*Primo tassello.
Sanshine.
Eh.
Certo che il sole è proprio una bella invenzione. Non che
l’abbia
inventato qualcuno, credo. O forse sì; chissà. In
ogni caso mi piace, è sempre
bello goderselo finché dura: non penso di aver mai trovato
un posto migliore
dove schiacciare un pisolino in orario lavorativo che non fosse la
spiaggia,
sopra una bella sdraio. O anche sulla sabbia, magari, che restituisce
il calore
assorbito durante il giorno contro la schiena riscaldando queste
vecchie ossa.
L’unico problema della sabbia è che poi si
appiccica in posti poco
raggiungibili e resta lì incollata a dar fastidio per tutto
il giorno, e dato
che nessuno ha mai voglia di pagare un ombrellone a uno stabilimento, e
di
conseguenza non posso nemmeno farmi una doccia, mi tocca aspettare la
sera per
scrostarmela di dosso, a casa mia.
Di fare un bagno in mare non se ne parla. Si sa, gli
scheletri non galleggiano.
Mi piace starmene qui, sdraiato senza fare niente, con gli
occhi chiusi contro la luce feroce e accecante a prendere fuoco immerso
nei raggi
del mezzogiorno.
Vorrei che questa sensazione mi restasse dentro, vorrei
poterla averla ben presente sempre, così come sto facendo
ora.
Sento
dei passi lievi sulla sabbia.
Forse pensa che sto dormendo. Nah, lo sa benissimo che la
sto aspettando; dovrebbe aver imparato a conoscermi molto bene, ormai.
…quanto tempo sarà passato…? Uno, due
mesi…? Ho smesso di
fare la conta dei giorni, mea culpa.
So solo che è estate, e il clima del mondo esterno non ha
fatto altro che
diventare sempre più secco e bollente, cosa che è
sembrata andare molto a genio
a Undyne, la quale ha iniziato a pretendere sempre più
insistentemente che io
la seguissi nelle sue scampagnate insieme a mio fratello. Ma no, io
preferisco
starmene qui a prendere il sole. Giorno dopo giorno, torno sempre qui a
chiudere gli occhi.
Insomma, la aspetto.
Che senso avrebbe fare qualsiasi altra cosa? Dopotutto, io
lo so già. È successo così tante volte
che nemmeno vale la pena di ricordarsele
tutte – come se fosse impresa facile, tra l’altro.
E, sinceramente, sono
stanco. Non ho proprio le energie di esplorare il nostro nuovo mondo
con le
vere stelle al posto del soffitto insieme agli altri, anzi,
probabilmente
seguirli mi metterebbe solo più tristezza.
In ogni caso, eccola qui.
La stavo aspettando e finalmente è arrivata.
Decido di aprire gli occhi.
“Ciao
ragazzina.”
Strofina i piedi contro le dunette della spiaggia,
dimostrando forse un po’ di ritrosia. La sua pelle esposta
è cotta
dall’abbronzatura, mentre i suoi capelli castani sono
sbiaditi già da un po’ in
quelle sfumature di miele chiaro, stoppose, che procurano gli eccessi
di sole e
sale.
“Ciao Sans.”
Tiene le manine incrociate dietro la schiena. Nonostante
tutto, è davvero un esemplare di umano adorabile, non ci
posso fare niente: con
quei suoi modi posati dà sempre l’impressione di
voler esporre solo il lato
migliore di sé, per non deludere mai nessuno e farsi amare.
Sarà che mi ricorda
mio fratello quando aveva la sua età, chissà. In
qualche modo mi fa sempre
nascere l’istinto di proteggerla, e quando sua
maestà mi chiede di risparmiarle
la vita, ammetto di accettare molto volentieri di stringere la
promessa, mi
sento quasi liberare da un peso: dopotutto io non sono cattivo.
Creature bizzarre, gli umani.
“Dimmi, hai qualche buon motivo di interrompere la mia
attività scientifica?”
“…attività? Ma se non hai fatto niente
per tutto il giorno!”
“…non direi, qualcuno deve pur fare ricerca.
Alphys mi ha
chiesto di partecipare ad un esperimento per scoprire quanto tempo ci
mettono
le ossa a evaporare al sole, e come vedi ci sto lavorando con impegno.
Mica mi
posso muovere da qui, eh, salterebbe tutto!”
Sul suo visino si stiracchia un sorriso. Non è scoppiata a
ridere come fa di solito, e questa per me è la conferma di
un fatto che davo
per scontato già da prima. Peccato.
Per una volta, mi era quasi tornata la speranza.
“…Frisk?”
“A
volte mi chiedo proprio come fai, le tue battute idiote
sopravvivono a tutto.”
“Eh, sai com’è. In qualche modo devo
tirare avanti pure io.
La risata è una buona arma di difesa contro certi
mostri.”
“…non mi pare. Al massimo li fa innervosire ancora
di più.”
“…cosa che potrebbe rivelarsi divertente per
me.”
“Sei strano, di solito a questo punto hai già
perso la
voglia di ridere. Non mi chiedi più
dov’è finito tuo fratello, e perché fa
tardi a tornare dal giro sugli scogli con Undyne? No? Immagino che
ormai lo sai
già. Le situazioni cambiano ma il succo è lo
stesso. Sai, questa è la
quattordicesima volta, qui in superficie, eppure sei ancora capace di
sorprendermi, Sans.”
“Te le ricordi bene tutte, tu, eh? Infame bastarda.”
“…oh, così mi piaci. Perché,
tu no? Ah, già, forse me
l’avevi pure detto, una volta… incubi, no?
Deja-vù. Ricordi gli eventi a pezzi
e confondi le partite
l’una con
l’altra. Che vita patetica. Ti ho ucciso un sacco di volte e
non ho nemmeno la
soddisfazione di sapere che le hai tutte a mente come si
deve.”
“…preferisco ricordarmi le volte in cui io ho ucciso te, Frisk. Che se non mi
sbaglio sono molte di più.”
“Molte e inutili, amico
mio. E comunque, non sono
Frisk.”
Solo ora, con gli occhi abituati finalmente alla luce, mi
rendo conto della polvere bianca che di fatto le è rimasta
attaccata fin sulle
braccia, macchiandole il corpicino nudo coperto solo da un costumino
blu.
Tra le sue mani vedo qualcosa brillare.
…
Uno
strappo al respiro mi trascina giù in caduta libera e mi
sveglio di soprassalto nel momento in cui mi schianto al suolo,
ricoperto di
sudore.
Camera mia.
Il mio soffitto. Il mio materasso. Le mie calze sparse in
giro.
Cerco di calmarmi mentre catalogo tutto il mio piccolo mondo
con lo sguardo, oggetto dopo oggetto, illuminato dalla debole luce del
sottosuolo che filtra dall’imposta sbarrata alla finestra.
Rumori in cucina mi comunicano che mio fratello è
già in
piedi da un bel po’ e si sta dando da fare per nutrire la
nostra piccola famiglia
di due per almeno altri tre mesi. Mi raggiunge un aroma non ben
definito di
pomodori bolliti. Bene.
Si ricomincia.
Le immagini vivide di poco fa già si stanno dissolvendo,
come fumo al vento: come sono morto stavolta? Mi sono
difeso…?
Sono stanco. Stanco.
Vorrei che Frisk non si fosse mai lasciata sedurre dal
Demone, nemmeno quella volta. Ci ha condannati tutti, perché
se il tempo
cancella tutto, non può cancellare il Demone.
Faccio nota mentale di passare a controllare le rilevazioni
alla macchina per avere le idee più chiare, più
tardi, ma ora proprio non ce la
faccio. Ogni volta è sempre più
difficile… meglio non pensarci, o questa è la
volta buona che impazzisco sul serio, e sarebbe un disastro.
Richiudo gli occhi e tento di calmare il respiro. Papyrus
non se la prenderà se mi prendo ancora una mezzora.
L’oscurità
mi avvolge di nuovo, presentandosi consolante
come sempre: per ora, nessun incubo mi attende, ma riposo e forse
qualche
sogno.
Finalmente sono nel nulla: solo un calore resta, intenso e
bruciante, che mi è rimasto ancora qui dentro, come un
antico abbraccio o il
ricordo di una stella,
infuso nelle ossa…
*Sì, il titolo è
scritto così apposta.
*Spero che la lettura vi sia piaciuta, ne arriveranno sicuramente
altre. La storia non finisce. Mai.
*A presto.
*Kiki
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