NEVERVILLE
-11-
Quel giorno mia madre mi
sembrava particolarmente malinconica.
Ci eravamo inerpicate fino alla cima di un colle, per vedere il
panorama sulla valle sottostante, fino al mare.
Un piccolo spiazzo erboso, su cui ci eravamo accomodate, una fetta di
pane tra le mani per merenda, e i suoi capelli lunghi, che il vento
agitava un po'.
Questo ricordo, soprattutto. I suoi capelli. Inutile cercare di tenerli
fermi con una mano, c'era sempre una ciocca sfilacciata, che sgusciava
tra le dita e tornava a solleticarle il naso e la bocca. E mia madre
ridacchiava, di quel vento impertinente, che le sue mani non potevano
fermare.
- Perché? -, le chiesi d'un tratto.
Le mie piccole braccia cingevano da dietro il suo collo, e il mio peso
le faceva quasi oscillare il busto.
- Perché cosa, piccola mia? -, mi chiese.
Non dissi nulla, guardai la valle, e il verde tutto che si apriva sotto
ai nostri occhi, poggiando la mia guancia alla sua.
Volse gli occhi verso di me, intercettò il mio sguardo e lo
accompagnò, fino all'orizzonte.
- Non sempre le cose sono come appaiono, Mina -.
- Ma hanno distrutto tutto, mamma... -.
Sospirò, in un modo profondo e lento.
- Sì. Ma non credo volessero farlo veramente. Credo che non
siano stati capiti, quando hanno cercato un contatto la prima volta. E
allora hanno reagito così -.
- Come quella volta mamma che ho rotto un bicchiere perché
non mi stavi ascoltando? -.
Rise, e strinse le sue mani contro le mie braccia, accarezzandole, in
gesti lenti colmi di calore e affetto.
Deglutì, chiudendo gli occhi. Me ne accorsi, la guancia
attaccata alla sua, e sotto gli occhi la grana fine della sua pelle,
morbida, rosata.
Non stavamo parlando di un bicchiere rotto, lo capì bene.
Parlavamo di terre e città distrutte, di morti, di guerra...
forse troppo, troppo per il cuore di una bambina.
- Bisognerebbe avere sempre la capacità di ascoltare.
Attendere, dare fiducia, prima di giudicare. Alcuni uomini sanno farlo,
altri no. Tu cerca di farlo sempre, Mina. Ascolta, dai fiducia, e
attendi. Prima di agire -.
Non so per quanto tempo Pete resta con la bocca incollata
alla mia, le mani intrecciate strette, il respiro fuso al mio, che si
scioglie poi in un sorriso, e gli occhi liquidi e profondi, che dicono
molto, senza staccarsi dai miei.
Un senso forte di appartenenza mi fiorisce nel petto, vorrei dirgli che
lo amo, ma resto ancora un poco muta, il corpo che galleggia
senz'acqua, sospeso tra il calore che sento ancora dentro, e quello che
percepisco da lui, ancora adagiato tutto su di me.
Voglio restare ancora un po' così, respirare i suoi capelli,
e il suo alito caldo, lasciare che il suo corpo si imprima bene nel
mio, come un tatuaggio, marchiato sulla pelle, fin dentro il cuore.
Come fossi nient'altro che sua, semplicemente.
- Farò di tutto per salvarti -. Lo mormora, carezzandomi i
capelli, gli occhi che non mi lasciano, quasi che potesse davvero
convincermi.
Io conosco il mio destino, l'ho sempre saputo. E provo quasi tenerezza
per questo ragazzo che mi ama in un modo così disarmante.
Riserro il cuore, non ci sarà scampo, soffrirà, e
sarà solo colpa mia.
E l'unica consolazione che provo, è che il mio sacrificio
servirà a salvare la Terra, e se Pete e Jody
sopravviveranno, sarà anche per merito mio.
- Non devi mettere a repentaglio la tua vita per me... La missione
è già stata decisa, cosa pensi di fare? -.
- Tu non preoccuparti, di questo -. La sua mano mi sfiora la guancia,
le sue labbra scendono di nuovo a cercare le mie.
- Non fate pazzie... tu e quella testa calda di Jody -. Sorride, del
mio tono quasi di rimprovero.
- So benissimo che voi due vi muovete sempre in coppia -, aggiungo. Ed
è vero. Forse all'inizio non avevo dato importanza alla
cosa, osservavo e prendevo atto, di quel loro modo di eclissarsi dal
gruppo, di guardarsi, di scambiarsi gesti di intesa, per poi sparire.
Ma adesso, mi è chiaro che qualcosa stavano escogitando. E
non oso pensare cosa. Come potrebbero mai affrontare il Capitano, come
metterlo in scacco... come potrebbero mai farcela, in due, contro
un'intera flotta aerospaziale.
Siedo sul letto, di nuovo la tuta rossa d'ordinanza che mi avvolge,
mentre Pete se ne sta in piedi, taciturno, anche lui nel suo bel blu
aderente, che ne segna il corpo. Immagino i pensieri che lo stanno
attanagliando, anche se nemmeno respira, quasi.
Poi d'improvviso sento l'equipaggio che fa ritorno a bordo, un brusio
confuso nelle orecchie.
- La sosta è finita -, annuncio.
Pete mi guarda quasi avesse urgenza di dire qualcosa, ma non ce
n'è bisogno.
- Verrà Jody a cercarti ... -, lo rassicuro. Non chiedermi
come faccio a saperlo, ma so che verrà qui da me a cercarti.
In fondo, è lui che ti ha spinto tra le mie braccia, lui che
ha visto oltre,
prima ancora che io stessa me ne rendessi conto, che tu fossi quello
giusto, che avrei potuto cedere e lasciarmi amare.
Ti cercherà qui, da me, l'unico luogo dove potresti essere
in questo momento.
E' la sua voce quella che mi chiama alla porta.
Uno scambio di sguardi rapido con Pete, e lascio che Jody entri.
Più che entrare piomba dentro a passo svelto, e resta poi
d'improvviso bloccato, quando si accorge di Pete in piedi da una parte
e di me seduta sul letto a braccia conserte, quasi a segnare una
distanza innaturale, che non ingannerebbe nessuno. Non so
perché provo uno strano senso del pudore, sotto ai suoi
occhi che mi osservano in silenzio, seri per alcuni istanti, prima di
sciogliersi in un sorriso sghembo, che non gli illumina il viso come di
consueto.
E non capisco se è per la situazione in cui mi ha trovato, o
per altro, accaduto a Innertown, che non posso sapere, e che pure
inizia a vibrarmi dentro, e spandersi, come una goccia d'inchiostro in
un'ampolla d'acqua, troppo piccola per mutarla di colore, ma
sufficiente a sporcarla.
- Pete ti devo parlare -. Il tono è secco, e
urgente. Non si fa scrupolo di parlare davanti a me, che io capisca, forse, non è poi importante al momento.
Appena un cenno, ma deciso, di assenso, e Pete fa il gesto di seguirlo,
fuori da qui.
Mi alzo in piedi, senza sapere bene cosa dire. Resto ferma, loro che se
ne vanno, come se potessero davvero cambiare il mio destino.
Stanno parlando per il corridoio, e non sanno che io li posso
ascoltare, senza nemmeno muovere un passo dal mio alloggio.
E questa volta voglio sapere tutto, e basta concentrarmi, socchiudere
gli occhi per cercare di eliminare il fruscio impetuoso delle tempie,
per cogliere ogni singola loro parola.
Fatti importanti...
informazioni che non ti immagineresti mai... lo sbarco è
stato solo un diversivo... la Motherhead cambia rotta...
Il tono è concitato, non l'ho mai sentito
così.
Dobbiamo agire, e alla
svelta... Quando il Capitano è da solo in sala controlli...
ce ne occuperemo io e te.
Il battito
accelera, sono degli idioti. Questo penso. Degli idioti!!
Mi involo per il corridoio, non sono distanti. Li vedo in piedi a
parlottare, le mani di uno sulle spalle dell'altro, l'adrenalina che
scorre sotto pelle.
Ne ho anche io, da vendere.
- Voi non farete proprio niente! -.
Mi guardano, come si guarda una ragazza che piomba in mezzo a cose da
uomini.
- Vi ho sentito. Toglietevi dalla testa di fare pazzie! Non voglio che
corriate rischi per me... nessuno dei due! -.
Mi guardano, come guardassero la cosa più preziosa che hanno
al mondo.
I loro occhi mi spiazzano. Non è solo Pete... ci ho appena
fatto l'amore, riconosco quello sguardo, l'ho appena conosciuto. Quello
che mi taglia in due è lo sguardo di Jody. E' intenso,
è diretto, è sfrontato. Lo vedo che si
trattiene, che stringe i pugni, che si morde le labbra. Si morde le
labbra... cosa vorrebbe dirmi? Cosa, che ancora non so?
Ed è lui che guardo. Lui che affronto. Lui, l'amico di una
vita. Spingo le mie mani sul suo petto, nemmeno lo sposto. Oscilla
appena, ma non cede.
- Noi ti salveremo, che ti piaccia o no -. Me lo sibila sul viso, gli
occhi accesi.
- Nessuno ve lo ha chiesto. Non permetterò che vi succeda
qualcosa al posto mio... a nessuno dei due! -.
- Non c'è bisogno che tu ce lo chieda, Neverville. TU...
NON... MORIRAI -. Me lo grida, con rabbia. Pete è in piedi,
lo sento, sento la sua presenza, il suo calore, colgo i movimenti
impercettibili del torace, ogni sussulto dei suoi muscoli. Ma la mia
mente è su Jody. I miei occhi sono catturati dai suoi, il
sangue scorre veloce per lui, adesso. Per quella rabbia che gli trema
tra i denti, e che non avevo mai visto prima d'ora.
- Il Capitano ci nasconde qualcosa, e io devo scorpire cosa. E se
c'è anche solo una possibilità... UNA,
Neverville, di mandare all'aria questa missione e salvarti la pelle...
giuro che non me la faccio sfuggire!-.
Mi afferra i polsi, per togliermi via le mani dal suo petto. Ma non lo
fa. Rimane, come sospeso, le dita strette intorno a me, strette fino
quasi a farmi male, eppure non me ne fa. Come se in tuta quella rabbia
ancora riuscisse a dosare la forza.
E io lo so che lo sta facendo solo per me. Lo so. Lo so che sta solo
cercando di mantenere una promessa fatta da ragazzi, in un letto,
stretti, quando non avevo altro al mondo che lui.
E allora cedo. Se l'amore mi ha già travolto una volta, che
lo faccia di nuovo.
Cedo, gli occhi bassi, i polsi che si abbassano.
- A una sola condizione -.
Lo guardo, più cattiva che posso. Non gli farei mai del
male, ma conosco la mia forza adesso.
Può uccidere, anche se lui ancora non lo sa.
- Vengo anche io dal capitano. Devo sapere, almeno quanto voi. O
così, o non vi permetterò nemmeno di avvicinarlo
-.
Un lungo istante, di rabbia che smuore lentamente.
E sia.
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Un saluto affettuoso a tutti coloro che seguono e recensiscono!
Amantea