A zia Eleanor per
Il suo compleanno.
Perché è la zia migliore del
mondo,
una scrittrice fuori di testa,
un’amica che c’è sempre.
Prologue
Correva.
Semplicemente, affannosamente.
Correva.
Da poco, forse meno di mezzora, ma la pioggia che le colpiva
la pelle, fredda e violenta, le faceva pesare quella fuga il doppio di quanto
sarebbe pesata normalmente.
La visuale era ridotta, rendendo l’orizzonte davanti a lei
cupo e confuso, proprio come la percezione del suo futuro in quel momento.
Improvvisamente, la sagoma di un piccolo edificio si fece
spazio fra la foschia umida, e Sakura tirò un sospiro di sollievo: finalmente
aveva raggiunto la piccola stazione del suo paesello, la porta verso la
libertà, verso una nuova vita; la chiave per voltare pagina una volta per
tutte.
Si avvicinò alla biglietteria, bagnata fradicia,
guadagnandosi un’occhiataccia perplessa da parte dell’impiegata.
-“Sì?”- domandò quella, scrutando la ragazza dai capelli
rosa tremante di fronte a sé.
-“Un biglietto…”-
-“Per dove?”-
-“…la stazione più lontana?”-
-“Beh signorina, da questa stazione è già tanto se raggiunge
la città: da lì avrà treni per ogni destinazione.”- spiegò la donna, masticando
rozzamente un chewing-gum, mentre scrutava curiosamente quella strana ragazzina
dall’aria spaesata.
-“Va bene, un biglietto per la città, allora.”- concluse
Sakura, con un profondo sospiro di rassegnazione.
Inspirò a fondo e si avventurò sui binari, riparandosi sotto
la piccola tettoia al di fuori della stazione.
Si strinse nel suo cappottino striminzito e fradicio,
cercando – inutilmente – di riscaldarsi. Tremava come una foglia, e i denti le
battevano contro la sua volontà, mentre gli occhi iniziavano a pizzicarle per
via del freddo e dell’angoscia.
Quella giornata fredda, uggiosa e piovosa era proprio
l’ultima cosa che le serviva. L’unica cosa positiva era che tutti erano chiusi
in casa e nessuno si sarebbe accorto della sua folle corsa.
Era scappata di casa da meno di un’ora, e già stava
soffrendo per quella fuga.
Ma doveva farsi forza, ormai era in ballo e doveva ballare –
anche se portarsi dietro un ombrello sarebbe stata una bella idea, ma come
sempre doveva fare la parte dell’eroina di b-movie.
Come se il freddo non fosse abbastanza insopportabile di
suo, il tabellone del treno si illuminò, rivelando ben dieci minuti di ritardo.
Sakura sbuffò pesantemente, chiudendo gli occhi e piegando
le labbra in un broncio sofferto, deterrente delle lacrime che la imploravano
di fuoriuscire.
La ragazza scosse la testa con forza, dissuadendo se stessa
dall’idea di tornare a casa e mollare quell’impresa; e, come se fossero passati
solo pochi secondi, lo schiaffo che Tsunade le aveva
mollato in pieno viso qualche ora prima prese a pulsare nuovamente, con forza
rinnovata e forse più dolorosamente di prima. E poi tutta quell’altra serie di
ricordi, che non c’entravano nulla con quella sberla, ma che la sofferenza
aveva richiamato nella mente della ragazza per ricordarle che sì, doveva
scappare.
Ed improvvisamente, un
bagliore accecante colpì le iridi smeraldine di Sakura, portandola a
scostare lo sguardo immediatamente, infastidito.
Incuriosita, la ragazza si voltò nuovamente verso il muro di
fronte a sé, per capire da dove fosse giunta quella strana luce, e finalmente
le apparve davanti: alta, immensa, maestosa. La vecchia fabbrica abbandonata si
stagliava come un enorme e minaccioso dinosauro nel cielo grigio e fosco,
parendo un’ombra irraggiungibile e terribilmente spettrale.
Era sempre stata lì, vicino alla stazione, da ancora prima
che Sakura nascesse; era lì quando Sakura, Naruto e Sasuke tornavano a casa
insieme dalle medie; era lì quando lei e Ino andavano a passeggiare mangiandosi
il loro gelato d’estate; era lì quando Sakura era entrata in stazione, ma se ne
accorgeva solo ora, come se fosse stata un dettaglio irrilevante dello sfondo. La
fabbrica era lì davanti a lei, oltre il muro della stazione, e uno strano
bagliore, come un riflesso, brillava da una delle sagome indefinite delle
finestre attraverso la pioggia. Sembrava quasi un riflesso di specchio, fatto
appositamente per richiamare la sua attenzione. Del resto, non c’era un raggio
di sole in quella giornata perché quell’effetto ottico potesse ricrearsi
naturalmente.
Qualcuno aveva richiamato l’attenzione di Sakura, qualcuno
la invitava a raggiungerlo, qualcuno la necessitava in quella lugubre giornata
di fuga. Qualcuno che probabilmente non aveva una folta chioma corvina pettinata
alla perfezione, né dei magnifici occhi di onice, ma che importava?
Cosa ci facesse qualcuno all’interno di quella fabbrica
abbandonata da un secolo, Sakura non se lo chiese. Bastò l’annuncio
dell’ulteriore ritardo del treno, salito a venti minuti, e un nuovo scintillio
di specchio a conquistarla definitivamente.
Certo, poi anche l’immagine di Sasuke che si allontanava in
moto con Karin sulla sella posteriore – così avvinghiata a lui - aveva
contribuito a far attraversare quei binari deserti a Sakura, a farle scavalcare
il muro di separazione, verso quello che poteva essere considerato un pericolo
mortale quasi certo. Ma che importava?
A nessuno importava nulla di lei – a Sasuke non importava di
lei – perché a lei avrebbe dovuto importare qualcosa di se stessa?
Pieces of Mirror
&
Sorrow of Dolls
1. Pieces of Mirror
Era strano. Non ricordava come, ma improvvisamente, tutto il mondo davanti ai suoi
occhi aveva perso colore, svanendo in una coltre bianca ed evanescente. La
pioggia, la finestra, la visuale al di là di essa, si erano fusi insieme nei
suoi occhi di cielo d’estate, ipnotizzandola, rapendola. Fu assordata da un
fischio lontano, un sibilare di vento, quasi un lamento agognato. Una
sensazione ben strana, ma per niente nuova…
-“Ino? Ehi, Ino?”-
La ragazza scosse lievemente la testa, sbattendo velocemente
le palpebre e ritornando in sé, come se si fosse appena svegliata da un lungo
sonno.
Guardò stranita il ragazzo in piedi davanti a lei, che la
sovrastava con la sua sproporzionata altezza.
-“Cosa c’è?”- le domandò Shikamaru, inarcando un
sopracciglio mentre la scrutava perplesso.
-“Come? Sei stato tu a chiamarmi!”- contestò Ino, ancora
stordita.
-“Lo so, ma ti ho vista persa. Tutto okay?”- chiese
nuovamente il Nara, con cipiglio scettico.
-“Sì, solo che…”- s’interruppe la biondina, scrutando la
pioggia oltre la finestra –“…ti ricordi quand’ero piccola e…”-
-“E mi prendevi a pugni?”-
-“Sì, cioè no… nel senso… sai quando mi capitava di… di vedere delle cose…”- iniziò Ino, con
tono insicuro, aggrottando lo sguardo e concentrandosi sulle gocce di pioggia.
-“Di visioni ne hai sempre avute molte, Yamanaka…”- la
sbeffeggiò Shikamaru, divertito –“…sicura di star bene? Magari sei
meteoropatica!”-
-“Ehi Shikamaru, sbrighiamoci o perdiamo il pullman.”- si
lamentò Temari, che aspettava il ragazzo appoggiata all’entrata del bar, con
braccia conserte e sguardo irritato.
-“D’accordo, arrivo. Ino, vuoi che ti accompagno a casa?”-
le domandò l’amico, questa volta tradendo un’ombra di apprensione sul volto.
-“No, sto bene. Sarò senz’altro meteoropatica… sai, questi
temporali mi increspano sempre i capelli e mi fanno diventare isterica.”-
sforzò un risolino Ino, dissimulando la propria apprensione per tranquillizzare
l’amico.
-“D’accordo, Ino. Ci sentiamo questa sera.”- la salutò lui
con un cenno, svanendo insieme a Temari fuori dal bar.
Ino sbuffò, tornando a fissare la pioggia al di là della
finestra. Per la prima volta, si accorse che da quel tavolo del bar si poteva
scorgere l’inquietante sagoma della fabbrica abbandonata in lontananza.
–
Ino entrò nel palazzo, sbuffando pesantemente. Salì le scale
con apatia, lo sguardo perso, e quando vide la porta dell’ascensore chiudersi,
vi si lanciò di getto, riuscendo ad infilarsi prima che le porte si chiudessero.
Non appena si voltò per vedere con chi era rinchiusa, si
pentì amaramente di aver fatto quello scatto. Sasuke Uchiha
la fissava con aria parecchio infastidita, attaccato alla parete opposta
dell’ascensore, le braccia conserte al petto, i capelli madidi che parevano
quasi blu sotto la luce troppo forte dell’abitacolo.
Ino deglutì, appoggiandosi alla parete di fronte a lui,
scrutandolo di sottecchi, imbarazzata.
-“Ciao Sasuke-kun!”- lo salutò
lei, squillante, regalandogli un sorriso amichevole.
-“Mh… ciao, Ino…”- mugugnò Sasuke,
fissando impassibile i piani che si illuminavano, ansioso di giungere al
pianerottolo del suo appartamento. Rimanere in un luogo chiuso con la Yamanaka
era troppo rischioso, nella situazione in cui si trovavano.
-“Che brutta giornata, vero?”- domandò Ino, cercando di
attaccare bottone – come suo solito.
-“Già. Ho visto Nara allontanarsi con la sorella di Gaara, poco fa.”- le rispose l’Uchiha,
in un intento crudele di ferire la biondina in modo da zittirla
definitivamente.
-“Lo so. E Sakura ti ha visto allontanarti in moto con Karin
l’altro giorno.”- ribatté prontamente la biondina, fulminando Sasuke con
sguardo truce.
-“Beh, mi dispiace per lei.”- sbuffò il ragazzo, fissando
ansiosamente i pulsanti illuminarsi, pregando di giungere presto a destinazione
per potersi liberare di quella piaga.
Ma, come se avesse parlato troppo ad alta voce, un potente
tuono echeggiò per il palazzo, e la corrente venne meno, paralizzando
l’ascensore e facendoli rimanere al buio.
-“E che cazzo…”- sibilò Sasuke, sbuffando sonoramente.
-“Ora che ci penso non si dovrebbe andare in ascensore col
temporale, me lo ricordo sempre quando è troppo tardi!”- ridacchiò nervosamente
Ino, cercando di spezzare la tensione palpabile.
-“Fra poco si attiverà l’alimentatore di emergenza.”-
commentò il ragazzo, con un grugnito.
-“Ah, d’accordo… senti Sasuke-kun,
hai visto Sakura oggi?”-
-“Senti Yamanaka, possibile che tu non riesca a fare una
frase senza il nome Sakura in mezzo?”- domandò l’Uchiha,
tradendo una nota annoiata – o irritata? – nella voce.
Ino si zittì, acquattandosi un po’ di più contro la parete,
mortificata per essere riuscita a farlo arrabbiare col suo chiacchiericcio
perpetuo. Però non ci stava a vedere la sua migliore amica soffrire a causa
sua, quindi decise di farsi coraggio e prendere la situazione in mano.
-“Io non capisco perché ti devi comportare così proprio
adesso. Sakura sta passando un periodo d’inferno. Con Tsunade
le cose vanno male, poi se ti ci metti pure tu a fare lo stronzo…”-
-“Non vedo come questo possa interessarmi, Yamanaka. Io mi
comporto come voglio, indipendentemente da come vada la vita a Sakura. Ognuno
ha i suoi problemi.”-
-“Già, ma penso che le basterebbe la tua vicinanza per
superarli tutti con facilità… non capisco cosa succeda, Sasuke. Andava così
bene fra di voi e poi all’improvviso hai voluto troncare tutto così.”- insistette
Ino, stizzita.
-“Nessuno ti ha mai insegnato a farti gli affari tuoi,
Yamanaka? Ora capisco perché Nara preferisca Temari ad una ragazzina petulante
come te.”-
-“Questi sono affari miei, Uchiha.
Sakura è la mia migliore amica e… e comunque piantala di fare lo stronzo con
me, tanto non attacca. Mi sono già rassegnata a Shikamaru, sono abituata a
rassegnarmi agli uomini, ormai.”- sbottò la ragazza, toccata nel vivo da quelle
ultime parole.
In quel momento, l’ascensore ripartì con un balzo, troncando
lì la loro conversazione.
Le porte si aprirono sul pianerottolo di Ino e Sasuke uscì
con lei, con l’ansia di uno che fuggiva da una camera a gas.
-“Beh, allora dovresti insegnare a Sakura l’arte della
rassegnazione.”- le sibilò seccato l’Uchiha, prima di
correre su per le scale senza voltarsi.
-“Cretino.”- sbuffò la Yamanaka, prima di entrare nel suo
appartamento, con un sapore amaro in bocca.
–
Sasuke ricordò solo quando giunse davanti a quella porta
sgangherata del terzo piano che Sakura abitava lì.
Scosse lievemente la testa mentre si sforzava di salire
ulteriormente le scale (suo fratello aveva avuto la brillante idea di comprare
casa al quinto piano), ma improvvisamente si bloccò, incapace di continuare.
Voltò lievemente il capo, sbirciando al di sopra della propria spalla verso
quella porta che non vedeva da troppo tempo – che non vedeva aprirsi da troppo tempo.
Perché si era fermato? Perché sentiva l’istinto di
avvicinarsi e bussare a quella dannatissima porta? Ormai aveva fatto la sua
scelta, e doveva rispettarla, fino in fondo.
Sasuke volse gli occhi al suolo, stringendo i denti e
sforzandosi di restare fermo lì, di non avvicinarsi di un passo a quella casa.
Eppure, contro la sua volontà, le parole della Yamanaka gli
trapanavano la testa, tentatrici, martorianti: che problemi stava avendo Sakura
con la matrigna? E se Tsunade le avesse alzato ancora
le mani, come spesso in passato? Magari Sakura era ferita, era sola, spaventata
e aveva bisogno di aiuto… ma per quello aveva Ino e Naruto. La Haruno era piena di amici, sicuramente ci avrebbero pensato
loro a prendersi cura di lei. Lui non poteva farlo. Non più, almeno.
-“Non c’è nessuno in casa. Ho visto Sakura uscire stamattina
presto.”- commentò una voce melodiosa davanti a sé.
L’Uchiha sollevò lo sguardo
irritato da quella interruzione dei suoi pensieri, fissando sorpreso la donna
dal lungo cappotto scuro che lo scrutava dalla cima delle scale.
-“Non me ne frega nulla di Sakura.”- sibilò Sasuke,
scoccandole uno sguardo avvelenato.
-“Ah, scusami tanto, credevo stessi guardando la sua
porta.”- sorrise la donna, scendendo le scale e raggiungendolo.
Lei allungò la mano verso il volto del giovane, cercando di
carezzargli una guancia in un gesto sensuale e terribilmente ambiguo, ma Sasuke
si ritrasse, diffidente.
-“Ah ah ah, espansivo proprio come tuo fratello, eh,
Sasuke?”- ridacchiò melodiosamente la donna dal caschetto scuro, scrutando il
ragazzino interessata. –“A proposito, dov’è Itachi?”-
-“Se n’è andato.”-
-“Oh, è partito?”-
-“Non lo so. Mi sono svegliato e non c’era più.”- sibilò
Sasuke in risposta, con tono carico di astio e insofferenza.
-“Oh, capisco. Beh, lo sai, è fatto così. Non te la
prendere, sono sicura che tornerà presto.”-
-“Beh, forse non ci sarò più io ad aspettarlo.”-
-“Te ne vai?”-
-“Sì, Orochimaru-sama mi ha
offerto di andare a studiare in un prestigioso college all’estero.”- si limitò
a rispondere lui, con aria di sufficienza.
-“Davvero? Non mi sorprende, sei uno studente brillante.”-
sorrise la donna, con espressione ambigua.
L’Uchiha assottigliò lo sguardo,
scrutando la misteriosa vicina: Konan non gli era mai
piaciuta nemmeno un po’, la sua promiscuità lo metteva a disagio. Sapeva però
che era stata molto vicina a suo fratello, anche se ignorava che rapporto fosse
intercorso fra di loro – poteva ben immaginarlo, però.
-“E quando hai intenzione di partire?”- domandò la donna,
senza staccarsi di dosso quell’irritante sorrisino piacente.
-“Presto.”-
-“E ai tuoi amici l’hai già detto?”-
-“Ovviamente. Ora devo andare.”- si congedò Sasuke,
superando la donna e prendendo a salire le scale con espressione assorta.
-“Saluterai Sakura prima della partenza?”- gli domandò Konan, quando lo ebbe di fianco.
-“…credo di sì.”- rispose il ragazzo, scoccando un’occhiata
sospettosa alla donna che intanto aveva ripreso a scendere lentamente le scale.
Che razza di domanda era quella?
-“Se ci riesci…”- gli parve di udire come commento dalla
donna, prima che svanisse giù per le scale come uno spirito oscuro.
Sasuke deglutì amareggiato, regalando un’ultima occhiata,
ricolma di inquietudine, alla porta dell’appartamento di Sakura.
–
Ino si appoggiò al lavandino, accendendo la lampadina al di
sopra dello specchio del bagno, fissandovi il proprio riflesso.
Il suo volto era pallido e imperlato di goccioline di
sudore, gli occhi erano spenti e cerchiati da profonde occhiaie.
Si lavò il volto con l’acqua fresca, sperando di riprendersi
da quel terribile sonnellino pomeridiano che l’aveva angosciata quanto un film
horror.
Non poté fissare a lungo il suo riflesso nello specchio,
perché il ricordo del suo incubo la nauseò, portandola a fuggire dal bagno.
Tornò in camera sua barcollante, sedendosi sul letto e
nascondendo il volto fra le mani: correre in quel labirinto infinito di
specchi, sbattere contro di essi senza riuscire a trovare la via, fuggire da
qualcuno e contemporaneamente dover cercare qualcun altro… quel sogno
angosciante l’aveva veramente scossa e sfiancata.
Fuori la pioggia batteva ancora, in quel cupo e pesante
cielo notturno, che rendeva la sera ancora più scura e spettrale. L’idea di
dover uscire con quell’atmosfera la faceva rabbrividire più del suo stesso
incubo.
Aveva pensato di bigiare la consueta uscita serale con gli
amici, ma restare a casa da sola non la faceva sentire meglio. Insomma, stava
diventando paranoica e la cosa la irritava parecchio.
Si alzò di scatto, furibonda, imponendosi di non pensare più
a cose tanto assurde: del resto erano solo incubi, no? E quella sensazione di
disagio che la opprimeva non era altro che una paranoia senza fondo, nata da
illogiche paure infantili. Doveva smetterla di comportarsi come una isterica
ossessionata e allucinata.
Afferrò il telefono con un grugnito, digitando rapidamente
il numero di Sakura che, come suo solito negli ultimi tempi, non rispose.
Sbuffando, compose il numero di Kiba, che rispose nemmeno al
secondo squillo.
-“Dimmi tutto, Ino-hime!”-
-“Kiba-kun, stasera mi passi a
prendere tu?”-
-“Okay! Ma Shika?”-
-“Che ne so, è andato a casa di Temari…”-
-“Ah, ho capito. D’accordo fra un’oretta son da te,
tesoro.”-
-“Non prenderti troppe confidenze, Inuzuka. A tra poco.”-
ridacchiò Ino, appoggiando il telefono sulla scrivania e tagliandosi
inavvertitamente con qualcosa: un pezzo di specchio scheggiato.
–
Shikamaru si stiracchiò, sbadigliando rozzamente,
guadagnandosi in pieno un’occhiataccia di Temari a cui rispose con un sorrisino
beffardo.
-“Che palla ‘sto film, non so come hai potuto convincermi a
guardarlo.”- commentò il ragazzo, alzandosi a fatica.
-“Perché è molto istruttivo e ti potrà aiutare nella tua
tesina di maturità!”- rispose Temari, dirigendosi verso la cucina e lasciando
il ragazzo da solo in salotto.
-“Eh, sai che gioia!”- sbadigliò Shikamaru, avvicinandosi ai
portaritratti posti ordinatamente in fila sulla mensola del salotto, osservando
distrattamente i volti della famiglia Sabaku.
-“E poi perché, secondo me, ultimamente sei un po’ giù di
corda e volevo cercare di distrarti. Si può sapere che c’è che non va?”- gli
domandò Temari, sbucando nuovamente in salotto e appoggiandosi allo stipite
della porta, osservando il ragazzo a braccia conserte.
-“Proprio nulla.”-
-“Quando non è nulla solitamente c’entra Ino.”-
-“Mendokuse… ancora con questa storia…”- sbuffò Shikamaru,
lasciandosi sfuggire un sorrisino a fior di labbra.
-“Anche a me ultimamente sembra un po’ strana, in effetti.”-
commentò la ragazza, avvicinandosi all’amico, con sguardo pensieroso.
-“Di tanto in tanto Ino ha dei periodi da stralunata, è
fatta così. L’ho detto io che è meteoropatica.”- fece spallucce il Nara,
soffermandosi interessato su una foto di famiglia in cui figurava un ragazzo
coi capelli rossi di troppo. –“Ehi, chi è questo? Potrebbe essere il gemello di
Gaara.”-
-“Esagerato! Però sì, in effetti si assomigliavano un bel
po’. Quello era Sasori.”- spiegò Temari, con nota
amara nella voce.
-“Era?”-
-“Sì. È scomparso qualche anno fa e da allora non si è
saputo più nulla di lui. Non sappiamo se fosse una fuga voluta o un rapimento,
né tantomeno se sia ancora vivo o no…”-
-“Ah. Mi dispiace tanto, Temari.”- si scusò Shikamaru,
mortificato dall’aver toccato un tasto così doloroso.
-“Ma no, figurati. Ormai l’abbiamo superato.”- asserì la
bionda, sorridendo lievemente.
In quel momento, la loro conversazione venne interrotta
dalla suoneria sonnolenta del cellulare del Nara, che prese a strillare,
stonata.
-“Nah, dannato Kiba… Pronto?”-
mormorò Shikamaru, seccato.
-“Nara, vedi di
muoverti. Stiamo andando in ospedale.”- asserì Kiba, udibilmente nervoso.
-“A far che?!”-
-“Ino è stata male.”-
-“Cosa?!”- sbottò Shikamaru, impallidendo, mentre un groppo
gli si chiudeva in gola.
…to be continued…
*Angolo
di Luly*
Ahem… AUGURI ZIA ELEANOOOOOOOOOOOOOOR!
Okay, ora mi ridò un contegno. ù_ù
Zia Ele voleva una SasuSaku dove Sasuke si preoccupasse per Sakura. E questo è
tutto un dire. Quindi se Sasuke andrà OOC, non prendetevela con me, sono
innocente. ç_ç
La voleva angst, con drammi e
sofferenze a non finire, e state tranquilli, arriveranno pure quelli – spero. ù_ù
Lo ShikaIno… beh, zia Ele è biancaH e ci vuole sempre un po’ di ShikaIno, soprattutto
se tira aria di angst. *___*
È AU e per adesso senza senso, ma spero di riuscire a
mettere insieme i pezzi, presto o tardi.
Saranno 2, massimo 3 capitoli, per sviluppare la storia per
bene. *w*
Spero che vi piaccia, e che piaccia alla nostra festeggiata
del secolo, la mitica zia Eleeeee! *O*
100 di questi bianchi anni, zietta, ti voglio bene! *__*
Tua Luly