Storia breve, senza senso né pretese, ambientata in un futuro
imprecisato ed altamente improbabile.
Scritta per chi so io. Questa persona
capirà leggendo che è un omaggio a lei.
Auguri, carina.
suni
Balena
Sbuffò affannosamente,
sconsolata, mentre si chinava faticosamente in avanti. Quello stupido sandalo
aveva la chiusura allentata e non le permetteva di camminare bene, ma piegarsi
e riallacciarlo meglio non era affatto una faccenda semplice, in quelle
condizioni. L’ingombro non era ancora eccessivo, ma abbastanza marcato da
ostacolarle i movimenti. Mugugnò, curva in avanti, mentre l’acqua
per il riso bolliva allegramente sul fuoco.
Sasuke fece il suo ingresso in cucina
in quel momento, assorto nella lettura di un fascicolo che probabilmente aveva
a che fare con qualche missione – un resoconto, oppure istruzioni per un
incarico a venire. Sakura lo intravide con la coda dell’occhio, mentre
armeggiava con la calzatura.
Lui rimase fermo poco dietro di lei
per qualche secondo, gettandole dapprima un’occhiata distratta, poi
riallontanò gli occhi dal foglio per osservare con più attenzione
un preciso punto del suo corpo.
“Sakura,” esordì
quindi, atono, “ora non allarmarti, ma bisogna che tu lo sappia: ti sta
venendo il sedere grosso.”
Lei s’irrigidì di scatto,
colta da un’ondata di collera e vergogna contemporanee.
“Cosa?” sibilò,
rizzandosi di scatto – beh, all’incirca – per poi voltarsi
verso di lui con sguardo fiammeggiante.
Lui non sembrò percepire il
pericolo, o più verosimilmente non vi diede peso.
“Il tuo sedere. Sta diventando enorme,” ribadì, noncurante
e brutale.
Sakura serrò la mascella,
infuriata, e strinse le mani a pugno. Prese un lungo respiro per tentare di
calmarsi, ma l’espressione di superiore sufficienza sul viso di lui non
le permise di riuscirvi.
“Guarda che sono incinta, rintronato!”
strillò indignata, agitando minacciosamente un braccio. Sasuke si
strinse nelle spalle, abbassando il fuoco sotto la pentola.
“E con questo? Dovrebbe essere
la pancia a ingrandirsi, non tutto il
resto,” commentò senza interesse, posando il suo fascicolo sul
tavolo per dedicarsi alla cena.
Sakura sgranò gli occhi
smeraldini e fece un paio di passi verso di lui con il preciso intento di
spaccargli un braccio. L’ira, e una punta di tristezza per quello scarso
apprezzamento da parte dell’uomo che amava, le masticavano lo stomaco.
“Ti faccio notare che siamo in
due, qui dentro!” berciò, la voce stridula, sfiorandosi il ventre
già visibilmente prominente.
“Sì, e mangiate per
otto,” precisò Sasuke, caustico. “Non ero stato avvisato del
fatto che per poter avere un figlio avrei dovuto dormire con una balena,”
aggiunse, sogghignando lievemente.
Sakura spalancò la bocca,
digrignò i denti, diede un cazzotto all’anta della dispensa
accanto alla testa di lui, scardinandola, e gli voltò le spalle di
slancio con le lacrime agli occhi e le labbra tremolanti. Sasuke fece giusto in
tempo a scorgere la scintilla lucida del pianto a lato del suo occhio mentre
lei girava la testa e prendeva ad allontanarsi, avvilita e fuori di sé:
tutti quegli ormoni in circolo la rendevano decisamente instabile e lei stessa
aveva rinunciato al controllo delle proprie reazioni. Non fece comunque in
tempo nemmeno a finire il secondo passo, aveva ancora il piede a
mezz’aria quando le mani di Sasuke si chiusero sui suoi avambracci,
decise.
“Lasciami!” intimò
astiosa, divincolandosi. “Guarda che le prendi!” aggiunse stizzita,
con tono minaccioso.
Sasuke sbuffò con scherno,
serrando le braccia attorno alla sua vita con cautela.
“Sono terrorizzato, signora
U,” affermò grave, affondando il viso nell’incavo del suo
collo. “Me la sto letteralmente facendo sotto,” precisò,
percorrendo la curva del suo ventre in una carezza leggera col palmo della
mano. Sakura smise di dare strattoni ma tenne un broncio invariato,
incollerita.
“Se non ti piaccio hai solo da
star lontano. E adesso lasciami che devo buttare il riso,” intimò,
secca.
Sasuke non le badò, facendo
scorrere le labbra sulla linea della sua spalla e poi su, verso la nuca.
Sorrise contro i suoi capelli – Sakura sentì distintamente la
curva delle sue labbra arcuarsi – e la tirò verso di sé,
delicato.
“Non l’ho mai detto. Mi
piaci col sedere rotondo,” annunciò, e la sua voce emanava una
musica di risata.
“Non è rotondo!”
protestò Sakura, già ammorbidita.
La mano di Sasuke lasciò la sua
pancia per posarsi sulla natica, decisa.
“Sì invece,”
commentò serio. “E’ rotondo e morbido.”
“Sei proprio uno scemo, signor
U,” osservò lei brusca, per non mettersi a ridere mentre Sasuke si
chinava, spingendola a voltarsi. Gli lanciò un’ultima occhiataccia
mentre lui accostava l’orecchio al suo ventre, con espressione compresa e
concentrata. Infilò le dita tra i suoi capelli e Sasuke rimase immobile
per qualche secondo.
“Non sento niente,”
borbottò, e lei poté intuire il suo vago broncio senza vederlo.
“E’ troppo presto,”
commentò, materna.
Sasuke sbuffò, tamburellando le
dita accanto all’orecchio.
“Cosa stai combinando lì
dentro, nanerottolo?” chiese, severo.
Sakura ridacchiò, scrollando la
testa.
“Non possiamo ancora sapere se
è un maschio,” gli ricordò, mettendo le mani avanti.
“Sì, invece,”
rispose Sasuke risoluto, bilanciando meglio il peso sulle caviglie piegate,
mentre poggiava di nuove le mani aperte sulla sua vita prominente.
“E’ un maschio, è un Uchiha. Dico bene, piccolo
Itachi?” concluse, solenne.
Sakura sorrise teneramente,
scompigliandogli le chiome corvine.
“Può essere una
bambina…” gli ricordò, paziente.
“No che non può,”
sentenziò Sasuke, tirandosi in piedi. “Sarebbe orrendo chiamare
Itachi una femmina,” precisò, sostenuto.
Sakura aggrottò appena la
fronte, esasperata.
“Potremmo darle un altro
nome,” osservò, con sufficienza.
Sasuke la guardò inespressivo
per qualche secondo, quindi soffiò l’aria fuori dalle labbra condiscendente.
“E’ un maschio, e si
chiama Itachi,” stabilì, fermo. “Itachi, smettila di
mangiare tanto o la mamma diventerà un armadio e la dovrò
spostare col portantino,” ingiunse, compito.
“Piantala!”
protestò vivacemente Sakura, rifilandogli un ceffone sul braccio.
Sasuke sorrise tra sé, perfido,
circondandola in un nuovo abbraccio. Sfiorò le sue labbra in un bacio e
le prese il viso tra le mani, approfondendolo.
“Non mi hai detto,”
soffiò, suadente, “che ai nascituri fa bene che i genitori si
diano a sane attività fisiche?”
Sakura sorrise contro le sue labbra.
“Se vuoi puoi sistemare il
giardino, oppure allenarti,” suggerì, ilare, prima di stringergli
le braccia intorno ai fianchi.
Sasuke non le rispose nemmeno, riprese
a baciarla spingendola verso le scale.
L’acqua del riso, ormai, stava
serenamente evaporando.
Sakura strinse fiaccamente la presa
sul fagottino, stremata. Sorrise debolmente in direzione della soglia, con lo
sguardo appannato e tutto il corpo molle. Sasuke era fermo sulla porta, pallido,
stanco e con gli occhi grandi, spalancati di sbigottimento e meraviglia. Aveva
le labbra semiaperte ma non parlava, non muoveva un solo muscolo.
“Guarda, quello è
papà,” sussurrò lei, sollevando un po’ il neonato
perché lo vedesse. “Papà, ti presento Itachi,”
aggiunse, trepidante.
Sasuke deglutì vistosamente,
sbatté le palpebre e spalancò la bocca, ma non emise alcun suono.
La richiuse, si umettò le labbra e traballò di un passo avanti,
smarrito.
“Sono…”
iniziò, ma la sua voce era roca e tremante, usciva a fatica. “Sono
molto contento di conoscerlo,” mormorò rapito, tentando invano di
darsi un contegno. Aveva gli occhi così enormi, sgranati e profondamente
ammirati che Sakura ci affondò dentro.
“Anche lui,”
sussurrò con voce rotta mentre suo marito si avvicinava, con un sorriso
raggiante che lei non aveva mai visto.