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Che succede quando
riprendi a guardarti vecchi anime tanto per passare il tempo?XDD
Ti viene la curiosità di
scoprire la fine del manga e scopri che non ti piace per niente. XD
Quindi che si fa?
Ovvio. Si riscrive ù.ù
Beyblade non è mai stato
un anime/manga che ho seguito per passioneXD diciamo che era solo perché alcuni
personaggi nella mia “giovinezza” mi ispiravano tanto yaoi e lo è tutt’ora XD
Quindi ecco a voi una
piccola KeiRei ambientata alla fine del manga ù.ù
Ovviamente una what if
XP
I hope you like it^^
{ At the end ~
"
Il suo stile di combattimento ci ha mostrato una forza sorprendente, Gou
Hiwatari!!"
Nel
sentire quel nome sussultò.
Non
poteva aver sentito male e i suoi occhi non mentivano nello scrutare quel
ragazzino.
"
... Hiwatari?! Lui... è..."
"
Sì.", assentì Takao mentre osservava con orgoglio, e nostalgia, il suo Makoto
pronto a lanciare. " È il figlio di Kei."
Senza parole Rei fissò il bambino dallo sguardo color ametista che aveva appena
lanciato il suo Beyblade.
Era
la copia identica di Kei... impossibile non notare che fosse suo figlio.
"
Carino.", commentò una squillante vocina che lo costrinse ad abbassare il capo
con curiosità.
Una
folta chioma rosa incorniciava un visino furbo e felino, con occhi ambrati
curiosi e interessati.
La
prese in braccio, cercando di calmarsi.
Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto Kei e si sentiva quasi in
agitazione - soprattutto alla luce di quella scoperta.
"
Chi?", domandò sistemandole le lunghe trecce. " Makoto?"
"
No. L'altro! È forte e anche carino.", rispose la bambina. “ Makoto non
mi piace.”, storse il naso.
"
Non sarai troppo piccola per guardare i ragazzi?", ridacchiò.
"
Io sono grande!", si lamentò Lin gonfiando le guance.
"
Per me resterai sempre la mia piccola bambina.", ribatté scoccandole un bacio
sulla guancia.
"
Mi fai venire voglia di sposarmi e di avere dei figli.", commentò Max
guardandoli divertito.
Rei, in risposta, si voltò verso l’americano donandogli un sorriso e il suo
sguardo venne attirato da un uomo, vestito in modo elegante e distinto, quasi
del tutto nascosto dall'ombra di corridoi d'ingresso all’arena.
Era lui.
Asociale come sempre se ne stava nascosto lì ad osservare, con fare quasi
superiore, tutto ciò che accadeva.
Si
morse le labbra sentendosi come quando era un adolescente.
Possibile che in quei quindici anni non fosse cambiato niente?
Mise per terra la figlia.
Come una calamità lui lo attirava.
Non
poteva farci niente: doveva andare da lui.
"
Lin resta con lo zio Max. Io vado a fare una commissione. Fa da brava."
"
Vedrò di provare a fare la brava. Ma non prometto niente.", rispose la bambina
con un sorrisetto.
Era
chiaro: alla prima occasione sarebbe scappata.
"
Rei! Non lasciarmi con questo diavoletto! Non voglio più essere padre! I’m
afraid!", esclamò il biondo, fingendosi disperato.
"
Non esagerare.", rispose il cinese allontanandosi dal piccolo gruppetto.
Prima piano, tranquillo, poi senza accorgersene i suoi passi si fecero via via
più veloci, e solo per raggiungere l'uomo nel corridoio.
Quante volte aveva visto quella scena ripetersi?
Quante volte negli anni addietro si era allontanato dal gruppo per raggiungere
nell'ombra dei corridoi Kei?
Tantissime,
perché quello era l’unico momento in cui potevano stare insieme.
Eppure non era ancora abituato.
Si
sentiva sempre teso e nervoso, come se in quel luogo potesse accadere chissà che
cosa.
Passo dopo passo sentiva quella sensazione aumentare e si dava dello stupido
perché lui era un adulto, sposato con la donna che l'aveva sempre amato e
dalla quale aveva avuto anche una figlia che adorava.
La
sua era una vita pressoché perfetta.
Non
poteva comportarsi in quel modo così infantile.
Sì,
era proprio stupido. Anzi, doppiamente stupido perché quando gli occhi
color dell'ametista dell'ex compagno si posarono su di lui si sentì trasalire
come un ragazzino di fronte alla sua prima cotta.
Perché continuava a fargli quell'effetto?
Era
ormai finita tra di loro e lui era lì solo per salutare un vecchio amico.
Sì.
Solo per salutarlo come se niente fosse mai successo tra di loro.
" È
da molto che non ci vediamo, Kei."
"
Non ti vedo molto cambiato.", rispose il russo squadrandolo.
Sguardo profondo e dannatamente sensuale, braccia muscolose incrociate all'ampio
petto fasciato da un'elegante giacca grigia e quella voce... bassa e un poco
roca.
Deglutì.
"
Neanche tu se è per questo. Anche se vederti vestito in questo modo fa un po'
impressione.", ridacchiò un po' nervoso.
"
Che ci vuoi fare? È il mio lavoro.", secco come sempre.
Non
diceva mai un qualcosa in più del dovuto, il che causava sempre un silenzio
alquanto imbarazzante che Rei sapeva che non sarebbe riuscito a gestire in
quella situazione.
In
passato magari gli sarebbe bastato allacciare le braccia al suo collo,
stringersi a lui e bearsi di quel calore... ma non poteva.
Quello era il passato.
"
Ho visto tuo figlio. È bravo. Lui e Makoto mi ricordano tanto te e
Takao.", era la prima cosa che gli era venuta in mente per interrompere quel
silenzio.
"
Si allena sempre duramente per diventare il migliore.", rispose. " Tu invece
hai una figlia."
Per
un attimo al cinese parve di sentire una punta d'astio nel tono dell'uomo ma lo
ignorò.
" È
un diavoletto. Ha preso tutto da Mao.", ammise.
"
Spero che non sia debole come lei.", borbottò Kei con voce bassa, ma abbastanza
alta affinché il compagno lo sentisse.
Rei
aprì d’istinto la bocca per difendere la moglie da quel ben poco velato insulto,
ma non riuscì a parlare.
Non riusciva a difendere Mao.
Perché non riusciva a dirgli che sua moglie non era debole?
Sospirò.
Era
inutile, ma non poteva farsi mettere sotto.
"
Quando ti sei sposato? Non ne sapevo nulla."
Alle orecchie del russo quella parve chiaramente un'accusa.
Era
come se Rei si sentisse tradito da quel fatto.
"
Fai prima a chiedermi quando ho divorziato. È durata poco.", ammise sistemandosi
la giacca.
"
Ah..."
"
Non amo le cose finte."
"
Lo so. Ti conosco."
"
Almeno io non sono come te."
Quelle sei parole gelarono il moro.
"
Che stai insinuando, Kei?", esclamò stringendo i pugni.
Il
russo in risposta gli si avvicinò fino a poter sentire sulle labbra il respiro
leggermente velocizzato del compagno.
Lo
stava tentando e sfidando come era solito fare.
"
Io al contrario tuo non so vivere nella menzogna.", sussurrò facendo
immediatamente arretrare Rei, quasi intimorito da quella vicinanza.
Erano anni che non si incontravano.
Anni che non stavano più così vicini.
Poteva cedere anche senza accorgersene.
"
La mia vita non è una bugia."
"
Buffo. Bugia è la parola che mi viene in mente guardando te e Mao.”, era
così calmo da far paura.
Era
una delle prerogative di Kei.
Riusciva a dire tutto senza mostrare i suoi veri sentimenti.
"
Non metterla in mezzo, mi è sempre rimasta vicina.”, rispose sulla difensiva il
cinese.
Era
strano come però non fosse convinto delle sue parole.
Si
era subito eretto in difesa del suo matrimonio e non di Mao.
Nonostante stesse dicendo di non metterla in mezzo era scattato all’insinuazione
che il suo matrimonio fosse solo una bugia.
E
no.
Non era una bugia perché...
“
Mao mi ha sempre amato.", dichiarò come se quello potesse spiegare tutto.
“ E
tu ami lei?”
Il
cinese sussultò.
Non
si aspettava di sentirlo ribattere.
Era
così abituato ai suoi silenzi, per quanto tesi, che non riuscì a rispondere.
Lui... la amava?
Provava qualcosa per Mao?
Era sua moglie, la madre di sua figlia, la donna con la quale era cresciuto.
Era... come una sorella.
“
Tsk. Lascia perdere.”, tagliò corto Kei notando che il compagno non rispondeva.
Non
era più un ragazzino e non aveva voglia di attaccar briga, per quanto seccante
fosse quella situazione.
Per
anni aveva cercato di evitarla, di stare lontano dal cinese... ma non ci
riusciva.
Lui
che aveva sempre cercato di eliminare ogni tipo di legame affettivo si era
innamorato.
Aveva scoperto il legame più forte che esisteva e, testardo, non voleva
abbandonarlo.
Dopo tanta solitudine come poteva abbandonare l’unica fonte di calore che
l’aveva riscaldato?
Lui
non l’avrebbe mai abbandonato.
Mai.
Ma
era stato Rei a mettere fine a tutto.
Kei
poteva essere spesso cinico e asociale ma non era un’egoista.
Per
questo aveva cercato di andare incontro alla scelta del suo ex compagno e aveva
provato a dimenticare tutto quello che li aveva legati in quegli anni.
Sì,
ci aveva provato.
Si
era sposato e aveva avuto un figlio.
Aveva cercato di rifarsi una vita ma aveva fallito.
Odiava la finzione e in quel matrimonio l’unica verità era legata all'affetto
che provava per Gou, che era innocente e non doveva uscirne ferito da quella
situazione.
Lui non poteva né voleva dimenticare.
Non
poteva vivere con una donna che non amava come stava facendo Rei.
Perché sì: sentiva che il cinese non amava Mao.
Ma
non poteva fare niente se non andarsene e sopportare ancora quella separazione.
Era
sempre stato forte e poco incline ai sentimentalismi.
Non
era romantico e non avrebbe mai fatto scenate di gelosia.
Gli
diede le spalle, deciso a raggiungere i suoi colleghi che lo aspettavano per una
riunione - era solito saltarle, troppo noiose, ma quel giorno avrebbe
fatto un’eccezione.
“
Dove vai?”
“
Ho una riunione.”, rispose dandogli le spalle.
“
Capisco...”, Rei abbassò la testa. “ Beh... mi dispiace.”
Non
sapeva neanche perché l’aveva detto ma gli sembrava giusto.
“
Di cosa? Del fatto che hai fatto finire tutto solo per paura?", gli era
sfuggito.
Non
voleva dirlo ma era un pensiero ormai fisso.
Perché Rei l’aveva lasciato?
Perché, dopo tutto quello che avevano passato, aveva preferito sposarsi con Mao?
Tutti i loro: “ Ti amo.”, erano solo una bugia?
Kei
non aveva mai mentito... e di quello né era certo.
“
Non accusarmi! Era la cosa più giusta per noi. Non avevo paura!”, ribatté
piccato.
“
Odio quando prendono le decisioni anche per me ed hai fatto tutto da solo. Hai
deciso tu cosa era meglio lasciandomi di punto in bianco. Non hai mai fatto
nascere un ‘noi’.”
Il
cinese si zittì.
Quelle parole gli risultavano tremendamente vere.
“
Non mi hai ancora perdonato?”, domandò piano.
“
Non lo so.”, e senza dire altro si incamminò.
“
Papà!”
Rei
si voltò venendo travolto da sua figlia che gli balzò addosso.
“
Lin! Che succede? Dovevi restare con Max.”
“
Mi annoiavo! Chi è quel signore? Somiglia tantissimo a Gou!”, parlò a raffica la
bambina, sorridendo luminosa a Kei che si era voltato attirato da quelle parole.
La
osservò serio per poi alzare lo sguardo sull’uomo.
“
Ha il tuo sorriso.”, gli disse per poi sparire nelle ombre.
Il
cinese rimase spiazzato da quell’affermazione mentre realizzava quanto avesse
sbagliato fino a quel giorno.
Kei aveva sempre avuto ragione.
La
paura l’aveva spinto a interrompere un rapporto importante e aveva ferito la
persona che aveva amato e che amava tutt’ora.
Persona che, nonostante tutto, teneva ancora a lui.
Gliel’aveva sempre dimostrato, anche in quel momento.
Fece scendere la bambina che lo guardò curiosa.
“
Resta qui un attimo, ok? Dico una cosa a quel signore poi torniamo insieme
dentro.”
“
Mi compri il gelato?”
“
Ok. Ma aspettami qui!”, e senza aspettare risposta corse dietro Kei che aveva
appena girato l’angolo.
Lo
afferrò per il braccio e lo sbatté al muro.
Il
russo emise un lieve lamento tra lo stupito e il dolorante per la botta contro
la parete.
“
Ti tratterrò poco.”, parlò velocemente Rei per non farlo ribattere, poco prima
di chiudere le labbra dell’altro uomo con le sue.
Un
bacio veloce come quelli che erano soliti scambiarsi di nascosto quando erano
giovane.
E
in quel momento era tutto normale.
Come se niente fosse cambiato.
“
Che fai?”, Kei lo guardò male appena ebbe la bocca libera.
“
Ti ho appena strappato la promessa di rivederci stasera in privato.”,
sorrise divertito.
Il
russo sospirò nascondendo un sorriso.
Per
anni aveva aspettato quel momento e mentre Rei lo stringeva forte in un
abbraccio capì di non aver aspettato inutilmente.
Lin
li osservò stupita e divertita.
Non
aveva ubbidito al padre, come era ovvio, e l’aveva seguito guardandolo
mentre abbracciava e baciava quell’altro uomo.
Doveva essere una persona molto importante perché sapeva che i baci si danno
solo alle persone care.
Era
stata sua madre a dirglielo e si fidava.
Poi
il papà aveva un sorriso così felice che non poteva fare a meno di essere a sua
volta contenta, decise quindi di tornare indietro - voleva il gelato e visto che
non era stata scoperta l’avrebbe ottenuto senza problemi - scontrandosi però con
Gou, che aveva appena concluso il suo match con Makoto.
Gli
sorrise radiosa.
“
Diventiamo amici?”, propose a bruciapelo.
“
Eh?”, il bambino inarcò un sopracciglio.
“ I
nostri papà sono amici quindi lo diventeremo anche noi.”, dichiarò con
convinzione. “ Saremo ottimi amici! Lin e Gou!”
“
Sei strana...”, borbottò l’altro incrociando le bracca al petto.
“
Non si dicono queste cose a una ragazza!”, esclamò arrabbiata assumendo
un’espressione tra l’irritato e il felino.
“
Ah... sei una ragazza? Chi l’avrebbe mai detto...”, ribatté il bambino
accennando un lieve sorrisetto di sfida poco prima di scappare inseguito da
quella strana creatura dai capelli rosa.
Non
la temeva - come poteva? - ma di una cosa era certo: Lin aveva ragione quando
aveva detto che sarebbero diventati amici.
Volenti o nolenti.
Spazio di Miki
Ovvio accenno alla
GouLin XDD
Spero vi sia piaciuta!
Baci!
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