Il rating arancione/rosso non è riferito a scene di sesso,
chedel resto non ci saranno nella ff. Potrebbero esserci
delle descrizioni di atti violenti nei confronti di alcuni personaggi
ma non so dirvi quanto scenderò nei particolari. Non credo
molto! Bisogna vedere come si svilupperà la storia.
Vernon Dursdley odiava la
magia perché non c’era niente che
riuscisse a capire di meno e siccome l’unico mago con cui
doveva confrontarsi
tutti i giorni era suo nipote Harry, naturalmente odiava anche lui. Con
il
ragazzino si comportava sempre male: violenza fisica e psichica erano
all’ordine
del giorno.
Il piccolo Harry era
cresciuto nella consapevolezza che
qualsiasi cosa facesse andava male, e che la situazione non poteva
migliorare perché
comunque lui non era in grado di fare di meglio. I fornelli della
cucina di zia
Petunia brillavano ma , di sicuro, se Harry fosse stato più
diligente quel
pelucchio dello straccio con cui aveva pulito non sarebbe rimasto
attaccato!
I sopramobili della
libreria erano stati
spolverati ma se Harry fosse stato più
attento si sarebbe accorto di averli sistemati con almeno un centimetro
di
distanza inferiore rispetto a come erano posizionati in precedenza. Zio
Vernon
lo sgridava sempre, ma
zia Petunia gli
diceva: “Lascialo stare Vernon, è troppo stupido
per poter fare di più. E poi,
ti prego non dargli troppa considerazione o penserà di
meritarsela!”.
Allora lo zio lo spingeva
verso il sottoscala, prendendolo a
calci e spintoni, e lo rinchiudeva lì dove il cugino,
malignamente, gli faceva
trovare dei bigliettini in cui scriveva –Stupido, ritardato!-
, -Non puoi fare
di più!-, “Non servi a niente perché
sei stupido!-.
Harry sapeva che i suoi
parenti avevano ragione perché quelle
parole gli venivano ripetute da quando era piccolissimo e, sebbene
fosse
consapevole che al mondo esistevano i bugiardi, non credeva possibile,
in cuor
suo, di averne incontrato tre tutti assieme, e che questi raccontassero
bugie
da anni! Sempre le stesse! No, se gli zii e il cugino dicevano sempre
le stesse
cose allora, evidentemente, doveva trattarsi della verità.
Il giorno che Harry
compì dieci anni lo zio lo chiamò in
soggiorno e gli disse: “Harry, da oggi la tua vita
cambierà! Io e tua zia ti
abbiamo accolto nella nostra casa, ti abbiamo vestito e sfamato ma
nonostante
tutti i nostri sforzi tu non sei migliorato, non sei stato
all’altezza delle
aspettative. Sei uno stupido e non riesci neanche delle azioni
più elementari.
Sicuramente non puoi migliorare. Per questo motivo abbiamo deciso che
tu debba
andartene. Tra un’ora verrà qualcuno a
prenderti”.
“Come? Mi adotta
qualcuno?!” domandò confuso Harry.
“No! Chi ti
vorrebbe! Sei stato comprato. Non ci hanno dato
che pochi spiccioli!” disse la zia scuotendo un portamonete
“Ma del resto non
vali neanche queste poche monete!”.
Petunia strinse a
sé il figlio e assieme al marito uscì
dalla casa senza salutare. Harry rimase accanto al divano, le parole
degli zii
gli rimbombavano nelle orecchie. Che era uno stupido lo sapeva! Che non
sarebbe
migliorato, glielo avevano detto un milione di volte. Che valesse poco,
non c’era
dubbio. Che fosse mandato via non gli sembrava strano. Ma che qualcuno
andasse
a prenderlo! Non ci credeva! Chi mai avrebbe voluto un peso come lui?
Mentre
rifletteva su questo,
si domandava se fosse plausibile che uno stupido si rendesse conto del
peso
della propria stupidità. Ovviamente no! E trovando in
sé stesso un barlume di
intelligenza giungeva alla conclusione che doveva essere davvero
stupido se era
arrivato a tale risultato, ciò a conferma del fatto che lui
non era
intelligente.
Il bambino si sedette
accanto al divano, sul quale mai gli
era concesso accomodarsi, e attese di sentire il campanello suonare ma
con sua
grande sorpresa la persona che aspettava comparve nel caminetto mentre
una luce
verde si diffondeva laddove di solito erano il rosso e il giallo delle
fiamme a
fare da padrone.
Una signora di circa
sessantanni , dal viso serio ma dolce,
si fece avanti e disse: “Buongiorno signor Potter, io sono la
professoressa
McGranitt e insegno presso la Scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts. Sono
qui per ordine del preside Albus Silente e ho l’incarico di
portarla con me
alla scuola”.
Harry, che si era
immediatamente alzato
dal pavimento, ascoltava con
attenzione e paura e annuiva ad ogni parola della donna.
“Adesso se non
le dispiace, mi piacerebbe parlare con i suoi
zii prima di partire in riguardo alla sua istruzione”. Harry
ascoltava e
guardava l’insegnante con curiosità e
perplessità. Forse era una scuola
speciale, come un riformatorio, suo zio lo minacciava sempre di farlo
rinchiudere in un riformatorio per disturbati mentali. Da canto suo la
McGranitt sembrava aspettare un’azione del bambino che
però non venne e perciò
continuò con fare paziente: “Le dispiacerebbe
andarli a chiamare?”.
-Che stupido sono stato a
non capire subito- pensò Harry e
poi disse: “Mi dispiace signora, professoressa McGranitt ma i miei zii sono
usciti”.
“Oh, va bene.
Allora prenda le sue valigie e andiamo”.
Nella stanza
c’erano solo Harry e la donna, di conseguenza
il bambino pensò che stesse parlando ancora con lui. Stupito
dal ricevere tante
attenzioni, per ben quattro volte la donna gli aveva rivolto la parola,
rispose: “Io, mi dispiace, non ho valigie”.
“Mi sta dicendo,
signor Potter, che non ha indumenti di sua
proprietà, giocattoli e libri oppure che non ha una valigia
o un baule in cui
sistemare tutto?!”.
“Sto dicendo che
non niente di mia proprietà! Però” si
corresse “posso portare i vestiti che ho addosso!”.
“Ah! Certamente
questa è una grande fortuna!” rispose la
donna cercando di non dar troppo peso alle sue parole.
“Allora andiamo”. Si
avvicinò al bambino e disse: “Entri nel caminetto
, prenda un po’ di questa
polvere e mentre la lancia in aria dica chiaramente: Ufficio di
Silente. Io la
raggiungerò subito dopo”.
In breve entrambi si
trovarono nell’uffico del preside, alla
presenza di Silente, Piton e Madama Chips. Harry li scrutò
dalla testa ai
piedi, eccetto la signora che sembrava un’infermiera, gli
altri, erano vestiti
in modo alquanto bizzarro. Certo i suoi vestiti erano vecchi e troppo
grandi
per lui ma almeno erano “normali”.
Forse non erano persone
normali e per questo avevano
accettato di comprarlo dagli zii. Anche i quattro adulti maturarono
delle
opinioni riguardo al bambino. Per Silente era un bambino dolcissimo,
per Madama
Chips era troppo magro, per Minerva c’era qualcosa che non
andava e per Piton
era una seccatura in più anche se quei vestiti
così vecchi e larghi gli
mandavano dei messaggi che non riusciva a decifrare ma che non avrebbe
trascurato.
Fu Silente a rompere il
silenzio. “Allora Harry, io sono il
preside Albus Silente. Questa è la scuola di Hogwarts. Spero
che tu sia felice
di essere qui come noi di averti! Questa scuola è la tua
nuova casa e ti invito
a comportarti nello stesso modo in cui facevi a casa tua!”.
Il bambino ebbe un fremito
lungo la schiena, ma stringendo
forte i pugni dietro la schiena ricacciò indietro la paura.
Il suo viso
rimaneva del tutto inespressivo.
“Naturalmente,
signor Preside” aggiunse Piton “sarebbe
opportuno elencare al qui presente signor Potter alcune delle
più importanti
regole della scuola, al fine di preservare la sua sicurezza, la sua
salute e
finanche il nostro quieto riposo”.
Silente, cui non
sfuggì l’ultima parte del discorso,
inarcò
le sopraciglia in segno di disappunto e Piton specificò:
“Infatti sapere il
bambino in situazioni rischiose ci causerebbe grave
angoscia!”.
A Minerva
scappò un mezzo sorriso e chiese: “Harry, cosa sai
della scuola, della magia e del perché sei qui?”.
Harry non sapeva niente di
tutto ciò e poté dire soltanto,
senza alcuna espressione nella voce e nel volto: “Sono qui
perché i miei zii si
sono stancati di me, perché non sono abbastanza per loro.
Non valgo niente e
non posso migliorare perché sono troppo stupido per
riuscirci!”.
“Chi ti ha detto
queste cose?” domandò indignata Madama
Chips.
“I miei
zii” rispose Harry con gli occhi fissi nel vuoto.
“Non credi che
si sbaglino?” domandò incoraggiante Silente.
“Io non penso
perché quello che penso è sbagliato e non
posso migliorare” rispose Harry.
Gli adulti si guardarono
negli occhi mentre Harry era in
piedi e immobile davanti a loro. C’era molto lavoro da fare,
non si trattava di
dare al bambino i primi rudimenti di magia di modo che l’anno
successivo
potesse affrontare al meglio la scuola, era chiaro che Harry avesse
bisogno di
molto più.
Bisognava trovare un modo
per dare luce a quegli occhi che
colpirono Severus come un pugno nello stomaco. Erano così
vuoti, troppo! Mentre
lui si ricordava chiaramente quanto brillassero anche al buio.
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Sono tornata con una
storia che mi ronza
nelle orecchie da diverso tempo. Non so quanto potrò essere
veloce negli aggiornamenti, probabilmente un capitolo al giorno. A meno
che non venga colta da improvvisa ispirazione. Questo capitolo l'ho
scritto due settimane fà, ma era diverso in alcune parti
fondamentali. Spero vi sollettichi un pò di
curiosità.
Sicuramente, come tutte le mie storie, sarà portata a
termine.
Vi saluto e vi mando un bacio.
Cercherò di non
essere troppo OOC ma
quando si tratta di Sev ed Harry, considerato che le mie sono storie
What... if ..., esco piacevolmente fuori dai binari.
A tutte le persone che
solitamente trovano
una mia recensione alle loro storie: A inizio mese il mio Pc
è
stato attaccato dai virus informatici e io da quelli dell'influenza
perciò non ho potuto seguire tutte le vostre storie. Sto
cercando di recuperare. Spero di non saltare nessuno! Baci, Alida
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