Danzando per la
libertà
La città non
c'era
più.
Era annegata sotto
un
mare di fuoco che si stendeva per chilometri verso nord, prolungandosi
ancora a
ovest e lambendo i territori meridionali con il suo abbraccio
bruciante. Le
case, i negozi, le persone... Tutto era stato ridotto in cenere e fumo
dalle bombe
sganciate dalle enormi corazzate che scivolavano lente nel cielo,
proprio
davanti ai suoi occhi.
Howl
volò più in
basso, studiando con lo sguardo ciò che la guerra aveva
prodotto. Fece appena
in tempo ad assistere all'esplosione di un piccolo edificio, colpito
pochi
attimi prima da un missile, e sentì le orecchie riempirsi
dell'ennesimo boato
provocato da un ordigno che aveva fatto saltare in aria quello che un
tempo
doveva essere stato un magnifico giardino. Ora al suo posto
c’era una selva di
fiamme e gli occhi di Howl bruciarono a quella vista atroce.
Non distingueva
più chi fossero i nemici e chi gli alleati. Per il giovane,
la
guerra non aveva vincitori: a trionfare era solo la sconfitta
dell’umanità. Gli
bastava sapere questo.
Zigzagò
nella pioggia di ferraglia causata da due corazzate che si erano appena
scontrate e volò più in alto. Ad aspettarlo,
però, trovò un nugolo di scagnozzi
inviati dalla Strega delle Lande: i mostri gli si lanciarono contro a
fauci
spalancate, certi che stavolta lo avrebbero catturato. Per tutta
risposta, il
mago li affrontò di petto, volando a gran
velocità verso di loro e
attraversando come un fulmine quell’ammasso di esseri
senz’anima. Poi,
vedendosi ancora inseguito, aumentò la propria quota fin
quasi a toccare le nuvole:
lì sparì, lasciando disorientati gli oscuri
nemici al servizio della guerra.
Non era ancora
l’alba
quando tornò al Castello. Il buio della notte si stava
diradando, lasciando
posto al chiarore del sole nascente, ma i raggi dorati parevano aver
bisogno di
ulteriore riposo prima di riprendere a splendere su quella terra
funestata da
conflitti senza senso.
Howl fece scattare
la serratura della porta e presto fu in casa. Si attardò per
qualche secondo sugli scalini dell’atrio e si
ritramutò, inspirando a fatica
per riottenere un briciolo di forze: la ricognizione di quella notte lo
aveva
stremato e il suo unico desiderio era di togliersi il prima possibile
di dosso
quell’orribile puzza di fumo e morte. Salì dunque
la modesta rampa di scale e
si ritrovò nello stanzone che fungeva allo stesso tempo da
cucina e sala da
pranzo; lanciò un’occhiata distratta a Calcifer e
lo vide sonnecchiare, poi
spostò lo sguardo sul tavolo non più ingombro di
libri e piatti sporchi: le
labbra gli si distesero al pensiero di quanto Sophie doveva aver
mandato fuori
di testa il piccolo Markl a causa degli intensi turni di pulizia della
casa. Lo
sforzo, però, era stato ripagato: il Castello non era mai
stato tanto ordinato.
Il pavimento di legno era tornato a brillare e gli angoli non erano
più
infestati da ragni e da altri fastidiosi insetti.
Mentre cercava di
alleggerirsi il peso sul cuore con pensieri allegri, Howl prese dalla
piccola
credenza un bollitore per prepararsi una tazza di tè.
Aprì un’anta e rovistò
all’interno, cercando di non fare rumore, ma
l’impresa fallì miseramente: nel
tentativo di prendere il necessario, trascinò via una
piccola tazza di ceramica
che andò a infrangersi in mille pezzi con un clamore
assordante. A quel
frastuono il mago strizzò istintivamente gli occhi, sperando
con tutto se
stesso che Calcifer non si svegliasse di colpo con
l’intenzione di sgridarlo;
quando riaprì le palpebre, si accorse che il Demone dormiva
ancora, troppo
preso dal suo sonno ristoratore.
Howl
s’inginocchiò a
terra e pose la mano destra sui cocci. Si concentrò per un
lungo minuto e
presto la tazza tornò a essere come nuova, eccezion fatta
per la sbeccatura già
presente prima della rovinosa caduta.
-Ah, allora sei tu-.
Al sentire il suono
di quella voce, il giovane rialzò lo sguardo, ancora fisso
sulla tazza appena
riparata, e lo spostò sulla donna che aveva fatto irruzione
nella stanza.
Squadrò la figura dal basso verso l’alto,
sorridendo alla vista di un paio di
pantofole che facevano capolino dalla base di una lunga camicia da
notte.
-Sophie-, la
salutò,
mettendosi in piedi e riponendo di nuovo nella credenza la tazzina
sbeccata,
-mi dispiace di averti svegliata. Il buio mi ha tirato un brutto
scherzo e ho
combinato un pasticcio. Ma ho rimediato, sai? Ti prometto che
starò più attento
all’ordine del Castello, così avrai meno lavoro da
fare e non ti stancherai
troppo-.
La vide sollevare
un sopracciglio, come se non si fidasse del tutto delle sue
parole. Poi Sophie gli si avvicinò, tendendo davanti a
sé una candela con cui
era uscita dalla specie di ripostiglio che si ostinava a chiamare stanzetta.
-Non devi scusarti
per il rumore. Ho solo avuto paura che qualcuno fosse entrato di
soppiatto, ora
che Calcifer ha abbassato la guardia-, spiegò lei, indicando
il Demone con un
cenno della testa. -Tu, piuttosto-, continuò, avvicinando la
fiamma della
candela al volto del mago per illuminargli i tratti del viso, -sei
sporco di
fuliggine e hai bruciacchiato i capelli. Come vanne le cose,
lì fuori?-.
Howl rimase in
silenzio e si limitò a riempire il bollitore con
l’acqua.
-Vuoi del
tè?-, le
domandò.
Sophie scosse pian
piano la testa e attese con un pizzico di preoccupazione la risposta
che
tardava ad arrivare. Quando finalmente il giovane si decise a parlare,
rimase
scossa da quanto ascoltato.
-È una
guerra
terribile. Non c’è altro che fuoco. Si susseguono
di continuo esplosioni, la
gente muore… È disumano. Se solo il Re capisse
quanto è sbagliato combattere…
Ma non si fermeranno, questo è certo. Guardare il mondo
bruciare e morire
mentre sorvolavo il campo di battaglia mi ha gettato nello sconforto.
Volevo
solo tornare qui e vedere te-.
Intento a scegliere
il filtro del tè, non si accorse del fremito che aveva
attraversato Sophie,
rimasta immobile ad ascoltare ciò che lui diceva.
-Sei arrossita-,
notò
il mago, voltandosi a guardarla.
-N-no, niente
affatto!-, balbettò lei in risposta, sentendo effettivamente
le guance
accaldate. -È solo la luce della candela a darti questa
impressione-.
-Può
darsi-, replicò
Howl, superandola e accostandosi al caminetto. -Sarà
spiacevole svegliare
Calcifer…-, aggiunse, rivolto a se stesso.
-Be’, io
torno di
là-, lo informò Sophie. -Proverò a
riprendere sonno, sperando di riuscirci-.
Si diresse verso la
tenda che lei stessa aveva accomodato come séparé
per
dividere il divano su cui dormiva dal resto della stanza, ma la voce
del mago
la trattenne.
-Aspetta-, le disse
semplicemente, continuando a darle le spalle. -Vieni qui-.
Perplessa e con il
cuore di colpo agitato, la vecchia governante tornò al
fianco di Howl, che
aveva poggiato il bollitore accanto a Calcifer rinunciando del tutto
alla tanto
desiderata tazza di tè.
-C’è
altro che vuoi
dirmi?-, gli chiese Sophie, vedendo che il giovane non si decideva ad
aprire
bocca.
-In
realtà ho una
domanda da farti-, ammise lui, continuando a fissare il focolare con
sguardo
vuoto. -È una domanda che mi tormenta già da
qualche settimana. Da quando sei
arrivata, a voler essere precisi-.
Si voltò
verso di lei
e scrutò con attenzione il suo viso: la donna non se ne era
accorta, ma di notte
i tratti del volto le si addolcivano in un modo tale da far sciogliere
perfino
il cuore che Howl non aveva più. In quel momento
probabilmente percepiva il
proprio corpo pesante come quello in cui era intrappolata durante il
giorno,
quando assumeva le sembianze di un’energica vecchietta di
novant’anni, ma in
realtà era tornata ad essere una graziosa ventenne.
Sophie
spalancò gli occhi con fare turbato e aspettò che
il mago proseguisse:
-Potrei sapere adesso chi sei, con chi ho l'onore di essere in due in
questo
momento?-, le chiese con il suo solito tono gentile.
-Non capisco-,
scosse
la testa. -Cosa vuol dire? Sono la nonnetta Sophie, la nuova donna
delle
pulizie di questo Castello. Mi pare di essermi già
presentata, no? Se credi…-.
Howl
spezzò quella
frase con un solo gesto, poggiandole un dito sulle labbra: -Intendevo
dire chi
sei veramente. E poi-,
aggiunse,
curvandosi su di lei e sussurrandole in un orecchio, -mi aspettavo una
scusa
migliore-.
Presa alla
sprovvista
e del tutto smarrita, la governante fissò i propri occhi in
quelli cerulei del
giovane, che continuò dicendo: -So del patto tra te e
Calcifer. Ti ha promesso
di spezzare la maledizione che ti affligge se tu riuscirai a scoprire
cosa lo
trattiene qui. In un certo senso, questo accordo costituisce anche un
legame
tra te e me. È come qualcosa che ci ha legato per la vita e
per la morte;
qualcosa di segreto, ma tanto forte tra di noi-.
Sophie rimase senza
parole: non si aspettava che Howl fosse a conoscenza di ciò
che lei e il Demone
del fuoco avevano stabilito fin dall’inizio e di certo non
immaginava che gli
eventi potessero prendere la piega che avevano effettivamente preso.
Era a dir
poco sconvolta, ma felice. Così sconvolta che il mago le
sottrasse la candela
che ancora sorreggeva e la poggiò sul tavolo, tendendole la
mano un istante
dopo e riscuotendola dal momentaneo torpore con un sorprendente
“Vorresti
ballare con me?”.
-C-Come?-,
domandò
lei con esitazione, portandosi una mano al petto e stringendo la stoffa
della
camicia da notte.
-Mi faresti
l’onore?-, ripeté Howl. Il suo braccio era ancora
sospeso a mezz’aria, in
paziente attesa che Sophie accettasse l’invito.
-Anche se volessi,
le
mie gambe non sono agili come quando ero giovane-, fece notare la
governante,
tentando quasi di farlo sentire in colpa per non aver preso in
considerazione
le difficoltà motorie legate alla sua età
avanzata. -E poi-, aggiunse,
abbassando lo sguardo sul pavimento, -io non ho mai saputo ballare-.
-Non importa-, la
rassicurò il mago. -Ti insegnerò come si fa-.
Howl non
aspettò che
Sophie si facesse avanti: le si avvicinò e le prese entrambe
le mani,
guidandola lentamente al centro della stanza. Si posizionò
di fronte a lei e le
spiegò brevemente come avrebbe dovuto muoversi.
-Non sono sicura di
aver capito-, ammise la donna, gettando al giovane
un’occhiata supplicante.
-Segui i miei passi
e non preoccuparti. Ti terrò stretta per non lasciarti
cadere-.
E fu
così: Howl
mantenne la sua parola e ben presto i due volteggiarono leggiadri. Al
riverbero
della fioca luce della candela, il mago fece danzare Sophie, ammirando
la sua
camicia da notte azzurra svolazzare e guardando oltre la maledizione
imposta
dalla Strega delle Lande: il viso della giovane cappellaia incontrata a
Market
Chipping era raggiante e lo sguardo di Howl cadde su quello luminoso di
lei.
D’improvviso un nuovo peso gli gravò sul cuore; le
fece fare una giravolta e si
sentì profondamente in colpa per ciò che le era
accaduto: se non l’avesse
coinvolta in quella tarda mattinata di poche settimane prima, Sophie
sarebbe
stata libera. Adesso, invece, era prigioniera del suo stesso corpo al
pari di
un uccello con le ali in gabbia. Gli occhi, però, erano
ancora selvaggi:
vagavano ovunque e sorridevano nonostante le avversità.
“Tornerà
a volare?”,
si disse Howl, facendola volteggiare di nuovo.
“Riuscirà a scoprire il segreto
del contratto tra me e Calcifer? E, soprattutto”,
continuò, mentre il sorriso
gli abbandonava definitivamente le labbra, “potrà
mai amarmi, dopo l’oltraggio
che la sua giovinezza ha subito per causa mia?”.
Mossero ancora
qualche passo di danza, restando stretti l’uno
all’altra, e malgrado fossero
entrambi ostaggi di guerra e maledizioni, si aggrapparono alla speranza
che
quel breve valzer avesse di nuovo donato loro la libertà
perduta. Adesso dalla
finestra alle loro spalle iniziava a trapelare un debole raggio di
sole, segno
che l’alba stava per risvegliare il mondo.
-Hai visto?-,
notò il mago, interrompendo il ballo, ma continuando a
trattenere
la mano destra sulla schiena della governante. -Non è stato
terribile, no?-.
-Avrai usato la tua
magia per evitare che ti pestassi i piedi-, replicò lei,
incontrando per un
secondo gli occhi chiari del ragazzo e distogliendo lo sguardo subito
dopo,
nuovamente imbarazzata.
-O forse sei stata
tu a far sì che tutto questo fosse possibile-.
Sophie
trasalì. Il
tocco di Howl sulla sua schiena sembrava bruciarle la pelle,
così come le
guance dovevano essersi infiammate una seconda volta a causa
dell’attenzione
con cui lui la stava fissando.
-Forse dovresti
andare a riposare-, gli consigliò lei, lasciando scivolare
via la mano ancora
stretta nella sinistra del mago. -Non hai chiuso occhio per tutta la
notte-.
-Hai ragione come
sempre, cara Sophie. Meglio riprendere le forze-.
Howl si
chinò sulla
candela e la spense con un soffio. Un sottile filo di fumo si
levò in aria,
disperdendosi subito dopo.
-Già in
piedi a
quest’ora?-.
I due si girarono a
guardare il focolare, dove Calcifer, con la voce ancora impastata di
sonno, si
era destato. Lo videro sbadigliare sonoramente e strizzare gli occhi un
paio di
volte; il mago sorrise.
-Ben alzato. Non
volevamo disturbarti-, gli disse con tono premuroso. -Ma già
che ci sei,
potresti farmi arrivare dell’acqua calda in bagno?-.
Il Demone lo
fissò
con disappunto: -Eh? Ma mi sono appena svegliato!-.
Il giovane fece
finta
di non aver sentito quelle vivaci proteste. Oltrepassò il
caminetto e si voltò
un’ultima volta verso la governante.
-Buona notte,
Sophie-, le disse, nonostante l’alba avesse già
bussato alla porta del
Castello.
-Buona notte,
Howl-, rispose lei in un sussurro, vedendolo salire le scale e
sparire al piano superiore.
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