È di vetro, Glass

di lapoetastra
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Sentiva di essere di vetro, Glass, per uno strano scherzo del destino.
Era fragile e delicato come il cristallo, pronto a spezzarsi in mille frammenti.
Eppure continuava ad avanzare, con i lunghi capelli incrostati di sudore, sangue e sporcizia, che strisciavano sull’erboso manto del sottobosco gelato, con il viso smunto e ferito il cui pallore si mimetizzava con il candore della
neve appena caduta a diretto contatto con la natura che lo aveva tradito.
Voleva alzarsi.
Avrebbe dovuto farlo.
Era troppo esposto, così disteso, troppo in pericolo.
Ma non ci riusciva.
Era fatto di vetro, ed era già scheggiato.
Sarebbe bastato un solo tocco leggermente più incisivo per farlo andare in pezzi, frammenti
talmente piccoli che mai si sarebbero più potuti riconciliare.
Doveva fermarsi, per riposare.
Non poteva.
Doveva solo andare avanti, centimetro dopo centimetro, ora dopo ora.
Era l’odio, a dargli la forza per non arrendersi.
Era la vendetta, il carburante che bruciava nelle sue vene, scaldandolo dall’interno ed
impedendogli di morire congelato.
Era l’amore, che gli faceva sprecare preziosa acqua in lacrime di dolore, che a contatto con il freddo dell’inverno divenivano immediatamente piccoli cristalli di ghiaccio.
Glass era di vetro, adesso.
Fragile e delicato, prossimo a distruggersi.
Ma anche il vetro può essere pericoloso, se adeguatamente affilato.
Glass lo era, acuminato dall’ira, reso tagliente da ciò che gli era stato portato via.
Ed avrebbe squarciato, Glass.
Avrebbe squarciato la gola di Fitzgerald, e si sarebbe scaldato con il suo sangue.
Sarebbe stato l’odio a fargli alzare la mano con il coltello.
Ne era certo.
Ma sarebbe stata la pietà a fargliela abbassare.
Sapeva anche questo.
Ed allora se ne sarebbe andato, via da Fitz, via da tutti.
Solo, con gli spettri del suo passato.
Solo, con i fantasmi dei suoi cari.
Solo un pezzo di vetro, a dispetto del suo nome.




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