Correre

di Morgans
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Quanto tempo era passato dall'ultima volta che era andata a correre?

Decisamente troppo! Ma le continue fredde piogge invernali di certo non la ispiravano ad uscire alla prime luci dell'alba, sola e mezza addormentata a dare il " buon giorno" alle sue gambe nel modo peggiore, strappandola prematuramente alle sue belle coperte calde.
Ma oggi era "diverso", si era svegliata molto prima della sveglia e aveva sentito il bisogno di andare fuori, di lasciarsi il sudore della notte in quel letto che sembrava insolitamente estraneo e fastidioso, e di scrollarsi tutte queste sensazioni nell'unico modo che le era venuto in mente: correre.
E più correva, più voleva correre, stupirsi delle piccole nubi prodotte dal suo fiato, e dei fiori coperti di rugiada che stavano sbocciando, ancora, per un altro giorno. Voleva sentire e respirare a pieni polmoni l'aria fresca della mattina, carica ancora dell'odore di pioggia della notte precedente, e voleva sentire la gola bruciare di fuoco come le sue guance, che sarebbero state molto contente del freddo tocco delle sue mani gelide. Voleva vedere i primi riflessi del sole su quel piccolo fiume che costeggiava il suo sentiero, facendole compagnia in quel silenzioso luogo, pronto ad intrattenerla con i suoi abitanti e ospiti momentanei, distraendola dalla sua fatica. Ma lei voleva correre, voleva essere stanca morta, superare quelle difficoltà riuscendo ad andare ancora oltre, più avanti del suo fiato, espandersi in esso, salendo sopra le nuvole all'orizzonte per vedere l'incontro - silenziosamente, piena di stupore - del sole con le stelle più belle, guardando il loro sicuro corteggiamento e sperando che una piccola scintilla cascasse su di lei, ispirandola. Voleva "essere", andare, fare... Correre, correre, correre, e così corse finché aveva aria in corpo e poi crollò su un prato umidiccio esausta. Okay, adesso era pronta.


Si svegliò nel suo letto e con fatica raggiunse la sua gabbia e sostegno, quella sedia che le dava l'illusione, purtroppo concreta, di riuscire a muoversi ancora dove voleva, senza che nessuno la spingesse, la accompagnasse... Per quanto quell'intervento non fosse sicuro, voleva tentare, credeva nei suoi dottori e nella sua scienza, visto che quel progetto era suo. Almeno non si era mai pentita di come avesse perso l'uso delle gambe, e questa amara consolazione era con lei ogni giorno. Sì, voleva risalutare il fiume e fargli vedere i suoi progressi, ispirando il sole e le stelle stesse, piena della sua boria e felicità; Un’ora dopo era in ospedale e chiudeva tranquillamente gli occhi, "indietro non si tornava anche volendo", ma lei non ne aveva intenzione visto che doveva recuperare il tempo perso e perciò doveva più che altro, iniziare a correre, correre, correre... 




 
Angolo dell'autrice:
Questa è la prima storia che scrivo e vorrei davvero sapere cosa ne pensiate, sia a livello emotivo che per consigli stilistici. Spero vi sia piaciuta :)




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