Somebody to love (Miss Puck)

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Si rigirò per l’ennesima volta nel letto e lanciò uno sguardo alla sveglia sul comodino, sospirando nel vedere quanto era tardi. Non riusciva a dormire, quel nodo all’altezza dello stomaco glielo stava impedendo così come le aveva impedito di mangiare a dovere a cena, nonostante i suoi fratelli acquisiti e non avessero fatto un ottimo lavoro per mantenere alto il morale.
Era così da sempre Perona, dolce, altruista ed eccessivamente empatica e bastava che qualcuno a cui tenesse nella stanza stesse male per stare male a sua volta.
Ma in questo frangente c’era di più. C’era un senso di sconfitta e sconforto che Perona non riusciva a scrollarsi di dosso, unito a un senso di colpa di cui non riusciva a carpire l’origine. Perché ovviamente non poteva c’entrare con zio Shanks e zia Makino quello.
Si morse il labbro inferiore, cercando di scacciare quel peso che la stava opprimendo alla bocca dello stomaco, senza successo ed era già sul punto di alzarsi alla ricerca di qualcosa per distrarsi che un rumore ritmico e sottile, proveniente dalla finestra, attirò la sua attenzione.
Si sollevò appena e non ebbe la minima difficoltà a notarli, stavolta. Sassolini, sottili come granelli di sabbia per non rischiare di rompere il vetro ma abbastanza grandi da fare rumore. Se non avesse saputo che si trattava di quello non li avrebbe mai notati. Ma non era passato neanche un anno dall’ultima volta che qualcuno l’aveva svegliata – o per meglio dire quella sera, aveva cercato di svegliarla – usando quel metodo.
Era stata la sera del suo sedicesimo compleanno e Perona sapeva benissimo chi stava aspettando nel giardino di casa sua che lei aprisse la finestra.
La morsa allo stomaco aumentò per un attimo a quel pensiero, senza un perché, ma la rosa non esitò un attimo ad alzarsi e correre alla finestra per aprire. Guardo giù e il bisogno impellente di abbracciarlo la travolse.
Nonostante fosse ancora febbraio, non indossava nessuna giacca sulla felpa e sembrava avere il viso tirato, dettaglio che provocò una stilettata al centro del petto di Perona. Si spostò rapida quando lo vide avvicinarsi alla struttura in legno che sosteneva la pianta di gelsomino, sapendo che ci avrebbe messo pochissimo a raggiungere la sua finestra e rimase ferma in piedi al centro della sua camera, voltandogli le spalle.
Un brivido la percorse quando sentì Ace posare i piedi sul parquet e richiudere la finestra da cui entrava aria fredda.
Si abbracciò da sola e si chiese perché si sentisse così male e perché non riuscisse a girarsi a guardarlo. Non era come se Ace le avesse fatto qualcosa.
-Cos’ho fatto?!- domandò il ragazzo alle sue spalle e Perona sgranò gli occhi.
Era come se le avesse letto nel pensiero ma, soprattutto, c’era una nota sofferente nella sua voce, per non dire disperata.
-Oggi non mi hai mandato nemmeno un messaggio, non hai risposto a nessuno dei miei, mi ignori da stamattina. Dimmi solo cos’ho fatto e mi farò perdonare. Per favore, Perona…- la voce gli morì in gola e la rosa tremò, capendo cosa non andava.
No Ace non le aveva fatto niente, ma lei aveva fatto qualcosa a lui e si rese conto dal suo tono di quanto ci fosse stato male a non sentirla, anche se solo per un giorno. Che poi sapeva che il problema non era non sentirla in sé ma non sapere il motivo del suo mutismo.
Si rese conto da dove originava il suo senso di colpo e il nodo allo stomaco si allentò appena nel realizzare che la soluzione per stare meglio era lì a portata di mano, proprio dietro di lei.
Vagamente consapevole di avere gli occhi lucidi e l’espressione sconvolta, Perona si girò e non perse tempo a raggiungerlo, gettandogli le braccia al collo. Lo sentì espirare sollevato prima di inspirare a pieni polmoni e, anche senza vederlo, sapeva che aveva chiuso gli occhi per godersi il contatto.
Fu solo quando iniziò a parlare che si accorse che stava piangendo, che aveva le guance bagnate di lacrime, che tremava per i singhiozzi e che la sua voce era spezzata.
-Scu-sa… n-non hai fat… fatto niente t-tu… oggi ero… ero d-depressa e n-n-non mi… non s-sono riuscita a s-s-s-scriverti…- si interruppe quando una scarica più potente delle altre la travolse, soffocando i gemiti contro la sua spalla per non rischiare di svegliare i suoi.
Realizzò solo vagamente che Ace l’aveva sollevata e la stava riportando verso il suo letto. Ce la fece sedere e si inginocchiò davanti a lei, prendendole il viso tra le mani.
-Ehi, ehi, ehi! Voodoo! Calma, non è niente!- mormorò rassicurante, il suo splendido sorriso di nuovo sul volto -Ero solo preoccupato di avere fatto qualche cazzata, va tutto bene! Hai diritto ad avere una giornata no!-
Perona scosse la testa, continuando a singhiozzare.
-Non è… non è solo quello…- gemette, premendosi una mano sulla bocca e Ace tornò a preoccuparsi, sedendosi rapido accanto a lei e accarezzandole la schiena.
-Cos’è successo?!- domandò determinato mentre la rosa si girava a guardarlo coi suoi grandi occhi scuri pieni di lacrime.
-Zio… Zio Shanks e zia Makino, loro…. La zia lo ha cacciato di casa…- buttò fuori, un po’ più padrona del suo corpo, lasciando il moro a bocca aperta.
-Cosa?!- domandò sconvolto -Ma Sabo non mi ha…-
-Sabo non lo ha detto a nessuno- lo interruppe Perona, i singhiozzi ora scomparsi ma il respiro ancora tremante -Gli ho scritto io e ha detto che per il momento non se la sentiva di dare spiegazioni-
Ace distolse per un attimo gli occhi, puntandoli alla finestra, preoccupato a morte ora non solo per la sua migliore amica ma anche per il suo migliore amico.
Doveva rispettare la sua decisione però, porca miseria, poteva dirglielo! Sarebbe andato da lui!
Un nuovo gemito soffocato lo riscosse.
-Perona! Ehi, no dai!- esclamò vedendo che aveva ricominciato a piangere.
Le posò una mano a coppa sul viso, scostando al contempo le ciocche rosa che si erano appiccicate alle sue guance umide.
-Perché stai così male?!- le chiese, soffrendo nel vederla così.
-Che… c-che sen-so… ha?!- domandò tremando appena sotto il suo tocco -Se non c-c-ci sono… r-riusciti loro p-perché n-n-noi tutti dovrem… dovremmo anche s-s-solo darci la p-pena di… t-tentare?!-
Lo vide sgranare gli occhi incredulo ma non poteva dirgli altro. Non poteva spiegare che in quel momento la sua Miss Puck – anche perché Ace non sapeva che era lei Miss Puck – le sembrava così inutile ed effimera, che aveva perso tutta la voglia e la motivazione, e dannazione proprio ora che Ace aveva chiesto il suo aiuto!
Ma davvero, vedere la coppia che ai suoi occhi era sempre stato il modello dell’amore perfetto scoppiare così, dalla mattina alla sera, l’aveva devastata.
Vedere zio Shanks così abbattuto, suo padre sconsolato per non essere riuscito a parlare con zia Makino. Anche solo a pensarci, il dolore al petto peggiorava.
-Perona, senti…- cominciò Ace, fermandosi per darle il tempo di sfogarsi ancora un po’, approfittandone per farla sdraiare su un fianco e stendendosi accanto a lei in modo da guardarla in viso, dopo essersi sfilato scarpe e felpa. Le lasciò andare la guancia e portò la mano sul suo fianco, tirandosela addosso, facendole annegare il viso nel suo collo e baciandola tra i capelli -Sono sicuro che si risolverà tutto, però non devi pensare così! Guarda i miei, mio padre è più tempo via a portare aerei in giro per il mondo che a casa eppure si amano e mia madre non gli ha mai rinfacciato nulla! Se ci riescono loro figurati Shanks e Makino! Sono sicuro che è tutto un grande malinteso!- insistette, sentendola calmarsi al suono della sua voce e al ritmo delle sue carezze.
-Ace…- lo chiamò, stringendo la sua maglietta tra le mani.
-Sono qui!- rispose prontamente il ragazzo, continuando a cullarla -Ora calmati e dormi. Io resto qui- proseguì, sentendola finalmente rilassarsi tra le sue braccia e regolarizzare il respiro -Andrà tutto bene, Perona, te lo prometto-
Non si rese nemmeno conto, Perona, di essere scivolata in dormiveglia. La voce di Ace, ora lontana e ovattata, continuava a cullarla e rilassarla e si lasciò andare tra le sue braccia, al sicuro, mentre il suo odore di cannella le riempiva i polmoni, sciogliendo tutto il male e scaldandola dentro.
 

 
§

 
Seguì con gli occhi la mano di sua moglie che posava una tazza di caffè sul bancone, accanto alle sue braccia conserte, mentre l’altra gli accarezzava il coppino in un gesto rassicurante, facendogli chiudere gli occhi e sospirare.
Boa si allontanò da lui, solo per sedersi sullo sgabello accanto, accarezzandolo tra i capelli e guardandolo in apprensione.
-Drag- lo chiamò piano -Parla con me, amore- chiese, quasi supplice.
L’uomo si passò una mano sul volto prima di raddrizzare la schiena per poter guardare in viso sua moglie.
-Io non ne esco sano da questo periodo Boa- soffiò, troppo melodrammatico perché la donna potesse prenderlo sul serio. E infatti la sola risposta che gli concesse fu sollevare un sopracciglio, scettica -Non guardarmi così! Possibile che i miei figli debbano avere il dono di diventare strani tutti nello stesso periodo?!?-
-Sei tu che sei troppo apprensivo!- protestò la mora, sollevata dal fatto che il marito non stesse così terribilmente male come aveva temuto quando lo avevo visto accasciato sul bancone della cucina.
-Io sarò anche apprensivo, hai ragione, ma loro mi stanno facendo preoccupare! Sono preoccupato per Law…-
-I periodi bassi capitano in tutte le relazioni- lo interruppe atona, lasciandolo interdetto per un secondo.
Non le aveva detto nulla delle sue ansie riguardo Law e Margaret e allora com’è che sapeva che il problema era quello?!
Scosse la testa e riprese a parlare.
-Zoro si comporta in modo strano e…-
-Zoro è solo in una fase di assestamento, devi dargli tempo-
-Robin è incinta…-
-E andrà tutto bene!- lo interruppe di nuovo, prendendogli la mano per trasmettergli la sua vicinanza.
-Sì… beh e… e Perona…-
-Cosa?!- lo guardò quasi con rimprovero -Perona cosa?! Va bene a scuola, non ha mai fatto colpi di testa, è sempre educata, aiuta in casa, ha degli ottimi amici tutti con la testa a posto! Perché mai dovresti essere preoccupato per Perona più di quanto faccia normalmente un genitore?!-
Drag la fissò, senza sapere cosa dire ma sapendo benissimo cosa sarebbe successo se le avesse confessato le proprie angosce riguardo alla loro figlia più piccola, angosce di cui era diventato pienamente consapevole solo il giorno prima, quando l’aveva vista ballare ai fornelli. Solo che Drag dimenticava sempre quanto Boa fosse capace brava a capirlo anche se lui non parlava. E capì di essere fregato quando un’espressione di incredula comprensione si dipinse sul viso bellissimo di sua moglie.
-Oh kami!- esclamò, sgranando gli occhi.
-Boa…- cominciò, girandosi febbrile verso la porta della cucina, casomai Perona stesse arrivando -Boa non urlare- sibilò, preoccupato. 
-Oh kami non ci credo! Tu stai perdendo il sonno perché sei geloso di tua figlia!!!-
-Non è questione di gelosia! Non urlare però!-
-Non ci credo! Io non voglio crederci! Drag!- lo richiamò, alzandosi in piedi e fronteggiandolo da in piedi -Dannazione ha quasi diciassette anni! Non può restare bambina per sempre, non puoi andare così in ansia per una cosa che è naturale!!!-
-Tu non sai come sono i ragazzi di oggi!- protestò, aggrottando le sopracciglia.
Boa portò le mani sui fianchi, fissandolo alcuni secondi, scettica.
-No, so com’erano quelli dei miei tempi- commentò atona, lasciandolo interdetto.
-Io non…-
-Tu, caro mio…- lo interruppe, puntandogli contro l’indice -…sei sempre stato il peggiore di tutti! Olivia aveva un anno in meno di Perona quando…-
-So benissimo quanti anni avevamo Boa!- la fermò, diventando color aragosta -Ma era diverso- protestò ancora, imbronciandosi.
-Certo perché non eri tu il padre di Olivia!- concluse, incrociando le braccia al petto -Ma come è sopravvissuto lui e anche mio padre e come sei sopravvissuto tu quando è toccato a Robin, ci riuscirai anche stavolta con…-
-Robin era una cosa diversa! È sempre stata più tranquilla!-
-Perona mica se ne va in giro con un cartello con scritto “Servitevi pure”, eh!-
-Boa!!!- gridò quasi, inorridendo all’idea.
-Cosa?!? Stai esagerando!-
-Non è vero!-
-Ascoltami molto bene, Drakul Mihawk- avanzò minacciosa verso di lui e, se avesse potuto, Drag si sarebbe fatto inglobare nel muro -Tu prova a mettere i bastoni tra le ruote a mia figlia negli anni più belli della sua vita, dopo che ti ha dimostrato di essere matura e responsabile, solo perché sei paranoico e ti posso assicurare che il tuo bastone non avrà modo di mettersi tra i miei ingranaggi per un bel po’! Sono stata abbastanza chiara?!-
Drag deglutì a vuoto, scioccato dalla minaccia di sua moglie, prima di annuire lentamente ma imbronciandosi subito dopo quando Boa indietreggiò, lasciandogli di nuovo spazio per muoversi.
Rimase in silenzio per un po’, guardandola trafficare con tazze e ciotole della colazione e rimettere su un altro po’ di caffè, prima di decidersi a parlare di nuovo. Nonostante le minacce appena ricevute, non poteva fare a meno di aprirsi con lei, gli faceva così maledettamente bene.
-È anche per Shanks- ammise, avvolgendo con i palmi la sua  tazza di caffè.
Boa si girò a scrutarlo qualche istante, prima di sorridere, intenerita e rassicurante.
-Lui e Makino sistemeranno tutto, vedrai-
-Lo spero- mormorò, buttando giù una sorsata di liquido caldo e rigenerante -E non che mi dia fastidio averlo qui ma so già che, nel frattempo, ci sconvolgerà la vita- considerò, miserabile.
Sua moglie sbuffò una risata, consapevole che non poteva dargli torto. Ritornò verso il bancone e affondò di nuovo le dita nella zazzera appena brizzolata di Drakul.
-Sono certa che sopravvivremo- soffiò, dolce e sensuale, prima di chinarsi a dargli un bacio.
Drag rispose ed era già sul punto di farsi trasportare, quando delle risate e una voce famigliare li raggiunsero dal corridoio. Voce famigliare che mise Drag in allerta.
Perché se era vero che non aveva problemi ad identificarla non significava che fosse normale sentirla in casa propria e a quell’ora della domenica mattina.
Dimentico della filippica di Boa di pochi minuti prima, si alzò, strusciando rumorosamente lo sgabello a terra, e si precipitò fuori dalla stanza, sordo ai richiami di sua moglie.
 I due ragazzi si pietrificarono dov’erano nel vedere lo sguardo omicida di Drakul.
-Ciao papà- lo salutò Perona, un po’ incerta e molto perplessa ma l’uomo era tutto focalizzato sul moro accanto a lei.
Ace sorrise nervoso, cercando aiuto con gli occhi dalla sua migliore amica che però sembrava stranita anche più di lui dall’atteggiamento del padre.
-Ehi Drag…- cominciò per salutarlo ma l’espressione sul volto dell’uomo gli fece morire le parole in gola.
Drag intrecciò le braccia al petto, continuando a trucidarlo con gli occhi.
-Da dove arrivi?!- chiese, minaccioso e Perona sgranò gli occhi indignata dalla sua maleducazione.
-Papà!-
-Ace! Da dove sei spuntato fuori?! Non ti ho sentito entrare stamattina-
Il ragazzo portò una mano alla nuca, in imbarazzo.
-A dire il vero io… sono passato a trovare Perona ieri sera sul tardi e mi sono addormentato e…- indietreggiò quando un lampo di furia omicida accese le iridi dorate del padrone di casa.
Non era la prima volta che dormivano insieme, lui e Perona, ma era la prima volta che Drakul dava l’impressione di volerlo usare come affila-lama per una delle sue spade e Ace deglutì a vuoto, sinceramente spaventato.
-Suppongo tu possa capire che il letto singolo che c’è in camera di mia figlia è un po’ troppo piccolo per due persone, vero?!- chiese, avanzando verso di lui.
-Papà, la vuoi piantare?!-
-S-sì, certo- annuì vigorosamente Ace, trovando il muro a bloccare la sua fuga.
-Perciò deduco bene quando deduco che ti sei addormentato sul pavimento, giusto?!-
-Giusto! Giustissimo!-
-Non voglio che tu dica ciò che voglio sentire, Ace. Voglio che tu mi dica la verità e io sono molto bravo a capire quando la gente mente- proseguì, avanzando ancora -Allora… hai dormito per terra, vero?!-
Ace deglutì ancora e cercò Perona con gli occhi, ormai disperato, prima di tornare a guardare Drag, chiaramente spaventato.
-Beh ecco…- lasciò la frase in sospeso, socchiudendo gli occhi.
-Tu hai dormito nello stesso letto con mia figlia?!?!- tuonò Drakul, fuori di sé, proprio mentre la porta d’ingresso si apriva, interrompendo quel pittoresco quadro. Tre paia d’occhi schizzarono verso l’uscio per verificare chi fosse il nuovo arrivato e Shanks si bloccò, sorpreso, con un piede ancora fuori di casa nel trovarsi tutti quegli sguardi addosso.
-Ho interrotto qualcosa?!- domandò, preoccupato, spostando gli occhi dal suo migliore amico a sua nipote e viceversa.
-Da dove arrivi?!- si accigliò Drag.
-Avevo una lezione- spiegò l’istruttore di barca a vela.
-Di domenica mattina?!-
-È un cliente che paga molto bene. Allora che sta succedendo qui?!- s’informò di nuovo, decidendosi ad entrare e chiudere la porta.
-Ace ha dormito nel letto di Perona, stanotte- spiegò il moro, certo del sostegno del proprio migliore amico che però aggrottò le sopracciglia perplesso anziché mettersi a trucidare il povero ragazzo insieme a lui.
-E Perona dove ha dormito?!-
Drag lo fissò con un’espressione che sembrava volesse dire “Ma fai sul serio?!”, prima di sospirare.
-Nel suo letto! Hanno dormito insieme!-
Finalmente, Shanks sgranò gli occhi e si mise bello dritto, dando mostra di tutta la sua imponente mole, prima di avvicinarsi con passi lenti al ragazzo. Lo squadrò dall’alto del suo metro e novantatré e poi, sotto lo sguardo scioccato di Drag, gli tese la mano, picchiandogli l’altra sulla spalla con goliardia.
-E bravo Ace! Complimenti ragazzo! Hai battuto anche Sabo, eh?!- si complimentò con un sorrisone mentre Ace gli stringeva la mano quasi meccanicamente, ormai sull’orlo del collasso per quella situazione tanto spaventosa quanto imbarazzante.
-Shanks!!!- lo ammonì Drag, attirando la sua attenzione.
-Che c’è?!-
-Non è così che dovresti reagire!!! È di tua nipote che parliamo!!!-
-E infatti mi complimento perché secondo me ha scelto una bellissima ragazza, intelligente, sveglia e tutto il resto!-
-Ma veramente io e Perona non…-
-Meow!-
Il silenzio calò intorno a loro.
-Era… un miagolio quello?!- domandò Drag, perplesso.
-No!- esclamò Shanks, troppo velocemente.
-A me sembrava proprio di sì-
-Ma no Drag ti sbagli, non…- provò di nuovo il rosso ma si interruppe quando un testolino nero e peloso, sovrastato da due orecchie triangolari spuntò dalla tasca della sua giacca a vento.
Shansk sollevò gli occhi di nuovo sull’amico, sorridendo a mo’ di scusa.
-Shanks perché hai portato qui un gatto?!-
-L’ho trovato abbandonato mentre tornavo dalla spiaggia. Si è messo a seguirmi e sembrava mi stesse chiamando! Non potevo lasciarlo lì!-
-Aspetta…- lo fermò Drag, capendo improvvisamente -Non vorrai tenerlo!-
Il rosso lo guardò atono.
-Non l’ho certo preso per abbandonarlo di nuovo!-
-E chi ti ha detto che potevi portare un gatto in casa mia?!-
-Nessuno! Ma non puoi impedirmi di regalare un gatto a mia nipote!- ribatté, estraendo il piccolo animale dalla tasca e piazzandola in braccio a una sempre più incredula Perona -Ecco Perona, lui è Nekozaemon! Io vado a fare una doccia!- aggiunse, dileguandosi rapido.
-E io vado a casa!- intervenne Ace, approfittando dell’attimo di interdizione di Drag per correre vero la porta -Ci sentiamo dopo Voodoo!-
-No, Ace! Aspetta!- lo richiamò Perona, precipitandosi dietro di lui, con ancora il micio nero tra le braccia, e fermandosi un attimo sull’uscio per girarsi verso suo padre -Ma si può sapere cosa ti è preso?!- sibilò, chiaramente arrabbiata, prima di uscire di casa per rincorrere l’amico.
Drag rimase immobile nel corridoio ora vuoto per un tempo non meglio definito, stordito da tutto quello che era appena successo. Liberò un sospiro mentre passava pollice e indice sugli occhi. Si sentiva esausto.
Un suono raschioso alle sue spalle lo fece irrigidire e inorridire. Si girò lentamente verso Boa, che si era schiarita la gola per ricordargli della propria presenza  e ora lo fissava dalla porta della cucina, le braccia incrociate sotto il seno e un’espressione che non prometteva niente di buono.
Suo malgrado, sobbalzò quando la donna si mosse verso di  lui, per fermarsi a pochi passi e allungarsi appena per raggiungere il suo orecchio.
-Il tuo bastone, i miei ingranaggi- gli ricordò sensuale e perfida e Drag si sentì morire.
Merda! Che aveva combinato?!
-Boa aspetta, non…- provò a giustificarsi ma sua moglie aveva già imboccato le scale e gli stava facendo “ciao, ciao” con la mano senza neppure voltarsi.
Drag la osservò sparire al piano superiore e grugnì di frustrazione.
Non era più così certo di essere in grado di sopravvivere a quel periodo.  




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