Conto i giorni e le ore e i minuti e le dita delle mani. Sono sempre di
più, sempre di più. La camera gira in senso
orario, seguendo un moto regolare. È piccola ma ti perdi al
suo interno, passando ore a cercare una strada, una via, una minuscola
indicazione che ti conduca nel luogo desiderato. Luogo dove puoi
trovare fili bianchi, pastiglie, guanti e altri oggetti appartenuti a
persone sconosciute.
Mi viene naturale strisciare. Sono bravo in queste cose. Non sono
bravo? No? Peccato. Ma nonostante questo continua a vivere dentro di me
una strana entità che mi fa tirare schiaffi immaginari a
persone inesitenti.
È tutto marcio qui. Marcio, marcio, marcio, marcio, marcio.
Vorrei ripeterlo fino allo sfinimento, vorrei urlarlo in faccia a
chiunque incontri camminando nella città. È
brutta la città, non è vero? Prima va su, poi va
giù, tutto senza motivo; la detesto, ma vorrei vivere qui
per sempre.
Ho imparato a suonare la chitarra da un vecchio signore. Mi ha solo
detto che bisogna usarla per colpire qualsiasi superficie, fino a
rompere la chitarra. Questo per lui è suonare. Sento
però che sto subendo una metamorfosi. Sono furioso. E questo
è un fatto positivo, perché non penso che la
calma serva a molto nella vita.
Ora però, devo andare. Non mi aspetta nessuno. Non mi
troverà nessuno.
Andrò sottoterra.
Poi al mare.
Scapperò nel deserto.
E, quando potrò finalmente parlare del falso senza
infastidire qualcuno, sarò libero.
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