FANGO SUI VESTITI
–Clarisse,
vieni con me, ho trovato un pos… hey!
Chris schivò una coltellata che gli stava arrivando dritta
allo stomaco. Clarisse, che fino a tre secondi prima sembrava placida e
tranquilla e si stava lucidando il pugnale che aveva usato a lezione di
scherma, imprecò.
–Porco cazzo, Chris, mi dici cosa non ti è chiaro
del concetto “fammi sentire che stai arrivando”?
Sembra che tu lo faccia apposta!
Lui le diede un bacio sulla guancia. –Infatti lo faccio
apposta, sto allenando i miei riflessi. Lo sai che sono diventato il
più veloce della cabina?
–Ma vaffanculo.
–No, è vero! Abbiamo fatto una gara. Siccome ho
vinto dei soldi, la prossima volta che usciamo ti pago il cinema.
–Mi sembra il minimo, dato che hai vinto grazie a me.
–Guarda che se la prendi così, ti porto a vedere
“Io, te e la nostra estate fantastica”!
Clarisse si mise a ridere. –Cos’è che
hai trovato?
–Un posto segreto. Sai, nascosto. Sai, se vogliamo stare da
soli.
Lei rinfoderò il coltello. Ci aveva preso gusto un sacco a stare da soli.
D’altra parte anche a suo padre e a suo nonno piaceva un
sacco stare da soli
con la gente, e nemmeno sua madre aveva mai disdegnato, quindi forse
era ereditario. Si guardò rapidamente intorno, nessuno in
vista. Lo abbracciò, e gli toccò il sedere.
–Andiamo.
L’aveva portata nel bosco. Poi aveva seguito il ruscello,
fino dove si insinuava tra le rocce e si perdeva, per rispuntare fuori
più avanti. Ci si era infilato in mezzo, si erano
arrampicati in un punto, passati tra il sottobosco in un altro, e
Clarisse si era stupita di trovarsi in una radura che non aveva mai
visto. Non è che fosse una radura soleggiata con robe
romantiche tipo fiori, uccellini e alberi da frutto; era solo un pezzo
(anche piuttosto fangoso) del ruscello, ma era tutto per loro.
–Cazzo, Chris, sei stato bravo!
–Merito un premio?
Lo baciò con foga. Le piaceva baciarlo. Le piaceva toccarlo.
Le piaceva tutto,
era come con le battaglie, alla fine era appagata per un po’,
ma poi ne voleva ancora.
–Non ti meriti niente.
Hai fatto solo il tuo dovere–, gli disse
all’orecchio. Lui soffocò una risata sul suo
collo.
Le aveva infilato una mano dentro i pantaloni (quando glieli aveva
slacciati?) e porca puttana, quello che faceva, lo faceva bene.
–Chris…
–Guarda che sono un figlio di Hermes, quello che non ci
meritiamo ce lo rubiamo lo stesso.
–Chris, piantala.
Lui, inaspettatamente, la piantò. Tolse la mano e fece un
passo indietro.
–Come vuoi. Che poi non si dica che sono una bestia che non
sa quando fermarsi eccetera. Peccato, avevo preso tutto il necessario,
se capisci cosa voglio dire. Ma non importa. Possiamo parlare di quanto
è bello il sole, o giocare a tris con dei rametti,
o…
Lei gli diede una spinta che lo fece cadere per terra a sedere.
–Ahia, Clarisse!
Gli montò sopra a cavalcioni, tirandogli i capelli per
fargli piegare la testa e baciarlo. –Quando dico "piantala",
Chris, quello che intendo non è davvero piantala–,
ringhiò.
Lui le sollevò la maglietta, le sollevò proprio
tutto (Clarisse si chiese confusamente da dove venisse quella storia
secondo cui i ragazzi si intorcinano con gli indumenti
perché proprio
Chris no), si chinò a baciarle la pelle e
morderla e ok, lui non aveva problemi con i vestiti ma lei
sì e tra un po’glielo strappava, quel bottone dei
jeans.
Lui le prese delicatamente la mano. Ridacchiava, il bastardo.
–Devi fare pace col cervello, Clarisse. Devi farti una
chiacchierata davanti allo specchio e decidere che se quello che
intendi è “ti prego Chris continua sono
tua”, allora è quello che devi dire.
Si era slacciato lui i jeans, guardandola negli occhi. La guardava
sempre così, come se vedesse solo lei, e aveva ragione,
quando la guardava così era sua, era completamente fottuta.
–Mettiamo bene in chiaro le cose, Chris–. Gli
infilò la mano nei jeans slacciati, sotto
l’elastico dei boxer. Strinse. Lui le afferrò i
fianchi. –Sei tu
che sei mio.
–Si può sapere dov’eri finita?
È tutto il pomeriggio che ti cerco!
Annabeth era in armatura, ma aveva a tracolla una borsa piena di
disegni di edifici e roba varia. Clarisse pregò che non si
trattasse di nuovo del tempio di suo padre sull’Olimpo,
perché lei aveva dato già la sua opinione e non
capiva cosa ci fosse di difficile da interpretare nelle parole
“fallo tamarro”.
–Ero in giro, Annabeth. Cos’è che vuoi?
–In giro dove, scusa?
–Ma saranno cazzi miei? Nemmeno mia mamma mi chiede in giro
dove!
Annabeth guardò alternativamente lei e Chris. Lui aveva
appoggiato una mano sul braccio di Clarisse. –L’ho
raggiunta dopo la lezione di scherma, siamo andati in armeria, poi
l’ho convinta a passare un attimo da uno dei miei fratelli
perché aveva preso in prestito una cosa mia e aveva bisogno
di un incentivo per ricordarsi che era proprio mia sul serio, poi siamo
passati alla stalla dei pegasi e nel mezzo abbiamo anche fatto una
pausa merenda.– Si strinse nelle spalle. –Ci saremo
girati intorno.
Lei alzò un sopracciglio. –Certo,
Chris–. Sorrise. –E allora mi spieghi come mai
avete entrambi il fango del ruscello sui vestiti?
Note: Storia scritta per la Spring
Shower, organizzata dal campmezzosangue,
con prompt “fango sui vestiti”. Ormai anche i meno
svegli tra voi avranno notato che ho tenuto i vari prompt come titolo
del capitolo, perché faccio schifo a dare i titoli e questo
era un’abile escamotage. XDDDDD
La storia è
ambientata tra la prima e la seconda serie di libri, quando Crono
è sconfitto, Percy non è ancora perso (hehehe), e
Annabeth sta ristrutturando l’Olimpo.
La parte centrale di
questa storia è colpa di Vannagio:
io l’avevo fatta pura e ingenua, e lei
c’è rimasta male perché voleva
più porno. Ora, questo non è un rating rosso e
forse siamo anche più sul giallo intenso che
sull’arancione, ma è il massimo che son riuscita a
fare quindi accontentatevi.
Grazie a chi segue la
raccolta, Clarisse dice che a voi non infilerà la testa nel
cesso (forse).
A presto!
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