Lexa era morta
LEXA
ERA MORTA
-A body’s hollow
A body bleed
We live as one
We live alone
I am your soldier
I will atone
And you will take a life with me?-
Grounder Anthem
Mi svegliai
all’improvviso, ritrovandomi in un posto che non riconoscevo.
I muri erano di acciaio, nessuna candela in giro, nessuna finestra da cui
entrava l’odore del mercato. Poi ricordai. Vidi una serie di immagini in rapida
successione: Titus che mi punta una pistola contro, Titus che mi spara, Lexa
che riceve un proiettile nello stomaco, Lexa che cade tra le mie braccia.
Sangue nero ovunque.
Lexa era morta. Titus mi aveva fatto prendere le mie cose e mi aveva fatto
scortare ad Arkadia. Lexa era morta. Lei era morta.
Lacrime iniziarono a scorrermi in viso, quando mi alzai dalla branda. Per un
secondo la mia mente mi portò a Polis, al mio letto macchiato di sangue nero.
Iniziai a vedere il sangue ed era così vero. Mi osservai le mani ed anche loro
era ricoperte di quella sostanza.
“Avevi ragione Clarke, la vita è molto
più di sopravvivenza”
“Ai gonplei ste odon”
“Non ti scusare, devi tornare indietro, loro sono la tua gente, è per questo
che i- … è per questo che tu sei tu”
Urlai cercando di togliermi il sangue nero che colava dalle mie mani. Urlai
piangendo. Lexa era morta. Non c’era più. Era morta.
-Clarke! Clarke calmati!- guardai mia madre senza vederla, prima di riprendere
a strofinarmi le mani, senza smettere di piangere.
-Non c’è nulla lì, te lo stai immaginando!- mi prese le spalle e mi scosse
leggermente, prima di abbracciarmi con troppa forza per i miei gusti.
I miei occhi smisero di vedere la mia stanza in Polis e il sangue, e mi
riportarono ad Arkadia, nel mio spazio per dormire.
Non c’era sangue sulle mie mani. Smisi di piangere e strillare, iniziando a
respirare pi profondamente, prima di staccarmi da Abby.
Mi guardai intorno ancora confusa, cercando qualcosa di familiare in quel
luogo, ma la mia mente iniziò di nuovo a farmi vedere il suo viso felice e poi
il suo viso quando la vita l’aveva abbandonata.
Sentii le lacrime formarsi nei miei occhi e rividi la sua scendere quando la
baciai.
-Dove sono le mie cose? Mi sembra di averle messe sul cavallo prima di partire,
ma non ricordo nulla di più.- non mi sembrava neanche la mia voce quella che
udivo.
-Ha tutto il Cancelliere Pike, voleva assicurarsi che non fossi venuta da parte
dei Terrestri come spia specialmente dopo che ci hanno circondato per ordine di
Le- la interruppi prima che potesse finire la frase.
-Non pronunciare il suo nome- sibilai rabbiosa –Non con il tono di chi sa le
cose! Tu non sai niente, tu non sai quello che ha fatto!-
Mi guardò incerta, non capendo il motivo per il quale avessi reagito in quel
modo. Le diedi le spalle, asciugandomi le lacrime prima che potessero scendere.
Sentii i suoi passi allontanarsi ed andare verso la porta, prima che parlasse
di nuovo.
-Murphy mi ha dato però una cosa da consegnarti, dicendo che tu avresti capito-
mi voltai verso di lei più interessata. –è rimasta in infermeria, te la vado a
prendere.-
-Vengo anche io. Voglio vedere come sta Murphy.- lei annuì, uscendo ed io mi
incamminai dietro di lei.
Avevo ragione quando le avevo detto che non sapevo più se quel posto era casa,
non sentivo Arkadia come sentivo di
appartenere a quella torre. Forse però non era nemmeno la torre, qualsiasi
posto sarebbe stato casa con lei al mio fianco, ma non c’era più. Lexa era morta. Era morta.
Camminammo in silenzio per tutto il tragitto, anche se percepivo gli sguardi
preoccupati di Abby e sentivo le sue domande silenziose, mantenni lo sguardo
basso per evitare di vedere tutte quelle persone. Persone che avevano votato
Pike Cancelliere, tutto questo era successo a causa loro. Se Kane avesse vinto,
Titus non mi avrebbe considerato la debolezza di Lexa e lei non sarebbe morta.
Il tocco di una mano sulla mia spalla mi fece riprendere dai miei pensieri.
Eravamo arrivate in infermeria e Murphy mi guardava dispiaciuto, mentre mamma
cercava ancora di capire cosa fosse successo, provando a leggermi dentro;
probabilmente il suo paziente non le aveva detto nulla, meglio così.
Annuii leggermente, non sapendo che altro fare per distogliere l’attenzione da
me, avvicinandomi lentamente al letto dell’unico che conosceva il mio stato
d’animo.
“Ho bisogno di te, Clarke”
“Volevi vedermi? Sono qui.”
"Clarke"
-Clarke?-
La voce proveniva dalle mie spalle e non era quella di mia madre, che stava
controllando la salute di altre persone.
Vidi Octavia, che mi fissava con uno sguardo confuso e adirato, avanzare a
grandi passi verso di me.
-Pensavo fossi rimasta in Polis, come ospite di quella che ci vuole
uccidere tutti!-
-Io… io i miei saluti li ho fatti.-
“May we meet again”
“Clar…ke”
-Certo come no. Sei qua per suo conto vero? Cosa vuole ancora?-
-Smettetela tutti di parlare e di giudicare, come se sapeste ogni cosa!-
Mia madre si avvicinò a noi con in mano un panno di stoffa molto lungo, che
sembrava contenere qualcosa e me lo porse. La stoffa era lo strascico del
comandante, ripiegato più e più in modo da utilizzarlo per racchiudere cose
piccole.
“Tu stai portando loro la giustizia”
“Noi stiamo portando loro la pace”
Iniziai a piangere quando lo afferrai stringendolo con forza al mio petto
ed inginocchiandomi sul pavimento.
-Titus ha detto, cito testuali parole “Heda avrebbe voluto che tu lo ricevessi,
per ricordarti di lei. L’ultima è una mia aggiunta, come usanza dei Trikru.”-
sentii John dire, prima che Octavia mi circondasse con le sue braccia, nel
tentativo di sorreggermi ed aiutare a rialzarmi. Quando capì che non avevo
intenzione di abbandonare quella posizione si sedette al mio fianco,
osservandomi preoccupata.
Mi asciugai le ultime lacrime prima di slegare il nodo della stoffa, cercando
di mascherare il tremolio delle mie mani. Riuscii a togliere il nodo, ma non
ebbi la forza di aprire per vedere il contenuto, fu Octavia che con impeto mi
prese il mantello di Lexa dalle mani e rovesciò il contenuto sul pavimento prima di buttarmi addosso la
stoffa, che afferrai e strinsi a me con forza.
Fissai le cose che erano sul pavimento ed il mio sguardo fu subito catturato
dal coltello che lei sempre portava fin dal nostro primo incontro.
“Così tu sei quella che ha bruciato vivi
300 dei miei uomini”
“Jomp em op en yu jomp ai op”
Misi da parte la stoffa rossa e presi il coltello accarezzandolo. Rividi il
nostro primo incontro, quando cercò di mostrarsi spietata , lei che giocava con
la lama dell’oggetto, rigirandoselo tra le mani come se fosse un pezzo di
carta. Rividi il giorno in cui Quint mi aggredì e lei mi salvò la vita,
colpendolo con quella daga.
Non ne avevo più le forze, ma se avessi potuto, avrei sicuramente ricominciato
a piangere. Continuai a fissare inerme l’arma, mentre la Blake me la sfilava
dalle mani con sguardo intimorito.
Spostai lo sguardo sul pavimento e presi il blocco da disegno, prima di aprirlo
un piccolo pezzo di carta scivolò via.
Tutti mi guardavano in silenzio, come se il tempo si fosse fermato, come se
aspettassero una mia parola o un mio segno, ma al momento l’unica cosa che
potevo fare e guardare, il pezzo di carta a terra senza riuscire a prenderlo.
Questa volta fu mamma a prendere l’iniziativa ed a leggere il messaggio, dopo
averlo afferrato.
- “Spero che per quando finalmente potremo rivederci tu l’abbia finito, in modo
che io possa apprezzarlo più di quanto non abbia già fatto. Stai al sicuro.
Grazie per prima. Lexa” Clarke cosa significa?-
Aprii il blocco e vidi subito il foglio con il disegno che le stavo facendo
quando riposava tranquilla in camera sua. Iniziai a dondolare sulle ginocchia,
stringendo convulsamente il blocco al mio petto.
-Come faccio Lexa? Come faccio a disegnarti tranquilla, quando l’unica cosa che
vedo è il tuo volto prima di.. prima di…!- Abby ed Octavia mi strinsero in un
abbraccio, ormai consapevoli di quello che era successo
“Il tuo cuore non mostra segni di debolezza”
“La morte non è la fine”
“Ai gonplei ste odon”
“Avevi ragione Clarke”
“Clarke”
“Non c’è niente che tu possa fare adesso”
"Clarke"
"Non avere paura..."
"Clarke"
"Clarke"
"Clarke"
"Clarke!"
“Il prossimo comandante ti proteggerà”
-Io non voglio il prossimo comandante, io voglio te!- urlai spaventando le
persone intorno a me .
Le lacrime tornarono a scendere quando notai sul pavimento l’ultima cosa che
era rimasta. La sua treccia.
Dopodiché penso di essere svenuta per il troppo dolore, perché l’ho vista.
Ho sognato il suo sorriso, quando le ho mormorato che potevamo non parlare. Ho
sognato il suo sorriso nei suoi ultimi momenti, quando mi disse che la vita era
più della sopravvivenza. Ho sognato il suo sorriso quando le dissi che avevo
bisogno di lei. Ho sognato la sua voce che diceva il mio nome. Ho sognato lo
sguardo incredulo ed emozionato di quando l’ho baciata e di quando l’ho spinta
sul letto. Ho sognato il suo sorriso in quei momenti.
Mi svegliai con il suo mantello che mi copriva e le lacrime ricominciarono a
scendere, perché Lexa era morta, non ci sarebbe stato un giorno in cui la
nostra gente non avrebbe più avuto bisogno di noi in modo tale da vivere la
nostra felicità.
Lexa era morta e la parte più grande di me era morta insieme a lei.
-In peace,
May you leave this shore.
In love,
May you find the next.
Safe passage on your travels,
Until our final journey to the ground.
May we meet again.-
Benedizione del viaggiatore
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