“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/41/The-Selkie-Wife
Capitolo 41
«Portala dentro», disse Kat.
Emmett portò Bella dentro la porta. Bella stava piagnucolando per il
dolore e la paura. La portò per la scala a chiocciola fino alla stanza da
letto. Con gentilezza la appoggiò sul bordo del letto e le tolse la pettorina,
facendo volare le spille in tutte le direzioni.
«Le mie scuse, sorellina», disse. Cominciò a slacciarle il vestito. «Ma non
è il momento per il pudore.»
«Ci penso io», disse Kat. «Tu devi correre dalla donna delle erbe. Dille
che ho bisogno di serpentina, foglie di lampone, corteccia di viburno… dille
quello che sta succedendo a Lady Cullen e portami tutto quello che ha. In
fretta.»
Uscì dalla porta e Kat cominciò a svestire Bella, slacciando il suo
corpetto. Canticchiava piano mentre lo faceva, delle ninne nanne dolci che
cantava alla Principessa Elisabetta quando era malata, da bambina.
«Kat?»
«Mmm?»
«Perderò il bambino?» Bella mise la mano protettivamente sulla pancia.
«No, se riuscirò a impedirlo», disse Kat brusca. «Ecco qua. Stenditi. Hai
dei crampi?» Spogliò Bella e le mise una sottoveste pulita. Appallottolò
l’altra velocemente, così che Bella non potesse vedere il sangue e allarmarsi.
«Un po’», disse Bella mordendosi il labbro.
«Quanto forti? Peggio dei tuoi corsi mensili?»
Bella non sapeva cosa rispondere. Le donne selkie non sanguinavano come
le donne umane.
Kat vide la sua confusione e le diede un colpetto sul braccio. «Lascia
stare. Stenditi qui e riposati un momento. Torno subito.»
Portò una pietra calda avvolta in un panno e la mise sullo stomaco di
Bella, e mise un altro asciugamano sotto di lei. Gli occhi di Bella pizzicavano
di lacrime trattenute all’implicazione di quel gesto.
«Ora non ti agitare», disse Kat. «È solo per vedere se continui a
sanguinare. Devi calmarti, Bella. devi rilassarti. So quant’è difficile adesso,
ma devi stare più calma possibile.»
Bella provò con forza a regolare il suo respiro in modo che fosse lento e
profondo. Un tempo aveva conosciuto un monaco, in Catai, che le aveva insegnato
la meditazione, e cercò di spingersi in quello spazio vuoto e sereno.
Non funzionò. Voleva Edward. Aveva bisogno di Edward. Aveva
bisogno che la stringesse, aveva bisogno della forza delle sue braccia, della
luce d’amore nei suoi occhi. Queste erano le uniche cose che potevano calmare
la sua anima. Il suo compagno si era allontanato dal suo fianco, che era già di
per sé una cosa assai stressante per una selkie. In aggiunta a tutte le altre
angosce che stava sopportando, le faceva venire voglia di scappare e
nascondersi.
Bonner la spaventava. Solo raramente nella sua vita aveva incontrato
persone che erano puro male. Molti di quelli che facevano cose odiose erano,
come il Predicatore Jacob, dei pazzi scatenati, oppure solo fuorviati, come
Maria. Bonner era del raro tipo che godeva delle sofferenze degli altri. E
voleva farle del male. L’aveva giurato.
Sentì il rumore della porta di Emmett che ritornava e Kat corse di sotto.
Sentì uno scricchiolio di carta.
«Avrai subito le tue medicine, bimbo,» sussurrò Bella carezzandosi
l’addome, come per coccolare il bambino all’interno. La pietra calda sembrava
aver un poco mitigato i crampi.
Poco dopo, Kat le portò una coppa fumante. «Bevi questo adesso», disse
Kat.
Bella prese la coppa con attenzione e bevve. Il sapore era orrendo, ma lo
bevve in fretta quanto lo permetteva il calore. Mentre beveva, Kat si sedette
al suo fianco e le tolse le mollette dai capelli. Glieli spazzolò mentre
canticchiava piano. Le fece pensare a sua madre, che faceva la stessa cosa.
«Ho sonno», disse Bella.
«Lo so. Ti fa bene riposare, e le erbe ti aiuteranno. Stenditi, adesso.»
Bella le diede la coppa vuota e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi.
Edward. Dov’era? Il dolore nel suo cuore era peggiore dei crampi.
Fiocamente, come da una distanza, sentì Kat entrare e la sentì che
sostituiva la pietra ormai fredda con una calda.
E poi… era un sogno? Sentì le braccia di Edward intorno a sé e la sua
voce dolce nelle orecchie. Si accoccolò contro di lui e sospirò contenta. Anche
se era un sogno, la rendeva felice.
Si svegliò e immediatamente le mani andarono alla sua pancia. Sentiva
ancora quella fiammella di vita dentro di sé. Un singhiozzo di sollievo le uscì
dalle labbra.
«Il sanguinamento si è fermato», disse Kat. Bella alzò lo sguardo e la
vide seduta vicino al letto che ricamava.
«E ho altre buone notizie. Guardate dietro di voi.»
Bella si voltò e vide Edward al suo fianco, e lacrime di gioia le
pizzicarono gli occhi. Allungò una mano ma Kat la fermò.
«Non lo svegliate», le disse. «Non dorme da giorni.»
«Pensavo fosse un sogno», sospirò Bella. «Non posso credere che sia
veramente qui!»
«Già. Con il perdono della Regina in mano.»
«Ha scoperto perché la Regina non ha risposto alla sua lettera?»
«Non l’ha mai ricevuta. Bella… mi dispiace dovervelo dire, ma Maria è
morta.»
Bella la guardò. Il dolore le strinse la gola e trasformò le sue lacrime
in lacrime di cordoglio.
«So che l’avete amata.»
«Sì», disse Bella. «Ma quell’amore si era trasformato in odio quando ho
visto quello che faceva, ma alla fine, era rimasta solo pietà. È stata davvero
la donna più infelice della Cristianità, e questo le ha fatto fare cose
orribili. Non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe stata se solo avesse
avuto quell’amore che voleva.»
«Bess ha detto la stessa cosa. Quando Bess era piccola, Maria è stata
come una madre, per lei, gentile e amorevole. Questo mi impressionò, perché sembrava
che Maria non incolpasse dei peccati di Anna Bolena sua figlia. Dopo
l’esecuzione di Anna, il Re era molto avaro con l’appannaggio della casa di
Bess, e alla povera bambina che cresceva sfuggivano in fretta i vestiti, e non
aveva denaro per sostituirli. Maria cuciva dei vestitini per lei, ricamandoli
con le sue stesse mani. Ma poi Bess crebbe. E divenne una minaccia per Maria,
con la sua mera esistenza.»
«E tutti gli intrighi di Bess non hanno aiutato», disse Bella ironica.
«Mai fu detta parola più vera.» Kat mise da parte il suo ricamo e si
alzò. «È l’ora della tua prossima dose. Come ti senti?»
«Meglio», rispose Bella e si accoccolò più vicina a suo marito.
Quando si svegliò di nuovo, era Edward seduto vicina a lei, con un foglio
tra le mani.
«Edward!» gridò sedendosi.
«No, Bella, devi stare a letto per qualche giorno, ancora», le disse. «Stenditi.
Devi riposare e riprendere forze.»
«E il processo?»
«L’ho fatto rimandare per la tua malattia.»
«Ti prego, vieni vicino a me», disse lei.
Lui posò il foglio e scivolò sul letto vicino a lei. Lei gli si accoccolò
contro. «Puzzi di cavallo.»
Lui ridacchiò. «Meglio così che come puzzavo dopo essere stato per sette
giorni seduto al capezzale di Maria. Avevo paura di lasciarla, paura che avesse
uno dei suoi momenti di lucidità e io non avessi l’opportunità di parlare con
lei. Il mio cavallo ha perso un ferro, così ho dovuto fermarmi in una locanda e
aspettare che il maniscalco lo riferrasse. Nel frattempo mi sono dato una
lavata veloce, altrimenti ti assicuro che non mi avresti fatto entrare nella
stanza.»
«Ti farei entrare anche se puzzassi come una puzzola morta», disse lei. «Mi
sei mancato tanto, e avevo paura che ti fosse successo qualcosa di brutto.»
«Devo dirti una cosa importante: ho spedito a Bess la rinuncia ai miei
diritti al trono. Né io, né nessuno dei miei eredi potrà ereditare la corona.»
Lei annuì. «Sono contenta che hai mandato la rinuncia. Ora Bess potrà
vederci come amici e famiglia, e non come rivali attorno a cui potrebbe
formarsi una ribellione.»
«È per questo che l’ho fatto», disse lui. «Io non credo che Bess abbia
avuto a che fare con la Rivolta di Wyatt o la Cospirazione di Dudley. Lei
sapeva, di questo sono sicuro, non c’è un passero che colpisca una finestra
in Inghilterra senza che Bess lo sappia. Ma non credo che abbia partecipato ad
alcun complotto. Non aveva importanza. Lei era colpevole solo per essere un
simbolo attorno a cui il popolo poteva raccogliersi.»
«Fermerà i roghi?» chiese Bella.
«Ci sta lavorando. È col consiglio giorno e notte. Ha ordinato a Bonner
di tornare a Londra, ma lui temporeggia. Presenterò la grazia quando si
riuniranno tra tre giorni. Questo dovrebbe mettere fine a questa farsa.»
Per la prima volta in due settimane, il cuore di Bella si alleggerì. La
speranza fu come un raggio di sole che sbucava tra le nubi.
Bussarono alla porta e Kat entrò portando un vassoio con una ciotola di
zuppa di verdure fumante. Bella aveva mangiato più zuppa nell’ultima settimana
che in tutte le sue vite messe insieme, ma non poteva negare di sentirsi
meglio. Kat aveva aggiunto alle zuppe delle erbe per rinforzare l’utero. Non
rendevano sempre la zuppa più appetibile, ma l’avevano davvero rafforzata.
Senza la prepotenza di Kat, probabilmente sarebbe scivolata nel pantano della
disperazione cui né lei né il suo bambino sarebbero sopravvissuti.
Dopo aver messo il vassoio sulle ginocchia di Bella, quest’ultima la
afferrò in un grande abbraccio. Kat rimase stupita, ma l’abbracciò di rimando.
«Grazie, Kat. Grazie dal più profondo del mio cuore.»
Kat sembrava un po’ agitata. «Oh, non è niente.»
«Abbiamo un debito con te che non potremo mai ripagare», disse Edward.
«Siate solo buoni con la mia Bessie»,
replicò Kat. «Lei ha bisogno d’amore, proprio come Maria, solo che non lo
mostra.»
Tre giorni dopo, la corte si riunì. Bella era seduta di fronte ai
giudici.
«State bene, vostra grazia?» chiese Padre Webber.
«Abbastanza bene», replicò Bella. Si mise una mano sulla pancia
arrotondata. Kat aveva insistito che non indossasse il corpetto per un po’,
perché era convinta che costringesse il bambino, e quindi indossava un semplice
vestito lento di velluto nero.
Bonner prese il fatto che non avesse abortito come un ulteriore prova
della sua colpevolezza. «Tutti noi l’abbiamo vista che stava perdendo il
bambino. Con pozioni e incantesimi ha mantenuto la sua empia progenie nel suo
ventre quando stava per essere scacciata via dalle parole di santi uomini.»
«Un bambino che le vostre levatrici affermavano non ci fosse», notò Padre
Cope.
Bonner arrossì e borbottò qualcosa a proposito di sciocche donne e come
potessero essere facilmente ingannate.
«Certo, una bella borsa di monete può far perdere di vista i fatti»,
disse Edward. Si alzò dalla sua seggiola e Richard Edwardes si alzò con lui.
«Avete qualcosa di valido da aggiungere a questo procedimento, vostra
grazia?» chiese Bonner con malizia.
«Sì, ce l’abbiamo. Bella è stata perdonata da sua maestà la Regina.»
Edward si avvicinò a grandi passi ai giudici e aprì la grazia firmata da Maria
sul tavolo di fronte a loro.
La faccia di Bonner divenne di un rosso allarmante. Mosse la bocca per un
momento poi gli venne un’idea e un ghigno gli contorse le labbra. «La Regina
Maria è morta,» disse. «Quel perdono non ha valore.»
I giudici si scambiarono degli sguardi, insicuri sugli aspetti legali
della questione. Il cuore di Edward affondò. Tutto quello che aveva passato, la
separazione da Bella nel momento peggiore della vita di lei, era stato tutto
per niente? Richard Edwardes fece per argomentare, ma fu interrotto da Kat.
«Io ho il perdono della Regina Elisabetta!» disse ad alta voce. Si alzò e
tirò fuori un foglio dal corpetto e lo sventolò verso il tavolo dei giudici. La
larga firma di Elisabetta, «Elisabetta R» con i suoi ghirigori era visibile da
dove sedeva Bella.
«È stata graziata da due Regine», disse Padre Cope. «Propongo di
sospendere immediatamente il procedimento.»
«La Regina non è a capo della Chiesa!» protestò Bonner. «La Regina Maria
ci ha riportato all’autorità del Papa. La Regina non ha il potere di sospendere
un tribunale ecclesiastico!»
«Ma può sospendere gli aspetti civili», disse Charles Swan. Si alzò dalla
panca e si avvicinò. «I tribunali ecclesiastici passano i condannati alle
autorità civili per la pena. Con la grazia di due Regine, io non posso
infliggere alcuna pena, anche se voi la condannaste.»
«Ben detto», disse Padre Cope. «Io non trovo eresia in questa donna, a
dispetto di due settimane di interrogatori. Padre Dwyer?»
Dwyer annuì. «Concordo. Questa donna non è colpevole. Padre Webber?»
«Non colpevole.»
«Con ciò, la corte è aggiornata. Siete libera di andare, vostra grazia,
con le scuse della corte.»
«Grazie», disse Bella. Era felice di essere seduta, perché le sue gambe
avrebbero potuto cedere per il sollievo.
Edward prese le due grazie e se le mise nel farsetto, nel caso che, e
sollevò sua moglie dalla sedia con un grido di gioia. Bella rise e lui si chinò
per baciarla. Emmett gli diede una pacca sulle spalle e Kat corse ad
abbracciarli entrambi.
Bonner era scarlatto per la rabbia. Si avvicinò con passo pesante al
Predicatore Jacob, che era completamente accasciato, le spalle basse,
sconfitto.
«Come sei riuscita ad avere la grazia così in fretta?» chiese Edward a
Kat. Avevano cominciato ad avviarsi verso casa, senza preoccuparsi di aspettare
un cavallo o una portantina. Bella gli sorrise, il primo vero sorriso dal
giorno in cui la avevano arrestata.
«Io… l’ho portata con me quando sono venuta qui», ammise Kat, facendo
lunghi passi come Edward. «Bess l’ha scritta prima che io partissi.»
«Prima di essere davvero Regina», notò Edward.
Kat arrossì un poco. «Be’… tecnicamente credo di sì.»
Edward scoppiò a ridere e lo spirito di Bella si innalzò a quel suono
allegro. «Andiamo a casa», disse lei.
«Le parole più belle che abbia
sentito in due settimane», disse lui, e la baciò di nuovo.
Quella notte, solo nel buio, illuminato da un’unica candela, il
Predicatore Jacob si inginocchiò sul suo letto e pianse. Non capiva perché Dio
avesse permesso che questo accadesse. Come poteva il male trionfare sui buoni
uomini? Come avevano potuto i giudici non vedere il male che emanava a ondate
da quella donna? Erano stati essi stessi stregati? Aveva sempre pensato che
Padre Dwyer fosse un sant’uomo, ma doveva essersi sbagliato.
Oh, come protegge i suoi, il demonio, pensò Jacob.
Era ospite nella stanza di uno dei suoi seguaci. Lui non aveva una sua
casa, proprio come Cristo e gli Apostoli. Lui vagava per le terre, diffondendo
la parola e accettava sempre volentieri l’ospitalità di qualche suo seguace.
Adesso aveva sempre un tetto sopra la testa e abbastanza da mangiare. Forse
quel lusso lo aveva rammollito, allontanandolo dalla Voce.
Si tolse la veste nera (un altro dono di un seguace) e il cilicio che
aveva sotto. Prese la frusta dal baule ai piedi del letto e si inginocchiò
davanti alla croce sul muro. Prese rapidamente il ritmo familiare. Spalla
sinistra, spalla destra, spalla sinistra, spalla destra. Ci volle un po’ per
mondare il suo corpo dal lusso e le comodità, molto dopo che le gocce di sangue
avevano cominciato a cadere al suolo.
Scivolò in quello stato quasi di trance in cui il dolore diventa
distante, quasi periferico, come una mosca che ronza contro una finestra.
Questo era il punto a cui era dovuto giungere, nel suo delirio febbrile, quando
l’aveva sentita la prima volta, la Voce di Dio. E non avrebbe fallito a
guidarlo, ora.
Voltati, gli disse la Voce.
Vide il disegno sul muro dietro di lui, formato dalle gocce di sangue che
erano schizzate dalle corde della frusta. Sembravano quasi una croce… Era il
segno di ciò che stava cercando?
Lasciò cadere la frusta e la risposta arrivò. Capì, con improvvisa,
spettacolare chiarezza che la strega era stata preservata dalla mano della
giustizia della Regina come dono per Jacob. Sarebbe stata la sua mano ad
ucciderla.
Pianse di nuovo, ma di gioia, stavolta. Che onore gli aveva riservato
Dio! La strega sarebbe bruciata, e sarebbe bruciata per mano sua.
Aspettò che Dio gli dicesse come
farlo, e non rimase deluso.
All’alba, Edward si alzò dal letto e baciò Bella sulla guancia.
«Dove vai?» borbottò lei. «È presto…»
Lui ridacchiò mentre si metteva la camicia. «Sì, è presto, torna a
dormire. Ho un piccolo progetto a cui sto lavorando. Sarò a casa per pranzo.»
«Sola?» disse lei, e lui vide come sgranava gli occhi.
«No, non sei sola. Emmett è qui con te.»
Questo sembrò tranquillizzarla. Bella si rotolò nel letto e si
riaccoccolò tra le coperte.
Per Bella, era un giorno indaffarato. Aveva parecchie mansioni
amministrative riguardanti la casa che si erano accumulate in sua assenza,
conti da pagare, ordinazioni di forniture per la casa, liste di inventario da
controllare e altri compiti noiosi che erano necessari per il buon andamento
della casa. Si chiedeva come avessero fatto prima che ci fosse lei, perché
sembrava che tutti dipendessero da lei per qualcosa.
Una volta sistemate queste cose (o quantomeno averle messe sotto
controllo), lasciò la camera da letto diretta alla nursery per giocare con i
bambini, come aveva promesso loro la sera prima. Le erano mancati terribilmente
e voleva passare del tempo con loro dopo cena, ma aveva bisogno di passare
anche del tempo con suo marito.
Non potevano fare l’amore, ma potevano baciarsi e toccarsi e venerarsi il
corpo l’un l’altro. Era come se avesse sete della sensazione della carne di lui
contro la sua, e anche solo le coccole, i baci, i tocchi leggeri appagavano
quel bisogno, intrecciando nuovi fili nel suo logoro stato emotivo.
Si diresse al corridoio e i suoi sensi affilati colsero odore di fumo.
Allarmata, corse per trovare la fonte e vide la parte posteriore del corridoio
in fiamme. Un arazzo sulla parete si era incendiato e le fiamme lambivano
impazienti il soffitto di legno al di sopra.
Il suo istinto di selkie prese il sopravvento sulla sua mente nel panico.
Si voltò e corse, corse più veloce che poteva per il corridoio e poi giù per le
scale fino all’atrio e fuori dal portone fin sul prato. Da fuori, vide che le
fiamme avevano inghiottito tutta la parte posteriore della casa. Le assicelle
di legno del tetto stavano bruciando.
Si voltò per guardare il gruppo di persone sul prato. I domestici stavano
ancora cercando di tirare fuori le cose di valore, cercando di salvare il più
possibile della ricchezza dei Cullen, ma a lei non importava delle cose. Le
importava delle persone.
Vide con sollievo che Ward, Charles e la piccola Elizabeth erano seduti
per terra ai bordi del gruppo, gli occhi sgranati e spaventati. Emmett
attraversò il gruppo dirigendosi verso di lei. «Dov’è Maggie?» chiese, la
faccia bianca dalla paura.
Gli occhi della piccola Elizabeth si riempirono di lacrime. «Non lo so.
Non l’ho vista.»
«Dov’era quando l’hai vista l’ultima volta?» chiese Bella.
«Nella nursery.»
Bella prese un profondo respiro e si precipitò, prima di aver tempo di
cambiare idea e prima che Emmett potesse fermarla. Corse di nuovo dentro la
casa in fiamme, quando ogni suo istinto le diceva di fuggire di lì, il più
lontano e il più velocemente possibile.
Il fumo riempiva l’ingresso e Bella corse su per le scale, già tossendo,
dati i suoi sensibili polmoni da selkie. Staccò il velo da dietro il suo
copricapo e se lo mise sul naso.
Corse per il corridoio e vide con orrore che i muri esterni della nursery
erano già in fiamme. La sua mente le diceva di essere pratica: era improbabile
che Margaret fosse ancora viva, là dentro, ma non aveva scelta. Doveva provare,
anche se le possibilità erano esigue.
Caricò verso la porta della nursery in fiamme e calciò. Si aprì di
schianto e lei si precipitò nella stanza. Fuoco. Niente altro che fuoco. La sua
gonna si incendiò e lei la colpì in fretta con le mani. Agonia. Le sue gambe
stavano bruciando. Se avesse pensato con più chiarezza, avrebbe potuto salvarsi
da ulteriori danni, ma Bella era nel panico. Anche le sue maniche si
incendiarono mentre colpiva la gonna e lei urlò mentre il fuoco avviluppava le
sue braccia in un bagliore di rovente agonia. Un pensiero razionale le entrò
alla fine nella mente e strappò i lacci della sua gonna e ne balzò fuori, poi
strappò le maniche finché riuscì a sfilarsele dalle braccia. La sua sottoveste
era bruciacchiata, ma non in fiamme. Il dolore le fece venire la nausea e
barcollare. Bella sbatté forte gli occhi e provò a concentrarsi. Avanti.
Schivò pezzi di intonaco che cadevano e assi in fiamme. Vide il lettino
di Margaret nell’angolo. Il fuoco non l’aveva ancora raggiunto. Si chinò
ignorando l’agonia nelle sue gambe e vide Margaret che vi si nascondeva sotto.
Tirò un sospiro di sollievo e la tirò fuori prendendola tra le braccia.
Margaret gridò quando vide le ustioni di Bella. Bella aveva cercato con
attenzione di ignorarle. Ma i bambini avevano ancora una mente aperta, che le
selkie potevano leggere e Margaret stava proiettando immagini allarmanti di…
Bella chiuse in fretta la connessione.
«Ti ho preso Maggie», disse lei. «Ora ce ne andiamo di qui.»
E poi il mondo divenne nero.
La sorpresa per Bella che Edward stava preparando quando era stata
arrestata, stava venendo proprio bene. Solo più tardi gli venne in mente che
entrambe le tragedie erano avvenute mentre lui stava lavorando a quello, e
amaramente desiderò non averla mai lasciata, neanche per quelle poche ore.
Mentre cavalcava verso casa, vide qualcosa di strano nel cielo blu
brillante del tardo autunno. Uno spesso pennacchio di fumo saliva in aria.
Troppo grande per provenire da un falò. Sperò che non stesse bruciando qualcosa
nel villaggio. Con un oscuro presentimento, spinse il cavallo più veloce. Più
si avvicinava e più sembrava che fosse in direzione di Cullen Hall. Il suo
stomaco si annodò per l’ansia e spronò il cavallo a un galoppo furioso. Troppo
vicino a Cullen Hall. E poi, con un nauseante senso di orrore che non avrebbe
mai dimenticato per tutta la vita, si rese conto che era Cullen Hall.
I suoi domestici facevano avanti e indietro sul prato. Stavano ancora
correndo nella casa per tirarne fuori tutte le cose di valore che potevano
salvare dal fuoco. Non c’erano assicurazioni di quei tempi. L’intera fortuna di
un nobiluomo poteva essere stipata in casa, sotto forma di oro, gioielli,
arazzi e abbigliamento, e poteva essere persa in un istante, lasciando in
povertà un’intera famiglia.
Portò il cavallo dritto sul prato e la calca dei domestici gridò di
sollievo nel vederlo. Balzò giù dal cavallo quando vide suo fratello e i
bambini raggruppati, corse da loro e li abbracciò uno dopo l’altro. La piccola
Elizabeth stava singhiozzando, aggrappata al fratello come a un’ancora di
salvezza. «Dov’è Bella?» chiese Edward.
«È tornata dentro», disse Emmett. Aveva uno sguardo vuoto e stordito,
completamente confuso dallo shock.
Era tornata dentro per cercare di salvare la sua pelliccia? Edward si
guardò intorno in fretta e vide il suo armadietto vicino a dei bauli.
«Perché? Perché è tornata dentro?» chiese.
«Maggie è ancora là», disse la piccola Elizabeth, che singhiozzava così
forte da riuscire a parlare a malapena.
«Dove?» Edward la afferrò per le spalle. «Le hai detto dove?»
La piccola Elizabeth annuì. «Stava dormendo nella nursery.»
La sua sposa selkie, così terrorizzata dal fuoco, era corsa dentro una
casa in fiamme per salvare una bambina che non era neanche la sua. Lui le andò
dietro, non poteva fare altro. Sentì delle grida dietro di sé, che lo
avvertivano di non andare, che lo imploravano di non andare, ma lasciarla sola
ad affrontare la sua più grande paura era impossibile.
Il fumo era così denso che la visibilità era ridotta a poco più di un
metro. Edward si annodò il fazzoletto su bocca e naso e strisciò per l’atrio
verso le scale. Grazie a Dio il fuoco era partito dal retro della casa.
Fece le scale e corse per il corridoio. Il fuoco si riversava su tutta la
parte superiore del soffitto. Sarebbe stato bellissimo da vedere, se non fosse
stato raccapricciante. Le pareti stavano bruciando emanando un calore intenso.
Boccheggiò alla ricerca di aria che non c’era.
Girò verso la loro camera da letto invece di andare avanti verso la porta
della nursery. Strisciò per la stanza, notando in una parte distante del suo
cervello che i domestici avevano fatto davvero un buon lavoro a portar via le
cose di valore.
Aprì la porta che comunicava con la nursery appena in tempo per vedere il
Predicatore Jacob che colpiva alla testa Bella con un bastone. Cadde sul
pavimento e Margaret ruzzolò via dalle sue braccia. Strisciò sotto il letto
mettendosi il pollice in bocca.
Jacob si mise a danzare gioioso intorno al corpo prono di Bella,
ridacchiando. «La strega brucerà! La strega brucerà!»
Edward si alzò in piedi e corse verso di lui, la furia che gli faceva
vedere rosso.
Edward non aveva mai combattuto a mani nude. Come tutti i gentiluomini
era stato addestrato a tirare di spada, ma niente che potesse aiutarlo in una
situazione del genere. La sua mente era vuota di tutto tranne l’istinto
primario di fare male a quell’uomo malvagio. Tirò un pugno verso la faccia di
Jacob e fortunatamente gli prese il naso col dorso del pugno; se l’avesse preso
direttamente, probabilmente si sarebbe rotto una mano.
Jacob barcollò ma recuperò in fretta. Anche lui tirò un pugno a Edward,
ma questo balzò di lato prima che riuscisse a colpirlo. «Osi alzare la mano su
un uomo di Dio?» gridò Jacob.
Edward si precipitò contro di lui e lo spinse contro il muro, il gomito
contro la gola, come aveva visto fare a Bella contro Rosalie, tanti anni fa.
«Tu non sei un uomo di Dio», sibilò. «Tu sei un tirapiedi di Satana.»
Jacob sembrò genuinamente ferito dal commento di Edward. Lottò per
liberare il collo dal braccio di Edward. «Sei così accecato da quella donna
demoniaca!»
Edward tirò un pugno nella pancia di Jacob. Sentiva come se l’istinto
stesse guidando i suoi movimenti, adesso. Quando Jacob si piegò su se stesso,
alzò il ginocchio e lo colpì in viso. Jacob cadde a terra, ma afferrò Edward
alla vita e lo trascinò giù con sé. Si cimentarono per un lungo, silenzioso
momento, lottando per il predominio. Jacob buttò Edward sulla schiena e gli
avvolse la mano alla gola. Edward lottava, ma cominciava a vedere delle macchie
scure.
Bella. Doveva salvarla. La vide stesa lì, così immobile, con indosso solo la
sua camicia e la sua sottoveste, e la sua mente andò alla povera Jane Grey,
vestita alla stessa maniera mentre era sul patibolo. Bella si era ustionata
gravemente per prendere Margaret. Doveva salvarla.
Con uno sforzo possente, con l’ultima energia rimasta nel suo corpo a
corto di ossigeno, Edward sbatté via Jacob da sopra di sé. La testa di Jacob
colpì il baule ai piedi del letto, piegandosi bruscamente di lato. Si afflosciò,
ma i suoi occhi erano ancora aperti. Pieni di panico. «Edward! Non posso
muovermi!»
Edward si rimise in piedi barcollando, dolorante, con le vertigini.
Guardò Jacob.
«Ti prego! Non posso muovermi!»
Dev’essersi spezzato la spina dorsale, pensò Edward. «Non senti nulla?»
chiese Edward. Lo calciò con violenza nello stomaco. «Questo lo senti?»
Jacob emise un lamento acuto e la sua faccia si serrò in una smorfia.
«Sì, oh Dio, ti prego! Aiutami!»
Edward andò verso il letto e tirò fuori Margaret dal suo nascondiglio.
«Attaccati alla mia schiena,» disse provando a sembrare allegro e disinvolto.
«Facciamo un giro a cavalluccio!» Margaret nascose la faccia nel suo collo e lo
afferrò in una stretta strangolatrice. Strinse le gambe alla vita di lui e lo
afferrò saldamente.
Edward sollevò Bella, cercando di non toccare le sue ustioni, per non
provocarle altro dolore. Si avviò alla porta.
«Edward! Edward! Ti prego! Non lasciarmi qui!»
Edward si fermò e si voltò. Jacob fissava la porta che comunicava con la
nursery. Era in fiamme adesso e le stuoie di giunco vicine cominciavano a
fumare. Jacob giaceva lì, impotente, guardando il fuoco avvicinarsi, sempre più
vicino, finché cominciò lentamente a consumarlo.
Edward non riusciva a pensare a una fine più adatta per lui.
Portò Bella e Margaret di sotto il più in fretta possibile, e poi fuori
all’aria aperta. Margaret tossiva violentemente per il fumo. Emmett la prese e
la strinse così forte che la bambina strillò.
«Grazie, fratello. Oh, Dio, grazie.»
Edward aprì il suo armadietto e tirò fuori la piccola scatola chiusa. La
portò con sé mentre scendeva per il ripido sentiero che portava alla spiaggia,
dove posò Bella sulla sabbia.
Lei aprì gli occhi, e lui trasalì al dolore che vi vide dentro. Le
ustioni avrebbero richiesto lunghe e dolorose settimane per guarire, oppure lui
poteva darle quello che le occorreva per guarire istantaneamente e liberarsi
dal dolore.
“Avrei dovuto farlo prima”, disse a se stesso. “Ma ero troppo egoista per
lasciarla libera.”
Aprì la piccola scatola e ne tirò fuori la sua pelliccia. Era calda nelle
sue mani, come una cosa vivente. La premette nella mano di lei. «Te la restituisco»,
disse, in caso un annuncio simile fosse necessario.
Un refolo di vento solleticò i capelli dietro il collo. Aveva mantenuto
la sua promessa.
Bella singhiozzò. «No…»
«Mettila, amore mio. Devi guarire. Non sopporto il tuo dolore.»
«Ma…»
«Lo so», disse lui. Si passò una mano sulla faccia e la trovò umida di
lacrime. «Lo so. Ti amo troppo per vederti soffrire. Mettila, amore. Mettila e
sii libera.»
Con un singhiozzo, lei la posò di lato, anche se desiderava
disperatamente fuggire da quel dolore. Lui gliela rimise in mano. «Bella, ti
imploro, ti prego.» Se avesse potuto prendere il suo dolore, l’avrebbe fatto
volentieri, ma non poteva continuare a guardarla soffrire.
Lei ebbe un brivido improvviso e poi mise la pelliccia. In un batter
d’occhio, una piccola foca scura era dentro i vestiti di Bella. Si contorse per
provare ad uscirne. Edward la aiutò. Così aggraziate nell’acqua, ma impacciate
sulla terra.
Lui la prese in braccio e la portò verso il mare, entrando in acqua fino
a che gli arrivò ai fianchi. La abbassò con gentilezza nelle onde. I suoi
enormi occhi scuri, gli occhi di Bella, anche in questa forma lo guardavano con
dolore. «Vai», le disse. «Vai al mondo cui appartieni. Io ti amo, Bella.
Ricordatelo, ti prego. Ricordati che il mio cuore ti appartiene. Lo stai
portando via con te.»
Lei si tuffò sott’acqua e riemerse a poca distanza. Lanciò un terribile
grido di angoscia.
«Ti amo. Va’. Sii felice.»
Guardò l’acqua dopo che la sua testa era scomparsa sott’acqua. Rimase lì
finché le sue gambe divennero torpide per il freddo. Alla fine si voltò e si
avviò verso casa, le rovine ancora fumanti di Cullen Hall.
Note storiche
-
“Catai” era come era chiamata al tempo la Cina, una terra misteriosa
conosciuta solo attraverso gli scritti di Marco Polo. Molti storici moderni
ritengono che Polo in realtà non visitò la Cina, ma abbia basato i suoi scritti
su dicerie e leggende che aveva sentito da altri viaggiatori.
-
“Elizabeth R” era il modo in cui Elisabetta firmava ogni documento, dove
R stava per Regina. Diversamente dal padre, dal fratello e dalla sorella, non
permise mai al consiglio di fare un timbro in legno con la sua firma. Il timbro
era una copia incisa della firma che veniva premuto sulla carta e poi tracciata
con l’inchiostro sull’impronta lasciata. Insisté per firmare personalmente
tutto quanto, un modo per accertarsi che nulla uscisse col suo nome che lei non
volesse. Alcuni studiosi ritengono che il testamento di Enrico VIII non sia
stato firmato da lui personalmente, ma stampato e poi passata con l’inchiostro
dopo la sua morte.