Fandom:
Romeo e
Giulietta – Ama e Cambia il Mondo
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing: Benvolio, Romeo,
Mercuzio
Tipologia: One-Shot
Genere:
Sentimentale, Malinconico, Generale
Avvertimenti:
Dedicata a Gaia.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e
tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho
elaborato la
seguente storia, non mi appartengono.
ESTATE
VERONESE
Le strade
assolate e deserte di Verona lanciavano bagliori di spade e lontani
clamori di grida e urla in quella calda giornata estiva di canicola
opprimente mentre un clamore di passi in corsa accompagnava con una
cadenza ritmica lo scorrere lento del tempo in quella zona lontana
dal fulcro della scaramuccia in corso.
Pur essendo
nipote del Principe, a Mercuzio non garbava l'idea di restare con le
mani in mano, conscio soprattutto del fatto che ad essere coinvolti
nella schermaglia, senza dubbio, dovevano essere le due avverse
fazioni delle famiglie in guerra nella loro città, e
preoccupato fin
nel profondo del suo animo per la sorte di una persona in particolare
tra le decine che potevano essere protagoniste dello scontro in
corso.
Di Benvolio
Montecchi, cui era legato da una profonda amicizia, non aveva avuto
notizie in alcun modo nonostante si fossero dati appuntamento a
ridosso della proprietà della sua famiglia, presso la
fontana che
decorava la piazza ove sorgeva la principale residenza dei Montecchi
stessi.
Lo aveva
aspettato a lungo, di lui aveva chiesto anche ai servitori che, alla
spicciolata, aveva visto uscire dal palazzo, ma l'unica notizia che
era riuscito a carpire era che sia il giovane che il cugino Romeo
–
legittimo erede della famiglia – erano usciti al mattino poco
prima
di colazione e non avevano più fatto ritorno neppure per il
pranzo,
ma nessuno sembrava preoccuparsi troppo.
“Madonna
Montecchi e il Conte si trovano nella loro residenza di campagna,
quel pestifero signorino sarà andato a godersi la
libertà che la
presenza dei nobili zii non gli permette di avere, e il giovane Romeo
deve averlo seguito. Le donne di servizio avranno un bel daffare nel
rammendar loro gli abiti prima del ritorno dei signori.”
aveva
esordito uno smargiasso, masticando poco decorosamente un tozzo di
pane.
Il fragore
delle armi, poi, lo aveva richiamato alla realtà, facendogli
capire
che no, qualcosa doveva essere accaduto e anche di piuttosto grave.
In quella
sua folle corsa attraverso le lastricate vie deserte, sotto il
cocente sole che gli cuoceva le carni e gli aggrediva gli occhi con
violenza, all'improvviso, Mercuzio si fermò, ansante; la sua
coscienza gli urlava di rimettersi in marcia, di sbrigarsi nel recare
soccorso a quell'amico a lui così caro che era Benvolio, ma
qualcosa, lì attorno, sembrava chiamarlo con la stessa forza
e
intensità, qualcosa di non dissimile al pianto di un
cucciolo
strappato alla madre.
Col sudore
a solcargli la fronte e i polmoni roventi per l'aria bollente che
inspirava, il ragazzo si guardò attorno, notando infine una
figuretta rannicchiata in un angolo dello stretto vicolo che aveva
preso senza troppo badare alla direzione, unicamente guidato dal
lontano fragore di acciaio contro acciaio.
Con la
cautela figlia della concentrazione, il giovane avvicinò
quel
fagottino singhiozzante, riconoscendo le vesti sdrucite come quelle
recanti i blasoni dei Montecchi mentre il corpicino tremante di Romeo
restava raggomitolato in un tentativo estremo di nascondersi dal
mondo crudele attorno a loro.
La mano
poggiata sulla sua spalla e la voce tenuta bassa per non spaventarlo
troppo ebbero l'effetto desiderato dallo stesso Mercuzio, che si
ritrovò a venir scrutato da due pozze di blu profonde come
un lago
in primavera, prima che lo stesso bambino gli balzasse in grembo,
aggrappandosi al suo collo con forza: “Che è
accaduto, Romeo?”
chiese il giovane, traendo dalla tasca un fazzoletto per asciugarne
almeno in parte le lacrime.
“Benvolio…
Benvolio mi ha nascosto...” ammise il piccolo con un filo di
voce
mentre un profondo taglio sulla guancia gli dava noia e dolore:
“Dei
Capuleti ci hanno seguiti dal mercato, volevano portarmi via con
loro, Benvolio li ha affrontati poi mi ha detto di stare qui e di non
farmi vedere, che sarebbe venuto a recuperarmi… Ma non
l'ho...”.
“Sono
stati loro a farti questo?” chiese Mercuzio con tono secco,
sfiorando col quadrato di tessuto la ferita che ancora buttava
sangue.
Romeo
annuì.
Al più
anziano bastò quello per prendere una decisione improvvisa e
ardente
come la rabbia che gli mordeva il cuore.
“Ti
prometto che lo riporterò a casa.”
giurò con voce ferma, prima di
rimettersi a correre col bambino tra le braccia, l'urgenza di
condurlo al sicuro gli muoveva le gambe e nella sua mente solo un
pensiero, la sicurezza di Romeo e la salvezza di Benvolio.
§§§
Calava la
notte sulla città ormai addormentata e il cortile cinto di
pesanti
cancellate era silenzioso e deserto, salvo che per le guardie e la
lanterna cieca che segnalava la presenza minuta di Romeo il quale,
sceso dabbasso dalla sua stanza, scrutava febbrilmente la piazza
vuota mentre le sentinelle si assicuravano che niente potesse
avvicinarsi a loro, non senza che qualcuno se ne accorgesse..
Ravvolto in
un vecchio scialle rubato alla nutrice, il bambino sedeva sui gradini
del palazzo, in attesa di qualcosa che gli attanagliava il cuore di
ansia e preoccupazione, sensazioni che scemarono in un lampo come le
nuvole in una giornata di primavera quando vide due ombre camminare
verso di lui, dal cancello aperto in fretta da uno dei sorveglianti
che, a sua volta protetto dai compagni con le spade alzate, si era
affrettato a scortarle lungo il sentiero buio, ma Romeo aveva subito
riconosciuto i due anche senza riuscire a vederli in viso e si era
slanciato verso di loro.
La tunica
di Mercuzio era sporca di sangue e le sue braccia erano tese a
sorreggere il corpo semi-esanime di Benvolio al suo fianco, entrambi
esausti e privi di forze, ma tutti e due caddero a terra nell'impeto
di irruente gioia che era Romeo nel gettarsi tra le loro braccia,
singhiozzante come mai l'avevano visto nonostante la sua giovanissima
età.
La mano
tremante di Benvolio andò ad accarezzarne i capelli
spettinati: “Ti
chiedo perdono per il ritardo.” mormorò con un
filo di voce,
sorridendo nel vedere il prezioso cugino aggrappato alle spalle del
suo più prezioso amico come se fossero state il suo
salvagente in
una tempesta perigliosa che minacciava di trascinarlo via nel suo
violento vortice, troppo giovane e puro per quel loro mondo di morte
e sangue.
“Grazie,
Mercuzio...”
Dalla sua
famiglia, Mercuzio non aveva mai ricevuto quell'amore così
intenso e
grato che quel frammento di umana ingenuità fatta a bambino
gli
stava donando, una sensazione così potente da strappargli un
singhiozzo a stento trattenuto nel mezzo di urla preoccupate e voci
concitate che segnalavano l'arrivo tempestivo della servitù
di casa
Montecchi, richiamata forse dalle guardie che avevano protetto il
loro ritorno tra mura sicure.
Dalla sua
famiglia, Mercuzio sapeva che non avrebbe mai ricevuto lo stesso
rispettoso affetto disinteressato che quel fragile corpicino gli
stava donando con tutto sé stesso, fatto di gratitudine e
amicizia.
Il giovane
sapeva che, dalla sua famiglia, non lo avrebbe mai ricevuto ma se la
vita gli avrebbe permesso di stare al fianco di quel bambino come un
fratello, gli sarebbe bastato per tutto il tempo che ancora aveva su
quella terra.
“Te lo
avevo promesso, no?”.
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