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cretini che sfuggono di mano, e da Tekken/King of Fighters si
è passati a Tekken/King of Fighters/Puella Magi Madoka
Magica. Dove le Puellae sono simpatiche vecchine appassionate
giocatrici di bocce (idea nata anni fa da Subutai e che ha messo radici
in altri crossover prima di questo).
Stiamo cadendo in
basso, ne siamo consapevoli.
Ma ci divertiamo con
poco.
L’associazione
a delinquere Mana Sputachu & Subutai Khan
***
“A chi
è venuta quest’idea del cazzo, eh? Si
può sapere?”.
Ammetto che la domanda
del coreano non è del tutto fuori luogo.
E quale sarebbe la
fantomatica idea del cazzo in questione? Ma come, è
così semplice.
Andare alla
bocciofila, mi pare ovvio.
Devo dire di essere
curiosa, perché in realtà nemmeno io so bene
perché ci stiamo trascinando verso quel posto…
inutile?
Manco so giocare a
quella roba.
“Sono stato
io, problemi?” sibila Iori, un paio di passi dietro a me.
“Ti
piacciono i giochi da ottantenni arterisclepotici?”.
Arteriche? Si dice
arteriosclerotici, maledetto mentecatto made in Seoul.
“Segui bene
il labiale, Hwoarang: a-r-t-e-r-i-o-s-c-l-e-r-o-t-i-c-i. Quella
parolona difficile si pronuncia così” lo percula
Jin dopo essersi voltato nella sua direzione. Non posso che approvare.
“Avanti, due
tiri non hanno mai ucciso nessuno” cinguetta Lars,
rigorosamente apripista del gruppetto mentre saltella come manco la
Vispa Teresa. Sembra davvero su di giri alla prospettiva e mi chiedo il
perché.
“Ma se tu
neanche giochi, zio lavativo?”.
“Embè?
Io farò da supporto morale al vostro quartetto. Morale e con
le cibarie”.
“Hai il
coraggio di ritenere commestibili quelle… cose fatte in
cemento”.
“Non
chiamarle cose, nipote degeneration. Sono le mie adoratissime,
buonissime, celestiali polpette uscite direttamente dalla sede
principale dell’Ikea a Stoccolma”.
“Sembrano
più originarie della palude di Swamp
Thing…”.
Non mi sfugge un
sorrisino infido di Thermos Vuoto, e solo per questa volta mi tocca
dargli ragione. Probabilmente avrà pensato qualcosa tipo
“e pure ‘stigrancazzi”.
“Comunque
chi l’avrebbe mai detto che il terribile Iori Yagami,
flagello del mondo civilizzato, distruttore di anime e mangiatore di
carne umana… apprezzasse un gioco da plebei come le
bocce”. Il commento, che dato il tono e il contenuto sembra
preannunciare il desiderio di una morte lenta e piena di fiamme, viene
immancabilmente dal nostro dispensatore di idiozie arancio-crinito.
Santo cielo, devo smetterla con le definizioni sbarazzine.
D’ora in avanti lo chiamerò
“bestiaccia” e finita lì.
“Ringrazia
che mi servi per la quadretta, altrimenti le braccia te le avrei fatte
ingoiare intere dopo averti frantumato i denti uno ad uno”.
“Dai su,
basta litigare. Siamo arrivati” annuncia tronfio Jin
indicandoci il posto del nostro supplizio odierno.
Tu non me la conti
giusta, Kazama. Sei troppo allegro. Il Jin che conosco si sarebbe
lamentato in lungo e in largo per l'ingiusto destino, mentre tu te ne
stai lì con quel sorriso da beota e sin troppo entusiasmo
per uno emo dentro come te.
Oh beh, magari sto
solo pensando male. Ma come si suol dire, a pensar male si fa peccato
ma spesso ci si azzecca.
E finalmente, per modo
di dire, ci avviamo.
Raggiungiamo le varie
piste, invero molto poco frequentate se non per la presenza di qualche
over novantacinque più rughe che pelle. Quanto mi sento a
casa circondata da miei coetanei, mannaggia.
Il moto del gruppo si
arresta da sé, per un qualche motivo non ben precisato. Ci
guardiamo in faccia come cinque imbecilli, chiedendoci in maniera
silenziosa cosa dobbiamo realmente fare e non sapendoci dare una
risposta soddisfacente.
Yagami, cacchio. Sei
tu l’espertone di bocce della compagnia, saprai da che parte
girarti almeno.
No, al pari nostro
pare genuinamente spaesato. Non è che tutta ‘sta
passione ti deriva da Bocciofila Oggi 3000?
Poi arriva qualcuno
che pare volerci tirare fuori dai guai, o se vogliamo essere
più realisti buttarci a forza in fondo al pozzo: si avvicina
un gruppetto di cinque signore, attempate ma rispetto alla media delle
ragazzine, che paiono scioccate dalla presenza di qualcuno con meno di
cinquantasette anni in un posto del genere.
“Occazzo,
dei ragazzi! Qui! È il primo segno
dell’apocalisse!”.
“Ma piantala
di dire stupidaggini, Kyouko-chan, Il nostro è uno sport che
ai giovani piace”.
“Non in
questa linea temporale, cara la mia Madoka”.
“Sì,
va beh. Comunque benvenuti, baldi giovani. Ve la fate una partita
contro di noi?”.
La domanda ci viene
posta da una signora sulla sessantina, bassa e con i capelli
presumibilmente tinti di rosa. Già mi piace la nonnina.
I nostri maschioni si
scambiano uno sguardo complice e Yagami si gira verso la vecchina in
rosa: “Sarà un piacere giocare con voi,
signore.”
Ma guardalo come fa la
provola pure al reparto geriatria!
La signora ridacchia:
“Oh, che giovanotto simpatico!” e lo prende a
braccetto, “Io mi chiamo Madoka Kaname, ma puoi chiamarmi
Madoka-chan come fanno le mie amiche!”
“Piacere di
conoscerla, Madoka-chan. Il mio nome è Iori Yagami, ma mi
chiami pure come vuole” e lei ridacchia ancora. Jin, dietro
di lui, si sta sbellicando come mai nella vita.
Cos’è, i tavolini del karaoke bar spaccati sulla
schiena non vi sono bastati?
Poco a poco ci
presentiamo tutti e impariamo i nomi delle amiche di Madoka-chan:
Homura Akemi (una signora alta e ancora di bella presenza, ma con uno
sguardo truce che farebbe impallidire pure il Jin pignainculo dei tempi
andati), Kyouko Sakura (un’arzilla signora sboccata come
Hwoarang e dai capelli rossi altrettanto tinti, e dalle cui maniche
sbucano tatuaggi preoccupanti), Sayaka Miki (che in passato doveva
essere stata decisamente la maschiaccia della combriccola) e Mami Tomoe
(quella che Hwoa e Iori hanno prontamente definito “milfona
coi fiocchi”, immagino per via dei capelli biondo platino
perfettamente acconciati. O per quelle tettone che ancora sfidano la
gravità).
“Allora
ragazzini, conoscete già le regole o avete bisogno di una
breve lezione?”
A parlare è
la rossa, Kyouko Sakura, che nel farlo tira su le maniche del kimono
mettendo in mostra quei tatuaggi che avevamo solo intravisto;
l’espressione funerea di Jin conferma il terrore di un
po’ tutti quanti: tatuaggi della yakuza.
La signora col taglio
corto, Sayaka, deve aver notato il nostro disagio: “Oh
tranquilli, non lasciatevi ingannare dai tatuaggi di Kyouko-chan!
Quando li ha fatti non aveva idea del loro significato
reale… sono più di quarant’anni che mi
tocca inseguirla e infilarle a forza le maglie a maniche lunghe anche
in agosto.”
I nostri sguardi si
posano inevitabilmente da Kyouko verso Hwoarang, perché lo
sappiamo tutti che lui sarebbe capace di farlo.
“Che
c’è?”
“Niente,
Corea. Niente” ridacchia Jin. Stranamente il coreano tutto
speciale non si lancia in qualche insulto pronunciato male, preso
com’è dall’ammirare i tatuaggi della
signora Kyouko (che a sua volta li ostenta orgogliosa, con buona pace
dell’amica dai capelli corti). Ho idea che tra qualche giorno
ce lo ritroveremo tatuato dalla testa ai piedi, e voglio proprio
vederlo quando si troverà la polizia sotto casa
(perché succederà anche questo. Accade
più o meno una volta a settimana e per le ragioni
più disparate).
“Dunque,
come ha detto prima Kyouko-chan” trilla la signora Kaname
“voi conoscete le regole delle bocce? O volete che ve le
spieghi?”
Ci guardiamo un
po’ spaesati. Jin prende la parola: “In effetti...
è la prima volta che veniamo qui. Siamo neofiti.”
Lei ci sorride, le sue
amiche… hanno le reazioni più disparate.
“Oh, poveri
ragazzi” sussurra la bionda, scuotendo la testa sconsolata.
“Ahi
ahi… ne vedremo delle belle” è il
commento di Kyouko-san, a cui Sayaka-san aggiunge: “Magari
dovremmo dire a Madoka-chan di andarci piano.”
Solo Homura non parla,
limitandosi a sorridere. Un sorriso quasi maligno, di chi sa che stiamo
andando incontro a morte certa.
Mi sembra una reazione
esagerata per uno sport innocuo come le bocce. Voglio dire, il peggio
che può succedere è che Jin e Hwoarang comincino
a tirarsi le bocce addosso per farsi i dispetti.
“Riconosco
quella faccia” mi sussurra qualcuno… anzi no,
qualcuna all’orecchio. Mi volto trovandomi davanti la
suddetta Homura, lo sguardo furbetto.
Sì,
ma… mezzo secondo fa era di fronte a me e ora…
come ha fatto?
“È
la faccia di chi non sa in che guaio si sta cacciando. Maddai, è solo una
partita di bocce. Che male può fare? Beh cara
mia, presto te ne accorgerai”.
Brrrrrrrrr.
Cos’è ‘sto freddo polare? Mi sento come
se avesse appena minacciato torture indicibili che neanche
un’orda mongola quando erano particolarmente assetati di
sangue.
Scusa, vuoi che muoro?
“Homura-chan,
smettila di spaventarli! Non siamo in guerra, dai!” la
rimprovera Madoka-san, guardandola con una faccia velatamente
arrabbiata che, in tutta onestà, le sta proprio male.
Sì, la conosco da quattro minuti e mi ci sto già
affezionando. Problemi?
“Ma…
ma io…” guaisce l’interpellata.
“Le stavi
prospettando l’apocalisse. Guarda che ti conosco, mascherina.
Non siamo qui per terrorizzare questi poveri ragazzi”.
E per grazia divina si
allontana da me, mugolando qualcosa che penso volesse essere un verso
di disappunto.
“Allora”
riprende poi la mia over-sessanta preferita ever “le regole
sono poche e semplici. Questo” dice chinandosi e raccogliendo
un oggetto che dalla mia posizione svantaggiata non riesco a vedere
bene “è il pallino. Lo scopo del gioco
è fare in modo che vicino ad esso ci siano più
bocce della tua squadra che di quella avversaria. Ciò si
può fare in due modi: quello ovvio, cioè essere
precisi quando si lancia e fare in modo di metterne molte in buona
posizione, o quello più ovvio, cioè cacciar via
quelle degli altri. E basta, non c’è altro di
particolare da sapere. Nel caso vi diremo di volta in volta se dovesse
essercene la necessità, ma mi sembrate giovanotti
svegli”.
“Chi vuole
l’onore del lancio del pallino?” chiede con
gentilezza Mami-san.
“Faccio io,
faccio io!”. E chi se non la bestiaccia in arancio poteva
uscirsene con tutta ‘sta foga?
Prepariamoci a una
figura di merda spaziale.
Getto lo sguardo su
Iori e su Jin, che in effetti sembrano condividere la mia previsione.
Non che fosse difficile dato l’elemento di cui stiamo
parlando.
Hwoarang si fa
consegnare l’affare, lo guarda, lo studia, lo soppesa e cerca
di mangiarselo. Ops, no. L’ultima parte me la sono solo
immaginata, ma sapete che sarebbe potuta succedere benissimo.
Poi si pone al centro
della pista.
Fa lo splendido
muovendosi in maniera esageratissima, specialmente il movimento per far
roteare il braccio che sembra debba lanciare ottanta tonnellate di
titanio.
Santo cielo coreano,
sbrigati. Non abbiamo tutta la settimana.
E poi spara.
Non lo dico per dire,
la spara davvero. Per non smentirsi si è calibrato a dir
poco male, spedendo quella povera boccetta quasi in orbita.
“Cominciamo
alla grande…” mi lascio sfuggire sconsolata mentre
abbasso la testa. Riesco a scorgere Iori che lo prende a pedate sugli
stinchi mentre gli intima di andare a recuperarla.
Fra l’altro,
data l’età media dei frequentatori, un pallino
lanciato con quella forza può provocare traumi cranici a
profusione.
Porca vacca. Non sono
venuta qui per potare gente nata prima del 1920.
Hwoa sta per andare a
cercare il boccino (non prima di aver salutato Yagami con il dito
medio), quando Homura appare di nuovo alle nostre spalle:
“Eccolo qui” dice, e porge la pallina a Madoka-san,
che sorride come se tutto fosse normale.
Normale un par de
palle, se mi permettete la caduta di stile.
“Come
diamine ha fatto…” borbotta Jin accanto a me, e io
annuisco: “Ecco, allora non sono l’unica ad averlo
notato!”
Uno sguardo di Homura
ci zittisce all’istante. Comincio ad avere paura di non
uscire viva da una partita di bocce.
Intanto Madoka-san si
avvicina a Kyouko-san e le mette in mano la pallina: “Ecco a
te Kyouko-chan, è il tuo turno” sorride, poi si
incupisce e aggiunge: “Mi raccomando.”
“Cosa? Li
faccio neri, tranquilla” fischietta l’altra
prendendo posto in pista.
Sayaka-chan sorride:
“Come l’ultima volta?”
Il coro di risatine e
lo sguardo torvo di Kyouko-san ci lasciano intendere che dovremmo
aspettarci una performance memorabile anche da lei.
E infatti…
“Piantatela
di ridere. ORA.”
“Beh dai,
non è andata male…”
“L’ultima
volta la tazza di the di Ichinose-san non l’avevi nemmeno
centrata.”
“Solo
perché aveva deciso di portarselo da casa invece di andare
al bar del circolo.”
“Vi odio.
Tutte.”
Non credevo possibile
che qualcuno potesse fare peggio di Hwoarang, invece è
successo. Pure lui è stupito quanto noi.
Kyouko-san non
è solo riuscita a tirare la boccia vicino al boccino, ma
l’ha colpito e spedito contro un palo della rete, che
l’ha rimbalzato verso la tettoia e per leggi fisiche
sconosciute è finito nella tazza di the di una signora al
bar (che dai racconti delle altre sembra essere una consuetudine di
quando Kyouko-san gioca).
Non ho parole, solo
incredulità e meraviglia.
“Su
Kyouko-chan, non è andata così male” la
conforta Madoka-san.
“Giusto”
annuisce Mami, serafica. “Anche Ichinose-san si è
ormai arresa. Magari la prossima volta riuscirai a centrare la
pista.”
Mentre le altre
cercano di tenere a bada l’ira della rossa pensionata,
Madoka-san si volta verso di noi: “Ok, chi vuole provare
adesso?”
Jin alza la mano e
prende posto. Il suo lancio fa arrivare la boccia a circa tre metri dal
boccino. Non male, brontolone.
Continuiamo ad
alternarci, con attimi di panico in cui Yagami fa finire la boccia
fuori dalla pista e tenta di far fuoco a Corea e Lars che lo prendono
per il culo, beata incoscienza.
Arriva il mio turno, e
riesco a fare avvicinare la boccia al boccino di circa un metro. Viva
me!
“Non ve la
cavate per niente male per essere la vostra prima partita!”
ci applaude Madoka-san, seriamente colpita dalla nostra dedizione a uno
sport così… diciamo datato. Signora Kaname, io
non la chiamerei nemmeno dedizione
ma fissazione hipster
di un pazzo dai capelli rossi, ma non oso dirlo ad alta
voce perché alla mia pelle ci tengo.
Poi la mia vecchietta
dai capelli rosa preferita si alza e prende la sua boccia in mano:
“Bene, ora tocca a me.”
E questa, ragazzi
miei, è stata la volta in cui ho definitivamente imparato a
diffidare delle vecchiette carine.
Giuro, non sto
esagerando. Vorrei poter dire che la cosa è ingigantita per
spirito comico, davvero vorrei. Ma non è così.
La pura, semplice,
dolorosissima verità.
Quella donna
è un cyborg. Non c’è altra spiegazione
plausibile.
Perché
prende la sua boccia (rosa, e certi giochi di luce mi danno
l’inquietante impressione che dalla sua superficie crescano
come degli spuntoni) e senza il minimo sforzo apparente la scaglia con
una forza, una precisione, un che di sovraumano. Rotola placida verso
il suo obiettivo, cioè la mia, la scosta gentilmente dalla
sua traiettoria e prende la direzione che la porta a riposarsi proprio
a fianco del pallino. Ma così vicini, così vicini
che potrebbero persino baciarsi.
“Kami
Madoka, più passa il tempo e più diventi
chirurgica quando si tratta di disossare i poveretti che hanno la sfiga
di voler fare una partita contro di te” commenta sarcastica
Sakura-san, a quanto pare sin troppo abituata a un simile spettacolo.
Le sue altre compagne, che per onor di cronaca non sono a loro volta
per nulla scarse (decennale esperienza in questi lidi, immagino),
confermano l’idea che siamo davanti a una specie di semidea
di questo gioco.
Mi allungo in
direzione di Jin e gli chiedo, cercando di non farmi sentire:
“Di’ un po’, ma non è che tuo
nonno o tuo padre si sono dedicati alla creazione di un androide dal
sistema di puntamento laser?”.
È
sufficientemente basito da doversi prendere qualche istante per
formulare una risposta, poi mi dice che per quanto ne sa no, non
è il caso. Inoltre tiene a precisare che, anche fosse stato,
non le avrebbero di certo dato l’aspetto di una signora
così carina e di carattere mite.
Specialmente quello
scarto di galera di Heihachi, già. Non è proprio
il suo stile.
“Eddai
Kyouko-chan, piantala! Sono solo un po’ migliore della media,
tutto qui”.
“Alla faccia
del un po’
migliore…” si lascia sfuggire il
premio Nobel per l’intelligenza made in Seoul, ricevendo
delle meritatissime occhiatacce da tutto il resto dell’altro
gruppo. Continua a farci passare per un branco di idioti, mi raccomando.
Però
stavolta bisogna dargliene atto: ha fottutamente ragione.
Nei successivi giri
noi tutti, che ok saremo nabbi nel mestiere e giovani e impreparati e
tutto quello che vuoi, ci impegniamo con tutti noi stessi per cercare
di arginare i danni. Persino Hwoarang, e chi di dovere mi è
testimone quando affermo che non l’avrei mai creduto
possibile, ci mette la buona volontà… con
risultati che lasciano alquanto a desiderare, ma non si può
pretendere più di un tot. Credo che il signore che ha
colpito sul fianco sia andato a casa piangendo.
Ma tutti i nostri
titanici sforzi, frutto del dar fondo a ogni minima capacità
che potrebbe venire utile in una situazione del genere, vengono
prontamente spazzati via da una demoniaca boccia. Rosa.
Ogni volta. Ogni
singola, maledetta volta. Quando una delle nostre si prende la
libertà di avvicinarsi un po’ troppo…
tac, la vendicatrice ripristina lo status quo.
Mi sta salendo una
crisi isterica.
E non solo a me, visto
che in un paio di momenti Jin si trova costretto a prendere Hwoarang
per un orecchio per impedirgli di spargere le budella di Kaname-san per
tutta la bocciofila. Santo Kazama che evita omicidi gratuiti grazie
alla sua sconfinata bontà d’animo.
Dopo
l’ultima umiliazione in pubblica piazza Yagami alza
ufficialmente bandiera bianca: “Va bene, direi che per oggi
ne abbiamo prese a sufficienza. Basta così”.
“No ma come,
di già?” chiede Madoka con
un’espressione dispiaciuta, e a giudicare dalle espressioni
contrite noi tutti ci sentiamo delle persone orribili per aver fatto
soffrire una vecchina così adorabile. Sì, anche
Yagami ha la faccia colpevole di chi ha appena fatto la cosa
più orribile del mondo, per dire.
“Beh, il
dislivello è evidente” balbetto io, “non
sarà divertente nemmeno per lei giocare con dei
dilettanti” mento io, cercando di nascondere la vergogna per
aver perso contro Villa Arzilla.
Madoka-san
però è irremovibile: “Neanche per
sogno! Adoro vedere dei giovani sinceramente interessati al mio sport
preferito” trilla, e mi afferra le mani: “Insisto
perché facciate un’altra partita con
noi!”
E chi ha cuore di dire
no a una vecchina tanto carina che potrei uccidere di dolore se
rifiuto? Lei potrebbe anche uccidere me con un colpo di boccia ma
è un altro discorso, e comunque non sembra intenzionata a
farlo per fortuna.
“Sì
ma stavolta rendiamo le cose più interessanti, hm?”
Ci voltiamo tutti
verso Kyouko-san, seduta scompostamente su una sedia (Sayaka continua a
borbottarle di chiudere le gambe che le si vedono i mutandoni, e non
sta bene) e un pocky tenuto tra le labbra come fosse una sigaretta.
“Che
intendi, Kyouko-chan?” chiede Madoka, e la rossa sorride:
“Scommettiamo.”
“CI
STO!” urla Hwoa col sorriso dell’incoscienza
dipinto in faccia. Jin, Iori e Lars (che non ha fatto altro che
mangiare polpette svedesi e ridere dei nostri disastri, alla faccia del
supporto morale) roteano gli occhi al cielo.
Sayaka-san sembra
innervosirsi: “Non pensarci nemmeno! Te lo
proibisco!”
“Ma quanto
sei bacchettona, mica voglio scommettere cifre folli” sbuffa
Kyouko-san, ma Mami-san incalza: “Hai detto così
anche l’ultima volta che hai fatto una scommessa”
racconta, “e ricordo abbastanza nitidamente la tua faccia
quando sei stata costretta ad andare a ballare con Harada-san del
circolo di shogi del mercoledì.”
“Ha
ottantaquattro anni e il pannolone, vorrei vedere te!”
“Mica ti ha
costretto lui a scommettere su chi avrebbe vinto la partita”
risponde Mami serafica.
“Queste
vecchine hanno una vita sociale migliore della mia” commenta
Jin sottovoce.
“Non che ci
voglia molto” è la laconica risposta di Hwoa, che
si salva solo perché anche Jin sa che ha detto una cosa vera.
“Avanti,
fatela scommettere” si intromette Homura-san, che finora era
rimasta silenziosa, “lasciate che si metta in ridicolo come
suo solito.”
“Homura-chan!”
è il rimprovero di Madoka-san; rimprovero apparentemente
effettivo perché l’altra sbuffa e si volta
dall’altra parte.
Hwoarang decide di
sbloccare l’impasse: “Ripeto, io ci sto.”
“Ma
sì, stavolta voglio dare retta a Corea” gli
dà man forte Yagami, attirandosi gli sguardi perplessi di
noi tutti (Jin soprattutto, neanche a dirlo).
Madoka-san ci riflette
un po’, poi alla fine sorride: “Ok dai. Una
scommessa non può certo far male” per poi
rivolgersi a Kyouko-san: “Senza esagerare.”
Quest’ultima
sorride e si porta una mano al petto con fare solenne:
“Giurin giurello! E per dimostrarvelo propongo una banale
scommessa con soldi. Diciamo… toh, seimila yen. Seimila e
cinquecento. Settemila. Una cifretta così”.
Sì, in
effetti è proprio simbolica. Poca roba. E volendo si
potrebbe anche fare, tanto se ci mettiamo in cinque (perché
considero anche quel lavativo dello svervegese) a fare la colletta non
dovrebbe essere tutto ‘sto danno. Ovvio, parto dal
presupposto che abbiamo già perso.
Però…
però… uhm…
No, è
noioso così.
Fai mente locale. In
questo preciso momento ti senti in credito o hai motivi di rivalsa con
tutti i membri del tuo gruppo: Jin perché non te la conta
giusta sin dall’inizio e tanto basta, Hwoarang
perché è Hwoarang, Yagami perché
è colpa sua se adesso siamo qui a farci demolire
l’autostima e la fiducia in noi stessi, Lars… oh
suvvia, si trova al posto sbagliato con la compagnia sbagliata. Se lo
merita e stop.
“Ascoltate,
ho una proposta” dico ad alta voce
“Perché non… insaporiamo la
questione?”.
Il capannello dei
presenti si ammutolisce. Immagino di aver colto alla sprovvista
più di una persona, specialmente il prode Kazama che prende
a osservarmi con lo sguardo che usualmente riserva alla nostra
bestiaccia nei suoi attimi peggiori. Assomiglia vagamente a quello che
ha sfoggiato nell’occasione in cui Hwoarang aveva la
serissima intenzione di andare a comprare un cilindro per mangiarselo.
“Che cosa
intendi, Xiao?”.
“Ma no,
nulla di che. Solo che scommettere denaro è banale, e poi si
sa già chi vincerà. Poniamo la scommessa in
questi termini: chi perde… invita fuori a cena un membro del
gruppo avversario. Una vera e propria uscita romantica, possibilmente
con le candele e l’auto a noleggio e lo chaffeur e tutto il
carrozzone”.
Silenzio tombale.
Ne approfitto per
ingranare la quinta.
“Solo che,
per rendere la cosa più pepata, ci sarebbe una clausola. Una
piccola, innocente clausola a margine”.
Ecco, non mi capita
spesso di avere nove persone cotte alla griglia e desiderose di
sentirmi finire un discorso. È una sensazione che ti fa
sentire potente.
Ballate mie piccole
marionette, ballate al mio ritmo.
“E sarebbe,
la piccola e innocente clausola a margine?” azzarda Iori,
guardingo. Mi conosce a sufficienza da sapere che non
c’è nulla di innocente in quanto sto per dire.
“Se mi
lasciaste parlare… sarebbe troppo carino invitare qualcuno
di gradevole e di bella compagnia come Kaname-san. Sai che penitenza.
Pertanto, doveste accettare, gli sconfitti saranno obbligati a invitar
fuori la persona dell’altro gruppo che trovano più
antipatica, o con cui comunque c’è meno
feeling”.
Rido mentalmente. Se
mi ci metto so essere una gran bella bastarda, me lo devo proprio
concedere.
So bene di stare a mia
volta rischiando grosso. Le mie chiappe sarebbero in prima fila assieme
a quelle dei baldi maschioni che frequento, nella malaugurata e
probabilissima eventualità di una batosta. Ma chissenefrega,
il gioco vale la candela.
Ci sono rumori di
mascelle che si slogano, di ginocchia che si rompono a metà,
di occhi che scoppiano. Sì va beh, sto esagerando e lo so.
Mi andava solo di essere un po’ teatrale.
“Prendetevi
il vostro tempo e sappiatemi dire. Se doveste accettare” e
nel pronunciare questa frase mi avvicino a Madoka-san “temo
che per lei sarà una noiosa serata da sola a casa. Senza
offesa, ma è davvero impossibile odiarla. Faremo noi per
lei”. Le sorrido perché è evidente che,
in caso di riuscita del mio piano malvagio, lei rimarrà
tristemente a bocca asciutta. È troppo carina.
Lei ridacchia:
“Sei proprio ruffiana, ma mi piaci per questo.
Vorrà dire che, se dovessimo vincere noi, ti
salverò dal passare una terribile serata con
Kyouko-chan” conclude facendomi l’occhiolino.
“Guarda che
ti ho sentita!” bercia l’altra. “E non
potete accordarvi tra di voi per evitarvi la penitenza, eh!”
“Non stavamo
facendo proprio nulla, Kyouko-chan” trilla la mia vecchina in
rosa, tranquilla “e se mi accusi di nuovo di barare ti tiro
una boccia in testa. E sai che ti centrerò sicuro.”
La rossa si zittisce,
ma senza smettere di guardarla torvo.
“Scusami un
attimo, cinesina tascabile. Io non sono compreso nella scommessa,
vero?”
Mi volto verso Lars,
il cui zaino pare contenere un portale dimensionale verso le polpette
Ikea: “Certo che sei compreso” annuisco,
“siamo dieci, sarebbe scortese lasciare fuori una delle
nostre avversarie.”
“Ma
ma… sono” mi si avvicina e abbassa la voce
“sono anziane!”
“Acuto
spirito d’osservazione il tuo. E comunque, dipende da come
finiamo accoppiati, potrebbe capitarti Mami-san” gli faccio
cenno con la testa verso quella che ormai è stata
ribattezzata “la Milfona”. Lars sgrana gli occhi,
fissando inevitabilmente le poppe anti-gravità:
”Beh, tutto sommato potrebbe non essere una così
brutta cosa passare del tempo con delle simpatiche signore un
po’ attempate” risponde solenne,
“è per una buona causa.”
“Sì,
ora le chiamano buona causa” rispondo con una smorfia.
Evidentemente quando si parla di tette l’età
smette di essere un problema.
Bene, basta ciance.
Batto le mani per attirare l’attenzione dei presenti, e
quando si voltano verso di me chiedo: “Allora signori, siete
pronti alla grande sfida?”
Le due squadre si
lanciano sguardi poco rassicuranti.
Il combatt- ehm, la
gara ha inizio.
E che gara.
Pare che non importi
quale sia la cifra in palio, certi soggetti non sono disposti a
lasciarsela sfuggire, decidendo di fare ricorso a tutte le tecniche
più infime e scorrette che conoscono pur di ottenerla:
così, mentre Kyouko-san inaugura la partita, quel fetente di
Hwoarang (che ha grande conoscenza di combattimento di strada,
scommesse clandestine e cifre astronomiche perse a poker con Paul)
dà il via al gioco sporco facendo
“casualmente” cadere la sua boccia dritto verso
quella di Kyouko-san e spingendola via dalla sua traiettoria.
E se pensate che sia
un atto ignobile quello di barare al gioco con un’innocente
vecchina, non angustiatevi: la suddetta vecchina è tutto
tranne che innocente. Anzi, ha subito dimostrato di avere
un’esperienza come baro di almeno una quarantina
d’anni, facendo morire Hwoarang d’invidia. Ma non
troppo, perché impegnato a cercare di liberarsi dalle gomme
masticate che la signora gli ha lanciato tra i capelli. Il suo
“TOGLIETEMELE DI DOSSO MA NON TAGLIATEMI I
CAPELLI!” è stato sentito da tutta la bocciofila,
il tutto con tono melodrammatico e per niente virile. Yagami,
dall’alto della sua bontà d’animo, si
è offerto di dare fuoco alla sua testa e porre fine alle sue
sofferenze. L’urlo belluino (e gli insulti, e le parolacce)
da parte di Corea hanno lasciato intendere che ha preferito declinare
gentilmente l’offerta.
Ben presto il veleno
della scorrettezza ha preso piede in ognuno di noi, persino i
più insospettabili: se Iori non ha avuto troppi problemi a
creare piccoli fuochi fatui per terrorizzare Sayaka-san,
quest’ultima ne ha avuti ancora meno nel lanciargli diverse
spade (che non abbiamo idea di dove le tenesse nascoste, e che cosa se
ne facesse e che forse è meglio non saperlo); Jin
d’altro canto si è trovato contro Homura-san, la
cui capacità di materializzarsi ovunque voglia a piacimento
come se piegasse il tempo al suo volere gli ha messo così
tanta ansia addosso da tirare la boccia nell’apparentemente
infinita scorta di polpettine Ikea di Lars (mandandolo in bestia). Non
ha osato ricambiare il favore perché quella donna lo
inquieta.
Siamo rimaste solo io
e Madoka-san.
Ci osserviamo in
silenzio.
Lei mi sorride.
Poi tira fuori la sua
boccia rosa.
“Mi spiace
carina, ma credo sia ora di chiudere questo squallido
spettacolino” mi dice, senza il minimo cenno di smargiasseria.
So che non mi sta
prendendo in giro, perché o è
un’attrice da Oscar o è sincera nel suo luminoso
sorriso da bella persona. Però…
però…
Maledizione. Mi odio
per quel che sto pensando, sul serio. Ma… ma non posso
lasciarla vincere.
Che persona orribile
sto diventando? Quale maledetta stronza pensa di barare ai danni di una
nonnetta così deliziosa che non ha fatto nulla di male, a
parte essere illegalmente brava con una cacchio di boccia?
Sì, ma la
posta in palio è alta. E lo è per colpa tua,
genialoide che non sei altro.
Troppa carne al fuoco,
troppa. Morirei d’irritazione e crisi isteriche se mi
toccasse passare una serata romantica con Kyouko-san. O finirei con lo
spaccarle la testa a pugni.
Non posso permetterlo.
NON POSSO PERMETTERLO.
Il fine giustifica i
mezzi, diceva quello che Hwoarang ha l’ardire di chiamare
Macchiatore. Di Maniche, aggiungerei io.
No ok, al diavolo i
moralismi e l’etica. Qua ne va della pellaccia.
Quindi mi metto
l’anima in pace. Ho deciso.
La osservo con le mani
dietro la schiena e una posa il più fintamente possibile
rilassata mentre prende la mira e carica la rincorsa.
Brucerò
all’inferno per l’eternità, ne sono
consapevole.
Chiudo gli occhi e
trattengo il respiro proprio mentre lei comincia a correre.
Allungo un piede.
La faccio finire lunga
e sdraiata, Elizabeth (è il nome della boccia,
già… non ne voglio sapere nulla,
d’accordo?) prende per la prima volta una traiettoria non
ottimale e comincia a zigzagare in maniera a dir poco caotica. Finisce
con lo sbattere sul fondo della pista, in una zona innocua e ben
lontana dal pallino.
Kami, sono un mostro.
“Oh santo
cielo! Mi scusi Kaname-san, non volevo!” urlo, cercando di
dissimulare al meglio l’intento malvagio che mi ha spinta a
un’azione tanto ripugnante.
Sto per andare a
soccorrerla, rosicchiata dal rimorso sin nel midollo, quando mi sento
ticchettare sulle spalle.
“L’hai
fatto apposta, non è vero?”.
Eh? Che succede?
Perché percepisco l’aura furiosa di uno schnauzer
inferocito?
Mi volto lenta.
Akemi-san ha
l’omicidio negli occhi.
Il mondo attorno a me
si ferma, non so se realmente o in senso metaforico, e io sento che la
mia fine è vicina. È giusto così, ho
fatto lo sgambetto a un’adorabile vecchina per puro spirito
di competizione e ne pago le conseguenze. Sono una persona orribile.
Chiudo gli occhi
augurandomi che il tutto sia molto veloce ed indolore… ma il
pugno (o il calcio, o la pistola puntata alla tempia, quello che vi
pare) non arriva. Il mio boia viene distratto da:
“Homura-chan! Di nuovo!”
Apro gli occhi e mi
volto.
Io non…
La boccia di
Kaname-san è vicina al boccino. Pacifica e tranquilla, come
se il suo percorso non fosse mai stato interrotto dalla caduta della
sua proprietaria (causata da me, che finirò sicuramente
all’inferno per questo e solo i kami sanno quanto io meriti
la dannazione eterna).
“Non so di
che parli.”
“Oh non fare
la furba con me, Homura-chan. Ti conosco come le mie tasche.”
La mia attenzione
torna sulle due vecchine e la loro lite, che non si può
davvero definire tale: Kaname-san ha un’espressione
imbronciata che nasconde un sorrisetto beffardo di chi la sa lunga,
mentre Homura-san… se non fossi sicura che quella donna
è Satana incarnato giurerei che dietro quella faccia
impassibile si cela sincero pentimento per aver deluso la vecchina rosa
crinita.
Sono sempre
più inquieta. Mi volto verso il resto della squadra sperando
in qualche spiegazione, ma ciò che ne ottengo sono gesti
confusi da parte di quattro omaccioni altrettanto confusi, che a modo
loro cercano di dirmi (senza farsi sentire da Homura-san) che il
pallino stava sbandando e poi è magicamente apparso accanto
alla boccia, e che in quello stesso istante avevano avuto
l’impressione che Homura sparisse. Solo per un nanosecondo,
il tempo di sbattere le palpebre ed era di nuovo là.
Stregoneria.
“Bene, direi
che la partita è finita” sorride Kaname-san, e io
non posso che sentirmi un mostro: “La prego mi perdoni, sono
una persona orribile, giuro che non volevo!” piagnucolo, ma
la mia vecchina preferita mi stringe le spalle e sorride benevola:
“Oh non preoccuparti, sciocchina! Sono più
coriacea di quello che pensi. E poi era da tanto che non mi divertivo
così, siete stati degni avversari.”
Io non merito tanta
bontà.
“Ma
ma… quello che ho fatto” balbetto, e sento gli
occhi gelidi di Homura-san puntati su di me, pronti a trapanarmi il
cranio “è stato scorretto…”
“Questo
sport può tirare fuori il peggio dalle persone”
sospira, e Hwoarang dietro di me chiede a bassa voce se si riferisce
davvero agli sgarri o alle crisi isteriche dovute al giocare con gente
come lei. “Comunque non devi davvero preoccuparti”
ripete, “ti assicuro che quand’ero giovane ho fatto
ben di peggio!” ride, e le sue amiche la seguono a ruota
(persino Homura-san, che per non smentirsi si limita a un sorrisetto
smargiasso di chi ha visto cose che noi umani non possiamo nemmeno
immaginare), rivangando ricordi di gioventù come il the a
casa di Mami-san e la caccia alle streghe… e lì
mi sono persa, perché o ci prendono per il culo o la demenza
senile inizia a farsi sentire. Decido saggiamente di non indagare.
“E quindi,
come la mettiamo per la scommessa?”
Ci voltiamo tutti
verso Kyouko, che ha fregato una polpetta dell’Ikea a Lars (e
a giudicare dalla faccia l’ha trovata disgustosa).
“Qui
qualcuno ha davvero voglia di procedere con una cosa tanto
ridicola?” se ne esce Hwoarang, stranamente a disagio di
fronte alle sterminate possibilità che un appuntamento
galante controvoglia presenta. Intendo dire, per come lo conosco
è esattamente il tipo di persona che avendo per le mani una
cosa simile la prende al volo, se la infila nelle mutande e corre beato
nell’etere spoloquiando in lingua madre.
“Ma…
una scommessa è una scommessa. Ed è stata una mia
idea. E mi sono macchiata di un atto spregevole. È giusto
che paghi” pigolo, intimorita come un pulcino. Sul serio,
‘sta cosa rischia di non farmi dormire per i prossimi sette
mesi.
“Sì,
sono d’accordo. Chi sgarra paga e i cocci può
ingoiarseli interi” sentenzia Homura-san, sempre con lo
stesso sguardo gelido da se
potessi ti scorticherei per quanto hai fatto, ragazzina.
Mannaggia. Da giovane
doveva lavorare per la yakuza o qualcosa del genere, quegli occhi
farebbero pisciare addosso anche un serial killer vissuto.
“Mi sta
bene” bofonchia Kyouko-san avvicinandosi a noialtri che, non
saprei dire se involontariamente o meno, abbiamo finito con lo stare un
po’ in disparte per i fatti nostri “Quindi immagino
di dovermi sacrificare per la causa non due, non tre, non quattro ma
cinque volte”.
“Esagerata!
Non puoi stare così tanto sulle scatole a tutti!”
se ne salta su Kaname-san, in un bizzarro tentativo di difendere
l’integrità della sua amica. La quale, per tutta
la risposta, la guarda storta facendo intendere che la sua accorata
apologia è apprezzata ma piuttosto immotivata.
E in effetti,
c’è da dirlo… del loro gruppetto
è forse l’elemento… mi si scusi il
termine, peggiore. Se non altro il meno simpatico.
Mettiamola
così: quando toccherà a me io sicuramente
opterò per…
Uhm.
Fermati un secondo.
“Si sta
sopravvalutando, Sakura-san” mi esce.
“Cosa
intendi?”.
“Non posso
parlare a nome degli altri, ma per quanto mi riguarda… io
scelgo Homura-san”.
C’è
tutta una serie di “Oooooooooh” che rieccheggia
nell’aria, insieme a un versetto poco identificabile made in
Seoul. Non commenterò, davvero.
“D’altronde”
riprendo più svelta che posso, giusto per non perdere
l’onda “si parla di una serata romantica con la
persona con cui si va meno d’accordo. E per me la scelta
è stata semplice”.
“Tu sei
pazza, Xiao” si limita a dire Jin voltandomi le spalle
“Questa cosa sta andando troppo oltre…”.
Eh? Troppo oltre?
“Scusa
Jin-kun, cosa intendi dire con troppo oltre?”.
“Che il
tutto mi sta sfuggendo di mano…”.
Sfuggendo di mano?
“Senti un
po’ bellimbusto” esclamo contrariata afferandolo
per la camicia e facendolo ruzzolare per terra “cosa ci stai
tenendo nascosto? Una qualche idea tossica alla Thermos
Vuoto?”.
“Ehi!”
è l’offeso rimarco del sopracitato Thermos Vuoto,
al quale non dedico neanche un grammo della mia attenzione.
“Ahio!
Quanto sei manesca, barattolina!”.
…
…
...
Nessuno.
Può. Chiamarmi. Barattolina.
Ma prima che possa
scuoiarlo come merita Iori mi solleva tipo pacco, e mi tocca ammettere
che la disparità di stazza non gioca a mio vantaggio.
“Lasciami!
Lasciami! Devo farlo a pezzi e darlo in pasto ai cani!”.
“Voi ragazzi
avete davvero energia da vendere. Vi invidio, noi ormai siamo vecchie e
sul viale del tramonto…” commenta con una punta di
malinconia quella che mi sembra sia Sayaka-san. Non lo so, sono troppo
fuori di me per riconoscere la voce con certezza.
“Ma se
neanche una decina d’anni fa eravamo in giro a seminare il
panico, il delirio e la paura!” chiosa Kyouko-san, e
chissà come mai la cosa non mi stupisce manco un
po’.
“Calmati,
dinamite cinese” fa Yagami alzando la testa verso di me (e
prendendosi sul suo faccino un po’ della bava che mi esce a
fiumi dalla bocca) “Se c’è qualcuno che
vuoi picchiare, o forse sarebbe meglio dire provare a picchiare…
io sono il tuo uomo”.
Uh?
“Vedi, io e
il tuo robusto ragazzone conoscevamo già
l’adorabile Kaname-san e le sue amiche. Ho ben pensato di
fare una piccola scommessina con lui sullo svolgimento di un lieto
pomeriggio qui alla bocciofila… con risultati inaspettati,
devo dire”.
Da dietro di noi
giunge la risata più cristallina e bella che abbia mai
sentito in vita mia: “Ihihihih. In effetti sì, mi
vanto di conoscere questi due bei fusti. Anche se non bene come
vorrei…”. Se fosse stata un’altra di
loro penso che il doppiosenso sarebbe stato voluto, ma non nel suo caso.
“Madoka! Non
ce l’hai mai detto! Volevi tenerti i maschioni tutti per
te?”.
“Per favore
Kyouko, non dire baggianate. Cos’hai appena pensato in quella
tua testaccia da delinquente?”.
“I vostri
retroscena non mi interessano granché” interviene
Homura-san “L’unica cosa che mi interessa
è… bambina, sei sicura della tua scelta? Vuoi
realmente passare una serata a lume di candela con me?”.
E come prima ero un
vulcano in eruzione, subito dopo divento una gigantesca distesa di
ghiaccio.
Io ho il terrore di
questa vecchia. Dico sul serio.
Ma quel che
è giusto è giusto.
“Mettimi
giù, piromane. Sono calma. Davvero”.
“Grunf. Alla
prima escandescenza ti metto la museruola”.
Le tue perversioni
sessuali tienitele per te, maniaco.
Quando ho di nuovo i
piedi a contatto col terreno…
“Sì
Homura-san, sono certa. Sono stata orribile, lasciandomi trascinare da
un insano desiderio di vittoria. Non posso passarla liscia”.
“Molto bene.
Ma preparati al peggio”.
Oh santo cielo. Devo
prepararmi testamento?
“Ti
ricorderemo così, bassa e incazzata come una
biscia”. L’elegia funebre di Hwoarang.
E gli altri, giusto
per aggiungere fastidio al fastidio, mi circondano e sembrano mettersi
a lutto. C’è chi prega, chi sussurra canti funebri
e chi alza gli occhi al cielo lamentandosi dell’ingiustizia
della vita.
Begli amici di merda
che ho. |