento – e poi oggi è domenica, e lui non
vuole uscire, non
se la sente – eppure quella voglia lo sta facendo diventare
irrequieto, sa che non dormirà finché non ne
mangerà almeno un
po'.
Così
corre in bagno per prepararsi.
Ed
esce.
La
realtà è che le luci a neon di quel Tesco gli
fanno male agli
occhi.
Non
sarebbe mai dovuto uscire.
L'unica
altra persona nel supermercato è una povera commessa alla
cassa che
sembra sul punto di addormentarsi sulla sua sedia –
è stata una
pessima idea. Non sarebbe mai dovuto uscire.
Harry
inizia a cercare il burro d'arachidi, cercando di fare più
in fretta
possibile perché doveva essere a casa dieci minuti fa
– lo trova,
si abbassa per prenderlo – la sua mano sfiora le dita di
un'altra
persona, ed è come se questo tocco infiammasse ogni
terminazione
nervosa del suo corpo, facendolo balzare in aria. Il cuore batte
veloce – ma il suo corpo è rilassato, tranquillo,
la pelle
formicola da capo a piedi, e all'improvviso non ha più
voglia di
tornare a casa e non sa neanche perché.
“Harry?”
Ed
è come se Harry riafforasse dall'acqua – prende un
respiro
profondo e finalmente la mente non è più
annebbiata, i suoni non
sono più ovattati – e c'è Louis.
C'è Louis.
Ciao,
vorrebbe dire, ciao,
Louis.
“Cosa
diavolo ci fai qui?” dice, invece.
Le
luci del neon sopra di loro accentuano le guance incavate di Louis,
illuminano perfettamente i suoi zigomi pronunciati e aguzzi –
i
suoi occhi brillano come sempre, divertiti, e Harry è senza
fiato.
“Potrei
chiederti la stessa cosa.” risponde, sorridendo.
“Volevo
del burro d'arachidi. E non so neanche il perché,
l'avrò mangiato
sì e no due volte nella mia vita e non è che mi
faccia impazzire, a
dire la verità.”
Harry
è nervoso. Vomita parole senza controllo.
“Oh,
io lo amo. Sono venuto anche io a comprarlo perché Zayn ha
fatto la
spesa ieri e ovviamente se l'è dimenticato. Stavo morendo
dalla voglia.”
Si
guardano negli occhi, e la mente di Harry sta urlando che è
strano,
che è troppo strano, veramente, una coincidenza stranissima
che non
sa come catalogare ma poi Louis sorride e tutti i pensieri
svaniscono, perché Louis porta una berretta blu sopra i
capelli
spettinati e Louis ha un paio di occhiaie che rispecchiano le sue,
probabilmente, e perché il suo sguardo è quanto
di più caldo Harry
abbia mai sperimentato – è come stringere una
tazza di cioccolata
calda tra le dita mentre fuori nevica, è la sensazione del
suo
maglione preferito sulla pelle dopo una lunga giornata in libreria,
è
il Sole che picchia negli occhi e la sabbia tra le dita dei piedi,
per la prima volta, durante quella vacanza in Francia quando aveva
otto anni.
Louis
è tutte queste cose, e molto di più, per questo
la risposta è
ovvia quando Louis chiede:
“Ti
va di mangiarlo in macchina?”
“Oddio.”
Louis
chiude gli occhi, mentre continua a leccarsi il dito, burro
d'arachidi su ogni angolo del suo viso. “Tu non hai idea di
quanto
ne avessi voglia.”
Oh,
lo so,
vorrebbe rispondere Harry, lo
so benissimo,
ma è troppo preso a infilare il suo stesso dito tra le
labbra per
rispondere.
Così
sono seduti in macchina, entrambi i barattoli aperti e le dita
impastate di burro d'arachidi, i suoni della città come
unico
sottofondo musicale.
Harry
non vorrebbe essere in nessun altro posto al mondo.
“Ti
va di giocare di nuovo?”
Questa
volta Harry non ha esitazioni a rispondere.
“Sì.”
Harry
ascolta musica indie, hipster, roba che non conosce nessuno –
me
lo aspettavo, con quelle camicie non potevi che ascoltare delle lagne
-, così Harry collega il suo cellulare al cavo aux della
radio – You
already know
dei Bombay Bycicle Club accompagna le loro parole come poesia.
È
difficile scegliere un libro preferito, ma alla fine opta per 1984 di
George Orwell perché è stato uno dei primi
classici che ha letto,
uno dei primi libri a fargli apprezzare ancora di più la
letteratura. Il suo sport preferito è il calcio, e la sua
squadra
del cuore è il Manchester United, perché
è un ragazzo del Nord
fino in fondo, ma apprezza anche il golf, anche se nessuno lo
accompagna mai – si
vede che sei del Chesire, Harry, a nessuno piace giocare a golf, a
meno che tu non sia un vecchio imprenditore di sessant'anni o uno
snob dello Cheshire.
Harry non sa giocare a calcio, nonostante gli piaccia così
tanto –
è sempre stato un disastro per la coordinazione, le sue
gambe troppo
lunghe per seguire dei movimenti agili, i suoi riflessi uno schifo,
per davvero – durante l'ora di ginnastica passava
più tempo con il
sedere a terra che nel campo. Quando era piccolo aveva un gatto,
Dusty, e ora gli piacerebbe prenderne un altro, anche se ha paura di
ucciderlo siccome fatica a prendersi cura di sé stesso,
figuriamoci
di un'altra creatura. Non crede in Dio, ma crede nell'Universo, nella
scienza, crede di far parte di qualcosa di molto più grande
di lui –
crede di essere una minuscola creatura in uno spazio così
grande, e
a volte questo pensiero gli fa anche un po' paura, ma soprattutto lo
conforta sapere che i casini nella sua vita non valgono niente, in
confrontò all'immensità di ciò che lo
circonda – alcune
persone nascono con le costellazioni negli occhi e tornado che
scombussolano la loro vita, altri nascono con le stelle tra le mani
ma le anime perse in mezzo all'oceano, sussurra
Louis, e Harry non sa come interpretare quelle parole.
Porta
quelle camicie perché gli piacciono, e si lascia scappare
che non ha
mai potuto farlo, prima, ma non spiega il motivo e abbassa gli occhi
davanti al punto di domanda sul viso di Louis. Ama i tatuaggi, un
giorno gli spiegherà cosa significano, anche se Harry sa
perfettamente che probabilmente non gli dirà mai tutta la
verità
dietro a quei disegni sotto la pelle. Poi Louis chiede se si
è mai
innamorato, e Harry annuisce, senza dire niente.
Louis
è più un tipo da pop-rock classico, come Queen,
R.E.M., Radiohead,
Pink Floyd, David Bowie, così Harry sceglie Lover,
you should've come over di
Jeff Buckley dalla sua playlist. Louis ammette di non essere uno che
legge molto, in realtà, soprattutto perché si
annoia in fretta e la
concentrazione manca, manca sempre, ma sceglie Il
piccolo principe
come libro preferito, perché è corto e pieno di
significato. Il suo
sport preferito è il calcio, ovviamente, e la sua squadra
preferita
il Manchester United, ovviamente,
perché sono
un soldato, Harry, sono patriottico di natura.
Louis dice di essere bravo a giocare, e che se non avesse scelto
l'esercito, probabilmente avrebbe provato a intraprendere la carriera
di calciatore – e Harry riesce quasi a immaginarlo mentre
corre su
un campo e insegue un pallone, pensa che gli si addica molto, la sua
corporatura minuta lo avrebbe sicuramente aiutato nelle partite,
rendendolo più veloce e agile. Louis non ha mai avuto un
animale
domestico –
bastava il circo che avevamo in casa, Harry, credimi -,
ma gli piacerebbe avere un cane. Louis non sa se credere in Dio,
sinceramente – ha visto troppe cose terribili
perché la sua fede
non vacilasse, ma questa storia delle Anime Gemelle, beh, non
può
provenire dal nulla, di questo è certo; per essere sicuro,
più di
una volta ha pregato per la sua vita, in Afghanistan – e
se mi sbagliassi, Harry? Sarei condannato a una vita eterna
all'Inferno, e no, grazie, ho già visto e vissuto cose
terribili per
altre quattro vite – non ho bisogno di vivere di nuovo cose
del
genere.
Louis dice che non porta mai camicie, probabilmente perché
è
rimasto traumatizzato dalla quantità di uniformi che ha
dovuto
stirare nell'esercito – questo
non giustifica la tua inclinazione a vestirti come un barbone
ventiquattro ore su ventiquattro,
replica Harry, e Louis lo colpisce su un braccio e borbotta un non
sembro un barbone petulante
e adorabile. Anche Louis ama i tatuaggi, anche se i suoi sono quasi
tutti senza significato – te
l'ho detto, Harry, non sono uno che pensa troppo alle cose che fa,
dice, e Harry indica lo smiley e forse
dovresti iniziare a farlo,
dice, e Louis ride e Harry arrossisce, la pelle elettrica e
formicolante, per essere riuscito a farlo ridere così, con
la testa
buttata indietro e le dita sporche di burro d'arachidi appoggiate
sulla pancia, perché Elijah non ha mai riso così
spontaneamente
alle sue battute, e si sente meglio. Si sente meglio.
Harry
lo ascolta parlare, e quello che sente è una cosa un po'
strana.
Familiarità.
Agio. Tranquillità.
Come
se lo conoscesse da molto tempo.
Anche
la sua voce – Harry ha questa sensazione, come quando
è in
libreria e presta attenzione alla radio, quando inizia una canzone
che gli ricorda viaggi in macchina con sua madre e sua sorella
–
quei viaggi in cui apriva il finestrino e lasciava che il vento gli
scompigliasse i capelli, quei viaggi in cui cantavano a squaciagola
una canzone senza conoscere le parole – è simile a
quello che
prova quando la radio passa una canzone che fa parte della colonna
sonora della sua infanzia e tutto quello che riesce a fare è
sentire
ancora una volta il vento sul viso e la leggerezza della sua anima
–
è questo quello che brucia nel suo petto. È come
essere bombardato
da immagini e suoni di un altro tempo, di un altro luogo, ma di cui
non riesce a distinguere parole e contorni – sa solo che
c'è blu.
C'è blu, dappertutto, nella voce di Louis, dietro alle sue
ciglia,
esplosioni di colori tra le sue costole. È blu quello che
tinge la
sua mente, ora, è blu quello che vede negli occhi di Louis,
e anche
nella sua anima. Ed è anche un po' spaesato,
perché lui è grigio,
lui è fumo, lui è nuvole cariche di pioggia
– non sa cosa
significhi tutto questo colore. Se si concentra abbastanza, riesce
quasi a vederne le macchie sulla punta delle dita – fa un po'
paura, ricordarsi tutto questo colore come se una volta ne fosse
pervaso anche lui. In un altra vita, in un altro mondo, in un altro
sé stesso. Fa paura ricordare qualcosa che non si
è mai realmente
vissuto - almeno, non in questa vita.
Louis
è blu.
E
forse, in un'altra vita, lo era anche Harry.
Louis
finge di dimenticarsi la domanda sull'amore, e Harry lo lascia fare.
È
assordato dalle parole che non riesce a pronunciare.
“Harry?”
Harry
sussulta quando vede Niall in piedi nella loro cucina, i capelli
ossigenati scompigliati e gli occhi gonfi per la stanchezza.
“Ni.
Cosa ci fai in piedi?”
Niall
si passa una mano sul viso, come per svegliarsi. “Cosa ci
facevi
fuori a quest'ora?” chiede, sospettoso.
“Sono
andato da Tesco. Non so perché, mi era presa questa voglia
di burro
d'arachidi e -” inizia Harry, nervoso. Non sa neanche
perché si
senta così, come un bambino beccato con le mani ancora
sporche di
cioccolato.
“Burro
d'arachidi. Non sapevo neanche che ti piacesse.” dice Niall,
prendendo il barattolo e aprendolo.
“Infatti
non è una delle mie cose preferite. Non so neanche
perché -”
“Hai
un'aria strana.” lo interrompe di nuovo l'amico, iniziando a
spalmare il burro su una fetta di pane. “E tu non esci mai la
domenica.”
Harry
inizia ad andare nel panico e non sa neanche perché.
“Io -”
“Hai
ricominciato a parlare con Elijah?” Niall sposta gli occhi
azzurri
e acuti sui suoi, e Harry non può fare altro che pensare che
sono
così diversi da quelli di Louis, così diversi.
“Dio, dimmi che
non sei uscito nel cuore della notte per vederlo.”
“Elijah?
No, Ni, non -”
“Dimmi
che non ha scoperto dove abitiamo, perché giuro che se lo
hai visto
di nuovo ti lego e ti porto via di qui.” continua, come se
non
l'avesse neanche sentito.
“Niall,
non ho visto Elijah. E non ho risposto ai suoi messaggi. Non lo farei
mai.” dice Harry, confuso. Perché tirar fuori
questo discorso ora?
Niall
fa uno strano suono con il naso. “Come se non lo avessi mai
fatto.”
“Ti
giuro, non ho fatto nulla.”
Non
ho bisogno di essere salvato.
Niall
mangia un morso della fetta di pane, appoggiandosi al bancone della
cucina con un fianco. “Allora perché hai quella
faccia?”
“Quale
faccia?”
Harry
non sta capendo.
“Quella
faccia. Quella che ti ho visto poche volte nella vita, e di solito
quando Elijah ti faceva stare bene.”.
Niall pronuncia le
ultime parole con disprezzo, come se non credesse che Elijah lo abbia
mai fatto sentire bene per davvero. Non ha tutti i torti.
“Non
lo so.” dice Harry, mentendo, un po'.
“Allora
dimmi, ti sei perso nel Tesco visto che se uscito all'una e ora sono
quasi le quattro?”
Cazzo.
Harry non si era accorto che fosse così tardi, né
che Niall lo
avesse sentito uscire.
È
un disastro a mentire.
“Ho
incontrato un amico.” dice, alla fine.
“Un
amico. Al Tesco, di domenica notte.”
Harry
sospira. “È stranissimo, lo so. Ma è
successo. Anche lui aveva
voglia di burro d'arachidi.”
Anche
Niall sospira, prima di ingoiare quasi in un unico boccone il suo
panino. “Va bene, ti credo. Scusami, Haz, sai che tengo a te.
Non
voglio che torni tutto come prima.”
Harry
lo abbraccia, tenendolo stretto, perché sa che è
vero. Sa che Niall
tiene a lui, sa che è solo preoccupato. “Lo so,
Ni. Grazie.”
Harry
sta per mettersi sotto alle coperte, quando la testa bionda di Niall
compare alla porta della sua camera.
“A
proposito. Come si chiama questo amico?”
Harry
gli dà le spalle e sorride.
“Louis.
Louis Tomlinson.”
14
novembre 2014
Ore
4.23
Mi
sono appena reso conto di una cosa.
Se
potessi scegliere chi amare, se la mia anima fosse libera da ogni
tipo di legame, credo che potrei amarlo.
E
lui non è quel tipo di cui ti innamori solo per il suo
aspetto, per
il suo involucro, ma per la sua anima. Anche se lui è uno
dei
ragazzi più belli che io abbia mai visto –
probabilmente il più
bello di tutti i tempi, per come lo vedo io, per come mi fa sentire.
Il suo corpo è perfetto, come la sua anima. Il suo viso
– il suo
viso. I suoi tratti. Quelle labbra che vorresti baciare per sempre,
come se fossero aria e i tuoi polmoni non ti permettessero di
respirare altro, quegli occhi in cui vorresti perderti per sempre,
quelle orecchie in cui vorresti sussurrare tutto il tempo, quella
pelle dorata che vorresti sentire sulla tua pelle. Tutto.
Ma
questa non è la ragione per cui mi potrei innamorare di lui,
in un
mondo parallelo, perché la bellezza può essere
trovata ovunque. C'è
qualcosa in più.
Forse
è il fatto che lui è quel tipo di ragazzo su cui
scrivono libri –
che mentre leggi, sei senza respiro perché a un certo punto
sai che
ci sarà una fine e non sarà lo stesso quando li
rileggerai una
seconda volta. È quel tipo di ragazzo su cui scriveresti
interi
libri, che ti ispira con la sua perfezione fino a riempire pagine
intere, centinaia di pagine solo dedicate a lui, perché lui
ti porta
a un altro livello di immaginazione, rivelando la poesia nascosta
nella tua anima. Forse è il fatto che lui potrebbe aprire
nuove
porte nella mia stanza di sentimenti. Forse perché mi fa
avere
paura. Paura di perderlo, anche se l'ho appena conosciuto. Forse
perché si è già avvicinato troppo a me
e ho paura che scopra tutti
i miei difetti e che diventi l'unico che conosce il vero me, la
persona che nascondo dal resto del mondo – e che decida di
restare
al mio fianco lo stesso.
Forse
è per questo che lo vedo così.
Se
le persone fossero atomi, io sarei un quark e lui sarebbe il Big
Bang.
Il
rumore del suo respiro.
È
in posizione, fermo dietro al muro diroccato, un Sole soffocante
sopra alla sua testa, un elmetto che sta gli sta friggendo il
cervello, polvere nel naso, dita che stringono la sua arma e tutto
quello che sente è il rumore del suo respiro.
Sta
per succedere qualcosa. Sa che sta per succedere qualcosa.
Guarda
la strada deserta davanti a lui. Le case sembrano abbandonate, non
c'è nessuno in giro, neanche un'anima, a parte lui e un
altro
soldato al suo fianco. È tutto troppo, troppo silenzioso,
rispetto a
quello che deve accadere.
Poi
lo vede. Una testolina esce da una di quelle porte quasi inesistenti
– poi una manina. Un corpicino.
È
un bambino.
No,
rimbomba nella sua testa. No.
Si
è alzato. Qualcuno lo blocca.
No.
Si
dimena, ma le braccia che lo stanno trattenendo sono troppo forti.
No.
Un'esplosione.
È
solo un bambino.
Poi
più nulla.
Note
Ciao
a tutti!
Eccomi
con il nuovo capitolo. Oggi non è una gran bella giornata,
quindi non so davvero cosa dire in queste note. Spero solo che vi
piaccia, ecco tutto.
Vi
ringrazio immensamente per leggere e commentare questa storia. Grazie,
Davvero!
Il
titolo è preso da "Colors" di Halsey.
Un
bacio,
Giulia
|